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Autore: Aaanatema    08/11/2019    3 recensioni
Tre Dottori. Tre modi in cui ciascuno di loro avrebbe potuto salvare Rose Tyler, dopo averla persa.
[AU] [Raccolta di One-Shot]
Genere: Angst, Fluff, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Doctor - 10, Doctor - 11, Doctor - 12, Rose Tyler
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Decimo Dottore

L'odore di fish and chips permea l'aria, si spande attorno a lui, fino ad avvolgerlo completamente, prima fondendosi e poi sostituendosi a quello inconfondibile e doloroso dell'acqua salmastra della spiaggia di Bad Wolf. Una lieve pioggia scende sul suo capo, gli impregna i vestiti, raggiunge la pelle e vi si insedia al di sotto, agitata dal vento londinese.

Canary Wharf lo circonda, pulsante di vita, di possibilità, di persone che si muovono frenetiche o con una placida lentezza. 

E il Dottore, in quel contesto, sembra solo uno fra tanti, un minuscolo puntino nero in una distesa di bianca, inconsapevole, ignoranza. 

Conosce mondi che loro non possono nemmeno immaginare, al di fuori della loro comprensione: alcuni fulgidi, dove ogni razza é amata per la sua unicità, i cieli sono color pastello o consistenti come cera d'api, le leggi della gravità sono inverse a quelle della Terra o del tutto inesistenti, la guerra é solo una parola, estranea al loro vocabolario.

Ma ha visto anche posti bui, abbandonati a sé stessi con un austero disinteresse, con rivolte, fame, disperazione che dilagano come una grossa ed inarrestabile idea, che si é insinuata in ciascuna di quelle teste pensanti, contagiandole, similmente ad una malattia. Ha avuto modo di vedere mondi, compreso il proprio, bruciare, stelle morire di un dolore lento ed inevitabile, senza che nessuno, nemmeno lui, potesse fare qualcosa per impedirlo.

Ed in ogni angolo, anche più remoto dell'Universo, infinito, sconosciuto, da esplorare, e perfino in qualche piano parallelo, é giunto il suo nome, il Dottore, emblema di speranza. 

Ora estrae lentamente le mani dalle tasche del lungo cappotto che indossa, e le fissa col capo chino, immaginandole raggrinzite, deboli ed impotenti. Esattamente come si sente lui in quel momento. La sua età, che il più delle volte riesce a dimenticare o ignorare bellamente, adesso gli ricade sulle spalle, con una pesante consapevolezza.

Le Converse affondano in una pozzanghera fangosa, e il Dottore non riesce proprio a trovare un motivo per spostarsi, ripararsi dalla pioggia che comincia a impattare rumorosamente sul terreno, a fare qualsiasi cosa

Meno di un'ora prima, secondo i suoi calcoli e la rispettiva relatività del tempo, ha detto addio a Rose, mettendo a rischio l'esistenza di migliaia di persone, solo per poterla vedere un'ultima volta.

 

“C'è ancora una piccola crepa nell'Universo, e sta per chiudersi. Ci vuole un mare di energia per questa proiezione, sono vicino ad una supernova. Rose Tyler, sto bruciando un Sole solo per dirti addio."

 

La gola gli brucia, a causa delle parole non dette; non avrebbero fatto la differenza, non certo per lui, ma Rose ne aveva un disperato bisogno. Nonostante non avrebbe cambiato il fatto che il passaggio tra i due universi fosse chiuso e lo sarebbe rimasto per sempre. 

Ha fatto morire una stella, trasformandola in una supernova, solo per dirle addio. E ne avrebbe bruciate anche mille, anche tutte quante, in quel momento, se solo fosse servito ad avere più tempo per parlare con Rose, per riaverla indietro.

E si sente un egoista; dopo aver speso novecento anni con ferrei ideali, tutto si sta sgretolando dentro di sé, sta perdendo lentamente consistenza ed importanza...

Rose si trova nell'unico posto di tutto il Cosmo e lo Spazio inaccessibile al TARDIS, una macchina spaziale all'apparenza fragile, segnata dal corso del Tempo e dei viaggi che vi aveva compiuto attraverso. 

