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Autore: B_Yul    09/11/2019    0 recensioni
Londra, Dallas, Seoul.
Il futuro di YG incontra la famiglia più potente d'Inghilterra nell'ambito dello spionaggio politico.
I Myong e i Wallace, famiglie da cui proviene Thara, proteggono la loro pupilla inviandola alla ricerca della realizzazione di un sogno nascosto per salvarle la vita.
Riusciranno Jordan, Marvin, Claire e Jamie a proteggere la giovane e promettente signorina Myong?
Riferimenti a cose, fatti e persone puramente casuali e frutto della mia fantasia e passione per le avventure che abbiano a che fare con agenti segreti/spie in genere. Per quanto riguarda date, locations, riferimenti a coordinate geografiche e mezzi di trasporto ecc relativi alla città di Seoul, sarò più precisa possibile anche in base alla mia esperienza sul territorio.
Spero vi piaccia, è un refuso da sognatrice di una non più così giovane kpop stan. Consigli e critiche ben accette, polemiche e prese di posizione banali decisamente meno.
B_Yul
Genere: Azione, Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: G-Dragon, Sorpresa
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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  1. Thara Myong

Appoggiata alla fermata del Bus A72, direzione centro, occhi verdi, gambe lunghe, capelli color pesca e pelle chiara, troppo chiara, labbra rosse, troppo rosse, Thara osserva ciò che la circonda e non si capacita ancora di come sia finita li.
Seoul è una capitale in fermento, come Londra ma con le dimensioni all’ennesima potenza. Ogni palazzo è un grattacielo, ogni piazza una città e ogni sguardo celato da lunghe frange, ogni volto nascosto da mascherine bianche e ogni ragazza simile a quella incontrata pochi minuti prima  le confondono le idee: la Corea la immaginava diversa, meno metropoli e più inchini, meno corse e più sorrisi ma qui, il tempo sembra essere al futuro sempre e non c’è spazio per i ripensamenti, le opportunità non conoscono aspettative quindi eccola, pronta per una nuova sfida a colpi di tactus e rullante.
Ero sveglia dalle 5:00Am col jet lag ancora forte, dovevo arrivare a Mapo Gu alle 10:50 per essere davvero puntuale e ancora non ero riuscita a capire la differenza tra la linea viola, quella verte e l’autobus su cui sarei dovuta salire in quell’istante.
Squillò il telefono togliendomi ulteriore tempo per riflettere: “L’appuntamento è alle 11 e io sto ancora aspettando l’autobus, perdonami”.
Dall’altra parte una voce amichevole, un tono gentile come se nulla in quel muoversi frenetico di istanti possa intaccare l’unicità dell’occasione: “Thara rilassati, andrà bene. Ti mando una macchina e ti aspetto qui e se qualcuno ti parla in Coreano e non capisci, mostra il cartellino. Capiranno e ti manderanno direttamente su da me”.
Min Suk Yang, CEO della YG entertainment mi aveva pescata tra una pila di applications forms in una gelida, nevosa, snervante, sfigata giornata di Dicembre del 2012 e mi aveva candidamente chiesto di trasferire le mie energie spese in Universal a Seoul, in YG.
Non saprei descrivere esattamente il brivido di terrore che mi pervase quando vidi la durata del viaggio in aereo e non so neanche spiegarvi come il fatto di essere completamente immersa da due anni nel mondo del k pop avesse in quel momento annientato le mie capacità cognitive. Ricordo però, di quel giorno, l’espressione scioccata del manager a cui facevo da assistente da un anno, Eric, nel comunicarmi che avevo praticamente la svolta delle vita in mano. Mi guardava come se mi stesse pregando di accettare e io, dal basso dei miei 20 anni scuotevo la testa incredula sperando di potermi portare mio padre per tenere la mano a qualcuno in quelle interminabili 23 ore di aereo.
“Che vuol dire se mi parlano in Coreano? Io so dire solo buongiorno, lo sanno, vero?”
Una risata mi distese leggermente i nervi anche se trovai quanto meno curioso fosse il boss quello meno teso tra i due. In genere questi sono tutti isterici.
“Stai tranquilla! Ti mando Ji Yong alla reception!”
Sgranai gli occhi ma non mi diede tempo di rispondere, conclusi quella telefonata dicendo a me stessa: “è proprio necessario iniziare da lui?”
