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Autore: Isidar27    03/12/2019    2 recensioni
Pre/durante/sequel di "Trust my love!". Dopo la serie precedente la famiglia di Thor e Loki si è decisamente allargata! Se avete voglia di seguire le sue avventure non vi resta altro che unirvi ai membri di questa famiglia divina e ficcanasare con loro in diari, appunti e racconti in teoria segreti.
Una lettura leggera per chi ha già conosciuto la famiglia Odinson e tutti i suoi nuovi componenti e per chi invece vorrà conoscerli! Buona lettura a tutti!
Genere: Avventura, Comico, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Loki, Nuovo personaggio, Steve Rogers/Captain America, Thor, Tony Stark/Iron Man
Note: Raccolta, What if? | Avvertimenti: Incest, Mpreg
Capitoli:
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Racconti di ghiaccio-Parte II

 

Kate chiuse di colpo il quadernino verde acqua e trattenne il respiro.
Erano passati sei giorni da quando aveva trovato il diario di Fred e ovviamente l’aveva divorato nemmeno fosse il suo romanzo preferito.
Temeva quasi fosse come stregato, da quando aveva iniziato a leggerlo infatti aveva provato una voglia irresistibile di raccontare anche le sue avventure per mantenerne memoria: così aveva incominciato narrando delle sua batt…no, la sua “quasi” battaglia di anni prima su Vanaheim.
Scrivere di sé e leggere i racconti di Fred erano i suoi nuovi passatempi anche se doveva ammettere che quel diario la stesse un po’ deludendo.
Più lo leggeva più la ragazza si convinceva che il fratello fosse un noioso topo di biblioteca.
Non aveva scoperto segreti imbarazzanti o strane fobie da poter usare contro di lui e la cosa iniziava a stufarla un po’ finché, proprio quella stessa mattina durante l’ora di letteratura, aveva finalmente creduto di trovare ciò che stava cercando.
Era arrivata alle ultime pagine del diario e contrariamente alle altre le aveva trovate piene di una grafia veloce e disordinata, come se Fred le avesse scritte di getto senza fare nemmeno una pausa.
Le era bastato leggere le prime righe per scoprire di cosa trattasse il contenuto: quelle ultime pagine non erano altro che il racconto dell’anno che Fred aveva appena trascorso su Jotunheim.
Sicura di appagare finalmente la sua sete di informazioni le aveva lette con la massima attenzione senza perdersi un solo passaggio, ma quello che vi aveva trovato era tutt’altro che materiale da scherzi.
In quel momento l’orologio segnava le 20.30 e Fred era al piano di sopra con Trick mentre lei se ne stava seduta sul divano del salotto a fissare il quadernino chiuso tra le sue mani con apprensione.
Non avvertì nemmeno suo padre avvicinarsi. 

«Kate hai sentito quello che ti ho detto?»

«Come?» chiese la ragazza guardandolo spaesata.

«Ti ho chiesto se per stasera vorresti magari lavare i piatti. Diciamo in onore del tuo nuovo 5 in storia!»

La ragazza guardò prima il padre poi verso il lavandino «Oh ok» disse semplicemente e abbandonato il quadernino si diresse  in cucina quasi in uno stato di trance.
Il padre la guardò perplesso: da quando sua figlia faceva come le veniva detto? Per di più se si trattava di fare delle pulizie?!
Stava per richiamarla e chiederle cosa stesse succedendo, ma quel giorno era così stanco che per una volta decise di non farsi domande. Decide di abbandonarsi seduto sul divano e di godersi quell’istante di calma.
Chiuse gli occhi e buttò la testa di lato; fu quando li riaprì leggermente che scorse il quadernino abbandonato dalla figlia poco prima. Questo attirò subito la sua attenzione perché non a caso era del colore preferito di Fred, perciò trovò strano vederlo lì.
Lo prese ed aprendo la prima pagina capì immediatamente come mai la figlia fosse così presa dalla lettura quando pochi istanti prima l’aveva chiamata la prima volta dalla cucina senza che lei gli rispondesse.  
Scosse la testa rassegnato e si alzò. 

«Bene.» concluse Loki raggiungendola «Oggi mi sembri particolarmente in forma tesoro, magari quando avrai finito potresti metterti a studiare un po’.»

La ragazza sembrò ridestarsi appena dal suo stato di trance e borbottò qualcosa per poi bloccarsi  con le mani ancora sui piatti insaponati.

«Sa-sai papà stavo pensando che sarebbe bello tornare in Canada uno di questi giorni…magari tutti insieme.»

Loki la guardò indagatore, ma mise su un sorriso «Ma certo Kate, quando incomincerai ad impegnarti a scuola e ti deciderai a portare a casa voti decenti magari potremo valutare una gita di famiglia.»
Kate allora lo fissò: nei suoi occhi c’era qualcosa che Loki non riuscì a definire, ma sembrava quasi che con quello sguardo lo stesse rimproverando. 

«Possibile che tu riesca a pensare solo alla scuola?!» Disse alzando un po’ troppo il tono di voce. 

«Kate, ma che ti prende?»

La ragazza allora sembrò riprendersi di colpo e abbassò lo sguardo.

«Nulla, scusa papà.» 

Si lavò velocemente le mani e si diresse al divano, ma non vedendo il quadernino iniziò a cercarlo con lo sguardo fino a che voltandosi notò che il padre lo teneva tra le mani.

«Papà quello…»

«So perfettamente cos’è.» Disse Loki tranquillo «Ora vuoi che prolunghi la tua punizione per i prossimi, diciamo, dodici secoli o ti decidi a studiare qualcosa che non sia la vita privata di tuo fratello?» Aggiunse con tono calmo, ma fermo.

La ragazza dapprima abbassò lo sguardo poi lo rialzò appena «Posso riaverlo?» Chiese protendendo la mano.

«No, lo restituirò io a tuo fratello, così non avrai tentazioni. E ora fila a studiare signorina.»

La ragazza si morse un labbro, voleva essere lei a restituirlo a Fred; se suo fratello aveva scritto quelle cose nel diario era perché nessuno le leggesse, ma in fondo era certa che suo padre non sarebbe mai andato oltre la prima pagina. Così annuì e salì le scale di corsa. 

Loki la seguì con lo sguardo «Ah Kate, Kate sempre a farsi scoprire» disse scuotendo la testa.

Quando sentì la porta della sua stanza chiudersi sorrise e il suo sguardo cadde sul quadernino che aveva tra le mani: si disse che era meglio che tornasse al suo posto.
Salì al piano di sopra e si avvicinò alla stanza di Fred.
La porta era socchiusa così poté vederlo intento a disegnare sulla pagina di un grande album da disegno: suo figlio aveva deciso di accompagnare le sue descrizioni con delle illustrazioni, certo sarebbero andate benissimo anche delle semplici foto, ma Jotunheim non era proprio il posto ideale su cui portare apparecchi che fossero più tecnologicamente avanzati di una clava, perciò ci si doveva accontentare.
Tentando di non farsi notare Loki cercò di spiare gli schizzi del figlio.
Chino sul suo album Fred stava disegnando la sagoma di qualcuno, per l’esattezza un gigante coi capelli corti e neri e le orecchie quasi a punta. Era molto grosso e muscoloso e sembrava forte e aggressivo. Il ragazzo lo fissava senza espressione mentre arricchiva la sua figura di dettagli.
Ad un tratto però abbandonò quell’illustrazione per tornare indietro tra le pagine fino ad un altro  disegno.
Fred si portò l’album sulle ginocchia e Loki riuscì così a distinguere l’immagine di un ragazzo: anche costui era un gigante, ma era più magro e bilanciato dell’altro. Anche le sue orecchie erano a punta, ma i capelli erano un po’ più lunghi, brizzolati e bianchi, lo sguardo gentile e cosa insolita per uno jotun…sorrideva.
Suo figlio osservava il disegno in silenzio, ma adesso un velo di tristezza riempiva i suoi occhi; accarezzò col dorso delle dita la figura e sostò un attimo su quell’immagine, poi dopo qualche istante scosse la testa e tornò all’altra illustrazione.
Loki studiò il figlio senza parlare, ma quella reazione non lo lasciò certo indifferente. Non sapeva niente di cosa fosse accaduto durante quell’anno su Jotunheim a parte quello che gli aveva raccontato Fred di sua spontanea volontà.
Forse se avesse atteso lo avrebbe letto sul libro che stava redigendo sul suo viaggio: infatti Fred stava facendo un lavoro egregio riportando tutto ciò che aveva scoperto e presto chiunque avrebbe potuto avere accesso ai segreti di quel mondo così inavvicinabile.
Ma Loki era anche un padre e non aveva dimenticato che suo figlio era tornato a casa con delle cicatrici sparse su tutto il corpo e di certo non avrebbe trovato scritto come se le fosse procurate.
Guardò il diario che aveva tra le mani poi suo figlio che disegnava.
Ci pensò un istante e si diresse in camera sua e di Thor. 

La stanza era vuota, non che si aspettasse il contrario; quella sera infatti Thor era uscito con Marcus ed un gruppo di amici o “gli Idioti” come Loki li chiamava gentilmente e a detta sua sarebbe rientrato solo qualche ora più tardi.
Il moro si sedette sul letto col diario del figlio tra le mani.
Si sentiva combattuto: magari non avrebbe trovato nulla e dopotutto suo figlio gli raccontava sempre tutto perciò… forse sarebbe stata di Fred l’iniziativa di parlargli.
Ma se per una volta il ragazzo avesse deciso di tacere?

«Magari…?» Si chiese passando una mano sul diario «Solo un’occhiata.» 

Aprì il diario e senza troppe esitazioni si diresse verso le ultime pagine scritte sperando a logica di trovare quello che cercava…e non si sbagliò.

Secondo viaggio su Jotunheim e ritorno 

Così recitava la pagina. Loki cominciò a leggere…

Sono tornato a casa qualche giorno fa e mi sembra quasi di non averla mai lasciata. I miei genitori sono sempre felici, mia sorella è la solita testa di legno e Trick è proprio qui sulle mie ginocchia.
Tutto è come lo ricordavo, ma qualcosa di diverso c’è. Sono io quello che si sente diverso perché Jotunheim ha cambiato qualcosa dentro di me… credo irrimediabilmente…

Quando il Bifrost scomparve si ritrovò circondato dalla neve. Aveva fatto una tappa doppia giungendo prima ad Asgard e poi ripartendo immediatamente alla volta di Jotunheim e finalmente era arrivato. Il cielo sopra di lui era terso e tutto intorno c’era un paesaggio innevato. Era giunto nell’esatto punto in cui tanti anni prima aveva messo piede per la prima volta su Jotunheim.
Per un attimo rimase incantato da quel posto che era un po’ come lo ricordava poi si costrinse a ridestarsi e si portò vicino ad un grande albero.
Appoggiò il suo zaino a terra e si tolse la maglia restando con indosso solo dei pantaloni morbidi e marroni. Si concentrò e come aveva provato molte volte con Loki subito la sua pelle cambiò colore diventando blu; inoltre si alzò di almeno cinquanta centimetri in altezza. Tirò fuori dallo zaino un piccolo specchio e vi si osservò. Per un attimo trasalì quando vide i suoi occhi verdi mutati in un rosso intenso e i capelli tagliati alle spalle diventare di un color bianco candido.
Ripose poi lo specchio nello zaino e preso il cellulare lo controllò: ovviamente non c’era campo. Lo spense e lo mise in una tasca del bagaglio perché stesse al coperto. 

«Bene, sarà il caso di trovare un rifugio.» Si guardò intorno, ma vedendo solo alberi sfilò una grande pelliccia dallo zaino e lo coprì poi se lo caricò in spalla e si mise in cammino. 

Qualche ora più tardi trovò una piccola grotta e dopo averla studiata un po’ decise che sarebbe stata il suo rifugio: cercò della legna ed accese un fuoco con la magia.
Si diresse poi fino ad un piccolo ruscello e vide che qualche pesce nuotava sotto la superficie dell’acqua. Gli sembrò l’occasione adatta per poter finalmente usare i suoi poteri di ghiaccio così chiuse gli occhi ed iniziò a formare tra le sue mani una specie di secchio. Si concentrò ancora e nel ruscello spuntò una lastra di ghiaccio contro la quale qualche pesce, non riuscendo a passare oltre, si ritrovò bloccato. Fred allora allungò il secchio e li raccolse. 

«Stasera pesce» si disse, poi si guardò di nuovo intorno senza scorgere nessun’altra forma di vita oltre sé stesso. «E anche le prossime credo…»

Nelle prime settimane su Jotunheim Fred cercò di costruirsi un giaciglio e trovare qualche pianta utile.
Era capitato in un luogo deserto dove si potevano osservare solo uccelli e qualche creatura dei boschi; nulla da lamentarsi ovviamente: dopo la sua precedente esperienza molti anni prima sapeva che era bene procedere con prudenza in quella terra.
Così per iniziare prendeva appunti su tutto ciò che lo circondava…purtroppo però dopo circa un mese di osservazioni non aveva avuto molta altra fortuna e non aveva scoperto chissà quali  specie.
Quel giorno finalmente gli era capitato di poter osservare una piccola creatura che gli ricordava tanto un criceto saltellare qua e là nella neve; era stato allora che…

«Sai non mi avvicinerei troppo se fossi in te.» 

Fred trasalì nell’udire una voce alle sue spalle; si voltò lentamente verso il suo interlocutore. Sembrava un ragazzo come lui con bianchi capelli brizzolati e occhi rosso rubino. Esibiva un fisico scattante ed asciutto coperto solo da una pelliccia scura sulle spalle.
Era la prima volta che Fred incontrava uno jotun nel suo viaggio e non sapeva cosa aspettarsi perciò rimase al suo posto in silenzio. 

«Per quanto docile possa sembrare quella creatura può essere estremamente pericolosa, il suo morso è letale.»

Fred si riscosse e si allontanò immediatamente dalla creaturina.

«Chi sei?» gli chiese il giovane studiandolo.

«Chi vuole saperlo?» gli rispose Fred con prudenza.

Lo jotun lo soppesò ancora un istante con lo sguardo: non sembrava avere intenzioni ostili e infatti sorrise «Sono Igdard e tu o sei uno straniero cresciuto nella più remota delle valli di Jotunheim o vieni da un altro mondo e questo tuo aspetto è opera di un incantesimo.»
A quelle parole Fred si paralizzò, ma cercò di non dare a vedere il suo turbamento. 

