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Autore: Samita    20/11/2019    1 recensioni
Devi mimetizzarti, come le zebre.
Luca e Camilla si conoscono da quando erano bambini. Le loro vite si intrecciano continuamente, fa incontri e talvolta scontri, in quella che forse solo loro due sono in grado di definire liberamente amicizia.
Piegato in due per il calcio rotante da poco ricevuto al fianco sinistro, si era pure preso la strigliata dalla maestra.
Va bene, Cami sanguinava dal naso.
Ma era il doppio di lui.
In altezza e in furia.

[Questa storia è presente anche su Wattpad, pubblicata dall'utente Malgari. Sono sempre io.]
Genere: Fluff, Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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1. Le Botte


La prima volta in cui Luca aveva alzato le mani era stato un disastro.
Da quel giorno divenne un ferreo sostenitore della non-violenza.
A dirla tutta, lo era anche prima. Ma poi Cami aveva passato il limite, e lui, che in fondo a sei anni e mezzo poteva permettersi d'essere ingenuo, aveva fatto la cosa sbagliata.
Al momento sbagliato.
Sulla persona sbagliata.

Così accadde che la prima (e ultima) esperienza di botte della vita di Luca si concluse con una doppia umiliazione: anzi tutto perché finì lui, a prenderle – e da una femmina –; secondariamente, perché la ramanzina l'avevano fatta a lui. Solo a lui. Unicamente a lui.
Piegato in due per il calcio rotante da poco ricevuto al fianco sinistro, si era pure preso la strigliata dalla maestra.
Va bene, Cami sanguinava dal naso.
Ma era il doppio di lui.
In altezza e in furia.
La bambina si puliva il sangue dal volto con la tranquillità di un pugile professionista, che di fronte a un'epistassi più che sorprendersi si scoccia perché gli si macchia di nuovo la maglietta.
"Ma è vero!" urlava Camilla, adirata, contro la maestra.
Quella la ignorava, continuando la predica a Luca: "Allora? Cosa ti è saltato in mente?"
Luca taceva.
Lo aveva già detto, lui, che aveva iniziato Cami a tirargli i capelli.
"Ma è vero!"
Camilla era onesta. Troppo onesta.
Continuava a insistere, senza ottenere granché.
"Le bambine non si toccano nemmeno con un fiore!" ribadì la donna, rivolta a Luca.
"Ma non mi ha fatto niente!" insisteva Camilla, tirando su col naso quel poco di sangue che ancora le colava di dosso.
"Mettiti il fazzoletto sul naso, tu!" la rimproverò l'altra maestra.
"Ma non sanguina più! E poi gli ho fatto più male io! Punite me!"
... Punite me.
"Punite me!"
Camilla era sempre stata così: guardate me, prendetevela con me, punite me.
"Piantala."
"Gli ho tirato un calcio!"
"La smetti?"
"Gli ho fatto più male io! Ho vinto io!"
"Camilla!"
"Punite me!"
"Vai a sederti, immediatamente!"
Luca non disse una parola per i tre giorni successivi. Gli fecero riempire un quaderno di sillabe: da ba a zu, tutte, e poi le ch e le gh e le gn. Le pagine avanzate (tre o quattro) avrebbe dovuto colmarle con Scusa Camilla.
Scusa Camilla.
Scusa Camilla.
Le maestre non avevano ancora chiaro cosa frullava nella testa della bambina: due giorni dopo la consegna del quaderno di Luca, lei si presentò alla cattedra, a sua volta, con un quaderno apparentemente nuovo di zecca, ma le cui pagine erano ben separate dall'uso.
Era pieno di ba, be, bi... fino a zi zo e zu; mancavano le gh e le gn e le ch varie: se ne era dimenticata. Le ultime pagine, a tratto pesante e pressoché incise, recitavano con insistente insolenza: Ho vinto io. Punite me. O vinto io punte me. Ho vinto io Puniteme.
Quando le maestre lo fecero vedere ai genitori di Cami, chiedendo se era stata una loro idea, quelli osservarono straniti l'operato della figlia.
"Pensavo che quel quaderno le servisse per disegnare."

Ecco com'era andata: Luca aveva una gomma da cancellare bellissima, bianca rossa e blu. Camilla non credeva nelle gomme da cancellare: in fondo c'era la gommina in testa alla matita, perché mai possederne una in più? Senonché, un giorno, le gommine in testa alle matite di Cami erano finite. E Cami aveva iniziato a prendere la gomma di Luca.
Prima l'aveva chiesta, con cortesia.
Luca gliela aveva data senza scomporsi.
Poi la richiesta aveva iniziato a diventare sempre meno cortese:
"Luca, mi dai la gomma?"
"Luca, la gomma?"
"La gomma?"
"Gomma?"
"Luca!"
E così per giorni, finché un giorno Pietro non tornò più indietro.
"Dov'è la mia gomma?"
"Non lo so."
"Ma è la mia gomma."
"E se è tua, sai tu dov'è, no?"
"No, me l'hai rubata."
"No!"
Luca era paziente. Mentre Cami alzava la voce, lui insisteva calmo e metodico: "Me l'hai rubata."
"Ho detto di no!"
"Sì, invece."
"NO!"
"Cami, mi hai rubato la gomma."
"Non è vero!!!"
"Sì, invece."
Cami era arrivata ad un tono di voce da far indispettire la maestra, che si stava avvicinando per calmarla.
"Non l'ho rubata!"
Ecco. Adesso.
Camilla aveva il sangue agli occhi, non tanto perché accusata di un falso misfatto, ma perché Luca non sembrava capace di agitarsi in alcun modo. E questo la mandava ai matti.
Per questo afferrò la testa del bambino per i capelli.
Ma Luca non si mosse.
"Bambini, buoni! È solo una gomma!"
"Mi hai rubato la gomma." continuava a mugugnare Luca, sofferente per la presa di Camilla.
"Non l'ho rubata! L'ho persa!"
Cami tirò come una disgraziata.
Nel tentativo di divincolarsi, Luca agitò malamente le mani davanti a sé.
Colpì il naso di Camilla.
Camilla colpì il fianco di Luca.
La maestra vide solo il sangue che sgorgava a fiotti dal naso di Camilla.
"Luca! Cosa hai fatto!?"

 

 

   
 
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