Mi chiesi se davvero mio nonno avesse ritenuto una buona idea mandarmi così lontano, farmi tentare quello sembrava essere l’intentabile e farmi accettare l’incarico senza se e senza ma quando io di dubbi sull’adeguatezza della mia persona a quel lavoro, ne avevo eccome. “Se va bene brindiamo a Seoul a Natale, se va male, cazzi suoi”.
Già, “cazzi suoi” era l’alternativa che avevo dato per scontato si sarebbe realizzata perché eravamo in tanti e io avevo rinunciato già a tanti sogni a quell’età: quello del principe azzurro, quello della carriera da cantante, quello di portare la 38. Quest’ultimo lo avevo perso per primo a dire il vero ma era quello che mi pesasse meno in quel momento.
Cercai di mettere due frasi di senso compiuto in fila nella mia mente in modo che non fossi rispedita a Londra in meno di due ore e, mentre facevo pace col fatto che probabilmente G Dragon si sarebbe rivelato un gran rompi palle come ogni umano di quel mondo in cui avevo riposto fiducia fino ad  allora, un’Audi grigio metallizzato si accostò al marciapiede, scese un tizio vestito di tutto punto e mi fece un inchino quanto meno imbarazzante per me che a tutte quelle cerimonie non ero proprio abituata: “Miss. Myong, il signor Yang la attende in sede, prego”.
Quello che non ho citato è che mio nonno, da parte di papà, era coreano mentre mia nonna era italiana. Io sono nata in Corea, per un contrattempo chiamato “come cazzo ho fatto a rompere le acque qui portami in Inghilterra” da padre ultra mixato e madre purosangue inglese e piuttosto disturbata dai miei tre passaporti.
Osservai il tipo ed entrai in auto sperando che nessuno facesse conto sul mio cognome per interagire dal momento che la mia conoscenza della lingua si limitava ai testi più hot del KPop e qualche frase sparsa dei BigBang nelle interviste. Ah, avevo lavorato per CL ma in America e avevamo parlato inglese. Un’altra che avrebbe visto il suo debutto quattro anni dopo con non pochi scontri con manager e discografici di ogni livello.
Comunque, torniamo a noi.
Era il 14 Dicembre, le 11 di mattina, la sede di YG ent. Era circondata da guardie e ragazzine urlanti che speravano di incontrare non si sa chi, non si sa come e poi c’ero io: Thara Myong, ventenne ambiziosa e decisa ad entrare nella lista delle donne più influenti dell’Industria discografica entro il 2017.
Oh, i sogni non si pagano.
Ero ad un passo dal realizzarne uno che faceva per tutti quelli che avevo dovuto reprimere, ero li, alla reception in attesa che qualcuno mi dicesse dove andare e sentivo tutto il peso delle aspettative di chi avesse scelto di darmi quel posto caricarmi di responsabilità e ansie e che forse nel pacchetto non erano proprio incluse.
Dalla musica nelle cuffie e quella nelle casse dello studio, dallo schermo del pc al maxi schermo degli stadi, ero arrivata con due valigie e un obiettivo da raggiungere.
Vidi Ji Yong scendere le scale, sorrideva e io non potei fare a meno di sorridere di rimando, si avvicinò con calma e fece anche lui un inchino, ricambiai stavolta recuperando quel minimo di cultura trasmessami da mio nonno e mi disse: “Benvenuta Thara, piacere di conoscerti. Ti accompagno io da Yang se permetti”. Fece segno all’autista di potersi allontanare tranquillo, eravamo dentro e nessuno lo avrebbe disturbato li. Mi presentai: “Piacere mio, grazie per essere sceso non saprei come muovermi qui”, ero nervosa e lui sembrò accorgersene. Diede uno sguardo fugace alle mie gambe: “Non sarà difficile abituarti, ma puoi contare su un bel po’ di gente, ora vedrai!” rise e io non seppi esattamente come prendere quella risata ma decisi di scrollare il nervoso ridendo anche io. Ji Yong ha uno di quei visi che non capisci subito, ha gli occhi che tagliano, sono affilati e ride come se ghignasse ma ha un’espressione così pulita e innocente che ti lascia un misto strano di sensazioni e devi decidere semplicemente come prenderlo. Sta a te, scegliere la versione di lui che pensi sia vera e lui, forse, se la farà andare bene. Capii col tempo la sua attitudine, quando si trovò a fare i conti con la mia. Ma di questo avremo tempo di parlare.