«Il mio aspetto non è opera di nessun incantesimo, sono uno jotun proprio come te.» 

Senza staccare gli occhi da lui il giovane gli si avvicinò lentamente «Mpf magari nell’aspetto e nella razza, ma non nell’animo. Non sapevi nemmeno che quell’animale poteva ucciderti…cosa strana visto che qui quando ne vediamo uno…lo uccidiamo subito.»  Aggiunse osservando l’animaletto scappare via «Tu invece lo osservavi come fosse una creatura mai vista. Non esistono nel tuo mondo?» 

Quel ragazzo stava facendo saltare in pieno la sua copertura; possibile che non avesse imparato niente da suo padre nell’arte dell’inganno?! 

«Io…beh…»

Il giovane si fermò davanti a lui.

«Ahah sei buffo straniero!» Scherzò lo jotun facendosi più vicino «Sei venuto per studiare le creature di Jotunheim?»

«Si, si è così, non ho intenzioni ostili.»

«Capisco… » disse, poi il suo sguardo cambiò «ma sai gli stranieri che vengono sul nostro pianeta dicono sempre di venire in pace poi portano guerra e distruzione.»

«Non io» si affrettò a controbattere Fred allungando le mani in avanti.

Il ragazzo rimase immobile per qualche secondo poi alzò le spalle.

«Ok allora. Ma ti avverto che se vuoi convincere qualcuno che sei uno jotun devi ecco camuffarti un po’ tra le gente.» Disse osservando i suoi lunghi capelli sciolti e i pantaloni. «Vieni dai ti do una mano io e magari ti insegno a cacciare. Hai l’aria di uno che non fa un pasto decente da giorni» concluse dandogli le spalle, ma non sentendosi seguito si voltò. Fred era rimasto immobile a guardarlo. 

«Perché vuoi aiutarmi?» chiese diffidente.

«Non vuoi? Peccato. A dire il vero mi stavo un po’ annoiando qua da solo e tu non hai intenzioni ostili perciò…»

Fred ancora non era convinto, ricordava bene cos’era accaduto quando qualcuno aveva concesso loro ospitalità.
Il giovane però alzò gli occhi al cielo scocciato e dandogli le spalle si mise in marcia. 

«Senti non ho tutto il giorno sai! E se sei un esploratore sei capitato nel posto sbagliato. Qui non ci sono molte bestie nemmeno da cacciare. Se vuoi vedere cose nuove devi venire con me!»

Fred non sapeva perché, ma qualcosa in lui gli diceva di fidarsi di quel ragazzo. Si voltò un istante: non era molto lontano dalla sua grotta, ma non poteva certo tornare indietro a prendere le sue cose, dunque mormorò qualche parola magica così che essa restasse nascosta alla vista di chiunque poi si girò ed avanzò nella direzione che l’altro aveva iniziato a percorrere. 

«Posso almeno sapere il tuo nome?» Chiese lo jotun. 

«Mi chiamo Fred Od..» poi ci ripensò «Chiamami Fred!»

«Che buffo nome. E va bene Fred. Allora dimmi cosa sai sulla caccia?»

«Ecco io veramente…» 

 

E così Fred fece la sua prima conoscenza su Jotunheim. Scoprì che Igdard era un abile cacciatore e dalle sue prede ricavava cibo e pellicce calde che cuciva lui stesso.  
Viveva in un piccolo villaggio a circa due ore di cammino da dove Fred aveva lasciato le sue cose.
La sua capanna era piccola, ma lo jotun riuscì comunque a farci entrare un giaciglio anche per lui.
La gente che abitava il villaggio era pacifica e non astiosa, del resto erano pur sempre nei Territori di Luce e per Fred fu abbastanza facile ambientarsi.  
Igdard gli diede una sorta di pezza da indossare al posto dei pantaloni e gli fornì una pelliccia da mettere sulle spalle come la portava lui. Quando andavano a caccia gli raccontava delle sue prede e del tipo di animali che fossero, se si potevano mangiare o se era meglio lasciar perdere.
Un giorno durante la caccia Fred si accostò ad un ruscello per bere un po’ d’acqua. Poco prima aveva per errore provocato una mandria di Kutkat creature dalla carne commestibile e simili al manzo terrestre, ma con corna lisce, lucide e ricurve all’indietro ai lati delle tempie, tozze e dal manto bianco…e soprattutto molto veloci. I due avevano dovuto fare una bella corsa e adesso ad entrambi mancava il fiato. «Ti avevo detto di non avvicinarti alle corna!» Lo rimproverò Igdard.

«Lo so, mi dispiace, ma volevo vedere da vicino di cosa fossero fatte. Erano lucide e levigate!»

«È grazie all’argento che contengono e credimi ancora un attimo e le avresti osservate direttamente dal centro del tuo torace!» Disse il ragazzo scostandosi la faretra dalla schiena e accasciandosi contro una parete di roccia per poi chiudere gli occhi.

Fred scosse la testa e tornò a bere dal ruscello fino a che avvertì dei rumori scomposti poco lontano da lui. Si voltò e per poco non svenne. 

Una creatura identica a quella che anni prima lo aveva inseguito e quasi braccato era a pochi metri da lui e si stava abbeverando al ruscello.

«Ig…» sussurrò impanicato «Ig!»

Lo jotun aprì gli occhi «Che c’è?»

Fred gli indicò con la testa la creatura e il ragazzo seguì il suo sguardo.

«Cosa? È solo un midchir che beve.»

Fred lo guardò stravolto.

«Ma è pericoloso!»

«Cosa? Ma sei impazzito? No, che non lo è!»

E alzandosi lo raggiunse.

«Ig sei impazzito per caso? Cosa fai?!»

Ma il ragazzo si avvicinò imperterrito alla creatura e quando fu alle sue spalle batté due volte le mani. La creatura ruggì minacciosa voltandosi. Fred si paralizzò, ma Igdard allungò la mano e l’animale semplicemente la leccò. 

«Visto?»

«Ma, ma…» balbettò Fred. 

«Non sono feroci! Non attaccano mai gli jotun. Per farlo devono sentirsi minacciati o al massimo uno dovrebbe essere un Aesir!»

“Ah ecco svelato il mistero!” Pensò Fred tra sé e sé. 

«Sono molto amichevoli. Vieni» disse avvicinandosi a Fred «ti faccio vedere.» E senza tanti complimenti lo prese per mano e lo trascinò verso la creatura che li guardava tranquilla. 

«Igdard cosa stai facendo?!» chiese Fred terrorizzato. 

«Vuoi stare calmo?Ecco» il giovane si mise alle sue spalle e gli fece allungare un mano. Fred, impotente, lo  lasciò fare. 

La bestia guardò il ragazzo poi lo annusò, lo fissò un momento negli occhi e tirata fuori la sua enorme lingua lo sbavò da capo a piedi. 

«Ahah direi che gli piaci» scherzo Igdard ritraendosi da dietro di lui. 

A quel punto Fred si riscosse e preso coraggio iniziò ad accarezzarla piano sul muso. La creatura gli si fece più contro e lasciò fare il ragazzo.
Fred era sconvolto! Pochi anni prima aveva temuto di essere mangiato: ricordava ancora cosa aveva provato quando si era sentito in trappola e adesso invece…quella stessa creatura sembrava il suo Trick formato gigante.
Ecco che finalmente la sua mente stava collegando le cose e  capì perché non gli fosse accaduto niente di male: era uno jotun quando la creatura lo aveva raggiunto contro quella parete di roccia! Le sorrise raggiante, ma in quell’istante Igdard gli arrivò alle spalle «Lo sai che sono fantastici da cavalcare?»

Fred non fece in tempo a realizzare la notizia che l’altro lo aveva sollevato di peso e praticamente lanciato in groppa alla creatura. 

«Ig ma sei impazzito?!»

Ma il giovane jotun non lo ascoltò, si arrampicò anche lui e si sedette davanti a Fred.

«Pronto?!»  fu tutto ciò che aggiunse.

Fred completamente in panico si strinse al giovane che dapprima lo guardò interrogativo poi diede  una leggera pacca sul dorso dell’animale che partì al galoppo. 

 

Dapprima tenne gli occhi chiusi, non aveva il coraggio di aprirli! Poi avvertì un leggero vento sul viso, i muscoli dell’animale che si muovevano ad un ritmo cadenzato sotto di lui e lentamente li riaprì: la creatura correva talmente veloce che sembrava volare e il freddo gli fece scendere lacrime calde dagli occhi.
Intorno a loro il paesaggio scorreva veloce e candido. 

Igdard gli sorrise «NON È FANTASTICO?!»

Fred lo contraccambiò e il giovane voltato lo sguardo in avanti emise una sorta di grido di gioia. Una mandria di Kutkat emerse da un bosco poco distante da loro e Igdard con una precisione magistrale estrasse tre frecce dalla faretra e centrò tre bestie. «Cacciare così è anche più facile no?» 

Fred lo guardò stregato: quel ragazzo era bravissimo con l’arco! Annuì e decise di godersi quella nuova strana avventura.
Qualche ora più tardi Fred mangiava di gusto la carne cotta su uno spiedo di fortuna mentre se ne stava appoggiato al suo nuovo amico gigante «Credo che ti chiamerò Jambo…Ti piace?» l’animale concentrato sulla sua parte di bottino non gli diede la benché minima considerazione «Beh chi tace acconsente» 

Igdard lo raggiunse con una coscia di carne tra le mani. «Sul vostro mondo date i nomi agli animali?» Disse iniziando a mangiarla di gusto.

«Beh si, ma sono più piccoli di solito e vivono in casa con noi»

«Casa?»

«Si sai tipo una capanna, ma più grande e fatta coi mattoni.»

Il ragazzo lo guardava interrogativo.

«Oh scusa giusto non sai cosa sono i mattoni. Sono tipo rocce fatti così, vedi?» E glielo disegnò nella neve. «E questa è una casa» aggiunse disegnando anche una piccola casetta stilizzata. 

«Oh così piccola?  E come ci entri?»

«Ecco no questo è solo un disegno, in realtà è molto più grande»

«Uhm…e ci vivi da solo?» 

«No, siamo io e la mia famiglia, ho una sorella più piccola, un gatto e i miei genitori.»

«Come così tanti?»

«Beh si poi in un’altra casa c’è anche un’altra parte della mia famiglia! Vedi ho anche due zii e un cugino.» 

«E cacciate per vivere?»

«No, diciamo che mia sorella e mio cugino studiano ancora…»

«Oh sono cercatori di conoscenza come te?»

«Beh Mickey si, Kate…diciamo che Mickey è un buon cercatore di conoscenza mentre Kate…un po’ meno…I mie genitori invece vendono ecco bevande calde alle persone che noi chiamiamo “Caffè o tè” e conoscenza scritta che invece chiamiamo “libri”.»

Igdard lo osservava a bocca aperta come se volesse sapere di più. Fred per la prima volta si rese conto che gli piaceva avere un pubblico che lo ascoltasse e non lo insultasse come invece faceva Kate.

«Uno zio invece è molto bravo a cucinare mentre l’altro costruisce armature…»

«Oh come quelle degli asgardiani?»

«Molto più potenti, lo rendono velocissimo e gli permettono di volare…»

«Come un falco?»

«Si, ma più veloce.»

«Ma allora ha le ali?»

«Ehm no »

«E allora come fa a volare senza ali?»

«Usa dei reattori»

«Dei che?»

«Ecco sono delle fonti di energia…»

Il ragazzo lo guardava senza capire «Parli strano lo sai?»

Fred sorrise e addentò la carne che aveva tra le mani. Igdard intanto lo osservava. 

«Portate tutti i capelli così strani nel tuo mondo?»

«In che senso scusa?»

«Beh da noi si usano corti, o niente capelli o per lo meno legati. Mai così lunghi e sciolti…è strano»

Per un istante Fred si sentì fuori luogo, certo era pur sempre davanti ad uno che indossava una pezza di pelliccia come biancheria intima, ma arrossì comunque.
L’altro ragazzo lo osservò e capì il suo disagio; lanciò la carne a Jambo che la accettò volentieri  divorandola con un sol boccone e si pulì le mani nella neve. 

«Vieni» gli disse prendendogli i capelli. 

«Che stai facendo?»

«Ti rendo un po’ meno strano!» e prese a lavorarglieli.

Dopo circa due minuti in cui continuò ad armeggiarci glieli lasciò «Finito, che te ne sembra?»

Fred si toccò i capelli e capì che erano stati raccolti in una treccia.
«Beh sono diversi dal solito…un po’ insoliti per me.»

«Ma come? Io trovo che tu sia bellissimo così!»

Fred stavolta divenne rosso fuoco e rischiò di scaldarsi talmente tanto da riacquistare il suo aspetto Aesir «Co-come?»

«Si beh adesso sembri un vero jotun. Ma devi anche metter meglio la pelliccia e cos’è questa cosa che porti sempre al collo?»

Fred si toccò l’amuleto sul petto.
«Oh beh è un dono» 

«Fossi in te lo nasconderei, non tutti gli jotun hanno rispetto per i doni degli altri.» Poi il ragazzo si alzò «Dovremmo andare, meglio rientrare quando fa così buio.» 

Fred lo guardò dal basso: se non avesse trovato quel ragazzo forse avrebbe passato mesi da solo in una landa desolata prima di scoprire le cose che l’altro gli aveva mostrato in un solo pomeriggio.
Sorrise e lo imitò.
Quella sera seguì il consiglio dell’altro e prima di dormire si tolse l’amuleto dal collo e se lo legò intorno al braccio coprendolo con la pelliccia. Sapeva che se ne avesse avuto bisogno l’avrebbe di certo aiutato, ma in fondo si sentiva tranquillo, per il momento. 


Erano ormai passati tre mesi dal suo arrivo a Jotunheim e Fred continuava ad imparare cose nuove. Se la cavava con la caccia e quando era necessario usava i suoi incantesimi di nascosto. Non aveva ancora rivelato la sua vera identità a Igdard, ma sembrava che al ragazzo non importasse granché. Un pomeriggio i due e Jambo intrapresero una delle loro solite battute di caccia allontanandosi un po’ più del solito dal villaggio.
Igdard stava davanti al comando mentre Fred gli era dietro con l’arco e le frecce.

«Ig, ma quello non è un dirupo?!» Chiese vedendo un grosso crepaccio davanti a loro.

Igdard però non sembrava preoccupato anzi si chinò di più ed incitò Jambo ad andare più veloce. 

«IG?!»

