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Autore: Miryel    16/11/2019    35 recensioni
Non sa chi sia Peter, che scuola frequenti, che film gli piacciano, quale sia il suo piatto preferito, ma forse, dentro di sé, Tony sa già tutto, di lui. Forse lo ha sempre saputo. Non si capacita come ma, per ora, accantona la razionalità e segue il suo cuore. Sa che, per una volta – una soltanto, può fidarsi ciecamente di lui.
[ Young!Tony x Peter - Minilong - Introspettivo/Romantico ]
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Bruce Banner/Hulk, Peter Parker/Spider-Man, Steve Rogers/Captain America, Tony Stark/Iron Man
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Tales About a Spider Kid and an Iron Guy'
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Questa storia fa parte della raccolta di One Shots “Tales About a Spider Kid and an Iron Guy”.
 

[ Young!Tony x Peter - minilong - wc: 3921 ]


Almeno Tu
Nell'Universo



•••

«Tu, tu che sei diverso. Almeno tu nell'universo. Un punto sei, che non ruota mai intorno a me
Un sole che splende per me soltanto. Come un diamante in mezzo al cuore.
»
Mia Martini - Almeno Tu Nell'Universo




 

3. Loro. 

        Cade la neve, a New York. Cade leggera, come se non avesse intenzione di far rumore. Lievi fiocchi si adagiano sulle superfici ormai bianche di lampioni, tetti e marciapiedi; imbiancano e raffreddano l’aria, la rendono meno soffocata e più pulita. Sbuffi di vapore escono dalla bocca incantevole di Peter, quando parla; Tony si perde per un attimo a guardarli dissolversi nell’aria. Gli sfugge un sorriso, poi si stringe nel cappotto, e si concede un grosso respiro gelido, che gli entra in gola, e non fa male. Niente fa male, di quella giornata invernale. 

  «Mi ha detto così, senza motivo, che non mi avrebbe aumentato lo stipendio. Se vuoi l'aumento, te lo devi guadagnare, Parker! Due minuti dopo mi dà la busta paga e l’aumento c’era. Che c’è che non va, nella testa di quell’uomo?» 

  Tony ride, e trattiene l’istinto di circondargli un braccio intorno alle spalle per abbracciarlo, siccome ha messo il broncio. Labbra sporgenti che desidera baciare, ogni volta che ce le ha davanti. In pubblico non lo fanno mai; da una vita. È sempre stato così, e le cose non cambieranno mai, ma non per questo non vi è il desiderio di esternarli, certi gesti. 

  «Be’, dovresti saperlo meglio di me, Jameson è il tuo capo. Sei tu che sei lì da dieci anni, no?», gli dice, e Peter sbuffa.

  «Undici», lo corregge, poi intasca le mani nel cappotto verde, che sembra due taglie più grandi. Forse perché, malgrado il fisico massiccio, Peter pare sempre così minuto… così piccolo, che è impossibile non provare un senso di protezione nei suoi riguardi, anche se ha dato spesso prova di sapersela cavare da solo in tante situazioni, pure le più fisiche, quando da ragazzo si è trovato in mezzo a qualche rissa, solo perché qualcuno aveva preso di mira il suo innocente carattere impacciato. Ora è un uomo adulto, che dimostra comunque sempre meno anni di quelli che realmente ha. Tony si chiede, a volte, se anche lui ha conservato un po’ di giovinezza, tra le rughe che gli sono spuntate dopo i quaranta. «Non lo so, mi prende in giro. Gli do le mie foto, dice che non gli piacciono, poi le pubblica in prima pagina. Mi segnala per l’encomio annuale dei fotografi, lo vinco, si vanta di me e poi ricomincia a comportarsi come se non valessi niente. Ho davvero piacere di capire che accidenti di problemi abbia.» 

