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Autore: Menade Danzante    02/12/2019    2 recensioni
Dal testo: "«Fammi provare!» tentò il demone, sporgendosi in avanti con enfasi supplichevole. «Sa già di Babbo Natale e non mi pare che tu abbia fatto tante storie a riguardo». Questo fu sufficiente per far rilassare l'angelo.
«Non hai bisogno del mio permesso: nonostante tu stia dimostrando meno anni del giovane Warlock, non ho intenzione di impedirti di fare alcunché». Si prese un attimo per mettere inseme le idee e poi concluse: «Non mi sembra una proposta malvagia. Solo stupida»
Crowley sorrise apertamente. «Ti sorprenderò, angelo. Vedrai!»
Il biondo gli lanciò uno sguardo supponente prima di dichiarare: «Voglio proprio sperare che sia così: dopo tutto il tuo entusiasmo di questa sera non mi aspetto altro, vecchio mio» [...]
se un editore qualunque aveva avuto il coraggio e soprattutto il permesso di far passare un atto di spietata crudeltà per una delle più grandi manifestazioni dell'amore di Dio per Noè e la sua famiglia, niente impediva a Crowley di viaggiare un po' con la fantasia e di rendere Gesù un folletto dei boschi nato per intercessione di una strega da una fata e da un troll di montagna e su cui gravava una disperata maledizione di morte."
Genere: Commedia, Fluff, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Aziraphale/Azraphel, Crowley, Warlock Dowling
Note: Missing Moments, Movieverse | Avvertimenti: nessuno
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bedtime

Bedtime stories








Crowley ormai faticava a rimanere serio. Quell'ottima bottiglia di vino che torreggiava quasi vuota sul tavolo del retrobottega della libreria di sicuro influiva sul suo umore, ma a renderlo particolarmente ilare erano le idee che avevano cominciato a frullargli per la testa. Continuava a ridacchiare di tanto in tanto, soprattutto quando era certo che Aziraphale lo stesse osservando.

«Ancora?!» esclamò alla fine l'angelo indignato, con un tono così fermo che il demone capì subito di essere rimasto l'unico ubriaco della libreria.

«Pardon». Si concesse un ultimo gorgoglio divertito prima di fare uno sforzo e recuperare a sua volta la lucidità.

«È un'idea sciocca, Crowley» disse Aziraphale con l'aria di chi ha già ripetuto quella frase troppe volte per i suoi gusti.

«Su questo non ho dubbi». Il demone fu contento di vedere l'angelo regalargli un'occhiata compiaciuta per il buonsenso dimostrato. «Però ammetterai che è simpatica». La felicità sul viso dell'altro sparì per lasciare il posto all'esasperazione.

«Sai essere terribilmente infantile. Te l'ho mai detto?»

Crowley ghignò. «Una o due volte»

«Per secolo» sottolineò Aziraphale, le labbra serrate in una linea sottile e giudicante.

«Fammi provare!» tentò il demone, sporgendosi in avanti con enfasi supplichevole. «Sa già di Babbo Natale e non mi pare che tu abbia fatto tante storie a riguardo». Questo fu sufficiente per far rilassare l'angelo.

«Non hai bisogno del mio permesso: nonostante tu stia dimostrando meno anni del giovane Warlock, non ho intenzione di impedirti di fare alcunché». Si prese un attimo per mettere inseme le idee e poi concluse: «Non mi sembra una proposta malvagia. Solo stupida»

Crowley sorrise apertamente. «Ti sorprenderò, angelo. Vedrai!»

Il biondo gli lanciò uno sguardo supponente prima di dichiarare: «Voglio proprio sperare che sia così: dopo tutto il tuo entusiasmo di questa sera non mi aspetto altro, vecchio mio»

«Colgo forse dell'ironia?» disse Crowley, colpito: era raro che Aziraphale cogliesse il suo sarcasmo, ma quando era l'angelo a farne il demone si riteneva orgogliosamente il responsabile di quelle novità, il suo mentore prediletto.

«Oh no, non mi permetterei mai». Il tono candido non trovò corrispondenza nel guizzo malizioso negli occhi del Principato.