La creatura accelerò e presa la rincorsa fece un balzo sorvolando il dirupo.
Quando atterrò si fermò con un mezzo cerchio su sé stessa.

«Ehm Fred puoi mollarmi? Non respiro!» disse il giovane jotun posando lo sguardo sulle mani dell’altro che si erano incatenate attorno alla sua gabbia toracica. 

Fred che si era paralizzato lo lasciò scendendo da Jambo tremante.
Il cielo sopra di loro era nero come la pece e intorno c’era un deserto di rocce appuntite.«Ahah Fred dovresti vedere la tua faccia!» 

«Non è divertente!»

«Si certo lo dici tu!»

«Smettila Ig!»

Il ragazzo stava per ribattere, ma qualcosa lo distrasse: dei rumori dietro le rocce. Scese dalla creatura e le fece cenno di allontanarsi. 

«Che succede?» chiese Fred andandogli vicino, ma ben presto capì. 

Diversi giganti di ghiaccio stavano comparendo da dietro le rocce: erano più alti di loro e sembravano poco amichevoli. Uno tra loro precedeva gli altri.
Era molto alto e con la testa liscia. I segni sul suo volto facevano capire che non fosse più tanto giovane ed avanzava con aria solenne.
Igdard si inginocchiò e Fred lo imitò.

«Maestà» disse il giovane jotun. Fred accanto a lui trattenne il fiato.

«Igdard è da molto che non ti vedevo in questa parte del regno. Suppongo che un abile cacciatore come te sia sempre a caccia di nuove prede?»

«No, mio signore è solo che cacciare sempre nello stesso posto fa abituare le bestie e le fa spostare per non essere catturate di nuovo.»

Fred alzò gli occhi quel tanto che gli bastò per scorgere meglio la situazione: il re era circondato da una quindicina di jotun, ma tutti si mantenevano a debita distanza in segno di rispetto. Solo due erano più avanti degli altri: il primo era enorme ed alto quasi il doppio di Fred. I capelli corti neri e una pelliccia sulle spalle accentuavano i suoi occhi rosso sangue, occhi dall’aria ostile, ma non sembravano vispi o intelligenti.
Invece il secondo…come Igdard era poco più alto di Fred e benché avesse anch’egli un fisico muscoloso e scolpito era magro e asciutto. I capelli neri lisci e lucidi erano tagliati poco sotto il collo e i suoi occhi rosso scuro non erano aggressivi, ma superbi. Fissava i due in ginocchio con le braccia incrociate sul petto e con un sorriso tirato mentre il suo vicino ghignava.
Il re continuò. 

«Ma certo tu sei molto abile e saggio. Dovevo immaginare che ci fosse un motivo valido per la tua presenza qui. E chi è costui che ti accompagna? Non l’ho mai visto. Qual è il tuo nome giovane straniero?»

Fred riabbassò di colpo lo sguardo «Sono Fr…»

«Freduya maestà, viene dai confini del pianeta. È …nuovo del posto.»

Il gigante studiò lo sconosciuto, Fred si sentì perforare da quello sguardo.

«E perché sei venuto qui?» 

«Mio signore da, da dove vengo io non c’è molto da ammirare o da mangiare…volevo…volevo poter diventare un vostro degno suddito.» 

Il re sorrise compiaciuto, amava le lusinghe. 

«Mi è stato riferito che stavate cacciando nel nostro territorio. Suppongo che alla fine non dimenticherai di farmi dono Igdard.»

«Certamente maestà.» 

«Bene allora continuate pure col vostro operato.»
I due si alzarono mentre il re e il suo seguito di giganti si allontanavano, ma ad Igdard non sfuggì un lampo negli occhi dello jotun dalle braccia incrociate che tra l’altro non aveva scollato gli occhi da Fred nemmeno un istante. 

 

«Quello era il re?» chiese Fred quando fecero ritorno alla capanna con solo una parte della cacciagione: una parte consistente era stata lasciata ai servi del re. 

«Si, Helblindi il legittimo re di Jotunheim per successione» e sedendosi iniziò a togliere le penne ad un grosso strano fagiano grigio. 

Fred lasciò cadere la selvaggina e prese coraggio. 

«Io credevo che il legittimo re di Jotunheim fosse Loki.»

Igdard lo fissò un attimo lasciando l’animale, poi riprese. 

«Loki è il figlio minore dei tre fratelli in linea di successione al trono, perciò no… Helblindi è il legittimo re. E fossi in te eviterei di nominare il nome di quel traditore. Non sta simpatico a molti qui.»

Fred strinse appena i pugni, ma solo un istante ed impercettibilmente. Sapeva che tutti odiavano suo padre su quel pianeta e doveva fare attenzione a non esporsi troppo «E quei due?» chiese allora «Chi erano quei due dietro al re?»

«Intendi le loro maestà? Sono Udras e Rugu» disse con una smorfia. 

«Sono i figli del re?»

«Solo Udras. Rugu, quello più alto che sembra una roccia con gli occhi, è il figlio di Bylistr l’altro fratello del re, ma è per lo più uno scagnozzo. È Udras da cui mi guarderei…lui è una sorta di stregone ed è indicibilmente meschino. E per di più…è l’erede al trono.» Aggiunse stringendo leggermente la mascella. «Ricordati il nome che ho usato oggi e non rivelare mai il tuo vero. Chiunque capirebbe che non vieni da questo pianeta.»

Fred annuì e si mise ad aiutarlo. Dopo un po’ Igdard smise di spennare fagiani e raccolse le piume in un grosso sacco. Poi si alzò e lo mise in un angolo della capanna.

«Mostrami il tuo aspetto Aesir.»

«Come?!» chiese Fred colto di sorpresa da quella domanda. 

«Tu sei un Aesir vero? Magari in parte sarai anche Jotun, ma i tuoi lineamenti non sono duri come i nostri. L’ho capito subito sai.» Fred abbassò lo sguardo. «Vorrei vedere il tuo vero aspetto.»

Fred trattenne il respiro e lo guardò.

«Che c’è? Ancora non ti fidi di me?»

Il ragazzo allora sospirò, dopo tutti quei mesi tanto valeva rischiare. Si concentrò e alla luce del fuoco cambiò aspetto: i suoi capelli tornarono biondi, la pelle rosata e gli occhi…verdi.

Igdard lo osservò un istante paralizzato «Per gli Antenati! Sei identico a Thor di Asgard.»

Fred si sentì scoperto, ma cosa si aspettava?! Era identico a suo padre e chiunque l’avesse visto anche solo una volta avrebbe potuto riconoscerlo, ma ormai…
Il giovane però sembrò collegare la sua somiglianza solo in quel momento e d’istinto indietreggiò  prima di aggiungere. «Sei il figlio di Thor.» 

«Beccato.»

«Mi ricordo di tuo padre, è venuto un giorno su Jotunheim molti anni fa, ero ancora un ragazzino. Mi ricordo anche di Odino e Loki di Asgard, il traditore di Jotunheim, e suo figlio…» sgranò gli occhi. «Tu hai i suoi stessi occhi.»

Quando vide il suo sguardo per un istante Fred ebbe paura, non avrebbe dovuto cambiare aspetto! Che gli aveva detto il cervello! Ma a danno fatto sostenne il suo sguardo con fierezza.
Igdard per un attimo lo fissò poi abbassò gli occhi «Ti consiglio di non assumere le tue sembianze di fronte a qualcun altro. Il nostro popolo odia i tuoi genitori, soprattutto Loki. Forse credo che solo il nostro re gli sia grato, in fondo lo ha fatto passare al trono prima di quanto potesse sperare uccidendo Laufey…»

Fece una pausa.

«Mi ricordo di quando tuo padre ha combattuto al villaggio. Ricordo che non aveva paura di nessun tipo di avversario. Doveva avere un buon motivo per combattere così e infatti doveva difendere suo figlio…te.»

Fred stava in silenzio. 

«Mi tradirai?»

Il giovane lo guardò «No, ma solo se prometti di non usare mai la magia contro di me! Se sei il figlio di Loki sei di certo un mago.»

«Beh si e sono anche piuttosto bravo.» 

«Oh questo è un sollievo…» disse allora lo jotun avanzando di qualche passo verso di lui «perché nella caccia sei terribile!»

«Ehi!»

I due scoppiarono a ridere sciogliendo un po’ della tensione che si era accumulata in quei pochi attimi di rivelazioni e Fred tirò un sospiro di sollievo. 

«Siete fedeli al vostro re?» 

«Io lo ero, ma sai dopo che tu e i tuoi genitori ci avete fatto visita… Bylistr, l’altro fratello, si è sentito minacciato da Loki. Diceva che era tornato per riprendersi il trono e voleva vendicare Laufey. 

Helblindi però non voleva di certo una nuova guerra con Asgard e così…non si è fatto scrupoli a passare suo fratello da parte a parte con una lastra di ghiaccio. Allora abbiamo scoperto quanto il nostro re potesse essere spietato se si andava contro la sua volontà e il suo interesse e abbiamo imparato a temerlo quasi quanto Laufey.»

Fred tenne lo sguardo fisso in avanti per un momento. 

«Quindi il re sarebbe mio zio di sangue…mfp, ma non lo sento minimamente parte della mia famiglia»

«Oh insomma Fred si può sapere cos’è questa famiglia di cui non fai altro che parlare?»

Fred arrossì «Ecco sono le persone che mi hanno messo al mondo, quelle che mi vogliono bene sangue o non sangue. Sono coloro che ti supportano, che ti fanno sentire a casa e che ti amano e che tu ami anche se a volte ci litigi o non ci vai d’accordo. Tu non hai mai avuto una famiglia?»

Igdard si strinse nelle spalle.

«Ecco vedi da noi non esiste questa cosa che tu chiami “famiglia”.»

«E l’amore allora?»

Il giovane scosse la testa «Non so di che parli.»

Fred osservò di nuovo la fiamma davanti a lui. 

«Ecco è una forza potentissima che unisce due persone indissolubilmente e le lega profondamente» .

«Come due compagni di battaglia?»

«No, è diverso! Ecco si, come con un compagno di battaglia si genera fiducia nell’altro, ma l’amore non genera altra violenza. L’amore genera altro bene. Ti da forza, coraggio, fiducia…ti da la vita stessa.» 

Igdard sembrava non seguirlo, ma era comunque attento alle sue parole mentre osservava il fuoco  scaldare e tingere di rosso le sue guance. «Da noi non esiste questo amore. Qui le persone si scelgono un compagno o una compagna, nascono dei figli e la specie va avanti.»

«Ma scusa i tuoi genitori non…»

«Mi hanno messo al mondo. Mia madre mi ha preso tra le braccia e mi ha posto immediatamente in una cesta. Poi mi ha allevato mentre mio padre se ne andava per ciacciare. Penso che abbia avuto altri tre o quattro figli nel mentre, uno generato da lui stesso. Ogni tanto tornava e mi insegnava a cacciare e poi ripartiva, mia madre invece era un’abile tessitrice: da lei ho imparato a fare pellicce. Da piccolo vivevo nel villaggio dove sei stato anche tu, ecco perché mi ricordo di te e dei tuoi genitori. Ma erano terre buie e ogni volta c’era sempre una sorta di capo tribù a voler comandare, anche se fingevamo che non fosse così. Quello che ha ucciso tuo padre, Ibraham, era molto forte e anche molto prepotente, come tutti gli jotun del resto. Così da grande quando me ne sono andato a vivere da solo come gli altri ragazzi ho scelto un posto meno abitato come i Territori di Luce. Qui gli jotun sono un po’ più pacifici, ma siamo detestati dagli altri a causa di questo. Comunque viviamo per sopravvivere e riprodurci, niente di più.»

Fred abbassò lo sguardo: non aveva pensato che potesse esistere un mondo in cui non ci fosse amore… o comunque non nella sua vita…e come avrebbe potuto anche solo pensarlo quando i suoi genitori lo avevano amato dal primo istante?

«Me lo insegneresti?»

«Come?» disse riscuotendosi dai suoi pensieri. 

«Mi insegneresti l’amore?»

Fred arrossì un po’, stavolta non per colpa del fuoco «Ecco non è proprio una cosa che si insegna, per lo più si vive.»

«Oh, come un’avventura? Sembra complicato.»

«Si, credo che lo sia…» disse Fred tornado a guardare la fiamma e riassumendo piano piano l’aspetto jotun. 

 

Un mese dopo…

«Muoviti!»

«Non è così facile arrampicarsi sulle rocce ghiacciate!»

«Fa piano!» disse Igdard prendendogli un braccio e aiutandolo a salire sulla roccia dove lui si era arrampicato. 

Il cielo era terso anche quel giorno in quella parte di regno dove l’oscurità sembrava non regnare mai e la neve e gli alberi toccati dalla luce brillavano.

«Guarda Fred» gli disse indicando un punto davanti a lui «l’ho trovato! È quello l’amore?» Fred osservò un punto tra gli alberi dove scorse due fenici di ghiaccio che strusciavano la testa l’una contro l’altra.

«Si, direi che loro si amano. Si stanno come accarezzando.»

«Accarezzando?»

«Ecco» disse appoggiando una mano sul volto dell’altro «Questa è una carezza.»

Nel compiere quel gesto si perse per un momento nei suoi occhi rubino, ma ritrasse subito la mano.
«Oh…quindi non così?» e di scatto lo jotun appoggiò la fronte contro quella di Fred e ve la strusciò appena contro come aveva visto fare ai due animali. 

Fred arrossì a quel contatto, ma sorrise colpito dalla dolce ingenuità dell’altro.

«Si, anche così va bene…» 

«Vedi Fred? Posso imparare anche io cosa sia l’amore!» disse l’altro impettito, ma senza staccarsi da lui.

«Idiota…» scherzò Fred, ma in quel momento…

«Ma guarda guarda. Perdete il giorno a guardare le prede anziché a cacciarle?»

I due ragazzi si voltarono notando le nuove presenze, Rugu era apparso alle loro spalle con due soldati; dietro di lui Udras se ne stava in disparte appoggiato contro un albero.
I ragazzi discesero con cautela dalla roccia e si inginocchiarono. Rugu si avvicinò a Fred «In piedi!» ordinò con supponenza.
Fred si scambiò un’occhiata veloce con Igdard ed obbedì. Lo jotun lo osservò dall’alto «E così Igdard il cacciatore solitario ha finalmente trovato un compagno! Un po’ gracilino però!» Disse spingendolo e facendolo cadere, Fred lo guardò storto «Oooh il gracilino è offeso! Non guardarmi così ragazzo! Nessuno può guardarmi così» e lo sollevò per le braccia staccandolo da terra «Chissà fin dove posso farti arrivare se ti lancio da qui.»

