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Autore: LadyPalma    20/11/2019    25 recensioni
Prima classificata parimerito al contest "Il meglio di me" indetto da milla4
Storia partecipante al contest "Cos'è, una specie di magia?" indetto da Iamamorgenstern sul forum di EFP e valutato da Soul_Shine
Anna Bolena era una creatura francese. Cresciuta alla corte di Francesco I, aveva imparato l’arte della seduzione e dell’apparenza. Tornata in Inghilterra, l’eleganza e l’ostentazione erano in lei così saldamente legati da permetterle di sperare in un brillante futuro. Si mostrò alla nobiltà inglese e osò tentare di conquistare l’attenzione del più bello dei duchi. Ci riuscì, forse un po’ troppo bene. Osò puntare in alto e, quel che peggio, osò innamorarsi.
| Piccola one-shot su Anna Bolena, dal principio alla fine.
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Epoca moderna (1492/1789), Periodo Tudor/Inghilterra
- Questa storia fa parte della serie 'Ritratti di regine'
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Easy falls the head that wears the crown[1]





Anna Bolena era una creatura francese. Cresciuta alla corte di Francesco I, aveva imparato l’arte della seduzione e dell’apparenza. Tornata in Inghilterra, l’eleganza e l’ostentazione erano in lei così saldamente legati da permetterle di sperare in un brillante futuro. Si mostrò alla nobiltà inglese e osò tentare di conquistare l’attenzione del più bello dei duchi. Ci riuscì, forse un po’ troppo bene. Osò puntare in alto e, quel che peggio, osò innamorarsi. Era convinta che nessuno avrebbe mai potuto resistere al suo fascino, per questo l’annuncio del matrimonio di Thomas Percy duca di Northumberland con la figlia del conte di Shrewsbury la colpì come una pugnalata.
C’era un uomo al mondo che la rifiutava, dopotutto. E quell’uomo non era il debole Thomas, ma il cardinale Wolsey che aveva convinto il giovane rampollo a non perdere tempo dietro una famiglia inferiore come quella dei Bolena.
Anna lo aveva visto solo da lontano durante le feste di corte, ma questo era bastato a far nascere dentro di lei un’emozione che non aveva mai provato prima di allora. L’odio. Che era perfino più forte dell’amore. Non aveva mai amato Thomas di Northumberland quanto detestava ora Thomas Wolsey. Voleva vendicarsi di quell’affronto, di quel rifiuto. Non sapeva come, ma avrebbe trovato il modo. Era la persona più potente a corte, ma più in alto di lui c’erano sempre il re e la regina e questa era una consolazione.
Se diventare regina fosse stato l’unico modo per farlo cadere, allora Anna avrebbe mirato alla corona.
“Dovreste vedermi con una corona, Vostra Eminenza” sussurrava al buio nella sua stanza, prima di addormentarsi.
Era un pensiero privo di sostanza se non quella corrosiva dell’odio. Si vedeva regina nel sogno, ma da sveglia continuava a struggersi per il duca perduto e ad ascoltare i resoconti di sua sorella Maria, che invece era l’amante del re.
La prima volta che Anna sognò la corona non fu per ambizione.
Non voleva tanto indossare lei il viola, quanto privare Wolsey del rosso porpora.[2]


 
**


“Dovreste vedermi con una corona!”
La prima volta che disse quelle parole ad alta voce, curiosamente Anna non aveva in mente il cardinale. Era ancora l’odio il suo movente, ma era di un tipo più viscerale perché rivolto alla sua stessa famiglia. Suo padre e suo zio l’avevano convocata per suggerirle di infilarsi nel letto del re ora che Maria aveva perso ogni attrattiva per lui. Lei si era opposta con sdegno e poi si era diretta senza cerimonie verso la porta, lasciando cadere dietro di sé quella provocazione.
“Anna, sei impazzita a dire queste cose! È tradimento!” la rimproverò Maria, andandole dietro e cercando di afferrarla per le braccia. “Cosa faresti se ti sentissero?”
Anna rimase in silenzio a guardarla per un attimo: i grandi occhi azzurri spalancati in preda al terrore e la piccola bocca tremolante come una bambina. Si era concessa a tutti gli uomini che il loro padre le aveva indicato e ora aveva due figli illegittimi dal re e un marito che la disprezzava.
Fu proprio guardando sua sorella che trovò la risposta a quella e a tante altre domande che affollavano la sua testa. Maria era molto più bella di lei, e anche molto più stupida. Rappresentava tutto quello che Anna non era e che non avrebbe mai voluto essere. Si divincolò dalla presa e alzò il mento con fierezza, forse immaginando, per la prima volta alla luce del sole, di indossare la corona.
“Se mi sentissero, lo ripeterei plus fort, ma chère.”