«Sei veramente un infame»



Crowley era molto consapevole della follia delle sue macchinazioni natalizie. Non aveva idea di quanto il suo piano malefico potesse influire in positivo o in negativo sul bene superiore della salvezza della Terra dall'Armageddon, ma il fatto che Aziraphale non fosse poi così tanto turbato lo rassicurava oltre ogni dire. In fondo, come aveva detto l'angelo, era un'idea stupida, non cattiva, e onestamente non avrebbe saputo descriverla meglio. Sì, perché il demone si era reso subito conto dell'idiozia dietro all'idea di rendere Warlock il più pagano possibile, ma non aveva potuto fare a meno di continuare ad architettare la sua grandiosa storia di Natale.

In cuor suo, Crowley credeva fermamente di aver fatto un ottimo lavoro nel convincere Aziraphale ad appoggiarlo, o quantomeno a non creare interferenze inutili. Gli aveva fatto notare che, proprio in virtù delle influenze esterne, di lì a poco Warlock avrebbe dimenticato la versione alternativa del Natale di Tata Ashtoreth e che, con la famiglia in cui viveva e il Paese in cui si trovava, era difficile che un bambino di appena cinque anni fosse davvero in grado di optare liberamente per il paganesimo o l'ateismo.

«Stai dunque ammettendo da solo che è inutile, caro?» aveva risposto sapientemente Aziraphale, provando a prenderlo in contropiede, ma Crowley era riuscito a zittirlo con maestria: «Assolutamente, dunque è innocuo. Una storia della buonanotte tra le tante, angelo»

Il demone non l'aveva detto casualmente: nella biblioteca di casa Dowling aveva trovato innumerevoli libri per bambini con all'interno vicende della Bibbia spacciate per fiabe e racconti di fantasia, compresi eventi che, in tutta onestà, Crowley non avrebbe mai raccontato ad un bambino piccolo. A dargli il definitivo spunto per agire e per giocare con la notte della nascita di Cristo era stata l'ennesima rivisitazione del Diluvio Universale: se un editore qualunque aveva avuto il coraggio e soprattutto il permesso di far passare un atto di spietata crudeltà per una delle più grandi manifestazioni dell'amore di Dio per Noè e la sua famiglia, niente impediva a Crowley di viaggiare un po' con la fantasia e di rendere Gesù un folletto dei boschi nato per intercessione di una strega da una fata e da un troll di montagna e su cui gravava una disperata maledizione di morte. Cristo non se la sarebbe presa, ne era sicurissimo.

Aveva letto ormai così tante fiabe al bambino che strutturare la sua storia perché nella sua articolazione risultasse familiare a Warlock non gli aveva richiesto che pochi minuti di tentativi, spesi più che altro a sembrare convincente e a non cadere in contraddizione con i particolari più avvincenti. La mattina del 1 Dicembre Crowley si sentiva pronto: avrebbe raccontato il Natale a modo suo e sarebbe stato compito dei successivi educatori far cambiare idea al bambino.

Era stata la sera, però, a far capire alla tata di aver sottovalutato un particolare notevolmente importante in tutta la faccenda: Crowley non aveva fatto i conti con l'Anticristo e con quell'impiastro del giardiniere.



«Tata, Fratello Francis mi ha raccontato una storia» disse il bambino mentre Crowley gli rimboccava le coperte.

«E di che si tratta, tesoro?» chiese lei, sinceramente curiosa. «Un altro racconto su quanto siano splendide le lumache?»

Warlock scosse la testa, un po' schifato. «No, no. Una storia su un bambino piccolo venuto dal Cielo»

Crowley, seduta in poltrona, voltò piano la testa per incontrare il faccino pacifico del ragazzo.

«Che tipo di bambino?» domandò glacialmente neutrale.

«Uno speciale»

La tata si disse che avrebbe ammazzato Aziraphale.

«E che fa questo bambino speciale, piccolo mio?» indagò ancora.