«Rugu adesso basta.»

Udras si staccò dall’albero ed avanzò di un passo.
Fred riuscì a vederlo meglio e capì che anch’egli doveva essere giovane quanto lui (perlomeno in età jotun) ed Igdard o così dava l’impressione. Rugu invece sembrava avere una decina di anni di più.

«Ma Udras è così leggerino!»disse l’energumeno scuotendo un po’ Fred. 

«Mettilo giù cugino noi non trattiamo così i nostri sudditi.»

Il bestione lasciò cadere Fred a terra con così poca grazia che il ragazzo atterrò seduto.
Era intento a togliersi la neve da dosso quando vide una mano davanti a sé. Alzò gli occhi incrociando lo sguardo del principe.

«Ti chiedo perdono, Rugu purtroppo non sa dosare la sua forza.»

Fred lanciò un rapido sguardo ad Igdard e lo jotun annuì impercettibilmente; così Fred accettò quell’aiuto.

«Io sono il principe Udras e lui è mio cugino Rugu. E tu ti chiami Freduya vero?»

Il ragazzo annuì.

«Beh Freduya da dove vieni?»

«Da sud mio signore, dai confini del pianeta.»

Il principe lo osservò con attenzione poi gli prese il volto con una mano «Sei molto bello per venire da una terra desolata. Di solito chi arriva qua da lontano è deperito ed ha sofferto la fame. Tu invece sembri una creatura perfetta, quasi…di un altro pianeta» poi gli si avvicinò ad un orecchio e sussurrò suadente «E chissà quante altre sorprese da scoprire nascondi straniero.» 

A quelle parole Fred si paralizzò, ma il principe si scostò da lui e gli lasciò il volto «Peccato che io sia arrivato solo adesso ed Igdard ti abbia visto per primo. Ormai è la tua preda giusto cacciatore? E per la legge di Jotunheim non posso portarti via al tuo compagno.» Fred lo guardò interrogativo. «Certo sempre che Igdard non voglia concederti in dono a me» aggiunse poi.
Il silenzio calò nel gruppo poi la risata del principe lo spezzò «Sto scherzando! Dovreste vedervi adesso. Comunque Rugu perché siamo venuti? Ah si… cacciatore alzati!»

Igdard obbedì «Mio signore…uhm» non appena fu in piedi si prese un pugno nello stomaco da Rugu che lo costrinse a piegarsi sulle ginocchia. 

«NO!» Fred provò ad avvicinarsi, ma fu bloccato dalle guardie. 

«Bene bene. Ma guarda l’hai pure addomesticato a dovere! Sei bravo con le tue prede cacciatore.» Disse Udras soddisfatto. 

«Perché?!» chiese Fred furioso non riuscendo a trattenersi.

«Perché? Beh perché sono il principe e questo popolano ha osato prendere una cosa che poteva essere mia senza chiedere il permesso. Insomma guardati saresti un compagno perfetto e lui ti ha   tenuto tutto per sé, un vero egoista.» 

Intanto Rugu alle sue spalle se la ghignava perfido.
«Ad ogni modo sono venuto a dargli la possibilità di rimediare. Domani venite nell’arena di ghiaccio al mio palazzo. Se lui è il tuo compagno cacciatore non te lo porterò via senza seguire la legge. Se batterà Rugu avrete vinto altrimenti…» e fissò Fred intensamente «Direi che sarai un premio degno di un principe.» 

E così dicendo  Udras  richiamò i suoi con un gesto della mano e fece loro segno di seguirlo.
Rugu ghignò folle prima di seguire il cugino e con lui sparire tra gli alberi. 

 

Quando i quattro furono scomparsi alla loro vista Fred si chinò su Igdard e lo aiutò ad alzarsi.
«Stai bene?»

«Tranquillo ho retto pugni peggiori.» Disse il giovane tirandosi su. 

Fred allora lo guardò con rimprovero. 

«Perché non gli hai detto che non sono il tuo compagno?»

«Non è ti chiaro? Ti avrebbero portato via seduta stante.»

«NON È CHE COMBATTERE CON QUELL’ARMADIO GIGANTE SIA UN’ALTERNATIVA MIGLIORE!»

«Ma ti darà la possibilità di salvarti! Fred ascoltami Rugu è spietato ed è enorme, ma ha un cervello microscopico. La sua forza è nulla contro la tua intelligenza.»

Fred scosse la testa.

«Forse, forse dovrei chiamare mio padre…» disse toccandosi il medaglione sotto la pelliccia.

«Oh ma certo per farci uccidere tutti quanti!»

«Magari mio padre saprebbe cosa fare!»

«Si certo invitiamo il traditore di Jotunheim a farsi una gita, diciamo a tutti che è tuo padre e scateniamo una nuova guerra perché ti sottrai alla sfida lanciata dal principe!»

«Ma perché vuole me?»

«Perché Udras è un principe viziato e lui può avere tutto. Può fare sfoggio dei suoi giocattoli e buttarli via quando non gli servono più e andare avanti così all’infinito.» Igdard sospirò «Nel mio villaggio, quello in cui vivevo da bambino, c’erano molti giovani. Udras ne convocava uno a periodi alternati. Questi venivano condotti da lui e non facevano mai ritorno. Erano come, come oggetti da cambiare e quando era stanco Rugu li toglieva dai piedi, ma molti li ha uccisi lui stesso. E così io…me ne sono andato e mi sono ritirato qui.»

Tacque un istante. 

«Fred lui è il principe e può avere tutto quello che vuole, ma non questa volta, non se combatti!»

«Se è come dici perché non mi ha preso e basta?»

«Perché pensa davvero che tu sia il mio compagno e questo è l’unico modo per fare le cose secondo la legge. C’è un codice che lo vincola! Non può avere né me né te se prima non batte uno di noi due. Ma in questo caso…ha lanciato la sua sfida a te! Questa è l’unica cosa che può decidere e, senza offesa, ma credo lo abbia fatto perché è convinto che tu abbia meno possibilità…In ogni caso non penso ti farà uccidere se vuole averti per lui…»   

Fred strinse di più il medaglione.

«Allora cosa devo fare?!»

«Combatti Fred! Questa è la legge di Jotunheim.»

 

Se solo ci fosse stata Kate si ritrovò a pensare Fred mentre il giorno seguente si dirigeva in groppa a Jambo all’arena del palazzo.
Si era fatto coraggio e aveva deciso di accettare la sfida, non che avesse molte alternative, ma in fondo era stato lui a volere quell’avventura e doveva assumersene tutti i pro e i contro.
Comunque non sarebbe stato solo: Igdard che guidava la loro cavalcatura lo avrebbe accompagnato.
Il cielo era grigio sullo spazio all’aperto e il vento batteva forte portando con sé ghiaccio e neve. L’arena era enorme e vuota e le gradinate erano formate solo da rocce dure come il terreno in pietra.
Fred discese da Jambo ed entrò seguito da Igdard. Il principe e il suo combattente li aspettavano al centro.

«Ben trovati! Dormito bene?»

Chiese Udras con una nota di scherno nella voce. 

«Allora quali sono le regole?» domandò Fred senza tanti giri di parole.

«Non ci sono regole. Ogni sfidante può usare qualunque mezzo ritenga necessario. Gli spettatori non possono in alcun modo intervenire.»

«Questo vale per entrambe le parti immagino» disse Fred lanciando un’occhiata d’intesa al principe che ghignò.

«Ma certo, avete la mia parola. La sfida finisce quando uno dei due crolla esausto. Non voglio che si versi sangue inutilmente.» 

Fred guardò Rugu che aveva tutta l’aria di uno che l’avrebbe fatto crollare, si, ma con le ossa rotte. 

«Preparatevi avete due minuti.»

Fred si girò verso Igdard, si tolse la pelliccia e gli diede il suo amuleto. Aveva deciso di allarmare i suoi genitori solo in caso di assoluta necessità ed riuscito a mantenere il più possibile la calma mentre lo indossava.

«Tienilo lontano da me o mio padre saprà che sono in pericolo.»

«Lo farò…»

Fred gli sorrise nervoso e si girò. Non era la prima volta che combatteva, era già capitato che avesse affrontato qualche battaglia con i suoi genitori e suo nonno, ma lì aveva loro a guardargli le spalle.
Stavolta sarebbe stato solo e quella consapevolezza gli faceva paura, ma avrebbe lottato fino in fondo per la sua libertà. 

«Fred…» lo richiamò l’altro «ricorda: non puoi batterlo con la forza dei muscoli, perciò usa la TUA forza!»

Fred capì al volo quelle parole e dopo avergli sorriso si girò verso l’avversario.
Il principe, Igdard e i pochi jotun appena accorsi uscirono dall’arena per posizionarsi sulle rocce che la circondavano. Poi il principe parlò. 

«Rugu figlio di Bylistr e Freduya delle terre del sud quest’oggi voi, per volere dei nostri antichi padri e della legge di Jotunheim, combatterete. Freduya se vinci sarai suddito libero di Jotunheim, se perdi…» e assottigliò lo sguardo «sarai il mio premio.»

In quel momento degli spuntoni di ghiaccio circondarono l’area di combattimento in modo che gli sfidanti non potessero scappare. 

«Si dia inizio al combattimento!»

A quelle parole Rugu sfilò da dietro la schiena due pugnali di ghiaccio con tre punte e si avventò su Fred, il ragazzo schivò l’attacco per un soffio, ma l’altro si girò velocemente e riuscì a graffiargli il torace.
Lo jotun ghignò e guardò velocemente verso il principe che lo ricambiò con rimprovero. Del resto Fred era il suo trofeo e sperava di vincerlo alla fine del combattimento…possibilmente vivo ed in buone condizioni.  
Fred accusò il colpo mentre l’altro lo guardava soddisfatto e avvicinava i pugnali sporchi di sangue alla bocca. A Fred salì la nausea solo a vederlo.
Era chiaro che con i muscoli non avrebbe mai vinto perciò doveva usare la sua forza, quella in cui era davvero bravo!
Il ragazzo si concentrò mentre l’altro gli si avventava contro per un nuovo attacco, ma una lastra di ghiaccio si parò di fronte allo jotun bloccandogli il passaggio sul davanti. Poi ne spuntarono altre due ai suoi lati ed una alle spalle chiudendolo come tra quattro mura.
Tutti gli jotun seduti si sollevarono dalle rocce emettendo grida di stupore. Anche Udras si alzò, stupito ed affascinato da quella scoperta allo stesso tempo.
Igdard invece sorrideva; era sicuro che Fred sapesse usare la magia, lui era il figlio di Loki e come lui un mago: la sua forza era la magia stessa.
Fred respirò profondamente pensando di aver momentaneamente messo in trappola l’avversario  ma…

«Uahhhh!»

Lo jotun con un enorme balzo uscì dall’alto dalla sua prigione di ghiaccio scagliandosi su Fred. L’attacco costò al ragazzo una ferita al petto ed una al ventre.

«Lo sai è un peccato che tu non ti voglia arrendere» disse Rugu dando un calcio a Fred mentre si tastava la ferita alla pancia da cui il sangue caldo aveva cominciato ad uscire. «Mio cugino mi ucciderà se rovinerò tanta perfezione, ma d’altra parte questo è un combattimento in piena regola! E poi chissà magari passerò anche al tuo amico!» 

Fred lo guardò con odio e lanciò un nuovo incantesimo: dalla roccia si formò un enorme serpente di ghiaccio che sibilò minaccioso lasciando tutti i presenti a bocca aperta, Rugu compreso. Il serpente poi scattò verso di lui avvolgendolo tra le sue spire: il suo corpo si ritrovò bloccato in una prigione di ghiaccio. L’avversario si dimenava con tutte le sue forze, ma Fred sembrava deciso a non diminuire la potenza  del ghiaccio.

«TU USI LA MAGIA E NON COMBATTI! CODARDO!» Gli urlò contro il gigante.

Ma Fred aveva una luce folle negli occhi, non avrebbe permesso né a quel guerriero né al principe di far loro altro male.
Continuò a mantenere l’incanto fino a che l’altro iniziò a respirare a fatica ed infine a corto di ossigeno Rugu…svenne.
Fred abbassò le mani, il respiro pesante e il petto che si alzava e si abbassava a fatica. Quell’incantesimo gli era costato parecchia energia, ma forse era salvo.
Nel mentre gli jotun spettatori iniziarono a gridare ed insultarlo, ma lui non li sentiva nemmeno. 

«Basta così!» 

La voce di Udras risuonò forte nell’arena. Fred si girò verso il principe e sostenne il suo sguardo «E così tu sei un mago Freduya?»

«Lo sono maestà.»

Udras annuì. 

«Hai usato la tua magia in maniera magistrale, complimenti.»

Il ragazzo gettò un rapido sguardo al serpente e allo jotun che vi giaceva svenuto, poi tornò al principe. 

«Così sembra…perciò immagino che dovrete trovarvi qualcun altro per soddisfare le vostre necessità maestà!» disse carico di disprezzo. 

Udras tirò le labbra in un sorrisetto. 

«Ebbene pare che questa volta la vittoria sia tua…» disse muovendo appena le dita dietro la schiena convinto che nessuno lo vedesse, nessuno tranne Igdard.
Nel mentre il ghiaccio in cui era avvolto Rugu scricchiolò, gli occhi dello jotun si aprirono diventando neri come la pece. «O forse…No!»

«FRED ATTENTO!»

Fred non fece in tempo a voltarsi che il ghiaccio s’infranse e Rugu gli fu vicino: con un colpo alla pancia lo scaraventò diversi metri più avanti. Nonostante il dolore gli annebbiasse la vista a fatica aprì gli occhi incontrando quelli ora stranamente neri dello jotun che con un urlo gli corse incontro. Fred tentò di concentrasi, ma il colpo gli aveva tolto il respiro. Cosa poteva…
Quello che accadde dopo fu indipendente dalla sua volontà.
Jambo saltò nell’arena e preso Rugu tra i denti lo strinse scrollandolo con violenza.
Poi lo scagliò via con talmente tanta forza che lo jotun si andò a conficcare dritto di schiena negli spuntoni di ghiaccio che ne bloccavano l’uscita.
Non un urlo, non un grido solo quegli occhi che nessuno poté vedere, ma che da neri tornavano rossi e si posavano prima sul ghiaccio nel petto senza capire cosa fosse accaduto, poi sul volto del principe che senza essere visto tirò le labbra in un sorriso…
Allora Rugu si bloccò, la testa cadde in avanti mentre il sangue scendeva piano sul ghiaccio e colorava il pavimento di pietra dell’arena.
Gli jotun si fecero di colpo aggressivi, Jambo si parò davanti a Fred mentre Igdard lo raggiungeva.

