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Autore: Zoe__    01/12/2019    1 recensioni
"Guarda, sembra che sia sempre pronta a spiccare il volo, Harry.” Tornò a voltarsi e lo avvicinò a sé, stringendogli la mano.
“Ha le ali per farlo, forse ha solamente paura.” Sussurrò accanto al suo orecchio. Livia sollevò per un attimo gli occhi nei suoi, poi li allontanò e raggiunse il suo sguardo sulla maestosa statua di marmo che li vegliava dall’alto.
Genere: Angst, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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L’aroma pungente della cannella riempiva l’aria, ed era possibile udire la legna scoppiettare nel focolare fra le voci che si sovrapponevano nella sala. La tavola era stata allestita poche ore prima, il bianco delle tovaglie risaltava scontrandosi con il rosso delle pareti; l’oro rifiniva ogni superfice, dai piatti, alle posate, ai bicchieri. I segnaposto erano disposti ordinatamente, i nomi scritti in una calligrafia impeccabile e rifiniti, anch’essi, d’oro. Legato con un nastrino di velluto, ad ogni segnaposto era un bastoncino di cannella, un fiore d’anice ed una piccola pergamena per i ringraziamenti. Al centro della sala, accanto al focolare, fra le due tavolate, stava maestoso ed imperturbato l’albero di Natale, il solo in grado di appesantire quell’aria di leggerezza e perfezione alla quale ogni dettaglio contribuiva silenziosamente. Era decorato d’oro e rosso dalla punta al piedistallo, luminoso e accogliente. Vedendolo sarebbe stato impossibile non entrare nella sala, anche solo per sbirciare la magica atmosfera che era racchiusa fra quelle pareti. 
Livia stava imperturbata e non maestosa davanti all’entrata: gli occhi scuri vagavano disordinatamente su ogni cosa, soffermandosi sui dettagli giusto il tempo necessario per essere distratti da altro. Stringeva fra le mani la piccola borsa rossa – anche quella un omaggio del suo generosissimo datore di lavoro, come il viaggio che l’aveva portata lì. Il vestito, del medesimo colore, le scendeva delicato lungo il corpo e le accarezzava le curve, per finire a filo sul pavimento, questo solamente grazie alle scarpe vertiginosamente alte che indossava. Un paio di Louboutin, si era detta, avrebbe potuto comprarle solo durante quel viaggio ed indossarle solamente per quella occasione. Le aveva comprate, le aveva indossate, infine le aveva maledette nell’esatto momento in cui aveva sceso il primo scalino. Tuttavia, seppur traballante, varcò la soglia della sala tentando di non toccarsi i capelli, sapeva che le donava un’aria insicura e non avrebbe voluto rischiare in una serata importante come quella. Li lasciò cadere lungo le spalle, così lisci che alcuni suoi colleghi avevano faticato a riconoscerla, ma subito venne fermata dalla coordinatrice della sua area ed in pochi passi le fu accanto. Manteneva in maniera disinvolta un’aria seria e concentrata con tutti, cercando di interessarsi e comprendere nel miglior modo possibile cosa volessero dirle o chiederle. Il suo decolleté scoperto aveva attirato l’attenzione di molti fra i presenti, lo spacco del vestito aveva suscitato i mormorii e i commenti di alcune delle colleghe, ma lei ne rimaneva totalmente ignara o preferiva ignorarle. 
“Livia si occupa di casi a livello internazionale, nel nostro studio è indubbiamente la più preparata.” Camille, la sua tutrice dal primo momento nella Hogan Lovells, parlava entusiasta di lei ogni volta che doveva presentarla a qualcuno. In quel momento si trattava di suo marito, Thomas, il quale le guardava con occhi caldi. 
“Dove ha studiato?” chiese lui, guardando Livia negli occhi e sorridendole amichevolmente. 
“Oxford” rispose velocemente Camille “una studentessa modello.” Si voltò verso di lei e le accarezzò la spalla coperta. 
“Grazie Camille” sorrise ad entrambi e sovrappose la mano alla sua “sei sempre troppo gentile.”
“Eri una bambina quando ti ho vista per la prima volta. Guardati ora! Sei una donna.” Livia arrossì e le strinse la mano. 
“Vuoi dire che sono invecchiata?” Sorrise scherzosamente e si voltò verso il marito di lei che le guardava divertito.
“Vuoi dire a me, mia cara!”
“Non dirlo, siamo semplicemente maturate.” Le fece un occhiolino e si voltò verso il centro della stanza, dove il direttore annunciava l’inizio della cena. 
Aveva sempre avuto un debole per Parigi, ma non l’aveva mai visitata. Gli anni dell’università erano stati i più belli e caotici della sua esistenza fino a quel momento, ma allo stesso tempo non privi di problemi o difficoltà di ogni genere. Permettersi una simile vacanza era impossibile e Livia aveva collezionato ricordi in ogni angolo del Regno Unito, tornando occasionalmente a casa, a Roma, per poi tornare nuovamente nella sua, oramai, seconda casa. Era dunque la prima volta che era Parigi non per uno scalo, né per una coincidenza, ma per pura volontà. Non c’era stata ancora alcuna occasione per esplorarla come avrebbe voluto, ma alle porte c’erano due giorni totalmente liberi ad aspettarla. La vista dalla sala del ricevimento le dava simili pensieri, poteva facilmente distinguere le sagome dei monumenti al di là della finestra. Guardò ancora le persone che la circondavano, incredula di essere così giovane e così in alto. 
 