«Una rivoluzione»

Warlock si era impegnato ad assumere un'aria importante nel pronunciare quella parola, ma Crowley onestamente dubitava che ne conoscesse il significato. Stava ripetendo le parole dell'angelo, ne era certa. Un motivo in più, considerò, per ucciderlo.

«Warlock, caro, lo sai che preferisco non doverti tirar fuori le informazioni con tutte queste domande» disse, severa ma con voce comunque armoniosa. «Vorresti essere più specifico?»

Il bambino si affrettò a tinteggiare meglio il racconto e a rivelare i più innocenti particolari della vita di Cristo che Aziraphale gli aveva fornito. La storia sembrava uscita da uno di quei libri che avevano ispirato lei, un tripudio di buoni sentimenti e amore. Aveva persino nominato il coinvolgimento di Crawly nella vicenda, cosa che la lasciò non poco sorpresa, ma che non fu comunque sufficiente a distoglierla dal particolare fondamentale della questione: non l'aveva lasciata in pace nemmeno in quella circostanza! Che diamine, Aziraphale aveva promesso! Come aveva potuto rovinarle così il divertimento? Come avrebbe potuto, lei, rifilargli la sua versione, incredibilmente avventurosa, adesso che questo fantomatico bambino speciale aveva rubato il cuoricino e l'attenzione dell'Anticristo?

«È solo una storia, tesoro» tentò, sperando di riuscire a recuperare almeno un po' di terreno. «Una fiaba, una di quelle che ti piacciono tanto»

Warlock la guardò testardo. «Francis ha detto che è una storia vera»

Crowley boccheggiò, in difficoltà, mentre ipotizzava di torturare l'angelo prima di ucciderlo. «Francis non sa quello che dice» disse alla fine, sorridendo tremula.

«È un bugiardo?»

Purtroppo no, pensò amaramente la tata. Né poteva davvero permettere che Warlock ritenesse Aziraphale un bugiardo qualunque: oltre al torto nei confronti dell'amico, Crowley sapeva che porre l'Anticristo nella condizione di dubitare costantemente delle parole del giardiniere avrebbe votato al fallimento quel loro tentativo di salvare la Terra dalla distruzione. Se voleva recuperare la sua occasione, avrebbe dovuto farlo in maniera diversa.

«No, caro» assicurò, accarezzandogli la testa con una mano. «È solo che a volte ha le sue credenze. Non è detto che abbia sempre ragione»

Warlock parve considerare un momento la questione prima di annuire soddisfatto. «E tu, invece? Hai sempre ragione?»

La tentazione di cedere al richiamo dell'ego le si palesò senza tanti complimenti, ma Crowley fu sufficientemente sincera con sé stessa da ricacciarla indietro.

«No, piccolino. A volte ho ragione, altre no, come tutti». Gli toccò la punta del naso con un dito, facendolo ridere. «Il tuo compito è quello di trovare la verità nel mezzo»

«Tra te e Fratello Francis?»

L'espressione intelligente e curiosa negli occhi di Warlock le fece spuntare un sorriso involontario tra le labbra. Ragionò in fretta: avrebbe potuto dirgli di sì e risolvere così un enorme problema riguardante l'educazione di Warlock. Se, infatti, fosse riuscita a far emergere solo loro due come gli unici dispensatori di buonsenso in tutta la villa, né lei né Aziraphale avrebbero dovuto preoccuparsi di qualsivoglia indottrinamento esterno. Ma quello sarebbe stato giusto nei confronti di Warlock, di quel ragazzino che aveva una coscienza e, almeno in parte, quella libertà di pensiero propria dell'umanità e che Crowley aveva sempre rispettato, nel bene e nel male? La risposta era così ovvia che la tata si sentì stupida anche solo per aver formulato la domanda.

«No» disse alla fine. «Tra tutto quello che ti viene detto. Ascoltalo, comprendilo, fa' la tua scelta. Sempre, Warlock. Chiaro?»

Il bambino lo avrebbe capito, primo o poi, probabilmente non a cinque anni, ma Crowley non dubitava che il messaggio un giorno sarebbe arrivato forte e chiaro. Lei e Aziraphale dovevano solo fare in modo che sopravvivesse ai suoi undici anni, tutto qui.