Il Dottore non può fare a meno di rimproverarsi, per l'ennesima volta, di essersi precluso l'esigenza di confessarle i sentimenti che si era così caparbiamente rifiutato di ammettere anche a sé stesso, negando l'evidenza, per non intaccare il magnifico rapporto di amicizia che avevano costruito. 

 

“Rose Tyler... Ti amo."

 

Aveva continuato a sussurrare quell'unica frase all'interno del TARDIS - sua fedele compagna anche in quella circostanza - quando era rimasto solo, lasciando che la disperazione venisse sostituita dalla rabbia, cocente, pulsante, che lo aveva costretto a piegarsi in ginocchio, urlando per la frustrazione.

Perché non era riuscito a dirle ciò che desiderava, a causa della sua reticenza. Quell'unico attimo di incertezza, che gli era servito per racimolare tutto il coraggio che possedeva, gli era costato caro; alla fine era svanito in uno sbuffo di fumo, evanescente, impalpabile. 

E non c'era nessuno a cui dare la colpa, se non a sé stesso.

Nessuno con cui condividere tutto quello.

Né che potesse sostituire il vuoto che Rose aveva lasciato. 

E, francamente, il Dottore non desidera nemmeno prendere in considerazione tale circostanza.

Assurda. Impossibile.

 

La disperazione si fa largo dentro di lui, come una macchia d'inchiostro gelido, distruggendo tutto ciò che sembra contrastare la sua avanzata. I due cuori gli pulsano flosci nel petto, inutili, senza scopo.

 

Per la prima volta, il Dottore si trova in una situazione senza via d'uscita.

 

E poi, dal nulla, inaspettata, fragile, fugace, ma indiscutibilmente geniale, nacque nella sua mente ultraterrena un'idea.

Un'idea rischiosa, azzardata, quasi completamente campata in aria, ma esistente.

E in quel momento, bastava.

Perché la disperazione e l'amore fanno fare le cose più folli. E ne sembra sempre valere la pena, qualunque sia l'esito.

 

"Se dovessi incontrarlo... Basterà seminare una falsa pista, ancor più alettante di quella iniziale" borbottò il Dottore, cominciando a camminare avanti e indietro lungo Canary Wharf, a tratti gesticolando con dita veloci, avvezze a quel tipo di comportamento. "Dopotutto, chi può conoscerlo meglio di me? Be', forse una versione aggiornata, i registri della Giustizia Galattica, ma... Non importa!"

 

Arresta la sua camminata, compiendo un salto in aria ed emettendo un verso di giubilo. I passanti si allontanano; alcuni infastiditi, altri confusi, o semplicemente perplessi. 

 

"Oh! Oh! É geniale! Io sono geniale!" urla, alzando gli occhi verso il cielo puntellato di nubi grigie. Si passa una mano tra i capelli ed estrae il cacciavite sonico, proiettando un fascio di luce bluastro, dal quale sembrò sorgere il TARDIS, come un veliero dalle acque torbide dell'oceano. 

 

Il Dottore apre la porta della cabina, di fretta. Non é la prima volta che compie lo stesso gesto, con la medesima irruenza, ma questa volta non é a causa di un inseguimento o di una minaccia imminente, bensì dell'adrenalina che gli scorre veloce nelle vene, unica distrazione per sopportare tutto quel dolore in una volta sola.

 

"Allons-y!" esclama abbassando la leva del freno, e premendo un grosso pulsante rosso - anche se lui, nel descriverli, avrebbe probabilmente utilizzato termini quali "razzi a propulsione per l'orbita gravitazionale" e "stabilizzatore della frequenza temporale"-, compiendo una doppia piroetta su sé stesso.

 

In risposta, non ricevette altro che il silenzio. Alza il capo, cercando con lo sguardo una persona che non c'é. E con questa consapevolezza, il sorriso comincia a smorzarsi sul suo volto.

 

*

 

Il suono del TARDIS che si stabilizza circonda il Dottore, che solleva una serie di interruttori con più irruenza del solito.

 

"Ventisei Marzo Duemilacinque" esclama, facendo girare ripetutamente una manopola e, con un piccolo balzo, suona il campanello dorato che si trova sulla console un paio di volte, senza rivolgersi a nessuno in particolare. 