  «È un arrogante, e basta. Ti prende in giro perché non si abbasserebbe mai a dirti che sei bravo. Insomma, perché dovrebbe? Tu gli permetti di comportarsi così, e lui lo fa! Siamo tutti capaci, in questo modo! E tu... be', l'idiota sei tu, che glielo lasci fare», gli risponde, e lo indica con un gesto teatrale e una risata sbuffata via dai denti.

  «Oh, ora sarebbe colpa mia! Ovviamente», si lamenta lui, e si guardano per un istante lungo un’eternità, poi scoppiano a ridere, e ricominciano a camminare. Tony è andato a prenderlo al lavoro – al Daily Bugle, il giornale per cui Peter lavora da tantissimi anni ma che, a quanto pare, è un'occupazione che inizia a stargli un po’ stretta. Il suo capo sta invecchiando, ma anche lui lo sta facendo, dopotutto. Sarebbe una follia lasciare il lavoro proprio ora, che è praticamente parte integrante della crew, ma Tony capisce il suo disagio e, dopotutto, quello che vuole è solo che Peter sia felice e che si occupi di qualcosa che gli dia soddisfazione, che lo nobiliti, che gli piaccia sul serio.

  «Perché non lasci quel posto e ti metti a lavorare con me? Non hai una laurea in chimica e meccanica solo per lasciarla lì a marcire nel nostro salotto, e mostrarla ai posteri, quando schiatterai.» È l’ennesima volta che esce quell’argomento, e Peter reagisce sempre alla stessa maniera. Un sospiro stanco e un no categorico che gli si legge in faccia, quando arriccia le labbra, e cerca palesemente di non dare a vedere che la cosa lo stuzzica, ma che non può proprio farlo…

  «Sono passati troppi anni, metà delle cose che ho studiato non me le ricordo nemmeno», si giustifica, come sempre.

  «Però quando mi dai una mano sembri ancora abbastanza ferrato. Secondo me in due o tre mesi diventi bravo quasi quanto me!», si pavoneggia lui, e si punta un dito guantato sul petto. Peter ridacchia, e gli dà una gomitata. «Dai, pensaci e lascia quel posto. Puoi continuare a fare il fotografo amatoriale; guadagneresti tanti di quei soldi, alla Stark Industries, che potresti autopubblicarti degli album pazzeschi!»

  «Lo sai come la penso, sul fatto dei soldi…» 

  «Peter, se avessi creduto al tempo che ti sei presentato a casa mia per i miei soldi, e non perché ti piacevo davvero, ora non saremmo qui a discuterne», taglia corto, e sa di averlo fatto con una certa durezza. Peter è sempre stato autonomo, non gli ha mai chiesto niente, nemmeno un aiuto finanziario. Trent’anni di relazione, e ancora Peter pensa di dovergli dimostrare qualcosa – di dovergli dimostrare che lo ama per quello che è, e non per quello che possiede. Come se, il fatto che non si siano lasciati e che quella storia funzioni ancora come il primo giorno, non fosse la prova che Tony si fida. Come se Tony non lo sentisse reale, quel sentimento che l’altro prova per lui, sebbene non se lo siano mai detto, che si amano ancora. 

  «Lo so. Lo so, ma… non è facile», risponde Peter, con un lieve diniego della testa, che poi abbassa sulle proprie scarpe. Si fermano al semaforo rosso dei pedoni, poi proseguono la loro passeggiata verso casa, quando scatta il verde.

  «E se ci pensi troppo, poi sarà troppo tardi. Non siamo più due ragazzini che duettano nei teatri! Siamo due uomini adulti, che si stanno affaccinado alla vecchiaia. Volente o nolente, prima o poi dovrai fare una scelta e quella scelta è più facile di quanto tu possa credere. Insomma, che ci vuole a capire che meglio di quel posto c'è persino il fattorino delle pizze?», ride Tony, ma in verità ha un sapore amaro in bocca, che gli secca la lingua. Gli si attacca al palato, perché vorrebbe che Peter facesse tutto ciò che gli va di fare, esattamente come sta facendo lui alla Stark Industries, dove si occupa dei suoi progetti, delle sue invenzioni, e si compiace del suo operato; senza che nessuno, proprio nessuno, si approfitti di lui – come invece accade a Peter ma, dopotutto, sono due antipodi che si sono trovati tra il bianco e il nero delle loro differenze, in mezzo a sfumature che, inesorabilmente, finiscono per mischiarsi.