«Fred dobbiamo andare via di qui.»

Il ragazzo ancora debole lo guardò appena, ma annuì con la testa; un istante dopo però i due si ritrovarono circondati, mentre il principe dal canto suo non mosse un passo per fermare i suoi sudditi.
D’improvviso un altro midchir, più anziano di Jambo e col pelo grigio scuro, saltò nell’arena. «UDRAS!»
Re Helblindi raggiunse il figlio sulla sua cavalcatura e lo fronteggiò «Che cosa stai…» il suo sguardo si fermò sul corpo del nipote conficcato sul ghiaccio per poi spostarsi sui due ragazzi ancora a terra nell’arena tornando poi sul figlio e facendosi severo. 

«Come hai osato indire un duello senza il mio permesso?!»

«Non ho bisogno del tuo permesso per ottenere ciò che voglio con una sfida! È scritto nella legge.»

«La legge dice che il RE deve essere a conoscenza di tale duello per approvarlo o meno! Tu hai infranto la legge e guarda cos’è successo a Rugu?!»

«Padre il duello era finito! Sono stati lui e la sua sete di sangue a ricominciare!»

«Non importa cosa è stato! Mi hai disobbedito deliberatamente e sarai punito per questo. In quanto a voi due…» e i suoi occhi si fecero sottili mentre li guardava. I vincitori sostennero quello sguardo. «Avete vinto la vostra libertà, siete liberi di andare. Sparite adesso!»
I due annuirono con un cenno del capo; Igdard aiutò Fred a salire su Jambo e salì dietro di lui, ma rivolse comunque un ultimo sguardo verso il principe che lo fissò con aria di sfida: quella non era certo la fine della guerra. Poi incitò Jambo e i due ragazzi sparirono alla vista del re e della sua corte. 

 

«Fa piano, fa piano.» 

«Mi fa male!»

«Lo so, lo so Fred, ma devi fare piano, ecco così sdraiati.»

Igdard accompagnò il corpo dell’altro a sdraiarsi sul giaciglio davanti al fuoco: aveva un enorme livido sull’addome che gli rendeva difficile muoversi liberamente senza provare dolore. 

«Igdard cos’è successo? Rugu era svenuto come ha potuto liberarsi?»

Il giovane jotun prese una pietra messa vicino al braciere a scaldare e l’avvolse in una stoffa grezza per poi poggiarla sul livido dell’altro.

«È stato Udras.»

«Come?»

«Deve aver usato la magia. Gli ho visto muovere le dita dietro la schiena ed un istante dopo…Rugu ti era addosso.»

Fred ci pensò un attimo.
«Ho visto i suoi occhi, erano neri come la notte…»

«Io…io credo che lui volesse che le cose andassero così…»

«Cosa vuoi dire?»

Igdard sospirò «Vedi quando uccise suo fratello Helblindi adottò Rugu, ma lo fece per un motivo preciso. Gli fece credere che la morte di suo padre avesse avuto un senso perché in realtà Bylistr voleva una guerra inutile e così si guadagnò la sua lealtà, ma c’è dell’altro. Devi sapere che Udras è sempre stato visto come il figlio ecco debole e gracilino del re, non è un gigante forte come gli altri. Certo ha coltivato il dono della magia, ma in quanto a forza fisica non è mai stato un granché. Al re serviva qualcuno che fosse talmente tanto fedele al figlio da difenderlo a qualsiasi costo per proteggerlo, persino sacrificarsi per lui…ma Rugu col micro cervello che si ritrovava ultimamente aveva iniziato ad essere l’ombra del principe e credo anche che Udras temesse che un giorno gli avrebbe usurpato il trono o peggio…che l’avrebbero ereditato insieme…»

Fred esitò «Intendi come…compagni?»

«Si, vedi il re ha sempre detto che Rugu era un grande combattente e dopo le infinte scorribande di Udras forse si era convinto che non ci fosse compagno migliore per lui o almeno così ho sentito. Con la sua forza fisica e col cervello di Udras quei due sarebbero stati una coppia perfetta, poco conta che fossero parenti stretti…credo che Rugu ne fosse all’oscuro mentre il principe sospettasse di questo disegno del padre. Probabilmente non stava che aspettando l’occasione giusta per liberarsi del cugino ed evitarsi il suo destino»

«È terribile…»

«Si lo è, ma in fondo Jotunheim non conosce pietà. Sarà già tanto se dopo oggi ci lasceranno in pace. Aspetta ti aiuto»

Fred aveva cercato di sollevarsi sui gomiti, ma faceva molta fatica. L’altro lo sorresse con un braccio mentre con l’altro tenne premuto il fagotto di roccia calda sul suo ventre. Fred fissò per un  attimo la mano dello jotun che teneva il fagotto poi incontrò i suoi occhi «Credevi che ce l’avrei fatta oggi?»

«No Fred, ero sicuro che ce l’avresti fatta! Sapevo che la tua magia e il tuo cervello ti avrebbero aiutato.»

I due si sorrisero «Però ad un certo punto…ho avuto paura.» Ammise lo jotun.

Lo sguardo di Fred divenne interrogativo. 

«Quando Rugu ti ha ferito la seconda volta ho temuto che la sua sete di sangue sarebbe andata oltre…» tacque un istante continuando a guardarlo «comunque è andato tutto bene.» Sentenziò abbassando gli occhi. 

Fred annuì, ma una fitta improvvisa gli fece uscire una smorfia di dolore.

«Così stai scomodo, aspetta» lo jotun si mise dietro di lui e lo circondò con le braccia «Ecco appoggiati a me.» 

Fred arrossì un po’, ma il giaciglio era duro, il ventre gli faceva male e l’altro era un buon sostegno. Così si appoggiò comodo contro il suo petto.
«Uhm sai saresti un ottimo compagno nel mio mondo…in ogni caso sei un ottimo finto compagno anche qui»

L’altro sorrise ed arrossì non visto. 

«Beh, ma questo Udras non lo sa  e almeno così dovrebbe finalmente lasciarci in pace.»

«Mmm lo spero… Ah ah sai prima, quando il re gli ha promesso una punizione, ho pensato a mio  padre quando punisce Kate…se non fossimo stati in quella situazione sarei scoppiato a ridere.»

«Ah a proposito, questo» disse porgendogli il medaglione «è tuo…»

«Oh grazie, meno male che non l’ho indossato o mio padre sarebbe arrivato di corsa.» Scherzò.

«Deve volerti molto bene…»

«Si è così, credo che se mi accadesse qualcosa lui…lui ne morirebbe.»

Lo jotun lo ascoltava in silenzio.

«Se-senti Fred ti-ti va di parlami ancora della tua famiglia?»

«Uhm?»

«Raccontami ancora di quella volta in cui hai trovato quel tuo mini midchir che vive con te, com’è che si chiama?»

«Ahah si chiama Trick ed è un midchir molto molto più piccolo di Jambo.»
I due passarono la serata tra i racconti di Fred mentre fuori Jambo faceva la guardia alla capanna e la neve cadeva piano nella notte. 

 

Qualche settimana più tardi 

Se c’era una cosa che Fred aveva imparato di Igdard in quei mesi trascorsi insieme era che quando l’altro si fissava in testa di acciuffare una preda non demordeva per niente al mondo.
In questo era come Kate, determinato ad ottenere quello che voleva e a non arrendersi mai.
Quella sera dopo aver dato la caccia ad una sorta di velocissima lepre dei ghiacci, che a sentire Igdard aveva una carne buonissima e un manto molto soffice, Fred si sentiva esausto così si lasciò cadere e si allungò sul suo giaciglio vicino al fuoco.

«Uhm sono distrutto.» 

«Oh avanti quanto ti lamenti!»

«No, ma sei serio?! Mi hai fatto penzolare a testa in giù da una roccia, correre per quaranta minuti e fatto rotolare in mezzo a dei cespugli per tenere ferma quella povera bestia! Che poi io dovrei studiare gli animali, non cacciarli!»

«Si, ma dovrai pur vivere di qualcosa no? E credimi con questo freddo non ti basterebbero pesce, bacche e radici!»

«Uhm…»

«Dai domani ti porto a vedere i laghi ad est contento? Così magari avvisti un nuovo esemplare sconosciuto e non mi stressi perché ti tengo un po’ in allenamento.»

«Idiota» rise Fred che da steso gli allungò leggero un calcio mentre l’altro gli passava accanto. 

«Mm il fuoco è debole stasera…Vuoi che lo attizzi con la magia?»

«No, c’è della legna poco lontano dalla capanna, se dovesse fare troppo freddo mi alzerò per prenderla. Avanti dormiamo adesso.»

«Notte Ig»

«Yaaaawn notte Freddi.»

Fred spalancò un attimo gli occhi e guardò l’altro mentre si stendeva sul giaciglio. Erano mesi che non si sentiva chiamare così da qualcuno. Improvvisamente avvertì un senso di nostalgia. Quasi aveva perso il conto dei giorni e non sapeva nemmeno che data fosse: i suoi genitori gli mancavano e avrebbe dato qualunque cosa per stare un po’ con loro, ma si era ripromesso di stare via per un intero anno. Strinse tra le dita il medaglione di suo padre e lentamente scaldato dal tepore del fuoco chiuse gli occhi.

Era notte fonda ormai e il freddo invadeva la capanna più pungente del solito.
Fred tremava appena, così si strinse un po’ nella sua pelliccia, quando d’improvviso…
«Fred.» Fred si riscosse. Il fuoco accanto a lui era spento e Igdard lo stava scuotendo piano «Svegliati avanti.»

«Ig è notte fonda.»

«Eddai vieni con me. Voglio mostrarti una cosa.» 

Fred sbuffò, ma si tirò su e lo seguì. Il giovane jotun lo condusse fuori nella notte. Jambo dormiva profondamente accanto alla capanna e nemmeno si accorse del loro passaggio. 

«Dove stiamo andando?»

«È una sorpresa!»

«Yaaawn Ig ho sonno!»

Camminarono per dieci minuti buoni fino ad arrivare in un piccolo spiazzo in mezzo agli alberi. Non c’era nulla se non il cielo scuro sopra le loro teste.

«Allora cos’è che volevi mostrami?» 

«Voltati e guarda verso l’alto.»

Fred obbedì, ma non vide nulla se non il buio «Quindi?»

«Aspetta…eeee ora.»

In quel momento una strana scia di luce blu percorse il cielo illuminando tutto di un’aura azzurrina. Gli alberi ghiacciati risplendettero e brillarono mentre la luce invadeva lo spazio creando un’atmosfera magica. Fred trattenne il fiato.

«Wow Ig che cos’è?»

«Un’aurora celeste, appare solo nelle notti più fredde.»

Il ragazzo era rapito da quello spettacolo «Bellissimo…»

«Si.» disse l’altro avanzando dietro di lui «Si lo sei…»

Fred si girò di colpo con gli occhi sgranati per lo stupore. 

 

La porta della capanna si aprì piano. Il fuoco era spento. Si avvicinò piano nel buio, ma non avvertì nessun respiro. Si guardò intorno.

«Ma dove…?»

Toccò il terreno e avvertì delle orme, ma non una sola coppia…erano due ed erano fresche.

«No!» si diresse di corsa fuori. 

 

«Co-come hai detto?»

Il giovane jotun continuò ad avanzare piano nella sua direzione «Ho detto…» disse facendoglisi vicino e guardandolo «Che lo sei. Sei bellissimo Fred.»

Fred arrossì di colpo e abbassò lo sguardo «Ok bello scherzo, è perché ti ho detto che assomigli ad un kutkat imbufalito quando una preda ti sfugge?»

«Perché? Io trovo che tu lo sia davvero»

«Ig smettila adesso.» Rispose l’altro un po’ impacciato.

Ma lo jotun non demorse gli si parò di fronte e gli scostò la treccia di capelli portandogliela dietro le spalle «È quello che provi anche tu non è vero?» continuò prendendogli i fianchi un po’ rudemente. Fred si sentì avvampare, ma incatenò gli occhi ai suoi. «Se non è vero allora coraggio, dimmi che non è così…»
Rimasero a fissarsi qualche istante in quella luce e in quell’atmosfera così particolare intorno a loro. Per un istante Fred credette di trovarsi in un sogno.  

«Ig io non lo so…»

«Perché no?» chiese l’altro interdetto.

«Perché non-non so se questo è davvero…»

«Amore? Beh…» Fece scivolare una mano lungo la sua spalla e sotto la sua pelliccia toccando appena il medaglione mentre con l’altra se lo stringeva di più contro: una stretta forte, imperativa, non propriamente da lui. «Forse dovremmo…» sussurrò quasi sulle sue labbra «scoprirlo insieme.» 

Fred sentì le palpebre farsi pesanti mentre un’irresistibile energia lo attirava verso quelle labbra morbide. Socchiuse gli occhi e si avvicinò.
L’altro sorrise appena e si sporse verso di lui «Credimi, è quello che vuoi…» 

Le labbra erano ormai pericolosamente vicine, ma in quell’istante una freccia sibilò vicino alle loro orecchie e si conficcò nell’albero dietro ad Igdard. I due si bloccarono.

«Togligli le mani di dosso o la prossima te la conficco dritta in mezzo agli occhi!»

“Ma questa voce!”

Fred si girò congelandosi «Ig…» ebbe appena la forza di pronunciare.

«Mi hai sentito?! Lascialo immediatamente!»

«Oh per i padri antichi sei così possessivo Igdard.» Fred si girò di colpo verso l’altro che ancora lo stringeva e rabbrividì.

La voce diversa e il corpo improvvisamente cambiato…Udras lo teneva stretto e aveva sulla faccia un ghigno soddisfatto «Ciao Fred, sorpreso?» 

Fred si scostò immediatamente ed incredulo indietreggiò fino a raggiungere Igdard, quello vero, e si nascose dietro di lui.
«Bastardo!» sussurrò lo jotun. 

«Oh avanti non fare il geloso Ig, non ci siamo mica baciati…per colpa tua» disse supponente. 

Igdard tese l’arco «Devi lasciarlo in pace!»