«E questo è vero, tata Ashtoreth? Hai ragione su questo?»

Crowley rise. «Su questo sì, mio diavoletto»

Lasciò che Warlock ridacchiasse a sua volta, prima di ricevere l'illuminazione più propizia della serata.

«A questo proposito,» cominciò, di nuovo fiduciosa, «saresti curioso di sapere cosa so io sul Natale?»

«Ci sono altre storie?» esclamò Warlock tutto preso dall'idea, gli occhi a palla come quelli di una rana.

«Oh sì. Quello che so io è molto diverso da quello che sa Francis»

«Racconta, racconta!»

Crowley sorrise, si schiarì la gola e cominciò alla vecchia maniera. «C'era una volta una strega cattiva, tanto cattiva, che viveva al di là delle nuvole e che giudicava tutti quelli che vivevano sotto di lei...»



Quella sera Crowley non fece in tempo ad aprire bocca al pub che Aziraphale lo precedette, le mani alzate in segno di resa e un calice di vino già posizionato al solito posto del demone.

«Posso spiegare: è stato Warlock a chiedermi l'origine del Natale, non ho cominciato io. Non ho saputo cosa dire se non la verità. Quasi, in realtà, perché sappiamo bene che non è il periodo giusto dell'anno e tutto quanto, ma, insomma, lo sai»

«Ho pianificato la tua morte» disse Crowley atono, come se non avesse sentito le parole dell'angelo.

Aziraphale corrugò la fronte. «Ah. Come avverrà, di grazia?»

Il demone prese un respiro dal naso. «L'ho dimenticato». Era vero: "I want to break free" di Beethoven lo aveva completamente distratto dal proposito di strigliare per bene l'amico sul poco rispetto dimostrato con la sua azione sconsiderata.

«Capisco» fece Aziraphale, comprensivo, elargendo un gran sorriso. «Allora prego, unisciti a me». Gli fece cenno di sedersi. Crowley ebbe solo il tempo di un sorso di vino prima che l'angelo tornasse alla carica con le scuse.

«È curioso, lo sappiamo» disse. «Sarebbe arrivato questo momento, prima o poi. Non bastano più le canzoncine di Natale per farlo stare zitto»

«Mm» emise Crowley, annuendo stancamente.

«Mi dispiace, credimi. Non volevo che andasse così»

Il demone scosse il capo. «Lascia stare» disse. «Hai raccontato una versione a misura di bambino. I miei complimenti»

Aziraphale parve irritato. «Adesso non c'è bisogno di insultare»

«No, dico davvero» continuò il demone, sincero. «Ho riflettuto: non hai tante storie dalla tua. Insomma, quanti santi puoi usare senza essere inquietante? Gente morta ammazzata per la maggior parte... Non proprio il massimo per un ragazzino, no? Questa qui è una delle poche a cui puoi fare quasi pieno affidamento. Hai fatto bene». Aziraphale lo fissò con ancora più circospezione di prima. «Che c'è? Sto dicendo una cosa seria!»

Fu allora che l'angelo sorrise. «Mi aspettavo una reazione diversa. Non sembri arrabbiato»

«Lo ero. Ma ho capito che avresti potuto fare di peggio». Di fronte allo sguardo confuso dell'altro, Crowley si costrinse a continuare. «Hai eliminato sia i particolari più pietosi che quelli più fantastici. Gli hai detto che Cristo faceva le magie, non i miracoli... Pure Harry Potter fa le magie». Aziraphale continuava a non cogliere il punto. «Se gli avessi parlato dei miracoli, l'avrei definitivamente perso, capisci?»

L'angelo scosse il capo. «Non credo che conosca la differenza»

Crowley sospirò, spazientito. «Non gli hai detto nemmeno che era il Figlio di Dio»

L'altro, stavolta, annuì. «Sarebbe stato eccessivo: è pur sempre l'Anticristo» ammise. «E comunque non è il punto centrale della questione»

Il demone si concesse un sorriso. «Il punto è la rivoluzione, no?». Quando Aziraphale lo guardò interrogativo, capì di doversi spiegare meglio. «Così ha detto Warlock»

L'angelo fece un cenno affermativo con la testa, cauto. «È quello che è stato: non vorrai mica negare che abbia rivoluzionato il mondo, o almeno questa parte di mondo?»