  «Mi manca suonare con te», ammette Peter, in un respiro, poi alza la folta corolla di ciglia e gli regala un sorriso stanco. «Lo so, non ho scusanti. Quel posto mi ha stufato, e penso di meritare di meglio, ma penso anche che ho troppi anni addosso, e nessuno vuole un vecchio rimbambito che fa fotografie a gente altrettanto vecchia, nei parchi! Ci penso, ma non ti assicuro niente, Tony. Non... non sperarci troppo, ecco.» Glielo dice ancora, per l’ennesima volta, e Tony sa benissimo che non lo farà e che continuerà a farsi venire la gastrite al Daily Bugle, con Jameson che più invecchia e più la sua demenza senile lo logora e lo rende meno umano di quanto già non fosse in passato. Tony vorrebbe fare di più, ma non può. Il suo compagno è padrone della propria vita. La sua risolutezza e la sua sfacciataggine si sono fermate lì, a quel giorno, dove ha preso coraggio e si è presentato a casa sua per le lezioni di piano – ma, soprattutto, per lui. Tony, questo, non può dimenticarlo e allora tace, e la loro camminata prosegue in silenzio, finché non incontrano un negozio di elettronica, dove molti televisori in vetrina, sono sintonizzati sul notiziario della sera. Non c’è audio, ma le immagini parlano da sole. 

  Si ferma. «Oh, guarda!» Peter lo imita e lo affianca. Punta gli occhi sulla vetrina, e Tony ha quasi l’impressione di averlo sentito sussultare, accanto a lui. «L’hai visto, questo tipo? Da qualche tempo se ne va in giro a far ordine nel tuo quartiere, vestito con una specie di pigiama di lana.» Si volta a guardare il compagno, siccome questo si è zittito. Sta sorridendo con la testa inclinata leggermente; una tenerezza disarmante gli attraversa lo sguardo. I suoi occhi castani brillano, ancora una volta, come quelli del ragazzino che ha conosciuto troppi anni fa, a cui tremavano le mani, sopra a tasti d’avorio di un austero pianoforte. 

  «Spider-Man», dice. Poi ricambia il suo sguardo, ma il suo sorriso non lo abbandona. Piccole rughe d’espressione si insinuano intorno ai suoi occhi. I capelli non più del tutto castani, striati leggermente ai lati di grigio, gli cadono arricciati sulla fronte. «Me lo ha detto Jameson, che si chiama così. Ha cacciato via un tipo che voleva vendergli delle sue foto. Dice che non è interessato e che ora va di moda ben altro, invece dei Giustizieri Mascherati, come li chiami tu.»

  «Oh, per una volta sono d’accordo con quel deficiente!», risponde Tony, ma Peter sembra ancora perso in qualcosa che gli si è incastrato tra le iridi castane, brillanti ancora come costellazioni infinite, che bruciano di stelle in procinto di esplodere. Uno spettacolo meraviglioso, che però guarda da dietro un muro. Uno di quelli che Peter ogni tanto alza tra loro, ma che non sempre riesce a sostenere per troppo. «Vuoi cenare fuori?», sbotta, ed è il suo modo di chiedergli se va tutto bene. Se accetterà, significa che è già passata. Se non lo farà, significa che forse ne parleranno. Tony spera sempre di chiarire, con Peter, ma a volte ha la sensazione che, certi fardelli, lui preferisca portarli da solo e, malgrado tutto, non può costringerlo ad esporsi, anche se la sua natura curiosa lo agita. 

