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Autore: AdhoMu    18/11/2019    6 recensioni
Ogni famiglia celebra il Natale a modo suo, secondo tradizioni uniche e irripetibili sedimentate nel tempo. I discendenti dei druidi celtici non costituiscono certo un’eccezione, soprattutto quando questa data riporta alla mente dei due capofamiglia un episodio particolarmente significativo.
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Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Katie Bell, Oliver Wood/Baston
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7, Dopo la II guerra magica/Pace
- Questa storia fa parte della serie 'Il Signore degli Anelli e il suo Tesoro'
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Solstizio d’inverno.
 
Hai spalato la neve per tutto il giorno – e, come sempre da quando ne hai ricordo, l’hai fatto senza magia, perché tuo padre ti ha spiegato che, in occasione di certe ricorrenze, prodigarsi in prima persona e fare fatica costituisce una sorta di omaggio assolutamente dovuto. Bene: a te, la fatica, non ha mai fatto paura, anzi; l’hai sempre amata, così come hai sempre apprezzato la sensazione di felice spossatezza che faceva seguito agli allenamenti più duri, capace di gratificarti con quella confortevole impressione di dovere compiuto.
 
Col passare degli anni l’attività fisica ha cominciato ad esigere un po’ più di sforzo da parte tua, ma tu non te ne lamenti: fare fatica continua a piacerti, soprattutto se sai che il tuo impegno è ben riposto – e in questo caso, di certo, lo è. E così stamane, all’alba, sei scivolato fuori dalle tiepide coltri ancora intrise del profumo di Katie, hai raggiunto la cucina e ti sei preparato un thermos di caffè forte; poi, dopo esserti lavato e vestito, hai aperto la porta del cottage e sei uscito all’esterno, per addentrarti a passi lunghi nel Regno della Bruma.
 
Avvolte nella nebbia, in quell’immagine immutabile impressa nelle tue retine fin da quando eri bambino (il tempo, che per te è passato, non sembra avere su di loro il minimo effetto), le imponenti steli di Stonehenge hanno accolto il tuo arrivo, catalizzando nei vividi riflessi dei loro ruvidi cristalli di quarzo i pochi raggi di sole in grado di aprirsi un varco nel plumbeo cielo invernale. Tu hai compiuto un lento giro tutt’intorno all’anello esterno, fermandoti di tanto in tanto ad accarezzare col palmo la superficie dei triliti, macchiati dai licheni e smussati dal lento e inesorabile trascorrere delle stagioni; e loro, le tue pietre, ti hanno salutato a modo loro, trasmettendoti la loro energia millennaria in piccoli fremiti che, passando per i tuoi polpastrelli ruvidi, ti si sono propagati attraverso il corpo.
 
E così, senza più esitare, hai raggiunto la stele coricata che i babbani chiamano “l’altare”, vi hai posato il thermos di caffè, hai appellato la pala e ti sei rimboccato le maniche, mettendo a nudo il fitto reticolo di tatuaggi runici, ormai un po’ sbiaditi, che ti ricoprono le braccia. La pelle disegnata ha reagito al tocco gelido dell’aria; un brivido ti ha percorso, e in quest’atto le figure che ti accompagnano da sempre hanno preso vita, si sono animate e hanno intessuto un denso dialogo con le analoghe incisioni che solcano la superficie dei triliti ammantati di bruma luminosa.
 
Con un sorriso, hai quindi socchiuso gli occhi e ti sei goduto il momento di comunione: e tu e il Cerchio Magico, in quel momento, siete stati un tutt’uno - e chi, di lontano, avesse avvistato la tua figura leggermente incurvata ma ancora imponente, ti avrebbe scambiato per una stele; una stele più piccola delle altre ma altrettanto massiccia, di quelle che nella vita ne hanno viste di ogni ma che non crollano, che non si lasciano abbattere dalle nevicate né dai temporali, ma che si tengono in piedi, testarde, indomabili, talvolta senza sforzo, talvolta a fatica ma mai, mai da sole.
 
«A volte ho paura. Paura che non finirà mai».
Sbatte le palpebre e ti guarda; non è abituata a vederti tentennante e così, forse, la tua fiacchezza la preoccupa.
«Dobbiamo tenere duro, Oliver» sussurra fra i denti, quasi con rabbia.
Il tuo sguardo vaga lontano, soffermandosi sulle immense pietre di Stonehenge; laggiù, a fendere il buio, le luci accese del cottage rivelano che, all’interno del Covo, la Resistenza non riposa, neppure a Natale, e che Lee, Fred, George, Angelina e Alicia si stanno dando da fare per confezionare la prossima trasmissione di Radio Potter. Tu sei voluto uscire a fare due passi, con la scusa di verificare se all’interno del Cerchio Magico, che voi usate come ripetitore radio, è tutto a posto. E lei ti ha seguito, incurante del freddo; ha zigzagato insieme a te nella neve alta, senza lamentarsi, e alla fine, quando ti sei lasciato cadere con uno sbuffo sulla pietra dell'altare, ti si è seduta accanto.
Stendi il braccio e glielo fai passare intorno alle spalle esili, stringendola a te.
«Sono solo un giocatore di Quidditch» mormori, abbattuto. «Non sono un eroe».
La Guerra, con le disastrose notizie provenienti da Londra e il clima costante di cupa incertezza, ha già cominciato a logorare le tue difese. Grande e grosso fuori, apparentemente invincibile, eppure così fragile all’interno, così suscettibile allo scoramento. Un lato di te che pochi conoscono, ma che non ti vergogni affatto ad esternare quando al tuo fianco c’è lei. Lei, capace di comprenderti come nessun altro.
«Sono stanco, Katie. Molto stanco. Stanco del freddo, stanco del buio».
Lei rimane in silenzio per qualche tempo, le dita intrecciate alle tue.
«Oggi è Natale» dice infine, a voce bassissima.
«Lo so».
«Sì. Però ti sei dimenticato una cosa».
Le rivolgi uno sguardo stupito, mentre lei ruota leggermente su se stessa per fissare le iridi grigie nelle tue e guardarti con tenerezza.
«Una volta mi hai spiegato» mentre parla, tende la mano e te la posa sulla guancia, accarezzandoti dolcemente «che per i druidi tuoi antenati, quelli che costruirono Stonehenge e se ne sono presi cura attraverso i secoli, il Solstizio d’Inverno è una data molto speciale». Fa una piccola pausa per riordinare le idee, e tu la osservi, una volta di più incantato dalla sua sua disarmante saggezza. «È la notte più lunga dell’anno, in cui il buio la fa da padrone» prosegue lei, e tu immediatamente capisci dove vuole andare a parare. «È un lungo tunnel di oscurità; al tempo stesso, però, è il preludio della primavera».
Ricambi il suo sguardo e deglutisci, incapace di parlare.
«La luce tornerà, Oliver» le brillano gli occhi, la voce le trema. «Vinceremo noi, vedrai».
 