Mi guardavo ancora intorno incerta, gli occhi di Ji Yong non erano di aiuto e mi sentivo fin troppo osservata dall’alto del mio menefreghismo cronico. Allungai il passo e lui lo prese come il segno che stessi entrando nella parte, così mi rivolse un mezzo sorriso e accelerò di conseguenza, bussò ad una porta e davanti a me, si aprì uno studio di registrazione con almeno 50.000$ di impianto piazzati li, intorno ad uno Yang Suk sorridente pronto ad abbracciarmi incurante della mia fobia da contatto.
“Salve, piacere di conoscerla! Coma sta?”
Cercai di divincolarmi dalla morsa entusiasta del CEO col sottofondo di una risata diabolica di Ji Yong che osservava la scena a braccia conserte: “Ti lascio col grande capo, torno a provare! Se ti servisse aiuto però…”
Rispose Yang: “Ji Yong se servisse aiuto chiamerei Seung Hyun non te, lo vedo quello sguardo, stai alla larga che c’è molto lavoro da sbrigare! E siete in ritardo coi provini. A proposito, voglio che Taeyang mi rimandi sulla mail i pezzi nuovi. Non ho fretta, ma avete una scadenza e non voglio ci arriviate distrutti. Impegno ragazzi!”
Annuì e aggiunse solamente: “Seung Hyun è un bravo ragazzo. Quindi se vuoi divertirti cerca me”
Sorrisi e capii di essermi messa in un bel casino ma cercai di non pensarci: “Ma certamente super star, ci vediamo tra poco da quanto ho capito però!”
E avevo capito bene, Yang sorrise malizioso, quasi più di G Dragon che sparì dalla mia vista per lasciarmi li, a cercare di capire il motivo reale per cui, tra tutta quella gente, a Seoul ci fossi finita proprio io.
“Ho letto la tua scheda, interessante. Hai tanta esperienza per avere solo 20 anni, impressionante”.
Annuii sorridendo, ero fiera dei miei risultati, avevo tante idee da realizzare ma sapevo di non essere certo una qualunque in quel campo.
“La ringrazio”
Spostò il curriculum e si sedette: “Tuttavia, non è questo il motivo principale per cui sei qui Thara. Il tuo cognome, il tuo mix culturale e la tua preparazione scolastica sono stati la parte più rilevante della tua applicazione, il presidente era entusiasta di portare in YG qualcuno in grado di conoscere le esigenze del mondo e non solo della Corea”.
“Ma io non conosco le esigenze del mondo…” risi per la ridondanza dell’affermazione.
“Ti sottovaluti. Mi hai inviato un quantitativo di informazioni che per il progetto che avevo proposto ai candidati sono apparentemente superflue, se a leggerle è qualcuno al di fuori della discografia, ma per noi sono state illuminanti e, soprattutto, hai spiegato in parole semplici il mercato, cosa che neanche io so fare onestamente. Quindi beh, sei qui per questo. E poi i ragazzi hanno visto la tua foto. Sei qui anche per questo. Ma un po’ meno. Ji Yong però ti darà filo da torcere. Sii forte mia cara! Sei in balìa di 5 uomini e nessuno di loro di renderà la vita facile: fammi vedere cosa sai fare. Ah, ho sentito delle tue vecchie demo, sono ancora su youtube…”
Non volevo parlare di quel lato della mia carriera, per me rinunciare alla musica come artista era stato un duro colpo. Non volevo ricordarlo.
“Se non le dispiace su questo punto preferirei non dilungarmi. Per me è difficile ma non ho potuto farle togliere.”
“però a me interesserebbe approfondirlo invece. Perché c’è del potenziale in quello che ho ascoltato e avrei una proposta da farti. Ma di questo ne parleremo domani quando le ragazze saranno in sede”.
“Le ragazze?”
Mi guardò scettico e non capii il senso di quel discorso per un bel po’: “Dara e Bom. Dara soprattutto”.
Però decisi di affrontare un problema alla volta. Anzi 5 alla volta, come quelli che mi aspettavano al piano di sotto.
Fermò il flusso dei miei pensieri con una domanda secca: “Hai già in mente una strategia per portarli in Europa?”
