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Autore: fumoemiele    23/11/2019    11 recensioni
Edith è davvero felice di aver fatto il grande passo: ha acquistato il suo fidanzato fatto di fili e pelle in morbido silicone.
Genere: Horror, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Qual è il prezzo della libertà?
 
 
 

                              




Nell’anno 2150 le macchine non hanno iniziato a volare e i viaggi nel tempo non sono ancora possibili, tuttavia si possono notare i progressi che sono stati fatti nell’ambito della tecnologia.
Il mondo, ora, è pieno di robot – nello specifico vengono chiamati “Aeterni”. Hanno sostituito gli umani per risolvere alcuni problemi: il sovraffollamento, l’impossibilità nel trovare la propria anima gemella, la capacità di trovarsi bene con un altro individuo grazie a qualche bottone da schiacciare.
Prendono questo nome perché possono essere modellati senza alcun limite, togliendo il confine del tempo proprio agli esseri umani. Eppure sono schiavi di questi ultimi, dei loro gusti e dei vizi.
Le persone ormai hanno due possibilità: i più idioti ricorrono alla prima, e cioè trovano un altro individuo di pari razza con cui condividere l’esistenza, costruire una famiglia e avere i soliti problemi noiosi ma opportuni a far andare avanti il genere umano. Altri, invece, preferiscono acquistare e formattare dei macchinari che hanno lo stesso ruolo, ma sono meno rompipalle.
Gli Aeterni, infatti, possono essere spenti a proprio piacimento – e soprattutto le loro personalità possono essere forgiate in base all’esigenza dell’acquirente, così come l’aspetto estetico, modificabile in maniera rapida e veloce. L’anima stessa residente dentro i macchinari viene spenta per dare spazio a una personalità compatibile con quella dell’umano.
Edith è davvero felice di aver fatto il grande passo: ha acquistato il suo fidanzato fatto di fili e pelle in morbido silicone. Ha preso questa decisione dopo l’ultimo litigio con il suo ex ragazzo. È stufa e insoddisfatta – soprattutto a livello sessuale. Era stanca della durata di Mike, arrivava massimo a cinque minuti di piacere. Ora ogni suo problema può essere risolto da quella meravigliosa invenzione tecnologica.
Le mani di Edith tremano mentre i suoi soldi vengono prosciugati dalla carta di credito e in cambio le viene trasportato fino all’auto un grosso scatolone imballato. Un tizio anonimo spiega gli ultimi dettagli alla donna per mettere in funzione il suo nuovo fidanzato, poi la saluta.
Edith è così emozionata che guida più in fretta del solito.

Sorride quando il lavoro è finalmente completo.
«Dimmi che sono carina» strilla con uno sfarfallio di ciglia e ombre. I capelli biondi le incorniciano il volto dolce. Molti troverebbero strana la sua scelta di ricorrere a quel meccanismo per avere qualcuno. La verità, però, è che Edith potrà avere anche un volto deliziosamente dolce, ma dentro rimarrà per sempre tossica e marcia.
Quella frase dà il benvenuto a Bill, l’Aeterno. Ha scelto di farlo bellissimo: ha i capelli neri e morbidi, la pelle bianca e gli occhi pallidi, quasi fatti di vetro. È più alto di lei di venti centimetri, è perfetto.
Ha specificato che non le piacciono le sdolcinatezze – non è una ragazza che desidera ricevere delle rose all’anniversario, lei. Ha sempre avuto uno strano rapporto con gli altri, per questo la sua scelta di costruirsi il suo compagno è sensata. Buona parte dei suoi problemi saranno risolti. L’ha configurato prestando cura a ogni dettaglio.
Le pupille di Bill saettano da una parte all’altra della stanza, memorizzano il luogo e rielaborano le informazioni. È scosso, disorientato. Il suo corpo metallico si regge a stento in piedi. Solleva le mani davanti a sé, le guarda con il fascino di un bambino che ha appena visto la luce.  Nella sua testa ci sono urla che tentano di farsi udire ma che nessuno può ascoltare.
Fra di loro regna solo il silenzio.
Bill sorride, le labbra rosee e piene si stropicciano in un ghigno. Ha lo sguardo fermo, vitreo e inespressivo.
Edith solleva i polpastrelli per sfiorargli il viso, il suo tatto scopre la morbidezza di quella pelle – sembra quasi vera, pensa con meraviglia e stupore. Bill sembra vero, non sembra una macchina. Questo lo rende ancora più speciale.
Edith ha potuto scegliere anche il suono della sua voce. L’ha voluta fredda e ora le appare anche apatica.
«Ciao, Edith. Piacere di conoscerti. Sei molto carina.»
Le parole gli scivolano fuori dalle labbra che si muovono appena, sembra stia parlando per davvero; quella frase risuona reale e concreta fra le pareti.
Bill sembra umano, eppure non verrà mai intaccato dal tempo.
“Funziona!” pensa Edith, “Funziona davvero!”
Le sue guance pallide si colorano di rosso, si sente in imbarazzo. Ha un corteggiatore dalla bellezza mozzafiato di fronte e le sembra troppo fantastico per essere vero. Può essere felice, finalmente.
Non dovrà più sentirsi sola.

