Tic Tac




Manca solo un'ora alla fine del turno, e rimaniamo solo io e te e io so già che non ce la faremo a finire il lavoro.
60 minuti, sembrano tanti, ma i secondi mi scivolano fra le mani mentre raccolgo il nuovo collo da caricare, le mie gambe si muovono, controllo le date e cerco di velocizzarmi.
Ma ecco i nuovi clienti che ti chiedono, chi in maniera più educata e chi meno, informazioni, e lì son altri preziosi minuti che vengono sottratti al mio lavoro.
Cerco di dirigere il gruppo al meglio, ma mi sento frustrata, mi sento inutile e lo stomaco aggrovigliato. So che questa nausea che mi accompagna già dal mattino mi accompagnerà anche il pomeriggio, forse addirittura fino all'ora di cena.
E non posso farci nulla, se non prendere dello zenzero, o risolvermi coi medicinali.
Mi sento un'incapace, una buona a nulla anche se so che non è così. E sto male, e mi arrabbio, e piango.
C'è tanto, troppo da fare e noi non riusciamo a starci dietro.
Vorrei sprofondare.

Tic tac, tic tac.


I minuti scorrono, e il tempo a nostra disposizione è sempre più breve.
Potremmo fermarci, ma siamo al limite con le ore concesse.
E se ne avessimo bisogno il weekend, e se non ce le concedesse?
Non posso ignorare tutto questo.
Ma abbiamo ancora un sacco di cose da fare, e se non mi fermo si accumuleranno.

Che si accumulino, non puoi farci nulla!


Ecco la vocina nella mia testa che cerca di tenermi a galla.
Perché è lei che mi sostiene, perché se penso a tutto quello che non va, la depressione sale, e io non voglio ridurmi così.
C'è una soluzione, e noi possiamo sfruttarla.
Qualcuno potrebbe farsi male, ma tanti se lo son già fatti.

Tic tac, tic tac.


Il tempo è scaduto.