Crowley poté avvertire lo scandalo nella voce dell'amico e si affrettò a concordare. «Dico solo che è un termine... importante» disse, scegliendo con cura le parole: non voleva litigare, non voleva giocare con la mente di Aziraphale: voleva solo capire. «Lassù non piace, da quello che ricordo»

Per un attimo a Crowley parve che le iridi blu dell'angelo fossero sul punto di lanciare dardi infuocati.

«Io non sono stupido, Crowley. Vorrei che ogni tanto lo riconoscessi»

Il demone si ritrasse come se quelle parole l'avessero spintonato contro lo schienale della sedia. Aziraphale doveva essere davvero offeso per aver ritenuto necessario ribadire un'ovvietà come quella. Crowley se ne rammaricò molto e cercò di esibire un sorriso conciliatore.

«No, non lo sei» disse. «Scusa»

«Grazie» ribatté lapidario Aziraphale, ma visibilmente più addolcito nei modi: fu infatti il primo a sollevare il bicchiere per suggerire un brindisi pacificatore.

«A Cristo» esclamò Crowley.

«Sul serio?» fece Aziraphale, più posato, ma con gli angoli della bocca che sfuggivano evidentemente al suo controllo.

«Ne sarebbe onorato» garantì il demone.

L'angelo rilasciò un sospiro. «E sia. A Cristo»

Quando i loro bicchieri si incontrarono a mezz'aria, Crowley e Aziraphale risero di gusto.



Da quel giorno Warlock era tornato alla carica con le storie di Natale di Fratello Francis e Tata Ashtoreth solo un paio di volte, in cui aveva chiesto qualche particolare in più ad entrambi. Poi, improvvisamente, aveva dimenticato le due versioni dell'origine di quella festività ed era stato rapito da un mondo completamente diverso: la fabbrica dei giocattoli di Babbo Natale in cui lavoravano gli elfi operosi. Quello era diventato il suo gioco preferito: spronato dalla tata, Warlock aveva piagnucolato tanto con la madre per farsi comprare un costume da elfo, tutto verde e con i bottoni a forma di biscotto, e quando l'aveva ottenuto era stato difficile toglierglielo di dosso per metterlo a lavare. Passava le sue giornate saltellando per tutta la villa, inciampando nelle decorazioni e negli alberi addobbati, cantando a squarciagola canzoni di dubbia bellezza ed esprimendosi in un linguaggio che più che agli elfi di Babbo Natale poteva appartenere ai Puffi.

Poi era venuto il turno dei film tematici. Tata Ashtoreth era stata costretta a vedere cinque volte in tre giorni “Home alone” e si era ripromessa che, se Warlock avesse proposto un sesto rewatch dello stesso lungometraggio, avrebbe deliberatamente riscritto la pellicola per risolvere la vicenda in cinque minuti al massimo. Non si era rivelato necessario, però, perché Warlock aveva improvvisamente deciso di essere un fan convinto di “Elf”, film che aveva suscitato diverse domande in Crowley. Una di queste aveva persino meritato l'attenzione di Aziraphale.

«Mangeresti mai un piatto di pasta con caramelle e sciroppo d'acero?» gli aveva chiesto una sera durante una cena in un ristorante italiano. L'angelo l'aveva guardato così male che Crowley aveva dovuto spiegare nel dettaglio le genesi di quel pensiero per rassicurarlo sul fatto che nessun locale nei paraggi servisse un tale scempio ai propri clienti.

Ma il grande piacere di Warlock rimanevano i cartoni animati Disney.

«Non ho mai odiato il Natale come in questi giorni» era stata la confessione disperata di Crowley dopo un concerto al Royal Albert Hall.