Lo squadrai, tornando in me come spesso di li in avanti mi sarebbe capitato: “Vogue, Dior e GQ, devo fare delle telefonate prima ma tra un paio di giorni avrà un piano preciso su questa scrivania”
“Perfetto, vai dai ragazzi e mi raccomando, per me sono come dei figli, siamo una famiglia. Prima del resto, voglio che stiano bene. Devono lavorare senza subire troppo lo stress dei tempi stretti. Ok?”
“Ok. Com’è che devo chiamarli visto che sono più grandi? Mio nonno mi direbbe che sono irrimediabilmente occidentale”
Rise e tornò nella modalità festaiola di qualche minuto prima: “Oppa, ognuno di loro per te è Oppa se vuoi!”
“Perfetto, a stasera allora!”
Scesi e presi un respiro profondo, cosciente del fatto che un corridoio e una porta mi separavano, ancora una volta, dall’essere fan all’essere il capo, quella che fa rigare dritto quelli che ascoltava per tenersi sveglia fino a poche ore prima. C’ero, ad un passo dalla realtà ma ancora non da tutta la realtà che non pensavo di dovermi aspettare.
“Ciao ragazzi! Io sono Thara”
Ji Yong si voltò soddisfatto: “Ciao Thara, loro non ti conoscono ma io ho selezionato la tua foto, te lo ha detto Yang?”
Capii di aver avuto intuito dal principio, così, il mio alterego Miss. Myong entrò in possesso del mio corpo e la mia mente, per dare a G Dragon l’ultima risposta che in quel momento avrebbe voluto sentire, ma l’unica che potè ricevere: “Si Ji Yong, Yang mi ha detto che sei un selezionatore attento. Ma a te ha detto che stavi scegliendo la persona che per un bel po’ ti avrebbe detto cosa fare, come farlo e perché farlo senza alcuna chance di obiettare?”
No, questo, Yang, non glielo aveva detto. Gli altri si voltarono l’uno verso l’altro cogliendo la sfida personale e T.O.P reagì esattamente come mi sarei aspettata se avessi dovuto ipotizzare una situazione del genere: “Stai a vedere che a forza di selezionare hai beccato quella che ti abbassa la cresta”. Sorrise di gusto e me ne accorsi forse solo io. “Piacere di conoscerti, anche solo per aver zittito Ji Yong al primo colpo!” Aggiunse Young Bae. Non era quello il mio modo di lavorare, ma non era neanche essere tratta da bel faccino e questo, tutti e cinque, dovevano averlo chiaro. Ci sarebbe stato un tempo per mostrare Thara, quella comprensiva, quella che il bene lo da senza condizioni e che li avrebbe messi sulla bocca di tutta Europa con una telefonata. Ma quello, era il momento di Miss. Myong, quella che la sua età l’ha lasciata sul passaporto, che non si cura delle regole esistenti perché ne scrive di proprie, che se il CEO voleva giocare alla famiglia felice allora, lei, per un po’ avrebbe dovuto necessariamente interpretare la matrigna e le sarebbe riuscito bene.
“Vediamo che sapete fare”.
Feci segno loro di alzarsi e mi misi seduta al posto di Ji Yong, tirai fuori dalla borsa dei fogli con i miei appunti di coreano e i grafici dell’andamento del mercato in U.S.A. e nord Europa, mi osservarono confusi e probabilmente non capivano fino in fondo il motivo per cui Yang avesse chiamato una ragazzina dall’Inghilterra per dire loro cosa fare proprio in quel momento, a disco quasi ultimato e io, al posto loro, avrei pensato che fosse un’iniziativa del tutto superflua e un inutile rallentamento ad un lavoro che proseguiva probabilmente da mesi e in cui, io non potevo avere un ruolo determinante. Ma lo avrei avuto eccome.
“Ok, vi vedo confusi e credo che non vi abbiano spiegato i motivi reali per cui sono qui. Giusto?”
Ji Yong scosse la testa e rispose sibilino: “Quindi non è per il tuo bel visino?”