  «Sì.» Gli trema la voce, mentre lo dice. Peter è lontano, con la mente, ma è sempre un sollievo vederlo combattere per tornare lì, da lui. Vorrebbe sapere, ma non può. Non pretende niente da Peter; gli dà già abbastanza. È l’unica certezza che ha, in quella vita che sembra sempre dimenticarsi di lui e delle sue priorità. «Cosa ti va di mangiare?»

  «Cheeseburger, che domande!», sbuffa Tony, divertito, e lo tira per un braccio. 

  Peter ha un sacco di segreti, che non ha mai voluto scoprire – forse per rispetto, forse per paura, anche se ha indagato da solo e quei misteri, comunque, rimangono ancora tali; come la zia lontana di cui parla sempre, ma che Tony non ha mai conosciuto. Come i genitori morti, di cui non esistono foto e testomonianze, nemmeno a casa sua. Come il migliore amico mai incontrato, mai conosciuto, mai presentato. Peter è sempre stato solo, sin da quel tempo in cui si sono conosciuti e hanno iniziato ad amarsi. A volte parla di qualcuno che è stato importante per lui, tanto tempo fa; qualcuno che glielo ricorda, ma di cui non ha mai parlato abbastanza. Qualcuno che Tony, a volte, vede come un ostacolo, ma che pare non dovrà fronteggiare mai. Non lo ammetterà mai, ma ha sempre questa costante, indecorosa paura, che qualcuno possa portargli via Peter e non restituirglielo mai più.

  «Una cena grassa, come sempre! Prima o poi ci viene il diabete, signor Stark», ride Peter, e si lascia portare via. Sembra quasi che stia scappando da qualcosa, e se non fosse che pare ridicolo, Tony penserebbe che è esattamente così. 

  Quando sono a casa e il silenzio che li ha accompagnati fin lì non si spezza, lo bracca. Gli stringe le spalle tra le dita – lo prende di sorpresa, gli osserva le labbra che si schiudono e gli occhi che volano ovunque sul suo viso, ma mai lontano dal suo sguardo. Lo spinge contro la porta di casa, e si scambiano un bacio disperato. C’è la paura, tra la saliva e le labbra che si toccano in una ardente morsa bollente. Una dolorosa danza macabra. Tony cerca di dissiparla, ma non ci riesce. Oggi più di molte altre volte.

  Non azzardarti a uscire dalla mia vita, dice quel bacio, dopo tanti anni che non lo faceva. 

  Non lo farò, risponde Peter, e stavolta c’è una sicurezza palpabile, in quella confidenza, che un po’ di paura, alla fine, la cancella. 
 

 
 

  Peter si lascia baciare, e spera solo una cosa: che Tony non incontri mai l’altro Peter, siccome in questa vita non è Iron-Man – almeno per ora, ma chi può mai saperlo! –, e non dovrà combattere nessuno, in Germania. Spera che il destino non lasci mai che quell’incontro si compia. Perché, semmai accadesse, perderebbe l’ultima speranza di una vita intera vissuta con l’unica persona per cui vale la pena che il suo cuore batta ancora. In fondo, però, sa che andrà bene. Lo ha sempre saputo. Allora sorride, e si lascia abbracciare. 

  Non lo farò, si ripete, e stavolta, è rivolto più a se stesso, che a Tony. Non lasciare che accada. 
 

 
 


  «So che non sono d’accordo, che nessuno di loro vuole che tu lo faccia, Peter, ma io ti capisco. Sei giovane, hai ancora una vita intera davanti, ma nessuno ha il diritto di dirti cosa fare o cosa no. Se è quello che vuoi, non ti fermeremo.» 

  «Lo so, ma… lascerei indietro troppe cose, e ho paura che nessuno possa comprendere davvero quanto è importante per me. Vitale», sospira. Incrocia le mani tra loro. Tremano. È alla resa dei conti. Oggi o mai più. Oggi o il coraggio gli verrà meno.