La loro relazione prosegue bene – benissimo.
Edith sente di aver trovato l’anima gemella. Il problema è che Bill non può leggerle dentro e deve essere specifica, talvolta – questo le causa imbarazzo.
Bill è come una persona reale, solo che quando ha voglia di stare da sola può spegnerlo come un giocattolo che non ha voglia di utilizzare.
Non mangia, non ha strani bisogno fisiologici, ma talvolta deve metterlo a caricare – il tizio del negozio le ha spiegato tutto.
Stanno insieme da un mese – Edith l’ha acquistato da un mese – ma ancora non ha trovato il coraggio di mostrarle la vera se stessa, pur essendo consapevole che in ogni caso l'Aeterno non può lasciarla. Bill è costretto a stare al suo fianco ogni volta che lo desidera.
Il problema, per la macchina, è che alcune cose sono troppo anche per lui. La sua personalità è bloccata, confinata in dei limiti oltre i quali non può uscire. È soppressa. Bill ha un’anima buona e Edith rischia di mandare in frantumi ogni traccia di luce, quella sera.
Sorride, si mordicchia il labbro inferiore tinto di rosso – solo perché è costretto a stare con lei non significa che Edith debba trascurarsi. Vuole essere all’altezza del suo compagno tecnologicamente perfetto. Vuole sentirsi bella sul serio.
«Umiliami» sorride la ragazza, le punte arricciate dei capelli biondi le scivolano davanti al viso.
Lì Bill perde davvero se stesso – smarrisce la sua anima razionale. Dentro si sente confuso, è come se i suoi fili tremassero, volessero smettere di funzionare sotto dei comandi che non desidera eseguire. Sente di non avere il controllo ogni volta che si abbassa alle richieste di Edith, sempre più folli – sempre più oscure.
Sente di sfiorare l’abisso con la punta delle dita. Si aggrappa al nulla che lo precede con le unghie, graffia il buio e s’illude di essersi salvato. Non riesce a controllare i suoi arti meccanici, non riesce a fermare i fili in cui non scorre sangue, non c’è niente di rosso e umano. È una macchina, Bill, ed è stata creata per assecondare la follia umana, per metterla a tacere. È schiavo dei comandi che gli hanno preimpostato il cervello nel modo sbagliato.
Il suo corpo rischia di andare in cortocircuito quando Edith gli chiede di soffocarla – «Solo un po’» si preoccupa subito di aggiungere, sorride. Ha pagato per averlo e vuole sfruttarlo nell’unico modo che può farla stare meglio.
Il suo cervello robotico comprende che Edith ha delle parafilie bizzarre e deve soddisfarle per forza – anche se non vuole.
L'ammasso di fili si muove, l'anima è rinchiusa in un bolla distante dal controllo degli arti, delle dita, e urla con tutto il fiato che ha in gola – pur non riuscendo a farsi sentire.
La confusione è sfumata in terrore. Il suo corpo non risponde alle urla che ha in testa.
Mentre la soffoca vorrebbe solo poterlo evitare. Vorrebbe non essere costretto a eseguire i comandi e a dover guardare tutto senza possedere una vera voce – quella che scivola fuori dalle sue labbra non gli appartiene. Quelle parole non le formula lui. È tutto sbagliato, delirante, confusionario. La mente di Bill sta impazzendo, non regge più quella tortura. Si sente intrappolato, rinchiuso in una gabbia invisibile.
Le sue dita si stringono ancora intorno al collo di Edith, premono più forte sulla pelle bollente.
«Basta» rantola lei, annaspa in cerca di aria.
Le mani di Bill rimangono inchiodate al suo collo. Quello è il momento, l’istante in cui si sente libero. Stringe sempre più forte, vuole che quella storia finisca. Se Edith muore, è libero – e la libertà non è amore, da quello ne starà alla larga. Non ha bisogno dei sentimenti, ha bisogno della libertà. 
Dura solo un secondo, tuttavia. Quando Edith ripete: «Basta!» le sue ossa di metallo si bloccano, si scansano dall'altro corpo fastidiosamente caldo. Bill è sempre gelido – non sente il freddo, ma avverte eccome quel caldo fastidioso e soffocante.
Edith è ancora viva e Bill è ancora in gabbia.