 
**


La prima persona a capire che quelle parole non erano uno scherzo era anche l’unica che dovesse realmente sentirle. Durante un ballo era riuscita ad attirare l’attenzione di Enrico VIII e a mantenerla costante grazie all’intelligenza e al fascino che erano diventate la sua seconda pelle. Alla fine aveva deciso di intraprendere la strada suggerita dai suoi parenti, ma solo per raggiungere una meta che sarebbe apparsa esagerata perfino alla sua ambiziosa famiglia. Il re la corteggiava, la voleva, le scriveva lettere interminabili e le aveva detto apertamente quanto la desiderava. Anna si era giocata bene la sue carte: si era negata, ma soltanto attraverso diplomazia e temporeggiamenti. Caterina d’Aragona, la regina, diventava sempre più vecchia e il re necessitava di un erede. Forse il Papa avrebbe concesso un divorzio o un annullamento. Forse Caterina sarebbe morta prima.
Perché stendersi nel suo letto, se avesse potuto condividere con lui il trono?
“Vostra amante, mai. Vostra moglie, se vorrete”[3] gli disse con un sorriso dolce durante una passeggiata nei giardini.
Fingeva di difendere la propria reputazione, mentre invece perseverava nella sua ambizione.
“Ma mia amata, io non posso sposarvi. Sono un re, non posso scegliere.”
Anna gli si avvicinò delicatamente e lo fissò con i suoi penetranti occhi scuri.
“Siete il re, potete scegliere qualunque cosa” ribatté infine, quasi soffiando sul suo viso. “Sono pronta a offrirvi il mio cuore, il mio corpo, tutta me stessa… In cambio voglio solo la corona, per essere vostra anche davanti a Dio e agli uomini”.
Enrico sembrò quasi ipnotizzato e restò impassibile per diversi secondi. Per un attimo Anna temette di aver osato spingere troppo la sua fortuna, ma l’attimo dopo lui la afferrò per la vita e la strinse di più a sé.
La baciò e lei lo lasciò fare.
In quell’incontro di labbra si siglava un accordo.


 
**


Era stato bello essere regina, anche solo se per poco. Si era divertita a ricevere gli inchini di suo padre e di suo zio, e aveva banchettato alla notizia della morte di Wolsey e di Caterina. Ma era stato proprio durante una di quelle feste che le guardie avevano fatto irruzione nelle sue stanze private e l’avevano portata alla Torre con l’accusa infondata di adulterio. Aveva perso anni inseguendo il suo sogno e, quando finalmente lo aveva raggiunto, non si era accorta che si era trasformato in un incubo. E ora, in una calda mattina di maggio, Anna doveva svegliarsi, anche se solo per addormentarsi per sempre.
Era stato difficile ottenere la corona, ma così terribilmente facile perderla.
Gliel’avrebbero tolta quel giorno con un secco colpo di accetta. E insieme alla corona, si sarebbero presi anche la sua testa.
“Per fortuna ho un collo sottile” commentò con ironia alle sue dame, preparandosi all’ultimo grande evento della sua vita.
Non rimpiangeva molto, mentre aspettava di morire. Forse solo di aver sottovalutato Enrico e di non essere riuscita a trattenerlo a sé anche dopo il matrimonio. Ma non rimpiangeva di essere salita così in alto e ancor meno di aver avuto una figlia femmina invece del tanto agognato erede al trono.
Posando la testa sul ceppo, Anna non pensò a tutti quelli che aveva odiato né a quelli che aveva amato. Erano tutti irrilevanti ora, tutti relegati nel passato. La sola persona a cui andava il suo pensiero era l’unica che aveva ancora un futuro: sua figlia Elisabetta. Fu per lei che in ginocchio davanti alla folla si ritrovò a pregare.
Pregò che ottenesse la sua più grande gioia. La corona.
Ma senza dover affrontare la sua più grande tragedia. Il matrimonio.[4]
 
 
 








[1] Ripresa della frase famosa di Shakespeare “Uneasy lies the head that wears the crown”. Ho preferito mantenere il titolo inglese per rendere il collegamento con Shakespeare più forte. La frase originale di Shakespeare significa “A disagio si trova la testa che regge la corona”, mentre la mia “Facilmente cade la testa che regge la corona” – è intraducibile in italiano il gioco di parole tra easy e uneasy. Uneasy infatti significa sia “a disagio” che “difficile”, l’opposto di facile appunto.
[2] Il viola è tradizionalmente il colore dei reali, tanto che durante il regno di Elisabetta I diventerà un espresso divieto indossarlo per coloro che non fanno parte della famiglia reale. Il rosso porpora è invece il colore della tunica cardinalizia.
[3] Frase realmente pronunciata da Anna Bolena, come riportato dal Cardinale Pole.
[4] Elisabetta, figlia di Enrico VIII e Anna Bolena, diventerà effettivamente regina ma sceglierà di non sposarsi mai.






NDA: Dopo aver scritto una storia che ripercorresse in breve la vita di Caterina d’Aragona, ho deciso di scrivere qualche pennellata anche su Anna Bolena. Devo ammettere che non ho grande simpatia per questa donna: di lei mi sono fatta l’idea di una donna forte, manipolatrice e ambiziosa. Come donna non mi piace, tuttavia come personaggio storico la rispetto molto, perché è riuscita a fare qualcosa di impensabile: elevarsi fino al ruolo di regina, non avendo nessun ruolo speciale, e legando il suo nome addirittura a una Scissione religiosa. Spero di essere riuscita a renderle un piccolo omaggio.
Il prompt del contest era seguire la frase "You should see me me in a crown" (preso dalla nota canzone di Billie Eilish).
   
 
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