  Steve gli appoggia una mano raggrinzita e vecchia su una spalla. Peter alza la testa e incrocia i suoi occhi, contornati da una ragnatela fitta di rughe. Occhi felici e frizzanti, di chi ha vissuto la vita esattamente come desiderava. Vivere la vita di Steve attraverso il suo sguardo, è sempre un sollievo. Un punto a favore che incrementa il coraggio che a volte viene meno. È terrorizzato, ma sapere che qualcuno lo ha già fatto, e ha provato la cosa più vicina ad una soddisfazione totale, gli dà forza. Dentro gli occhi di Captain America, Peggy Carter vive ancora. Insinuata nel luccichio incantevole di molti ricordi incastrati tra le ciglia di quell'uomo. Una possibilità che Thanos gli ha tolto, ma che Peter vuole riprendersi.

  «Se dovessi prendere ogni decisione della tua vita in base a ciò che la gente vuole da te, non faresti niente. L’esistenza è un breve tratto che percorriamo soprattutto da soli. Le scelte vanno fatte lasciando qualcosa indietro. Tu sei sicuro di ciò che vuoi, e nessuno al mondo potrà dirti il contrario. Solo tu puoi.»  

  «E che, da quando è successo… da quando lui è morto, la vita non va avanti, signor Rogers. Se lo farò, lascerò indietro il vuoto di qualcosa che non posso riavere indietro; così, invece….», mormora, e si blocca. Parlare di Tony e della sua morte lo strazia ogni volta. Lo blocca; gli blocca pure il cuore, il respiro. Non ce la fa, ad andare avanti. Ha zia May, Ned, MJ, gli Avengers, Happy… ha tante persone che gli vogliono bene, che lo amano incondizionatamente, che provano ad arricchire quella vita che ormai è diventata vuota, senza mai riuscirci davvero. Ma come si fa a riempire una scatola vuota, se questa rimane chiusa? Banner e Happy non approvano la sua scelta, con zia May non ne ha nemmeno parlato. Invece Steve è l’unico che capisce. Magari pensa che non sia la cosa giusta, ma capisce, e lo sta spronando a non fermarsi, perché è quello che vuole. 

  «Così avresti milioni di possibilità diverse, per riaverlo con te.»

  «Per più tempo, oltretutto. Per… per una vita intera, spero.» Balbetta e si guarda le mani. Chiude e apre i pugni, mentre sente invisibile il potere dei suoi sensi pervaderlo. Gli sale il groppo in gola, ma ha scelto. Steve lo sa, per questo tace. Gli dà una pacca sulla spalla, e si alza in piedi, lentamente. 

  «Hai già deciso, dunque. Ti lascio qualche minuto, appena sarai pronto, ce lo comunicherai», gli sorride, e gli fa l’occhiolino. Peter cerca di ricambiare quel gesto, ma non ci riesce. Stira le labbra e le sente secche. Se le umetta, ma non serve a nulla.

  Captain America sparisce dietro la porta del laboratorio di Banner, e quando si richiude dietro le sue spalle e lo lascia lì, solo, nella sala d’attesa, Peter sa che ha mille ragioni per restare e una sola per andar via. Il cuore gli dice, però, che quella sola ragione vale più di tutte le altre. Appoggia le mani alle ginocchia e, risoluto, si alza in piedi. Varca quella soglia, per l’ultima volta, e si lascia indietro una vita diversa, per cominciarne una nuova, accanto a lui. 
 

 


 

  Lo sguardo di Bruce parla al posto dei suoi silenzi. Le sue labbra serrate, dicono troppe cose che Peter già sa, ma non tornerà sui suoi passi. Non oggi. Non oggi che ha deciso dove vuole stare; con chi vuole rimanere. 