«Tu non odi il Natale. E comunque hai detto la stessa cosa l'anno scorso, caro»

«Ci credo: l'anno scorso ho visto dieci volte “The lion king”. Quest'anno Warlock è fissato con “Frozen”»

«Ringrazia che sia ancora troppo piccolo per “The sound of music”, almeno»

Crowley aveva annuito gravemente prima di salire in macchina: quella sarebbe stata semplicemente una tragedia.

«Promettimi una cosa: se comincio a cantare “Lei it go”, tu mi farai rinsavire»

«Non l'ho mai ascoltata: come potrei aiutarti?»

Il demone aveva sorriso. «Fidati, angelo: te ne accorgeresti»



Warlock volle rivedere “Frozen” anche la mattina della vigilia di Natale. Ormai Crowley era talmente assuefatta al film che non solo riusciva ad anticipare brillantemente le battute di tutti i personaggi, ma cominciava anche a chiedersi se non fosse il caso di vantarsene all'Inferno.

«Sei contento?» chiese al bambino una volta terminata la visione. Warlock non poteva essere più felice di così, davvero: batté le mani e si dondolò sul divano con tutto l'entusiasmo che tata Ashtoreth gli aveva visto addosso quando voleva pregarla di rivedere ancora una volta il film appena terminato. Piuttosto si sarebbe discorporata, ma per sua fortuna non servirono metodi così drastici.

«Tata, voglio farti vedere una cosa» annunciò il bambino, infatti, tirandola per una mano e imboccando le scale per la sua camera. Una volta giunto a destinazione, Warlock si tuffò sul letto per recuperare qualcosa dal cassetto del comodino. Un foglio, notò subito la tata.

«Ho fatto un disegno!» esclamò orgoglioso, tendendolo verso Crowley accomodata alla sua solita poltrona. Prima che la tata potesse prendere l'opera d'arte, il bambino le si arrampicò sulle gambe con troppa foga e il cappellino da elfo gli scivolò sugli occhi. Quando Crowley glielo sistemò meglio in testa, Warlock la ringraziò educatamente. Troppo educatamente.

«Come mai sei così gentile, piccino?»

«Se no Babbo Natale non mi porta i regali, me l'ha detto Fratello Francis»

Crowley non si preoccupò di trattenere il ghigno. «Io credo che ti abbia detto un'altra cosa, invece». Warlock arrossì. «Ti ha detto di fare azioni disinteressate e di ringraziare perché farlo è cosa buona e giusta. Sbaglio?»

Warlock si ficcò un dito in bocca con l'aria sempre più colpevole.

«Va benissimo anche così, demonietto mio» lo rassicurò la tata, maliziosa, cosa che fece ridere il ragazzino, di nuovo tranquillo. «Forza, fammi vedere il disegno»

Quando Warlock le passò il foglio con grandissimo orgoglio, Crowley dovette fare uno sforzo di concentrazione per capire quello che aveva davanti.

«Ma questa è...» cominciò, incapace di finire la frase. No, non poteva crederci.

«La navi-... la natita-...» provò Warlock, la parola complicata che non ne voleva sapere di uscire dalle sue labbra. «La natività»

Crowley gli strinse appena il braccio per congratularsi dello sforzo fatto e tornò a guardare la scena. «Non è propriamente come te l'ha raccontata Francis, giusto? E nemmeno come te l'ho raccontata io»

Warlock scosse la testa. «Ti faccio vedere. Questo sono io» disse, indicando il neonato stilizzato al centro della capanna, già circondato da una zazzera di capelli folti e completo di costume da elfo. «Questa è la mia mamma e questo è il mio papà» continuò picchiettando il foglio in corrispondenza dei genitori: la madre in tailleur e il padre con un completo gessato. Era la figura più stilizzata di tutto il disegno, ma Crowley non fece domande né commentò in alcun modo: la famiglia di Warlock non era unita, lo sapeva già, ed era normale che anche il bambino ne risentisse nelle sue rappresentazioni.

«Questi due, invece?» chiese, indicando due figure umane in disparte nella capanna che osservavano la scena. C'era qualcosa in quelle due persone che aveva un'aria di famiglia, ma la donna non ne era particolarmente sicura.