«Lasciarlo in pace? Oh ma certo volevo solo… avere la soddisfazione di baciare il figlio di Loki prima di te.»

I due si gelarono, ma Ig rimase fermò «Come sai che?» 

«Un bellissimo straniero salta fuori dal nulla nei Territori di Luce e padroneggia perfettamente la magia, ma è evidente che non ha niente a che fare col nostro mondo. Indossa un medaglione magico che emana un’energia potentissima, credevi che non lo avrei percepito anche se lo nascondi? A proposito…» disse alzandolo alto tra le mani «il verde non è il colore di tuo padre… Fred?» 

Fred si tastò il braccio agitato non trovando quello che cercava «Ma come…?» 

«Oh avanti credevate davvero che non l’avrei scoperto? E se non sbaglio quindi siamo persino parenti! Pensa che bella coppia potremmo essere…»

«Non mi farei nemmeno sfiorare da te!»

«Pochi istanti fa non sembrava così, ma forse in effetti non sono… il tuo tipo.» Disse guardando verso Igdard. 

«Udras vattene, Fred ti ha già sfidato per la sua libertà!»

«Oh e si è difeso anche egregiamente purtroppo però mio padre… non ha gradito la mia sfida clandestina e così ha deciso di negarmi la MIA libertà. Sono settimane che sono chiuso tra quattro mura di ghiaccio sempre circondato da guardie! E tutto per aver voluto decidere della mia vita  da solo senza seguire la sua volontà e i suoi progetti.»

«Avevi ragione» sussurrò Fred a Ig.

«Ma siccome non mi piace perdere credo che ti sfiderò di nuovo cacciatore, qui e ora e stavolta la sfida sarà tra noi due. L’unico limite sarà… la morte!»

Ig tese di più l’arco «Coraggio fatti avanti!»

Udras fece spuntare dal nulla punte di ghiaccio e le lanciò contro i due giovani, ma Fred innalzò uno scudo e riparò entrambi.
Ig scagliò una freccia poi un’altra e un’altra ancora, ma il mago le schivò tutte con agilità, tranne per l’ultima che gli si piantò in una spalla. Guardò Igdard con occhi carichi di odio, ma l’altro lo fissò con sfida.
Con la sua magia gli alberi intorno a loro presero vita e Igdard si ritrovò i polsi bloccati da lunghi rami, ma Fred prontamente li spezzò con un incantesimo.
Si poi voltò verso Udras che lo fronteggiò «Se non ti è chiaro stiamo combattendo per te e gli spettatori non possono intervenire!» e mossa la mano una serie di rami avvolsero anche lui sollevandolo da terra. «Perciò fatti da parte figlio di Loki o non avrò pietà.»

Mentre Udras osservava soddisfatto Fred tentare di liberarsi non si accorse che Igdard aveva fatto spuntare una spada di ghiaccio e gli era corso incontro: lo schivò, ma non del tutto, tanto che l’altro riuscì a ferirgli il viso. Il mago si toccò la ferita e vedendo il sangue si infuriò, fece spuntare anche lui una spada a due punte ed iniziò a combattere contro l’altro.
Fred intanto era costretto a guardare la scena impotente mentre cercava di liberarsi dalla stretta dei rami. Si concentrò e con un incantesimo spezzò anche quelli cadendo a terra.
E allora lo vide: vide Ig combattere con tutto sé stesso e assestare diversi colpi all’avversario, l’altro difendersi ed infuriarsi sempre di più fino a che un ramo non afferrò un piede di Ig e lo trascinò a terra esattamente sotto la spada di Udras che senza alcuna pietà gliela conficcò nel pettorale destro.
Igdard urlò di dolore, Fred gridò…l’altro invece sorrideva folle mentre estraeva la spada e si preparava per un altro affondo, ma fu allora che Fred scatenò del tutto i suoi poteri.
Dalla terra sputarono catene di ghiaccio imprigionando le mani e piedi del mago trascinandolo fino a lui e quando il mago provò ad alzarsi fu costretto in ginocchio.
Tra le mani di Fred comparvero due pugnali di ghiaccio «TU!» iniziò ferendolo al viso «TU la pagherai per tutto! Per Ig, per avermi imbrogliato, per tutto questo!» accompagnava ogni parola con un taglio deciso al viso, al petto, al costato del nemico. Era fuori di sé dalla rabbia, era accecato. 

Poi si fermò: l’altro in ginocchio davanti a lui sanguinante e piegato…rideva «Tutto qui figlio di Loki? Ti credevo migliore di così…» disse alzando lo sguardo e sfidandolo.

Fred strinse i pugni e lo fissò con occhi pieni di rabbia. Poteva vendicarsi, poteva finalmente toglierlo dai piedi, ma era davvero migliore, anche se non nel senso che l’altro intendeva.

«Si…si è così.» Disse abbassando i pugnali «E anche di te.» Concluse voltandosi, ma l’altro continuò provocatorio.

«Ahahah sei persino più debole di tuo padre! Non sei come lui! Non hai nemmeno il coraggio di uccidere chi ti ha fatto del male! Ho letto la tua mente mentre dormivi sai? Ho sentito i tuoi sentimenti, ho visto cosa provi per quel ragazzo, ho percepito la tua paura di trovarti in questa terra lontano da chi ami….poco male…quando anche il tuo cacciatore morirà  ti ritroverai da solo!»

Non seppe quale sentimento lo spinse… forse la rabbia, la paura o il dolore, ma un istinto folle lo fece ridestare. Strinse di più uno pugnali di ghiaccio che aveva tra le mani e voltandosi con un grido di rabbia lo conficcò nel petto dell’altro che gridò a sua volta prima di bloccarsi e spirare con il pugnale conficcato nel petto.
Il sangue caldo colò sulla mano di Fred che si staccò mentre la testa dell’altro ricadeva in avanti con gli occhi ormai vitrei e vuoti.
Le catene scomparvero ed una grossa folata di neve circondò il corpo del suo nemico dissolvendolo al suo interno. L’unica traccia che rimase del suo passaggio furono le tracce di sangue a terra e il medaglione di Loki che Fred raccolse come fosse un’automa.

«Fr-Fred!» 

Fred si riscosse di colpo e raggiunse il giovane jotun ferito inginocchiandosi accanto a lui. 

«IG sono qui, stai calmo.»

L’altro si aggrappò a lui «Fred non-non mi lasciare da …» poi esausto chiuse gli occhi.

«IG! Non dormire ti prego! Non dormire…» ma le sue parole divennero per l’altro un lieve sussurro. 

 

Qualche ora più tardi Igdard aprì gli occhi, ma si sentiva debole e sudato «Resta sdraiato» gli disse Fred che gli era vicino. Un medico jotun gli stava cicatrizzando le ferite.
«Non sento dolore, perché non sento dolore?!» Chiese in panico il cacciatore.

«Ho lanciato un incantesimo sulla tua pelle, per un po’ non sentirai male, ma non durerà a lungo.» 

L’altro lo guardò per un istante poi nuovamente chiuse gli occhi.
Quando li riaprì vide appena che una fascia gli avvolgeva il petto, il medico non era più su di lui e la sua testa era sollevata da qualcosa. Sollevò gli occhi ed incontrò quelli di Fred.

«Scusa le mie ginocchia non sono un buon cuscino, ma avevo paura che fossi scomodo. Però hai dormito tutta la notte e quasi tutto il giorno. Tra-tra poco comunque partirò, devo trovare i fiori di Vimur o ci vorrà molto tempo prima che ti riprenda. Ma anche se non li trovassi…Tornerò subito al tuo fianco.» 

«Fr-Fred no! Tu…»

Ma Fred lo interruppe «Sono qua, non me ne vado.» 

Prese una pezza bagnata per detergergli la fronte, ma l’altro gli bloccò la mano.

«Va-vattene via!…Gu-guarda cosa mi hai fatto.»

Fred si paralizzò «Io, io non…»

«Non sarebbe successo se-se…» lo jotun strinse gli occhi dalla fatica o forse da qualcos’altro «Ti-ti ho visto tra le sue braccia!»

«Cosa? No Ig, ti-ti sbagli mi ha imbrogliato!»

Lo jotun rise amaro «Tu-tu sei, tu sei un ingenuo! Credevi di venire a Jotunheim per-per fare scoperte? Qui si lotta Fred, qui si combatte…si-si imbroglia! Non-non c’è civiltà. Perciò va-vattene! Non ti voglio vedere più!» E si scostò da lui respirando a fatica, dandogli le spalle. 

Fred lo guardò un momento trattenendo il respiro poi sospirò «Beh sei proprio un testardo, ma ti rivelerò un segreto…i sensi di colpa non funzionano con me. Perciò tu adesso riposi ed io vado a cercare quei fiori.» E così dicendo si alzò. «Farò presto vedrai.» 

L’altro restò in silenzio, ma aveva gli occhi sgranati. Sentì Fred che lasciava la capanna e poi crollò di nuovo.
Fuori era quasi buio e il vento batteva forte, ma a Fred non importava: doveva trovare il fiume Vimur. Tanti anni prima aveva raccolto solo una piccola manciata dei fiori che vi crescevano, ma sapeva che anche pochi potevano essere miracolosi. Salì su Jambo e si strinse forte alla sua pelliccia: era la prima volta che lo cavalcava da solo. 

«Ig ha bisogno di noi amico mio, portami al fiume Vimur.»
Come se gli avesse letto nel pensiero la bestia prese una direzione correndo più veloce che poté. 


Ore dopo i due erano ancora in viaggio e Fred iniziava a temere che non sarebbero mai arrivati. La sua testa era piena di domande: cosa avrebbe fatto il re quando suo figlio non sarebbe tornato a palazzo? Se Udras sapeva che era il figlio di Loki anche qualcun altro aveva dei sospetti? Ma più di tutti il pensiero che Igdard non potesse farcela…
Non glielo aveva confessato, ma era grave e aveva assolutamente bisogno di quel rimedio…incitò di più Jambo e i due continuarono nella loro corsa per almeno altre due ore prima di arrivare sulle sponde del fiume.
Fred discese di corsa da Jambo e si guardò intorno, ma non sembrava esserci nessuno. Si avvicinò all’acqua e vi immerse un piede, ma si accorse che la corrente era molto forte e lo ritirò.
La prima volta che aveva trovato i fiori era stata una coincidenza ed era stato fin troppo facile, ma adesso non sapeva dove cercarli in mezzo a quel fiume.
Scosse la testa: tutta la tensione e la paura della notte precedente stavano affiorando in lui…tutti i sentimenti che non si era potuto permettere di provare stavano tornando a galla. Non vi badò.
Immerse di nuovo un piede nell’acqua, ma la corrente era così forte che scivolò e cadde nel fiume venendo trascinato via.
Si ritrovò ad annaspare nell’acqua, il fiato gli mancava e non riusciva a trovare un appiglio a cui aggrapparsi. Riuscì a riemergere e guadagnare dell’ossigeno e in quel momento qualcuno lo tirò fuori.
Jambo era saltato nel fiume, lo aveva preso tra i denti e l’aveva portato via di lì.
Appena riguadagnata la riva Fred si accasciò a terra sulla neve iniziando a tossire violentemente.
Per un attimo sentì freddo, un freddo che veniva da dentro. In quel momento la paura prese davvero possesso di lui.
Cosa stava facendo? Stava vivendo in un mondo dove chiunque si sentiva in diritto di usarlo come un giocattolo al servizio del proprio volere, dove si lottava per vincere la libertà, dove non esisteva l’amore!
E allora semplicemente…pianse.
Voleva tornare a casa e non sarebbe mai più partito. Era stato uno stupido a credere che avrebbe potuto affrontare una situazione del genere senza la sua famiglia. Strinse il medaglione del padre e chiuse gli occhi. Desiderò con tutto sé stesso trovarsi a casa, non sapeva nemmeno più che giorno fosse, poi…

“Fred,” non era possibile! Si tirò su di scatto disorientato. Sentiva la voce di suo padre, ma forse si stava sbagliando. «Papà? Dove sei?»

“Fred se mi senti…magari non mi sentirai, ma ci manchi molto.” Capì che la voce era nella sua testa. 

Il ragazzo si bloccò e mise le mani sulle orecchie come per sentire meglio. “È il primo Natale che passiamo senza di te e, non pensavo che sarei arrivato a dirlo per una festa di Midgard, ma è strano che tu non ci sia. Ci manchi, manchi a me” una stretta gli avvolse il cuore, era già Natale e lui non era lì con loro…“ma so che sta andando tutto bene e che starai vivendo tante avventure. Volevo comunque dirti…Buon Natale Freddi” una lacrima più amara delle altre lasciò gli occhi del ragazzo. Poi non sentì più nulla.

«No, papà ti prego.» Si concentrò di nuovo, ma non riusciva più a sentirlo. «Ti prego….»

Le lacrime tornarono violente e le ginocchia gli cedettero.
Jambo poco lontano da lui si scrollò l’acqua di dosso e anche se per lo più fradicio gli si avvicinò e lo circondò col suo corpo per scaldarlo il più possibile, un po’ come faceva Trick quando lui stava male e non voleva lasciarlo solo.
Ma Fred si sentiva inconsolabile.
Non si accorse nemmeno di quanto tempo trascorse in quella landa desolata…Cosa stavano facendo quel Natale? Avrebbe dato di tutto per saperlo. Si alzò con le lacrime che gli rigavano il volto e si accostò al fiume. L’acqua era in moto perpetuo, ma per un istante recuperò il suo aspetto Aesir e vi osservò il suo riflesso deformato. Guardò la sua immagine solo per vedere il profilo di Thor e gli occhi di Loki: gli mancavano i suoi genitori, come gli mancavano gli scherzi di Kate. Forse era quella la fine del suo viaggio, forse doveva solo tornare a casa…
Fu allora che una fenice di ghiaccio gli passò accanto e si posò su un albero davanti a lui. Fred la osservò: era una creatura elegante dalle piume di ghiaccio e il corpo candido. Il becco era quasi trasparente e gli occhi di un rosso cupo.
La trovò meravigliosa. Ed eccolo il ricordo del perché si trovava lì, su Jotunheim.
Gli animali, la sua passione, la scoperta, la vita stessa.
Ma era sufficiente? Cosa doveva fare? Si sentiva così combattuto…
In quel momento la fenice si alzò in volo ed accadde una cosa bellissima: non prese fuoco, ma aprì le ali e si dissolse in luccicanti cristalli di ghiaccio che brillarono nella notte cupa. Quei cristalli ricaddero poi su un ramo e da quel cumulo emerse un piccolo pulcino bianco.
Fred lo osservò rapito ed ebbe la risposta.
Doveva resistere e finire il suo viaggio, c’erano ancora troppe cose meravigliose da scoprire.
Guardò l’acqua sotto di sé: ormai il suo respiro era tornato regolare. Si chinò, si concentrò e vi guardò dentro “Mostrami i miei genitori”. Restò a fissare l’acqua in attesa di qualcosa, ma non succedeva nulla, poi improvvisamente la superficie divenne piatta e…

«Sicuro?» “Papà” non poteva crederci i suoi genitori erano davanti a lui in una stanza da letto, ma non era quella di casa loro. Ebbe voglia di chiamarli, ma si trattenne, non potevano vederlo così, aveva pianto, era scosso, li avrebbe solo spaventi. Fece silenzio e li guardò.