  È stata una scelta ardua, ma è l’unica plausibile. Soprattutto se la vita non va avanti, e torna sempre indietro a quei ricordi lontani, che ha vissuto con Tony. Avrebbe voluto crearne degli altri, e Thanos non glielo ha permesso. Ma, agendo così, se ne creerà degli altri e spera che possano bastargli per una vita intera. Se così non sarà, non importa, avrà fatto comunque l’unica cosa che si sentiva di fare, senza badare al giudizio degli altri. Si sofferma poi a guardare Steve, che sorride, per darsi coraggio. Banner vorrebbe persuaderlo, ma sa che non può. Probabilmente ha finito per mettersi nei suoi panni, per quello non lo ferma. Probabilmente, se ne avesse il coraggio, farebbe lo stesso per riavere Natasha indietro. Per questo si lascia abbracciare da quell’omone verde, e quello è il suo addio. Captain America gli fa un saluto militare, e lui sale sulla pedana che gli permetterà, finalmente, quel viaggio nel tempo che sogna da giorni. Da mesi. Da un anno. Da quando Tony è morto.

  Chissà cosa succederà… chissà se Tony lo amerà anche lì, in quel tempo lontano… chissà se le cose andranno come spera. Chissà se durerà abbastanza…

  Stringe tra le dita la lettera¹ indirizzata a Fury che Steve ha scritto per lui, per aiutarlo anche lì. Chissà se l'uomo gli crederà; chissà se lo aiuterà davvero... Sposta la borsa di cuoio a tracolla, dono di Happy, che gli cade su un fianco. Contiene vestiti dell’epoca nuovi di zecca, e un mazzo di chiavi di una casa che sarà il suo nido. Steve gli ha assicurato che lo è davvero, vuota. Che non deve preoccuparsi di niente ma che vivrà solo, senza nessuno. Sarà solo, ma spera per poco. Sorride al pensiero di quella prospettiva e tira un grosso respiro; fa un ultimo cenno alle persone che lo stanno vivendo per l’ultima volta. Il suo ultimo pensiero va a zia May, che soffrirà, ma forse capirà. E poi a Happy, che ha cercato di fargli mancare Tony il meno possibile; non ci è riuscito, ma Peter non gliene ha mai fatto una colpa. Poi fa un cenno con la testa, e pochi istanti dopo è risucchiato da un imbuto di luci e cunicoli atomici. Poi sparisce, e smette di esistere, nella realtà che lo ha visto nascere e imparare ad amare.

 
 

  Quando raggiunge villa Stark ha il cuore in mano, stretto in un pugno, e stilettate dolorose gli lacerano il petto. Vedrà l’uomo – il ragazzo che ama, forse. Ha passato settimane intere a guardare quel numero di telefono, rubato sulla lavagna di sughero attaccata alla parete d'ingresso della scuola. Ora Peter ha un'identità – 10 agosto 1970, così dice la carta d'identità che Fury gli ha consegnato. Sembra ancora assurdo –, una casa, una scuola e molte speranze; una di queste, è l'amore che si infiamma di nuovo, in qualcuno che lui ama da tempo. Vorrebbe che lui ricambiasse di già – che pensiero infantile! – ma ha troppe pretese e si è promesso, mentre quel tunnel temporale lo risucchiava, che avrebbe lasciato andare le cose da sole, senza intromettersi nel destino. Non più, almeno. Suona il campanello. Sposta il peso del corpo da una gamba all’altra e si impettisce, nervoso. Aspetta che una delle cameriere apra la porta, ma appena questa si apre, gli si blocca il respiro in mezzo al petto e spalanca gli occhi su quelli castani dell’altra parte della sua anima, che ora lo guarda con un sopracciglio alzato. Così da lui...