 

Con passo veloce si avvicina alla porta del TARDIS, appoggia la mano sulla maniglia ed... esita. Ritira la mano, uno sguardo di pura frustrazione dipinto in volto.

Inspira, pensando al mondo che si trova a pochi metri da lui, separati solo da un sottile strato di legno. Espira, ricordando quel giorno in ogni suo agrodolce dettaglio.

Ignaro, stupido, ingenuo Dottore.

Sempre a trascinare qualcuno con sé, a riempirlo di meraviglia, riconoscere in ciascuno dei suoi compagni una scintilla che li differenzi dagli altri, che li renda ancor più speciali, unici.

Eppure non aveva saputo prevedere, nemmeno immaginare, che Rose sarebbe stata fuori dagli schemi, che sarebbe riuscita ad entrargli sotto pelle come nessun altro era mai riuscito a fare, riuscendo a scorgere, aldilà di anni e anni di protezioni, i suoi due cuori, fragili, e di farli suoi con la più completa tranquillità.

Se lo avesse saputo, forse lo avrebbe impedito. 

Ma, ripensandoci, valeva la pena soffrire per lei, perché erano stati giorni folli, avventurosi, meravigliosi nella loro singolarità.

Ed entrambi avevano finito col credere, ingenuamente, che tutto quello non sarebbe mai finito. Che nulla avrebbe trovato il modo di separare due anime così chiaramente speculari. 

Comincia a girare in tondo, infilando le dita tra i capelli, le grosse ciocche che prendono le forme più disparate a quel trattamento.

Si aggiusta il nodo della cravatta, liscia il davanti della giacca, allunga i polsini.

In altre parole, ricerca un contegno che gli é impossibile raggiungere. O almeno una sua parvenza.

 

Si avvicina alla console, portandosi lo scanner davanti al viso. Arriccia il labbro inferiore e corruga le sopracciglia, facendo una ricerca selettiva attraverso il Tempo e lo Spazio, fino a che si ritrova con una dozzina delle più disparate richieste da aiuto. 

 

"Vaxacoricofallapatorius. Perfetta!" esclama senza celare il proprio entusiasmo. Dopodiché avvicina allo schermo il cacciavite sonico, il quale recepisce l'informazione. Il Dottore se lo porta al viso, cliccando un micro pulsante situato su un lato.

 

Poi, con reticenza, fissa nuovamente l'uscita.

 

"Non mettermi fretta" dice solo, in risposta al baluginare di alcune luci del TARDIS, che lo incoraggiano ad uscire. 

 

Non sa esattamente cosa aspettarsi, quando varca la soglia; persone che lo guardano con aria di sufficienza, giudicando quello che sta per fare, forse. O che un Dalek piombi dal cielo e ponga fine alla sua esistenza prima che possa fare qualunque cosa. Non sarebbe nemmeno l'esperienza più strana della sua lunga vita.

Ma il 26 Marzo 2005 é l'equivalente di una normalissima giornata tipo al centro di Londra: frenetica anche alle sei del mattino, con i negozi dalle insegne sgargianti che scintillino alle deboli luci dell'alba. Un sottile rigagnolo di fumo biancastro s'innalzava dal tetto di uno Sturbucks, portando profumo di muffin al gusto di cioccolato, vaniglia e banana fino al suo naso.

Il Dottore ha sempre amato le banane: ricche di potassio e, inoltre!, nutrienti. Ma ora gli ricordano anche Rose, che gliene porgeva spesso uno ricoperto di zuccherini d'argento e rosati.

 

"Concentrazione. Concentrazione. Concentrazione. Parola buffa" dice a sé stesso, meditabondo, come rigirandosi il vocabolo sulla lingua. Inforca gli occhiali ed estrae il cacciavite sonico, innalzandolo verso l'alto. Vibra rumorosamente, e quando ne esamina il dorso con sguardo attento, le coordinate che stava cercando gli si presentano con chiarezza. Lo richiude con un gesto secco. "Concentrarsi é utile, alle volte."