Come aveva detto poco prima al telefono, l’aereo era in un ritardo spaventoso ed imbarazzante. Ritirate le valigie con la stessa rapidità del volo appena preso, si ritrovò sommerso da un’incredibile e spiacevole folla di fans, senza una facile via d’uscita. Cortesemente le congedò, scattando qualche foto e spargendo parole gentili mentre la pioggia impazzava sulle loro teste. 
“Four Seasons?” Harry annuì con un cenno veloce e l’autista partì senza farselo ripetere. Si lasciò andare contro il sedile, socchiuse gli occhi e massaggiò stancamente le palpebre. Pensava solamente che avrebbe avuto due giorni di riposo prima del prossimo concerto, che non avrebbe avuto alcuna campagna promozionale da portare avanti ed avrebbe potuto trascorrere quei due giorni in camera, al buio, sotto le coperte. Al solo pensiero sentiva il sonno assalirlo e tutta la stanchezza accumulata addensarsi nel suo petto e stringerlo ancora contro il sedile. Si passò una mano fra i capelli, prese il cellulare, poiché lo riteneva l’unico strumento in grado di tenerlo sveglio in lunghi viaggi in auto come quello che stava per affrontare. Inutilmente tentò di rimanere vigile mentre la pioggia batteva sul finestrino e con i polpastrelli ne riproduceva il ritmo. 
Il van si addentrò per le strade Parigine ed Harry dormiva beatamente sul sedile posteriore, il capo piegato sulla spalla, le mani sulle gambe stanche e molli. Fu svegliato da una brusca frenata, susseguita da un’imprecazione e da gesti che non riuscì a decifrare nel buio della macchina. L’autista scese, gli aprì lo sportello e si occupò delle valigie. Scese anche lui, le sue gambe lo sorreggevano appena, desiderava solamente andare in camera. Si occuparono di lui come avrebbero fatto con un bambino: gli portarono le valigie in stanza, non si preoccupò neanche del suo zaino, era stato caricato insieme alle altre. Prese la sua carta, salì in ascensore e pregò che fosse il più veloce possibile. In quella scatola argentata non percepiva nulla se non una grande confusione che ogni secondo lo destabilizzava maggiormente. L’ascensore si bloccò, le porte si aprirono, uscì velocemente. Si stupì della sua stessa velocità in quel corridoio troppo luminoso per i suoi occhi addormentati. Luci e decorazioni natalizie gli confondevano la vista, il buio al di là delle finestre si scontrava prepotente con l’illuminazione che lo circondava. Con la carta fra le mani iniziò a cercare la sua stanza, sfortunatamente non c’era nessuna 405 nei paraggi, eppure lui continuava imperterrito ad inserire la carta.
“È la 305” si avvicinò lentamente “le dispiace?” si voltò velocemente, sollevò poi lo sguardo sulla porta e socchiuse gli occhi. Li riaprì di nuovo, velocemente e quasi incredulo.
“Harry?” Livia stringeva in una mano le scarpe, nell’altra la piccola borsa rossa e le sue labbra fra i denti. Lo guardava senza battere ciglio, incredula e intrappolata in quel momento senza via d’uscita, con il petto che si alzava lentamente su e giù. 
“Livia?” aggrottò le sopracciglia, si stropicciò gli occhi “Livia cosa ci fai qui?”
“Viaggio gentilmente offerto dalla Hogan Lovells per questo Natale” si avvicinò a lui a passi lenti, i piedi scalzi ed il vestito che svolazzava sul pavimento “ed immagino che tu sia qui per l’ultima data del tuo tour, viaggio gentilmente offerto dal tuo pubblico.” Harry rise e si passò una mano fra i capelli. 
“Non sapevo fossi qui.” Le sorrise e si poggiò contro la porta.
“Ho dimenticato di dirtelo quando ci siamo visti a Roma” si avvicinò ed aprì la camera con la chiave, quella giusta “vuoi entrare?”

Bentrovati su quest schermi! Buon Primo Dicembre a voi lettori. Questa raccolta di episodi di vita é un progetto a me molto caro. Sarò qui per ventiquattro giorni e questo sarà per voi un calendario dell'avvento. Ci tengo moltissimo e lo custodisco gelosamente, è un regalo per una persona importante. Non estitate a lasciare una recensione, siete sempre i benvenuti. Grazie mille per l'attenzione, Zoe xx
   
 
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