Hai lavorato indefessamente dall’alba al tramonto, premurandoti soltanto di proteggere il perimetro del Cerchio Magico con un Repello Niveo per evitare l’accumulo di nuovi strati di candidi fiocchi. Ti sei interrotto soltanto in occasione delle due rapide visite di Katie che, in perfetto silenzio, ti ha portato prima il pranzo e poi il té coi biscotti. “Se hai bisogno di me, chiamami” ti hanno detto tacitamente i suoi occhi. “Lo so che ci sei, ma devo fare da solo” le hai risposto tu, come di consueto.
 
Ora che il sole è calato, la bruma e le nuvole sembrano essersi diradate e le stelle hanno preso possesso del cielo. Brillano, come diamanti su una trapunta di velluto scuro; e il dialogo fra i tuoi tatuaggi, che sei costretto a coprire a causa del freddo pungente, e le incisioni sulle steli si fa più intimo e fitto, perché ora coinvolge anche loro. Poi, d’un tratto, un brusio si spande nell’aria e tu capisci che il momento è arrivato. A pochi metri da te, fra le ombre, avvisti piccoli e baluginanti puntini di luce che procedono in una gaia fila disordinata e paiono giocare a rimpiattino fra i triliti; e poi, cristalline, le vocine trillanti dei bambini ti raggiungono e ti scaldano il cuore.
 
«Dov’è il nonno?» domanda un marmocchio infagottato in un'enorme felpa gialloblu che lo copre per intero - e che, nonostante le rimostranze di sua madre, nessuno riesce a strappargli di dosso.
 
«È laggiù, guarda, seduto su quella pietra!» risponde una voce pacata che proviene dal fondo della fila. «Andiamo da lui, sì?»
 
Li guardi avanzare, i tuoi ragazzi ormai grandi, seguiti dai più piccoli che a stento trattengono l’emozione. Li accarezzi con lo sguardo, uno ad uno; ricevi i loro auguri e i loro abbracci, finché i tuoi occhi si posano sulla figura vestita di bianco che chiude il corteo e procede attorniata da levitanti lanterne dai colori vivaci. Regge fra le mani una grossa cesta piena di pane appena sfornato, dolci tempestati di uvetta e canditi e bottiglie trasparenti, ricolme di profumato infuso di erica rosa, retaggio delle tradizioni gastronomiche delle sue nordiche terre natali.
 
Ti sorride.
 
Ed è bella, bella e gioiosa, rassicurante come un fascio di luce che fende le tenebre, piccola e gracile all’apparenza ma, al contrario di te, robusta e poderosa nel suo intimo essere, come quel supporto senza il quale neppure la Stele Maggiore sarebbe in grado di tenersi in piedi. E in sua compagnia – la vita te l’ha insegnato - il buio è meno buio; l’incertezza si tramuta in aspettativa, il dubbio in speranza; in sua compagnia, la notte più lunga dell’anno è motivo di festa, è premessa di vita, è preludio di primavera.
 
«Buon Solstizio d’Inverno, Ollie».
«Anche a te, Kitty».
 
 
 
 
Brevi note di coda.
A dispetto di una comprensione più ampia (chiedo venia!), questa breve storia si collega al mio personalissimo HC, che vede Oliver e Katie (“Kitty”, per lui) indissolubilmente legati l’uno all’altra anche grazie ai loro caratteri perfettamente complementari. Sempre secondo speculazioni mie, la famiglia Baston discende dai druidi che, millenni or sono, costruirono il circolo megalitico di Stonehenge e che, nel corso dei millenni, se ne sono presi cura. Altra idea mia è che, durante la Seconda Guerra Magica, il cottage dei Baston (all’occasione ribattezzato “il Covo”) sia stato usato come quartier generale di Radio Potter, e che il Cerchio Magico abbia funto da mega ripetitore radio. Mi piace pensare che, proprio durante quel periodo di buio, Katie e Oliver si siano ritrovati a confrontarsi e a supportarsi a vicenda e che, negli anni a seguire, la ricorrenza del Solstizio d’Inverno (il nostro Natale) abbia assunto per loro e per la loro famiglia un significato ancor più speciale.
   
 
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