  Ha una maglietta dei Pink Floyd e un paio di jeans chiari; converse blu ai piedi e i capelli scuri un po’ spettinati, che gli danno quell’aria di un fascino quasi trasandato. Porta gli occhiali da vista dalla montatura tartarugata. Non c’è traccia né dell’iconico pizzetto sempre ordinato che era abituato a vedergli indossare, né di una ruga, sul suo viso, ma è lui. È Tony. È così vicino che Peter non riesce a muovere un passo o a dire una parola, mentre lui lo scruta incuriosito, in quello che è il loro primo incontro ufficiale di quel tempo, dove Tony non sa chi sia Peter e Peter invece, sa esattamente chi sia Tony.

  «E tu chi sei?», gli chiede. Lo squadra da capo a piedi. 

  Peter balbetta frasi sconnesse e vorrebbe dirgli tante di quelle cose, nei riguardi di chi sia, ma non può farlo. Non potrà farlo mai. Spera solo che tutto vada come è sempre andato. Deve solo aspettare, e farsi amare per quello che è. Gli mentirà, e non gli rivelerà mai davvero da dove viene e perché, ma è una bugia che vale la pena di raccontare, se il premio è una vita spesa insieme a Tony Stark, l’uomo che ama, e che amerà fino alla fine dei suoi miseri giorni. Un giorno, per ora lontano, un altro Peter Parker nascerà. Perderà i genitori da troppo piccolo, verrà cresciuto da zii premurosi. Ne perderà uno nel suo cammino, e un ragno lo morderà sulla spalla e la sua vita inizierà a cambiare. Succederà tra trent’anni, o poco più; un problema futuro, un problema che per ora non deve sfiorarlo, ma che sa dovrà affrontare. Dovrà decidere se tornare a casa sua, nel suo tempo, con il peso nel cuore di aver lasciato Tony Stark un’altra volta indietro; o se proseguire la sua vita lì, insieme all’uomo che ama, cercando di cambiare quella sorte che lo aspetta, allontanandolo dai pericoli che incomberanno inevitabilmente in quel lungo cammino che ha intrapreso. Un problema di dopo, un problema di poi. Spera un problema di mai.

  Quel che importa è che Tony è vivo, e gli ha posato i suoi occhi incantevoli addosso. Per ora, almeno per ora, a Peter basta vederli brillare di una vita che ancora aspetta di essere vissuta e che, lo spera, spenderà accanto a lui. Lo ha scelto. Ha scelto di nuovo Tony e, per quanto lo riguarda, sa che lo sceglierà sempre, ovunque egli sia, perché è il suo universo. L'unico, immenso mondo in cui vuole stare. Non gli importa del resto, vuole solo che quella felicità che Tony a suo tempo gli ha donato, ritorni e duri per sempre. O almeno abbastanza. Lo spera con tutto se stesso.

  Sorride leggermente; ha le mani ghiacciate e il cuore caldo. «Peter. Peter Parker. L’allievo. L’allievo di pianoforte. Ho telefonato ieri.» 

  Spera che Tony non ci metta troppo, a ricambiarlo; anche se, dopotutto, Peter è disposto ad aspettare tutta la vita, purché ciò accada. Ne varrà la pena, ne è certo.

 

 L’amore non ha nulla a che vedere con ciò che ti aspetti di ottenere – solo con ciò che ti aspetti di dare – cioè tutto. 

(Katharine Hepburn)
 


Fine

 

¹ Ho pensato che Steve potesse aver scritto una lettera per Fury, dove gli racconta chi è Peter e che viene dal futuro, trovando comunque il modo di farsi credere dall'uomo. In più, per la casa, ho immaginato che vi siano, come in ogni città, appartamenti abbandonati, magari di militari, e che Steve e Banner abbiano fatto qualche ricerca per trovarne una disabitata da tutti quegli anni. Peter ha vissuto da solo, sì, ma non avendo un appoggio economico, ha avuto bisogno dell'aiuto dei due che, nella mia testa – e non mi sembrava il caso di spiegarlo nel racconto per non spezzare il ritmo – gli hanno anche dato dei soldi per vivere. Per quello, nel primo capitolo, Peter non vuole sperperarli, siccome non sono suoi. Ho finito con la menata, giuro ♥