«Ma come?» disse Warlock sconvolto. «Siete tu e Fratello Francis»

La tata rimase sconcertata per un lungo momento prima di poter analizzare davvero quelle due entità. Adesso che lo sapeva, riconosceva il suo cappello, le labbra dipinte di viola e il fiocco rosso. Riconosceva Aziraphale con le sue linee morbide, l'abito stravagante da giardiniere e la sua palette chiara. Erano loro, non c'erano dubbi.

«Come mai?»

Warlock si strinse nelle spalle con ovvietà. «Siete amici miei»

La tata staccò gli occhi dalla rappresentazione di sé e di Aziraphale e si focalizzò sul bambino. Warlock non si era accorto di aver detto una cosa importante, ne era certa: il ragazzino continuava a guardare il disegno con lo stesso orgoglio con cui glielo aveva porto, sembrava del tutto immutato. Aveva esternato una cosa per lui estremamente semplice e vera, non meritevole di troppi accorgimenti. Warlock li considerava degli amici, dei compagni di giochi forse un po' strambi, ma voleva loro bene.

Crowley si sentì invadere da un'ondata di tenerezza che le impedì di notare come quel disegno fosse di nuovo il perfetto connubio di quello che lei e l'angelo avevano raccontato al bambino. Una cosa sembrò improvvisamente più importante di tutto quello: quel ragazzo di cinque anni che aveva deciso di rendere tata Ashtoreth e Fratello Francis parte della sua personalissima famiglia.

«Vieni qui» disse Crowley, circondandolo per bene con le braccia e lasciando che quelle di Warlock le si arrotolassero esili intorno al collo.

Quando il bambino si staccò da lei la guardò con estrema serietà. «Rivediamo “Frozen”, tata Ashtoreth?»

Crowley sorrise. «Tutto quello che vuoi, piccolino»



Quella sera il demone si godette l'espressione di divertito stupore sul volto dell'angelo che ammirava il genio artistico dell'Anticristo. Gli raccontò tutto, anche la motivazione che aveva spinto Warlock ad inserire loro due nel disegno. Crowley pensò che la tenerezza che gli lesse negli occhi subito dopo la rivelazione fosse sufficientemente rappresentativa di tutta quella che aveva provato quando il bambino aveva scelto di essere estremamente sincero con la tata.

«È storicamente inaccurato, ma Warlock è davvero un caro ragazzo» disse Aziraphale. Il demone sbuffò con malagrazia, ma non fece niente per negare quell'affermazione.

L'angelo fece per restituirgli il disegno, ma Crowley lo fermò con una mano. «Tienilo tu» disse con semplicità. «Puoi metterlo qui, da qualche parte. Puoi appenderlo»

Aziraphale gli rivolse un'occhiata particolare. «Come un ricordo della sua infanzia, dici?»

Il demone si strinse nelle spalle. «Chiamalo come preferisci». Il sorriso che ricevette in risposta lo costrinse a distogliere lo sguardo: a volte con Aziraphale non bastava nemmeno la protezione delle sue lenti scure.

«Mi sembra un'ottima idea, caro»

Quando finirono di sorseggiare i loro drink era ormai tardi.

«Sarà meglio che vada» annunciò Crowley, stiracchiandosi sulla sedia.

Aziraphale annuì e si alzò a sua volta per accompagnare il demone all'uscita.

«Certo che potrebbero darcele le ferie ogni tanto» commentò il rosso con casualità mentre si infilava il cappotto. «No?»

L'angelo scosse il capo, divertito. «Lo dici come se avessimo molto altro da fare»

«Mmm» disse Crowley, abbassando la maniglia e rimanendo con un piede dentro e uno fuori dalla libreria. «Anche solo per il rispetto delle formalità. A te piacciono tanto le formalità»

Aziraphale alzò gli occhi al cielo in un moto esasperato, ma l'espressione che seguì a Crowley non parve coerente. Insomma, stava solo scherzando, non c'era bisogno di spaventarsi così.

Ma bastò un secondo perché il demone capisse.