«Sicuro….E tu?» 

«Mi manca Fred, e se avesse bisogno di noi?» Il ragazzo li osservò trattenendo il respiro. 

«Tranquillo per quanto io odi ammetterlo nel fisico ha preso da te quindi sono sicuro che è perfettamente in grado di difendersi…Manca anche a me, ma sono sicuro che sta bene.» Fred rise con le lacrime agli occhi.

«Aspetta ho qualcosa per te».

In quell’istante però suo padre si girò verso lo specchio sorridendo appena prima di rigirarsi di colpo con gli occhi sgranati…ma Fred non c’era già più. Al primo sguardo di suo padre aveva chiuso gli occhi e annullato l’incantesimo.
Quanto gli mancavano, quanto avrebbe voluto essere lì con loro, ma averli potuti vedere anche per un solo istante… sospirò e si sentì finalmente felice. Quello fu davvero un meraviglioso regalo di Natale.
Tornò a guardare l’acqua ormai calmo.
Era lì per Igdard, Ig che non lo aveva mai lasciato solo, Ig che adesso stava male per aver combattuto per difenderlo, Ig che aveva bisogno di lui! Salvarlo, contava solo questo e così senza ulteriore indugio pensò al da farsi.
Si alzò e chiuse gli occhi riprendendo il suo aspetto jotun. Invocò un vento di neve e con enorme sforzo aprì l’acqua del fiume a metà. Subito riuscì a distinguere dei piccoli fiori sparsi sul letto del fiume, si concentrò di più portando tutta l’energia su una mano sola e con l’altra tentò un doppio incantesimo.
Voleva richiamare i fiori a sé, ma lo sforzo che stava facendo era tremendamente grande e quelli non sembravano volersi staccare dal terreno; allora si ricordò di tanti anni prima “solo uno jotun trasformato può trovarli e raccoglierli perché crescono nelle acque gelide del fiume.” 
Subito seppe cosa fare. Diede un ultimo sguardo al letto del fiume per localizzare un punto in cui si trovassero i fiori poi si rivolse a Jambo.

«Pare che dovrai salvarmi un’altra volta amico mio!»

Il midchir lo guardò confuso, ma Fred presa una ricorsa si lanciò verso i fiori mentre l’incantesimo finiva e l’acqua si riversava copiosa nel fiume. Jambo preoccupato saltava da una parte all’altra cercandolo con lo sguardo fino a che Fred non riemerse. Il midchir allora corse nell’acqua, lo afferrò per la treccia coi denti e lo trascinò con sé finché il ragazzo riuscì a riguadagnarsi la riva.
Riprese fiato e guardò il palmo della sua mano dove si trovava una manciata di fiori bianchi dalle punte colorate. Poi ancora bagnato salì in groppa all’amico e cavalcò di corsa verso il villaggio. 

 

«Ecco bevi.» disse Fred portando un coccio di liquido caldo alla bocca di Igdard ed aiutandolo a bere.

Lo jotun anche se debole bevve e tossì un po’.
«La ferita è profonda e temo che ci vorrà più di un infuso, ma sono sicuro che ti rimetterai presto.» Disse ancora mezzo fradicio.

«Se-sei tutto bagnato!»

«Beh sai mi sono buttato in un fiume per recuperarti i fiori! E tu che volevi mandarmi via…» scherzò Fred.

Igdard lo guardò. 

«Vi-vieni qui con me.»

Fred esitò un istante poi si sdraiò con lui sotto la grossa pelliccia che lo copriva.

«Perché non hai creduto alle mie parole?» Chiese Ig.

«Beh sai mia sorella ha tentato per anni di farmi sentire in colpa per qualsiasi cosa, letteralmente, così ho imparato che si, certe cose erano colpa mia, ma altre erano solo un vano tentativo per farle ottenere ciò che voleva…Kate non sa dire bugie, in questo non ha preso niente da uno dei miei genitori.»

«In effetti però… è davvero colpa tua stavolta…» disse l’altro stanco.

«Come scusa?» chiese Fred allarmato.

«Beh sai…diciamo che se avessi saputo che il bello e pericoloso era il tuo tipo ti avrei lasciato tra le sue braccia senza intromettermi.»

Fred si tirò su di colpo.

«Dici per prima? Guarda che non è come pensi! Mi ha imbrogliato!»

«E come ha fatto scusa?»

Fred avvampò di colpo.

«Vu-vuoi dire che non l’hai visto?»

«Io ho visto che te ne stavi tra le braccia di Udras, tutto qui…»

«NO! Lui ha beh…assunto l’aspetto di…qualcun altro.» Ammise infine Fred.

«Aaaah-ah mi chiedo proprio chi fosse per averti attirato fuori con l’inganno.» Disse l’altro facendosi leva sul gomito sinistro.

«Pe-però pare che quei fiori funzionino fin troppo bene! Fai già un sacco di osservazioni impertinenti!» Scherzò Fred, poi il suo sguardo si fece triste.

«Che c’è?»

«Ecco oggi sul mio pianeta si festeggia il Natale; è una festa dove è bello stare con…»

«La famiglia?»

Fred annuì appena.

«Tipico tuo» Igdard rise appena poi inchiodò lo sguardo al suo. 

«Fred tu-tu dovevi andare via…ci vorrà troppo perché io stia meglio….devi-devi fare le tue scoperte…e poi tornare a casa…dalla tua famiglia! Lasciami qui e parti domani stesso, mettiti di nuovo in viaggio»

«Non senza di te!» disse convinto Fred «E poi sai un criceto dei ghiacci potrebbe sempre tentare di uccidermi, potresti mai perdonartelo?» 

Il giovane jotun lo fissò coi suoi occhi rossi trovando quelli dell’altro carichi di qualcosa cui lui non sapeva dare un nome, ma che a dirla tutta…gli piaceva molto. Sorrise.
«No, non potrei mai.» 

 

E così passo un mese e poi un altro e poi ancora altri due. Igdard si era ripreso velocemente e aveva deciso di aiutare Fred con le sue scoperte.
Erano persino partiti con Jambo un mese intero raggiungendo territori sconosciuti anche agli jotun per tornare con nuove razze di animali che Fred poté documentare. Il ragazzo appuntava tutto quello che poteva, ma gli jotun non sapevano scrivere per cui stava ben attento a non farsi notare dalla popolazione per non destare troppi sospetti e così molto di ciò che apprendeva si limitava a memorizzarlo.
Come promesso avevano visitato anche i laghi ad est dove Fred, dopo aver spinto Igdard nell’acqua gelida, si era tuffato a sua volta e poco più avanti, sotto il getto di una piccola cascata, aveva scoperto un meraviglioso fiore di ghiaccio viola che nemmeno l’altro aveva mai visto, ma appena avevano provato a toccarlo era svanito.
In generale tutto sembrava procedere finalmente bene.
Un giorno i due ragazzi scorsero un villaggio dove le guardie del re stavano effettuando una sorta di perquisizione o almeno così dedussero vedendole entrare ed uscire da tutte le capanne che vi si trovavano.
Il principe era sparito ormai da molti mesi e nessuno dei sudditi sapeva che fine avesse fatto. Forse il re preoccupato aveva chiesto di trovarlo e questo poteva essere il motivo della loro presenza al villaggio.
Per prudenza i due si tennero lontani e piuttosto cambiarono direzione.
Non esistevano prove che potessero accusarli, infatti il corpo del principe si era dissolto nella neve come per magia, ma era meglio non correre rischi.

«Accidenti sono distrutto» disse Ig «la sosta in quel villaggio ci serviva per riposarci e ritemprarci un po’. Ci metteremo ore per tornare al nostro.» 

Fred ci pensò sù.

«So dove possiamo andare, vai verso est.» 

«Perché?» 

«Tu fidati!» 

Poche ore dopo i due raggiunsero la foresta dove Fred era giunto mesi prima. Il ragazzo scese da Jambo e si diresse verso una parete di roccia.

«Fred, ma che fai? Non c’è niente lì!» 

«Solo perché non vedi una cosa, non vuol dire che non ci sia.» 

Gli sorrise il ragazzo e voltandosi si concentrò. Subito apparve davanti ai loro occhi la grotta in cui Fred aveva lasciato le sue cose mesi prima. 

«Avanti vieni Ig» gli fece cenno.

«Ma guarda guarda.»  Osservò lo jotun sorpreso prima di seguirlo. 

 

«Ecco questo è un telefono.»

«E a cosa serve?»

«Per parlare con le persone che sono distanti, ma qui non funziona purtroppo.»

«E queste?»

«Medicine per il mal di testa e qui ci sono altre varie cose: biancheria, spazzolino….»

«Spazzolino?»

«Si, sai non tutti hanno i denti di ghiaccio!»

«Mmm ok! Comunque devo farti i miei complimenti questa grotta è un ottimo nascondiglio!»

«Ti ringrazio!» Disse il giovane attizzando il fuoco magico che aveva creato per fare luce. 

«E questo cos’è?»

«O questo è un pupazzo di quando ero bambino. Deve avercelo infilato mio padre…non Loki, Thor!» Rise «Sai è anche merito suo se sono potuto partire, ma qualche sera prima che me ne andassi l’ho sentito piagnucolare che gli sarei mancato mentre mio padre gli urlava contro “Ma se l’hai detto tu che doveva farsi le sue esperienze stupido cervello d’oca!” Povero papà…»

Igdard sorrise «Però è davvero diverso il rapporto che i padri hanno con i figli da voi…»

«Beh come in ogni cosa in realtà dipende da persona a persona, ma si credo che per i miei genitori io e mia sorella resteremo per sempre i loro bambini.»

Lo jotun lo guardò un attimo «E tu li vorresti? Dei figli tuoi intendo.»

«Co-come? Non lo so, si forse… un giorno… per ora comunque no!» Disse un po’ impacciato. «Non farti venire strane idee finto compagno.»

«Ahah Fred che vai pensando? E anche se li volessi non è periodo.»

«Cosa vuoi dire?»

«Si, non è periodo…vedi gli jotun sono fertili solo in alcuni periodi particolari. Si chiamano Giorni di Fimbulvetr: sono i mesi più freddi dell’anno per noi, ma valgono anche se uno jotun è in qualsiasi altro mondo, credo. Scusa tu e tua sorella non siete nati in mesi vicini?»

Fred ci pensò un attimo «In effetti si, c’è pochissima differenza, ma credevo fosse una coincidenza.»

«Non lo è, ma al momento mancano ancora parecchi mesi a quel periodo…»

«Mmm accidenti nemmeno mio padre deve esserne a conoscenza, non me ne ha mai parlato.»

Igdard sorrise poi lo guardò intensamente. 

«E comunque se fossi davvero il mio compagno sarebbe difficile staccarmi da te e dal tuo fisico perfetto un solo attimo in qualsiasi periodo dell’anno.»

Fred prima si paralizzò ed avvampò rischiando di recuperare il suo aspetto naturale, poi spalancò la bocca per dire qualcosa…ma non uscì nulla.
L’altro allora gli si avvicinò con fare suadente e si fece ad un soffio dalle sue labbra.

«Sto scherzando Fred!» Sussurrò ghignando.

«Non è divertente!»

«Oh credimi lo è haha! Ehi e questo cos’è?»

«Quella è una carta di identità»

«Ma Fred! Qui c’è la tua faccia!»

«Si è a questo che serve, ad identificare le persone. Qui c’è scritta la mia data di nascita, il mio indirizzo, quanto sono alto e questa è la mia foto, anche se in effetti è di qualche anno fa.»

«Wow eri bello proprio come adesso, anche se i capelli lunghi ti donano di più.» Aggiunse l’altro tranquillo e concentrato sulla sua nuova scoperta. 

Fred arrossì. 

«Se-se ti piace è tua, se lo desideri….»

«Ma Fred come faranno ad “identitarti” nel tuo mondo?»

«Tranquillo quando tornerò me ne farò una nuova. Per una volta avrò un motivo valido per cambiare la foto sul documento ahaha. E poi non credo che mi servirà per tornare qui, abbiamo appurato che è meglio che non si sappia chi sono davvero.»

L’altro la guardava affascinato.
«Il tuo mondo crea delle cose davvero uniche…mentre qui tsk conoscono solo il freddo e la crudeltà…non c’è meraviglia verso ciò che la vita può donarti e non esiste giustizia o una vera libertà. Ascolta le mie parole. Impara tutto quello che puoi, poi vai via di qui e non tornare mai più. Credimi dovunque è meglio di qui.» Disse continuando a girarsi l’oggetto tra le mani. 

Fred lo guardò con apprensione dopodiché sorrise affettuoso, colpito dal modo in cui l’altro fosse rapito da una cosa che nel suo mondo era così scontata come un documento.
«Davvero posso tenerla?»

«Ma si certo! Consideralo un mio dono per te! Se la tieni tu avrai sempre un’immagine di me e non mi potrai dimenticare.» 

I due si sorrisero. 

«Oh Fred non mi occorre una tua immagine per non dimenticarti credimi…» aveva gli occhi che brillavano di una luce dolce che Fred vi aveva letto spesso negli ultimi mesi, ma a cui ancora non sapeva dare un nome «Però la conserverò come un tesoro!»