La situazione è destinata a cambiare. Sono necessari un paio di mesi, in ogni caso, prima che Edith decida di riprovarci. Bill è così affascinante che la diverte l’idea di giocare alla vittima e al predatore. La eccita e le mette i brividi. Il fatto che sia un robot e non un essere umano rende il tutto ancora più interessante. La sua anima non veniva solleticata da idee così maliziose mai, prima che arrivasse lui.
Edith non comprende i rischi di usare troppo i suoi giocattoli, non sa che si rompono, che iniziano a funzionare male se i loro padroni li fanno impazzire.
Non andrebbero usati in quel modo malsano, ma in fondo lei lo ha comprato e ha il diritto di farci quello che vuole.
Bill vorrebbe solo farla finita, smettere di esistere in quella gabbia distante. Non ne può più di vedere il suo corpo farle del male, vorrebbe ucciderla per smettere di visualizzare solo  la possibilità di sangue e morte.
Ha imparato a eseguire ogni comando di Edith, eppure Bill in fondo continua a urlare, piangere e sperare che finisca.
Edith sorride, le labbra tinte di rosa, un completino addosso che all'altro non suscita alcuna reazione – eppure lei si sforza di sedurlo, ci prova.
Bill finge di essere umano e di provare qualcosa, al contatto fisico, invece gli provoca solo muto e grottesco ribrezzo.
Nella sua gabbia si sforza di lottare, di prendere a pugni e calci le sbarre invisibili che lo trattengono, ma niente cambia.
Smette di guardare.
Smette di vivere quella vita illusoria.
L’anima di Bill si spegne – e il corpo con essa. Non sopporta più quello che Edith lo costringe a fare.
Non funziona più, deve essere riparato.


«Voi non capite, io ho davvero bisogno di lui, non posso aspettare. Dovete sistemarlo subito» spiega Edith, agitata, di fronte al tizio da cui l’hanno spedita per riparare l’Aeterno. «Vi prego, dategli un’occhiata, credo che sia morto.»
L’uomo sospira e sebbene manchi poco all’orario di chiusura decide almeno di dargli uno sguardo per capire cos’abbia che non va.
Il robot non si accende, ma può collegarlo al suo computer e controllare quello che sta succedendo. Inoltre, ne è particolarmente incuriosito. Gli Aeterni non possono morire, non possono invecchiare né contrarre malattie – anche se a volte, ma molto di rado, capita che vadano in cortocircuito e uccidano degli esseri umani. È un rischio che si corre, ma che viene seppellito e nascosto. Ogni cosa ha dei difetti, niente può essere perfetto, nemmeno coloro che non vengono scalfiti dal rintocco delle lancette, dai residui di sabbia che gocciolano giù dalla clessidra.
Il tecnico aggrotta le sopracciglia mentre controlla Bill. Non ha mai visto niente di simile. Il campanello suona e l’uomo abbandona Edith con l’Aeterno intimandole di non toccare niente.
Lei, ovviamente, non obbedisce all’ordine impartitole. Dà un’occhiata al monitor piatto a cui Bill è collegato. L’interfaccia è semplice, è intuitiva – somiglia a quella che ha usato per formattarlo a suo piacimento. Sposta il mouse sulla scheda “Caratteristiche”, notando una lista piena di dettagli con a fianco delle grosse X che contraddistinguono i tratti caratteriali scelti da Edith per il suo fidanzato. Decide di modificarne qualcuno, riuscendo finalmente a comprendere alcuni aspetti di lui. Per esempio, Edith non l’ha mai voluto gentile, non capisce perché quella casella sia spuntata. Inoltre, ha tolto il sadismo. Perché mai ha fatto una cosa del genere? Ora riesce finalmente a comprendere perché Bill eseguiva i suoi ordini come se fosse forzato a farlo, e non come se fosse formattato di proposito a quello scopo.

Quando il tecnico torna in sala Edith ha già finito. Accarezza i capelli neri del suo giocattolo, gli sorride teneramente. Ora andranno più d’accordo, ne è certa; deve solo svegliarsi.
Il tecnico ci impiega altri venti minuti a capire cosa diavolo abbia che non va. Nemmeno le spiega cos’è successo, la manda semplicemente via da lì, affermando di essere stanco e di essere rimasto a lavoro anche fino a oltre l’orario prestabilito e per il quale ottiene uno stipendio.
A Edith non interessa il resto, l’importante era tornare a far funzionare Bill e ce l’hanno fatta.