“No, decisamente. Questo è il mio curriculum”
Passai loro una copia a testa della mia scheda professionale e man mano che scorrevano i punti e i nomi li vedevo guardarsi e dirsi qualcosa che ovviamente non avrei potuto capire. Erano 5 pagine comode di cose fatte in giro per il mondo e alla fine, li vidi, come tutti quei bei maschietti inviperiti con cui mi ritrovavo a lavorare. Li vidi perdere l’attitude e raggiungere di nuovo la terra coi loro piedini miliardari. Ri diede una gomitata a Ji Yong e Dae si passò una mano sul viso: “Quindi tu… wow. Hai fatto molte cose”
Annuii: “Già, molte. Ma so che il primo impatto inganna. Comunque sono qui perché il vostro Yang vuole portarvi in Europa quindi io starò qui il tempo di farvi avere il successo che sono sicura meritiate e poi tornerò a fare la spola tra Londra e Los Angeles come se non fosse successo nulla. Contenti? Non mi vedrete più!” Risi pensando di allentare la tensione ma non mi sembrarono esattamente contenti della notizia: “Cioè sei una sorta di Mary Poppins? Vieni, sistemi le cose e te ne vai? E ti piace? Come fai ad instaurare rapporti con le persone scusa?”
Daesung aveva toccato un punto tra i più sensibili del mio lavoro.
Non fui troppo sicura che potessero realmente comprendere nonostante fossero da un bel po’ nel giro: “Io non sono un’amica a tempo determinato, mi occupo solo di business. Fino ad oggi non ho incontrato sicuramente persone che volessero intrattenere rapporti di amicizia a lungo termine né è mai stato questo il mio scopo ragazzi, è lavoro. Non si tratta di chi vuole bene a chi ma di chi può fare bene a chi. E io, secondo Yang, posso fare bene a voi. Tutto qui!”
Seung Hyun osservo gli occhi di Thara: le palpebre incerte l’avevano tradita, c’era stato forse un momento in cui il lavoro aveva lasciato spazio ad altro nella sua precoce carriera ma non voleva certo darlo a vedere a loro che, infondo, erano ancora solo 5 semplici sconosciuti. Ma in quello sguardo ci ritrovò un po’ Ji Yong qualche tempo prima e sorrise consapevole del fatto che forse Thara non sarebbe stata solo di passaggio. Perché certe luci le vedi, non ingannano, quella freddezza e quel distacco erano il chiaro segnale che se avessero saputo conquistarla, lei, avrebbe viaggiato con loro per un bel po’.
 Uscii in terrazza, presi un respiro profondo ancora incerta se stessi vivendo sul serio quella situazione o se fosse giunto il momento di darmi un pizzico e svegliarmi. Guardare Seoul dall’11° piano era ancora più allucinante che entrare in YG. Presi una sigaretta e col primo tiro distesi ancora qualche nervo, ne avevo fin troppi tesi, sarebbe stata una giornata lunga e lo sapevo. Per me le novità sono sempre stati piccoli traumi, non riuscii mai a capire fino in fondo il motivo per cui avessi scelto quel mestiere, quello stile di vita e neanche mia madre sembrava troppo convinta che fossi sana di mente ma, in compenso, mi ripeteva sempre: “Quando sei nata l’ostetrica ha cercato di tenerti ferma per tagliare il cordone e tu le hai dato un calcio. Li ho capito che sarebbe stato meglio lasciarti figlia unica”.
Risi pensandoci, erano passati decisamente meno anni di quanti ne dovrebbero passare prima che qualcuno sia in grado di fare un bilancio della propria vita ma, io, avevo anche questa di responsabilità: facevo bilanci da quando avevo 15 anni. La cosa, comunque, non mi pesava affatto.
Thara osservo la sigaretta a metà, era la prima della giornata e lo considerò un buon segnale dato che si era ripromessa di smettere. Le luci della città iniziavano a brillarle davanti agli occhi, vedeva tutto scorrere dall’alto e le sembrò strano starsene li, con quelle persone, si sentì sopravvalutata in parte e sperava fortemente che quella scelta si potesse rivelare giusta. Mentre però era li che rifletteva e non lasciava in pace il suo povero cervello ormai formicolante per il troppo elaborare…
“Dovresti smetterla di farti troppe paranoie e imparare il coreano dongsaeng”
Mi spaventai per l’arrivo inaspettato e fin troppo silenzioso ma cercai di mantenere la mia attitudine da super boss impegnato: “Come mi hai chiamato?”