 

______________________Angolo Autore:

Buonsalve a tutti,
Infine, eccoci giunti all'epilogo di questa minilong che, decisamente, mi ha strappato il cuore in duemila pezzi. Sì, perché è il mio ennesimo tentativo di cambiare le cose, di donare la felicità a questi due, cercando di plasmare il canone a mio piacimento, con uno strumento così potente: quello della scrittura. Ho adorato scriverla, perché adoro immergermi in loro due coetanei, mi piacciono molto quando interagiscono e sono sullo stesso livello perché, paradossalmente, sono più complicati del solito. Li amo con tutta me stessa e, anche se questo si è capito da un pezzo, lo ribadisco perché sono parte di me, sono parte della mia vita da un anno e qualche mese, e non riesco a smettere di pensarli lontani dalle storie che immagino. Sono loro, sempre loro, solo loro ♥
Qualcuno di voi c'era già arrivato – un paio di persone, sì, e vi vedo sorridere... alcuni forse no, ma spero comunque che, anche se vi aspettavate un finale del genere, vi sia piaciuto il risultato finale e il come sia avvenuto. Qualcuno aveva anche notato che, malgrado si tratti di Tony giovane, non c'era l'avvertimento AU. Già, perché questa storia, non lo è mai stata. In più, è l'ultima storia (forse) della raccolta .Tales About a Spider Kid and a Iron Guyla mia raccolta sul canone che parte dagli albori, nel lontano 2018 e che, con questa, chiude il cerchio (forse, perché se mi verrà in mente altro, non è detto che non decida di continuarla...). Ho deciso di non metterla subito nella raccolta, perché volevo lasciare l'effetto sorpresa, e farvi un po' credere che sì, era un'AU, ma che non lo è davvero. In sostanza: Empty Hands (che, se vi va di recuperare, la trovate cliccando sul link) ha dato inizio a tutto, e Almeno tu nell'Universo, lo finisce. Ovviamente, non smetterò di scrivere di loro. Lo so, lo so... ci speravate, eh?

ABOUT THE STORY: In questa storia, come si sarà capito, Peter ha fatto di tutto per cambiare le cose. Non ha permesso quegli eventi che hanno trasformato Tony in Iron-Man, e questo di certo ha creato dei problemi, ma ne ha risolti degli altri. Il resto, sta al futuro, ma la mia intenzione non era quella di raccontarvi cosa succede in questa realtà, ma dimostrare, ancora una volta, che l'amore salva le persone. E loro due, nelle mie, cercano sempre di salvarsi. In questo caso, sì, Peter c'è riuscito, il resto lo lascio alla vostra fervida immaginazione ♥
Fatemelo sapere in un commentino, se vi va. Insomma, sperando seriamente che questa breve avventura insieme vi sia piaciuta, vi saluto e vi ringrazio, forza roma e abbasso lazio e alla prossima: non vi libererete di me così facilmente, muhauahuahua
A presto,
la vostra amichevole Miryel di Quartiere ♥


MA QUANTO PARLO???

P.s.: dati gli ultimi avvenimento accaduti a me e ad altre persone, ci tengo a sottolineare che le mie storie sono qui, su wattpad e su altre piattaforme e che in ALCUN MODO ho mai dato il permesso di pubblicarle ad altre autori. So che la cosa può sembrare lampante, ma a quanto pare non per tutti e, data la sorpresina che io e altre autrici ci siamo ritrovare a dover contestare recentemente, ribadisco che le mie storie mi appartengono e che mai e poi mai ho dato – e mai darò – l'autorizzazione di pubblicarle da terzi su altre piattaforme – dove, per giunta, sono già presenti.
Chiarito questo, vi auguro una buona giornata e soprattutto di fare attenzione alle vostre storie. Il pericolo, a quanto pare, è dietro l'angolo.
Miry
 
 

 

 



























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