«Vischio»

Di scatto, Crowley guardò in alto a sua volta: quello stralcio di piantina verde era davvero lì, sulle loro teste. Il demone sentì freddo alla base del collo e fu piuttosto sicuro che non fosse per colpa del vento dicembrino.

«Molto umano da parte tua» disse, sperando di suonare sarcastico.

«Temo tu abbia ragione, mio caro» sospirò Aziraphale. «Ho pensato potesse essere carino per i clienti. Agli umani piace»

«Giusto»

Rimasero sulla soglia della porta a guardarsi, immobili, senza che nessuno dei due accennasse ad arretrare o a uscire. Fu la pendola del negozio a battere la mezzanotte e a ricordare al demone dello scorrere del tempo.

«Dovrei proprio andare» ribadì Crowley, grato che il vecchio orologio di Aziraphale avesse deciso di interrompere l'imbarazzato silenzio al posto suo.

«Ma certo». L'angelo parve estremamente comprensivo, ma quando Crowley accennò davvero a uscire definitivamente dalla libreria lo richiamò con un banale: «Aspetta»

Il demone non si mosse nemmeno quando Aziraphale gli tese la destra. Crowley fissò l'arto come se si fosse trattato di un'appendice strana che non aveva mai visto in vita sua.

«Buon Natale» spiegò Aziraphale.

Crowley accennò un sorriso prima di accogliere l'invito di stringergli la mano. «Anche a te, angelo»

Aziraphale sorrise. «Allora, a domani»

Il demone annuì. Lasciò cadere lo sguardo sulle loro mani ancora intrecciate e si rese conto che avrebbe voluto prolungare quell'unione e magari anche onorare la tradizione umana. Percepiva la mano di Aziraphale morbida contro la sua pelle, calda, confortevole. Si azzardò ad accarezzarne lievemente il dorso con il pollice, chiedendosi in un lampo perché l'avesse fatto. Era bello avere l'angelo vicino, accanto a sé. Era rassicurante.

Pensò irrazionalmente che avrebbe potuto trascorrere il resto dell'eternità in quella posizione, con la mano di Aziraphale nella sua, ed essere felice. Si domandò distrattamente se fosse lo stesso per l'angelo, ma non osò chiedere ad alta voce, non osò rischiare di scontrarsi con la realtà: avrebbe conservato quel momento nella memoria nella sua immutabile perfezione.

«A domani» confermò, la voce bassa per contenere l'emozione. Lanciò un ultimo sguardo di sottecchi al vischio e poi ad Aziraphale prima di scivolare via lentamente dalla presa. L'angelo sorrise, ma con meno calore di prima.

Crowley infilò le mani in tasca, desideroso di conservare l'avvolgente calore della stretta di mano il più a lungo possibile. Si sentiva così leggero e felice che prese a fischiettare un motivetto qualunque, soprappensiero, dirigendosi verso la Bentley, ma si interruppe quando per la seconda volta in una sera Aziraphale gli intimò di aspettare.

«Quella, per caso, era “Let it go”? Perché onestamente non mi sembrava nessuna variazione delle canzoni che mi fai ascoltare di solito in macchina»

Crowley rifletté un momento, sicuro che la sua faccia fosse ormai una maschera di orrore. «Oh no» disse con tono lamentoso. «Per l'amor di Qualcuno, no!»

Aziraphale ebbe la decenza di gonfiare le guance pur di non ridere. «Non essere così melodrammatico» lo rimbrottò bonariamente, divertito. «Domani l'avrai già dimenticata»

«È un miracolo?»

«No, troppo frivolo» si giustificò l'angelo con uno sguardo che Crowley avrebbe visto bene all'Inferno. «Non vorrei essere rimproverato per questo, mi dispiace, caro»

Il demone rimase a bocca aperta per un lungo momento prima di scoppiare a ridere, sconfitto. «Che bastardo» lo insultò prima di riprendere a camminare verso l'automobile, nascondendo il sorriso dietro al bavero alzato del cappotto.

Non si stupì per niente quando si accorse di non aver smesso di ridacchiare nemmeno una volta raggiunto il suo appartamento a Mayfair.

   
 
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