“dongsaeng e se imparassi qualcosa sulla tua cultura sapresti cosa significa. Sapresti anche che io…”
“Tu sei Oppa, ma non credo che ti chiamerò così, avete delle strane abitudini e io so pagarmi da sola i pasti e proteggermi dai passanti maldestri. E soprattutto, mi trovo bene con l’inglese, ma grazie per le dritte”.
Ji Yong ammiccò punto, non aggiunse altro se non un semplice: “Come vuoi. Ti passerà”
Fece per tornare dentro ma lo fermai: “Cosa mi passerà?”
Si voltò e sorrise come se stesse per darmi la notizia più bella del mondo: “L’astio dongsaeng. Ti passerà e ti piacerà stare qui. Non perché è il tuo lavoro ma perché la vita è fatta di strade e, quando due o più strade si incontrano, siamo noi ad avere il potere di renderlo un incidente mortale o un incontro armonioso che genera qualcosa di grande. Smetti con le paranoie però, quello fallo sul serio, col tempo capirai che non siamo il peggio che ti potesse capitare!”.
Stavolta risposi secca: “Non ho mai pensato foste il peggio che mi potesse capitare. Sono vostra fan da due anni. Conosco la vostra musica, mi piacete sul serio”.
“E allora qual è il problema, Thara?”
Mi puntò gli occhi addosso e per un attimo cercai di evitare il contatto. Era decisamente troppo presto per farmi conoscere così, lo conoscevo da due ore e non avevo alcuna intenzione di accorciare i tempi da nessun punto di vista.
“è normale avere paura Ji Yong. Ieri ero a Londra, la settimana scorsa a Parigi, quella prima a Los Angeles. È un lavoro difficile dal punto di vista emotivo. Mi abituerò a voi e sarà il momento in cui dovrò andarmene. So che questo non dovrebbe fare la differenza. Ma è difficile. Comunque, torniamo dentro voglio sapere qualcosa del disco e ascoltare quello che avete fatto fino ad ora. Poi parleremo dell’Europa”.
Annuì e mi prese la sigaretta dalle mani, la spense sul muretto e  nonostante il forte istinto omicida che mi pervase in quell’istante mi limitai a sbarrare gli occhi e guardarlo come a chiedere: “Perchéééé????” ma, lui, con la sua non curanza e naturalezza mi disse: “Hai una bella pelle e sei giovane dongsaeng, ora mi odi ma mi ringrazierai”
Mi misi a ridere: “oppa te la stai rischiando!”
Ripresi il lavoro da dove lo avevo lasciato. Ascoltando traccia dopo traccia i provini di “Alive”, che sarebbe uscito di li a pochi mesi. Per quanto amassi il loro modo di rappare, cantare, l’attitude sui pezzi e i frammenti di inglese mi resi conto che, effettivamente, avrei dovuto iniziare un corso di coreano per poter gestire davvero una cosa così. Mi si chiedeva di andare in Europa e dire “Hey, insegnamo a tutti il coreano? No? Però allora guardate che bei capelli hanno!”, mi sentii idiota per quest ultimo pensiero ma non trovai nulla di facile in tutto ciò. Erano un prodotto super vendibile ma non ero sicura che alla gente li sarebbe bastata la qualità del suono e della voce. Si ok, c’erano centinaia di siti già attivi con la traduzione dal coreano all’inglese ma, le altre lingue? Non ero abbastanza informata sulla Francia e l’Italia, mentre ad esempio ero certa che in Spagna avessero già un fanbase attivo. Anche questo accumularsi di ipotesi venne bruscamente fermato, stavolta da Seung Hyun che mi implorò: “Ti hanno mai detto che sei veramente preoccupante quando rifletti?”
Mi voltai, era appena iniziata “Fantastic Baby” e alzai i bassi per ascoltarla meglio: “Si me lo ha detto il tuo amico. Taeyang, il CEO vuole ascoltare dei provini tuoi di non so che progetto. Mi sono appena ricordata di dovertelo dire”.
“Lo so, ho già tutto, passerò da lui stasera”.
“Perfetto”.
Mentre continuavo ad immaginare un modo semplice ma efficace per procurare ad almeno uno di loro una prima apparizione su qualche rivista di moda, perché il potenziale era alto e andava sfruttato, mi squillò il telefono. Era Claire.