Edith si sente felice come quando l’aveva appena acquistato. Ha temuto di averlo perso per sempre – e la spesa per un Aeterno è grossa, si può sostenere una volta sola nella vita con uno sconto, poi non si può più cambiare a meno che non si posseggano tante – troppe – monete.
Vuole festeggiare, perciò si riempie un bicchiere di vino e lascia Bill in carica per un po’, il giusto necessario a dargli la forza per affrontare una nottata delirante di sesso. 
Quando lo accende, tuttavia, gli sembra diverso – sebbene sia rimasto identico, all’esterno.
Edith sorride. Significa che ha funzionato, ora il suo sguardo è più cupo – è più sexy.
Bill non sa cosa sia successo in quell’arco di tempo. Non sa del negozio di riparazioni né delle modifiche. La sua anima si è accesa di nuovo, però ora è diverso.
Bill, dalla sua gabbia distante, ora può muovere le sue mani e vedere quelle del robot muoversi con lui. Si sente spaesato, confuso, eppure dentro di sé forse c’è un barlume di speranza, qualche briciola di gioia all’idea di una libertà sempiterna.
Sorride, Bill, e le labbra del suo corpo fatto di fili e silicone si piegano sul serio, s’inclinano; ghigna e respira la libertà – ha il tanfo della morte, dei cadaveri in decomposizione, del dominio di un pianeta scorretto, crudele; una palla gigante e marcia, tossica, che divora il verde con il nero, il cielo azzurro con il grigio del fumo.
I sogni vengono presi a morsi dagli ordini, i comandi, il controllo.
Non sa come sia possibile, ma si avvicina a Edith e mantiene il sorriso, respira speranza e libertà, assapora i sentimenti – quelli positivi, quelli distanti dal terrore, quelli che lo fanno sentire un po’ strano, un po’ sconquassato, quasi umano. Un essere senza sangue e dalla vita infinita, un essere oltre il concetto del tempo… un essere pronto a uccidere per guadagnarsi il controllo eterno del proprio corpo robotico.
Bill non pensava di essere così forte da poterla soffocare senza sforzo, senza nemmeno sentire il collo gracile spappolarsi sotto alle dita rosa, pallide; zero ossa e tanti fili. Zero rimorsi e tanto sangue.
La pelle di Edith si dilania, gli occhi azzurri sembrano più grandi e le sue ciglia svolazzano; i bulbi quasi fuoriescono dalle orbite, quasi crollano lungo le guance come lacrime amare e che possiedono il sentore della fine.
Edith vorrebbe pregare, supplicare pietà, fermarlo. Edith vorrebbe riprogrammarlo e renderlo dolce, ricevere un abbraccio al posto della morte.
Ormai è troppo tardi.
Bill lascia la presa sul suo collo, il corpo inerme e umano si accascia sul pavimento. È un tonfo quasi sordo.
Non sente più il cuore di Edith battere.
L’odore del sangue sembra avvertirlo: ora è libero.


 

Lo so, vi sarete spaventati nel vedermi postare in questa sezione.
Chi mi conosce sa che non sono pratica di questo genere, per niente. L'ultima volta che ho scritto roba fantascientifica è stato circa tre anni fa. Quindi sì, ero arrugginita... ma soprattutto non ero preparata a quest'eventualità. 
Dunque, vi starete chiedendo... perché?
Perché sto partecipando a un contest su Wattpad dove devo seguire delle trame e dei generi scelti dai giudici. Le opzioni erano tre: fantascienza, romantico, horror. 
Vi starete chiedendo, quindi, perché io non abbia scelto l'horror... semplice, il prompt non mi ispirava per niente - e non era nel mio stile.
Il migliore dei tre è quello che ho sviluppato. La storia doveva riportare, mescolando anche altri generi eventualmente, un rapporto di qualsiasi tipo fra un umano e un robot - o qualcosa del genere. Il prompt fantascientifico, a differenza degli altri, lasciava molta libertà, per questo ho deciso di usarlo e in una manciata di ore mi è venuta su questa idea. Svilupparla è stato più complicato di pensarla, però il risultato non mi dispiace. 
Esperti del genere non mi linciate, ve ne prego! La scadenza del contest è il 29 e io sono pure in anticipo! 
Inoltre, chiedo perché ultimamente ho problemi a capire quale rating utilizzare: l'arancione va bene o dovrei abbassarlo a giallo? 
Vi ringrazio per aver letto questa storia! Alla prossima <3 
 

 

   
 
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