 

Preme un interruttore alla base del cacciavite sonico, il quale si illumina di una luce folgorante, ed é fatto: un messaggio di richiesta di immediato aiuto é appena stato inviato al TARDIS della sua Nona Rigenerazione, che smetterà di dubitare che i manichini di plastica del pianeta Terra siano in realtà Autons, classificando il fatto come eccessiva prudenza.

 

"Il tempo può essere riscritto" esala il Dottore, chiudendo gli occhi e chinando il capo.

 

*

 

Il Dottore si passa una mano tra i capelli, stringe il nodo della cravatta e si passa i palmi sudati sulla camicia, prima di chiudervi sopra la giacca marrone. 

Ed è in quel momento che con passo deciso si avvia in quel determinato centro commerciale, e i suoi cuori saltano un battito nel riconoscere quella tenera testa bionda dietro al bancone.

 

 

*

 

 

"Vieni con me."

Lo dice quasi sottovoce, con timore che il mondo si ripieghi su stesso, ribellandosi a quel paradosso.

I suoi occhi la scrutano, affamati, voraci, resi folli ed impazienti da tutta quell'attesa, dalla sofferenza che ha provato nella lontananza. Non riesce a distogliere lo sguardo, nonostante sia consapevole di essere inopportuno, insistente, spaventoso nel suo nervosismo.

Lei ha le guance rosee, imporporate come se fossero state dipinte a tempera, tanto é intenso il loro colore. I loro sguardi si incrociano, solo per un istante, ed il Dottore sorride, spensierato, il movimento gli tende i muscoli, non più avvezzi a quel gesto, resi gelidi dalla solitudine. E Rose contraccambia, impossibile non farlo, seppure nella sua ignoranza, all'oscuro del forte sentimento dell'altro ma inconsapevolmente in grado di percepirlo con ogni fibra del proprio essere all'infuori della parte cosciente. 

Il Dottore le tende la mano, come ha fatto la prima volta, nello stesso identico invito, ma con una consapevolezza in più rispetto alla precedente. 

Amore.

La sua Nona Incarnazione non credeva che sarebbe stato possibile arrivare a contemplare nuovamente quel sentimento, di farlo suo, di smettere di rammentare a sé stesso tutti i modi per cui dovrebbe essere impossibile provare qualcosa di talmente totalizzante per qualcun altro da annientare tutto il resto, renderlo bianco, spento, inutile, superfluo. 

Ma é accaduto, ed essere vulnerabili con Rose Tyler é meglio che risultare invincibili e scavalcare facilmente tutti i nemici dell'Universo, ma solo. Ed é egoista pensare tutto questo, ne é così maledettamente consapevole, ma la sua Rose riesce anche a renderlo migliore, risveglia la parte più umana di lui, a lungo messa a tacere, sopita da anni di intemperie e delusioni. Vale la pena soffrire, se accanto ha qualcuno che lo ama allo stesso modo, senza bisogno di dirlo. Se é possibile intrecciare le loro dita come un'elaborato arazzo, inscindibile da un filo all'altro, incompleto e senza senso se sprovvisto della propria metà.

La pelle di Rose é calda contro la sua, una presa ferrea, l'iniziale timore dimenticato e piena di speranza ed aspettativa. Il suo viso é illuminato da un'inequivocabile eccitazione, le iridi si specchiano della luce dorata che solo la bellezza più pura sa conferire. Perché stanno per esplorare le stelle, insieme. 

Ma ne hanno entrambi una accanto, e ne sono uno consapevole, e l'altra ignara. 

E tanto basta, per il momento. 

Perché é solo l'inizio.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

N.d.A. Ciao! ^-^

Intanto grazie mille per essere arrivati fin qui, spero che questa prima OS vi sia piaciuta. L’idea di base è semplice, nata dopo aver finito Doctor Who fra pianti vari e con un sacco di domande e finali alternativi in mente. Quindi ho pensato a tre modi in cui, ciascun Dottore, avrebbe potuto (E DOVUTO!) salvare Rose Tyler. 

Nella prossima troverete l’Undicesimo, nell’ultima il Dodicesimo.

Ringrazio in anticipo chi recensirà, a presto!

-Aaanatema *-*

   
 
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