“Sei matta? Hai idea di quanto ci costerà questo squillo?”
Rise di gusto, in modo inquietante per altro: “Siamo miliardarie, ricordi? E comunque sono a Seoul per la settimana della moda. Io e chiappe secche (aka Jeremy Scott) siamo atterrati ora e sei ufficialmente invitata alla sfilata di Moschino di domani sera. So che sei felice, ora trova un coreano da portare sul red carpet e al vestito ci penso io. Dove alloggi?”
“Ho una villa a Gangnam”
Rise di nuovo.
“No, seriamente, dove sei?”
“Attualmente alla YG con i BigBang ma stasera a casa. Sono seria, mi hanno dato una villa. Ti mando la coordinate del gps appena rientro e puoi venire quando vuoi tanto il jatleg non mi farà dormire per almeno due giorni”
“Oh mio dio… cioè mi stai dicendo che il coreano che potresti portarti è…”
“Non porterò nessuno di loro sul red carpet perché li conosco da due ore, mi stanno guardando male, hanno ragione e il vestito non troppo da squillo d’alto borto per cortesia che vorrei mantenere un profilo basso almeno quanto le mie occhiaie”
“Sei una rompi palle! Ci vediamo stasera, chiedi a G D…”
“Ciaooo non ti sento più, mannaggia, mi sa che dovrò attaccare Claire, addio”.
“Uffa. Addio, a stasera!”
Attaccai sentendomi quanto meno osservata e potei notare lo schieramento compatto dei loro volti scrutarmi in cerca di una risposta alle parole “vestito” “squillo d’alto bordo” “Non porterò G Dragon” “Mi guardano male”.
Sorrisi con non chalance e Ri mi disse malizioso: “Quindi domani sera…”
Daesung non mancò l’occasione: “Si va alla sfilata di Moschino ehhh! Lo vuoi un accompagnatore?”
“Se stai parlando di te…”
Mi interruppe: “No, secondo me o Seung Hyun o Ji Yong. Beh Tae ha begli addominali ma è troppo basso. Sta a te prendere le misure ora”
“Non ho intenzione di portare nessun accompagnatore!”
Ji Yong commentò con fare zen: “Ah quindi andrai da sola sul red carpet? Che tristezza dongsaeng, persino il portantino troverebbe un’accompagnatrice”
Decisi di stare al gioco. Ma ovviamente a modo mio. Sapevo che quelli come Ji Yong possono essere tra le persone più prevedibili al mondo, sarebbe bastato un nulla per far saltare il suo ego, da egocentrica un po’ conoscevo le armi con cui battere quelli simili a me. Già, gli artisti, ci piace leggere il nostro nome ovunque.
“Hai raggione oppa, dovrei portare qualcuno…” Sorrisi dolcemente pronta al colpo basso che lo avrebbe fatto incazzare ma che mi avrebbe fatto guadagnare 100 punti bonus.
“Oh, finalmente, beh direi che…”
Con tutta la calma e la naturalezza del mondo mi voltai verso Seung Hyun: “T.O.P mi accompagni?”
Sapevo che quel giochetto non fosse proprio opportuno se mischiato al lavoro ma sapevo anche di potermi divertire un po’. In fondo li avevo appena conosciuti, si trattava di autodifesa e affermazione dello status di femmina alpha della specie. O forse di accanimento verso l’ego di Ji Yong e un briciolo di stronzaggine che comunque era parte di me e in quel momento non riuscii a reprimere.
T.O.P rise forte e diede una pacca sulle spalle a Ji Yong che rispose velenoso: “Già, pensi di essere divertente dongsaeng? Seung Hyun non accetterà m…”
“Certo che ti accompagno”.
Gli altri rimasero in silenzio e si guardarono ansiosi di assistere alla guerra dei mondi. Ma nulla di troppo eclatante accadde. Ji Yong deglutì e accusò il colpo, non sarebbe stata la sfida di una sconosciuta a destabilizzarlo e Seung Hyun non aveva accettato altro che per educazione. Conosceva il suo amico, non c’era rischio di competere per lo stesso bottino. Per altro la sua era più una sfida verso se stesso, aveva sempre bisogno di sentirsi desiderato dalle donne, chiunque fossero a prescindere, doveva essere lui l’obiettivo principale ma c’era un motivo se Ji Yong era diventato così, se aveva bisogno di quelle conferme e i più pensavano che si divertisse a collezionare trofei ma la realtà era che il suo vero “io” era nascosto da un po’ agli occhi della gente.
Cosa sarebbe servito per far conoscere a Thara lo Ji Yong dei testi, quello delle lacrime sul palco per l’impatto della gente che canta con lui?
Cosa sarebbe servito a quei 5 poveri ragazzi per conoscere Thara? Quella dei sorrisi facili per la luna piena e dei silenzi pieni alle due di notte quando la città dormiva e, lei, buttava giù idee per ingrandire il futuro degli altri che, così, il suo, sarebbe stato migliore di ciò che potesse già prevedere.
“Sentite sarò molto onesta”
Mi guardarono incerti dell’esito dei miei ascolti. “Non ho capito un’h ma adoro tutto ciò che ho ascoltato. E quindi niente, non sono mai stata una troppo entusiasta dei libri, chi mi insegna il coreano?”
Sorrisero e annuirono, era il primo segno che fossi realmente disposta a lavorare con loro dando il 100% di me, ed era una grossa scommessa con me stessa. Mi sentii come una formica con in mano un intero scaffale di cibo, l’unico obiettivo ora era il formicaio e non potevo permettermi di titubare. Dentro o fuori, avevo scelto di starci dentro e di fidarmi di me almeno quanto Yang si era fidato di me.
Seung Hyun guardò Ji Yong e gli disse: “l’insegnate lo fai tu però perché io e la pazienza non siamo dello stesso mondo. Sei tu quello bravo coi bambini”
Lo guardai stupita: “Ma dai? Ji Yong con i bambini? Si, ti ci vedo. Comunque Seung Hyun grazie per la fiducia, lo apprezzo molto davvero. Sei speciale”
Risero delle mie insicurezze almeno quanto ridevo io interiormente dell’assurdità degli eventi e della stranezza della vita. La verità è che se chiudi gli occhi e lasci un po’ che sia, otterrai molte più risposte di quante domande tu ti sia mai posto, lo avevo provato su di me e avrei continuato a provarlo, certa che qualunque fosse il piano scritto per me, non mi sarei mai resta un personaggio ma, quanto meno, co autore.
“Mi registrate di nuovo Love Dust? Tanto per vedere come me la cavo con la regia. Sono arrugginita”
Taeyang si alzò per primo e mi mise un testo in mano: “Registriamo questa, ma prima di passare da Yang stasera vorrei incidere un provino per me. Ti dispiace? Ti va?”
Annuii felice di un altro briciolo di fiducia conquistato in quelle poche ore a disposizione quel giorno: “Ma certo che mi va. Dai proviamo così poi ci dedichiamo a questa”.
Spinsi rec, play e lasciai che le loro voci si accordassero per un po’, nessun tecnico del suono, nessun Ji Yong puntiglioso, solo loro 5 dietro quei microfoni perché quello era per me il vero inizio di qualcosa. Chiedevo sempre agli artisti con cui avrei lavorato di farmi vedere come fossero in studio. è come la prova della sfilata in intimo per le modelle di Victoria’s Secret. Si, lo so, è un paragone inquietante e starete immaginando Taeyang e T.O.P con il tanga e il push up ma non mi viene in mente altro.
Ad ogni modo ero estasiata dalla semplicità con cui riuscissero a farmi sentire dentro i loro pezzi pur non capendoli, non chiesi loro neanche la traduzione, mi bastò vederli compatti e decisi quanto me a fare un salto più in là: “Certo che per essere una band che fa concerti per 60.000 persone non siete male, magari l’anno prossimo ne facciamo 100.000 però. Chissà.”
“Sei ambiziosa dongsaeng!”
Abbassai lo sguardo sul foglio e con la mia penna nera aggiunsi un “Hello Oppa (s?)!” alla fine del testo.
“Molto Ji Yong, davvero molto”.


 


Nota: Ho postato qualche anno fa questa storia, prima di partire per Seoul lo scorso febbraio e trovarmi a contatto più stretto con un'altra label per questioni di lavoro.
Spero di aprirvi con un misto di fantasia e realtà, a qualche parte di quel mondo che ci appassiona che però fatichiamo ad accettare.  Al prossimo cap.

B_ Yul
 
 
 

   
 
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