 

In men che non si dica passò quasi l’anno. Fred aveva collezionato informazioni, raccolto piume e pelli e grazie ad Ig aveva imparato a vivere come un vero Jotun. Le ferite che Rugu gli aveva inferto si erano cicatrizzate, ma il suo corpo ne portava ancora i segni.
Anche il suo fisico era cambiato: i muscoli erano diventati più forti e una leggera barba bianca gli ricopriva le guance.
Grazie alla sua visione di Natale aveva potuto ricominciare la conta dei giorni e da programma sarebbe dovuto tornare il mese successivo, ma aveva scoperto che le fenici di ghiaccio facevano i nidi proprio in quel periodo e voleva poterle osservare tranquillo nelle valli che esse destinavano a loro dimore.
Comunicò la sua decisione a Igdard un mattina assolata. 

«Mi sembra un’ottima idea, quando partirai?»

Fred rimase leggermente interdetto da quella risposta. Il ragazzo aveva passato con lui quasi tutto l’anno e lo aveva seguito in ogni sua avventura, perciò non si spiegava quella domanda.

«In che senso scusa? Non-non vuoi venire con me?»

«Ecco vedi ammetto che non mi entusiasma molto l’idea di passare un mese ad osservare fenici che nidificano. E poi sai la caccia, le pellicce per l’inverno…»

«Ma è quasi dall’altra parte di Jotunheim…non-non farò in tempo nemmeno a tornare a trovarti» Un leggero velo di tristezza gli calò sugli occhi. 

L’altro lo notò «Oh avanti sono sicuro che ce la farai! E poi ci sarà Jambo a tenerti compagnia!» 

Fred sorrise; voleva partire, ma era convinto che l’altro sarebbe andato con lui, ormai erano compagni inseparabili. Ma doveva andare o il suo viaggio sarebbe stato incompleto e così trascorse quel giorno a prepararsi: l’indomani sarebbe partito. 


Quella sera i due si ritrovarono davanti al fuoco per consumare l’ultimo pasto insieme. 

«Fred ecco anche io ho un dono per te…» disse lo jotun d’improvviso alzandosi ed avvicinandosi ad una sacca di pelle.

Porse a Fred dei piccoli fermagli in argento: erano a forma di rametti con una foglia sulla punta e la lavorazione per quanto grezza faceva capire che l’altro doveva avervi dedicato molto tempo anche se con pochi mezzi a disposizione. 

«Li ho fatti con l’argento nelle corna dei kutkat. Sono per i tuoi capelli.» 

«Sono perfetti»

«Così quando li indosserai anche tu avrai qualcosa di me…»

Fred allora lo guardò e non riuscì a trattenersi oltre. 

«Perché non vieni con me? Nel mio regno intendo.»

«Fred io… non posso…»

«Ma perché? Dici sempre che qui è tutto ingiusto e crudele e che non sei libero. Nel mio mondo lo saresti e potresti vivere con me! Non ti mancherebbe nulla e ti- ti farei conoscere la mia famiglia e…»

Ma l’altro lo guardò con gentilezza.

«Fred vedi questa è casa mia, io non posso anzi non voglio andarmene. È vero questo posto è crudele, ma è pur sempre la mia terra. Quando farai ritorno nel tuo mondo probabilmente scoprirai che non c’è niente di più bello che tornare a casa.»

L’altro allora tacque.
Igdard allora prese coraggio per fargli una domanda che gli premeva da un po’. 

«Senti Fred, non-non ti ho mai chiesto davvero cosa stessi facendo con Udras quella sera…»  strinse i pugni «sembrava una di quelle cose per esprimere amore, credo…» disse quasi d’un fiato.

Fred abbassò lo sguardo a terra.

«Ecco lui mi-mi stava per dare un bacio…e si, è uno dei modi migliori in realtà.»

«Capisco» disse l’altro con tono neutro. 

Non lo aveva mai ammesso, ma quell’immagine gli ronzava ancora nella testa. Sapeva che Fred era stato imbrogliato, ma ormai non poteva fare a meno di chiedersi chi avesse visto al posto di Udras… Ma per lui i sentimenti erano una cosa nuova e non sapeva davvero come comportarsi.
In fondo c’era un motivo se non lo accompagnava in quell’ultimo viaggio: dopo sarebbe stato troppo difficile separarsi da lui e Fred doveva tornare dalla sua famiglia. 

«Posso chiederti solo un’ultima cosa?» Fred annuì «Mostrami il tuo aspetto Aesir un’ultima volta, ti prego.»
Fred sorrise prima di trasformarsi. Lo jotun guardò i suoi occhi diventare verdi e i suoi capelli tornare biondi; sospirò «Questo è il tuo reale aspetto Fred, voglio poterti ricordare così.» 

 

«Bene queste dovrebbero bastare» disse Igdard caricando delle pellicce e delle provviste su Jambo. 

Il giorno era arrivato e la partenza di Fred era vicina; prima di raggiungere le valli lungo la strada si sarebbe fermato alla grotta per recuperare il suo zaino e poi sarebbe ripartito.
Terminato il carico i due si fissarono, poi Fred fece per avvicinarsi. 

«Allora ehm posso…abbracciarti?»

«Certo, ma posso sapere perché vi abbracciate quando vi salu…»

Ma Fred lo aveva già abbracciato. L’altro sorrise e lo ricambiò poi si separarono. 

«Sono sicuro che farai un’ottima “ricerca” come la chiami tu.»

«E poi tornerò a salutarti.»

«Tsk probabilmente farai tardi e tuo padre verrà a cercarti di persona!»

«No, te lo prometto. Verrò da te prima di partire! Costi quel che costi, tornerò.»

Igdard gli sorrise e presogli il volto con una mano gli si avvicinò.
Fu bello quanto inaspettato…o forse molto di più. Igdard appoggiò le labbra sulle sue in un bacio veloce, ma dolce. Fred si stupì un istante poi chiuse gli occhi e lo ricambiò.  
Quando li riaprì lo osservò mentre il ragazzo poggiava la fronte contro la sua come tanti mesi prima a mo’ di carezza e gli sorrideva «Addio Fred.» 

Fred ricambiò quel sorriso.

«Non addio,» disse staccandosi da lui e salendo su Jambo «arrivederci.»

Poi salutò Igdard con la mano e si allontanò, ma rimase voltato fino a che non lo vide più.
Una morsa gli strinse lo stomaco e una lacrima scese.
Tutti quei mesi insieme e adesso…prendevano strade diverse ad un passo dal suo ritorno a casa. In quei mesi avevano riso, cacciato, scoperto, mangiato, ballato e anche dormito insieme l’uno contro l’altro nelle notti più fredde.
Non avevano più tanto parlato dell’amore dal giorno del duello con Udras, ma forse non erano servite le parole. Era bastata la complicità nei loro sorrisi, la dolcezza del modo in cui alle volte si stringevano l’uno all’altro e quella timida attrazione di quando si bagnavano insieme nei ruscelli ghiacciati.
Forse Igdard non era poi così tanto il suo “falso compagno”, forse… Si sfiorò le labbra e sorrise. “Forse un giorno…”

Ho vissuto gli ultimi mesi da solo, anzi no, c’era Jambo con me per fortuna. La solitudine può essere piacevole, ma troppa ti dilania il cuore e l’anima. Volevo poter osservare le fenici nidificare ed avere i loro piccoli. Ho osservato tutto il processo, ma ci sono voluti quasi due mesi alla fine. Poi…sono tornato da te, ho tenuto fede alla mia parola…e tu…alla tua. 

Quelle ultime parole erano come sbiadite, come se dell’acqua vi fosse caduta sopra, forse…una lacrima?

Sono felice che i miei genitori siano stati fortunati nel loro amore, sono felice di aver ritrovato la mia famiglia ad aspettarmi e avevi ragione: non c’è stato niente di più bello di tornare a casa e riabbracciarli…
Sarebbe stato bello se avessi visto il nostro mondo, avrei davvero voluto portarti con me, farti conoscere la mia famiglia e…l’amore.

Loki arrossì un po’ a quelle parole scritte dal figlio.

Ma adesso i tuoi occhi rossi saranno il ricordo più bello che conserverò di te e lo costudirò gelosamente nel mio cuore, per sempre… Addio.

Loki fissò la pagina, senza comprendere il reale significato di quelle parole. Perché Fred diceva così? Credeva che il figlio sarebbe ripartito di lì a breve.
E quel ragazzo? Gli doveva così tanto per aver aiutato Freddi…magari lo avrebbe incontrato un giorno, ma allora perché…

«NO! Dove accidenti è finito?!»

La voce di Fred risuonò nel corridoio e fu allora che Loki si ridestò e tutte le informazioni che aveva letto gli piombarono addosso in un solo colpo. Guardò il quadernino che aveva tra le mani e lo chiuse.
Si diresse verso la stanza del figlio trovandolo intento a togliere libri su libri dalla libreria visibilmente agitato.

«Ma dov’è?!»

«Tutto bene?»

«Come?» Chiese il ragazzo voltandosi «Si papà, ho solo perso un mio…» ma vedendo il quadernino in mano al padre tacque di colpo.

«E così…mi hai mentito» il tono di Loki era fermo. 

Fred rimase in silenzio.

«Ti avevo detto che se avessi avuto bisogno io sarei venuto da te!»

«Papà non fare così… io…non volevo che ti preoccupassi…per questo non ti ho detto nulla.» 

«Preoccuparmi? Preoccuparmi?! Per cosa per un principe che ti voleva come sua personale sgualdrina o perché volevi tornare a casa, ma non riuscivi a contattarmi?»

Fred sospirò. 

«Papà sono partito per conoscere la natura, non era previsto che mi avvicinassi alla popolazione, lo sai. Per questo ci sono stati degli…inconvenienti. E comunque ho appreso tutto quello che dovevo non tornerò su Jotunheim. Non c’è ragione per cui io vi faccia ritorno.»

Loki lo guardò serio poi ripensò alle parole di poco prima, a quell’ “Addio…”

Posò lo sguardo sull’album dei disegni e lo vide di nuovo aperto al disegno del giovane coi capelli bianchi che aveva intravisto appena.
Suo figlio ne aveva curato ogni dettaglio come se fosse impresso a fuoco nella sua mente.
Sotto vi era un nome. 

«Igdard» lesse piano Loki. 

Fred seguì il suo sguardo e sorrise triste. 

«Sai avrei voluto che lo conoscessi, ti sarebbe piaciuto. Ma ormai non è più possibile…» 

Loki lo guardò interrogativo mentre il figlio si mise a sedere sul letto. 

«Vuoi sapere tutta la storia papà? Ormai che ci siamo…» 

Loki gli si fece vicino e il figlio iniziò il suo racconto. 

«Erano passati due mesi dalla mia partenza da Igdard, volevo salutarlo un’ultima volta prima di tornare a casa e così ho lasciato Jambo vicino ad un piccolo branco di midchir a poche ore dal villaggio perché tornasse finalmente ad essere libero tra i boschi ed ho proseguito a piedi. Ma quando sono arrivato…ho trovato tutto distrutto e bruciato.»

Fece una pausa.

«In terra c’era una distesa di corpi degli abitanti e ho avuto paura…così ho iniziato a gridare per trovare Ig, ma l’unico ad aver risposto al mio grido…è stato il medico del villaggio. Era nascosto con pochi altri in una piccola capanna, mezza bruciata. Mi ha detto che qualche settimana dopo che sono partito Helblindi e le sue guardie sono giunti al villaggio. Pare che il corpo del principe Udras sia stato ritrovato in una gola non molto distante dal palazzo con una freccia di Igdard conficcata nella spalla…»

«Ma come è possibile?»

«È quello che mi sono chiesto anche io. L’ho…l’ho ucciso con le mie mani e ho visto il suo corpo dissolversi…ma ovviamente il re non poteva saperlo. Così è venuto al villaggio sfogando la sua ira sugli abitanti e ha sfidato Igdard a duello, ma Ig ha…» 

Sospirò.

«…ha perso.»

Loki trattenne il fiato comprendendo il significato di quelle parole.

«Ho chiesto che fine avesse fatto il suo corpo e lui mi ha indicato un punto nella foresta in cui lo avevano lasciato. L’ho trovato mezzo sepolto nella neve, circondato dalle sue frecce e dal suo arco…sembrava dormire nonostante il suo corpo fosse pieno di ferite.» 

Ancora una pausa, la voce che si incrinava appena. 

«Ho trovato anche il mio documento appallottolato nella sua mano e congelato, forse in un ultimo tentativo per…per non far trovare traccia di me a nessuno. Forse è stato solo perché il re non ha scoperto le mie origini che non si è scatenata una guerra, ma credo volesse comunque vendetta anche su di me…o così mi ha detto il medico. Così ho dato ad Ig un ultimo saluto e sono scappato…»

Strinse forte le palpebre trattenendo le lacrime ed inspirò.

«Mi sono rifugiato nella mia grotta…ed ho pianto! Ero così arrabbiato e distrutto! Volevo andare ad affrontare il re, ma ho capito che non potevo farcela e anche se ci fossi riuscito… non avrei riportato Ig indietro. Lui voleva che tornassi a casa vivo… Allora mi sono fatto coraggio e il vostro ricordo mi ha dato la forza per tornare, il suo quella per ricordare solo le cose belle e ricominciare a sorridere…E così dopo qualche giorno ho raccolto le mie cose, mi sono concentrato ed ho tentato l’incantesimo di trasporto, ma sono finito a San Francisco.» 

Si alzò sfiorando appena il disegno. 

«Era bello quanto buono, ma è vero…Jotunheim non conosce pietà.»

Loki lo osservò con gli occhi gonfi di lacrime. 

«È terribile ed è strano quel…quel corpo…» 

«Temo sia stata l’ultima vendetta di Udras su di noi. Forse non era del tutto morto e con la sua magia ha provato a trascinarsi fino al palazzo, ma probabilmente non ha fatto in tempo….»

«Ma per-per Igdard» continuò Loki sconvolto «Forse…magari non è davvero morto, magari era un trucco per fuggire a…»

«Papà…» lo interruppe Fred, poi gli sorrise, un sorriso triste, ma estremamente coraggioso «Ho provato credimi, ho fatto appello a tutta la magia che conoscevo. Non era uno dei tuoi inganni. Era solo…troppo tardi. E adesso lui non c’è più e non posso farci niente.» Fece una pausa «Ma sono felice di averlo conosciuto.» 

Loki come poche volte nella sua vita si ritrovò senza parole; provava una profonda tristezza per suo figlio.

«Lo amavi?» Riuscì solo a chiedere.

Fred lo guardò un istante.

«Non lo so, però…credo di si papà» gli rispose guardandolo coi suoi occhi verdi pieni di lacrime prima di spostare lo sguardo sul disegno. 

Chiuse l’album.

«Sapevo che sarebbe stata dura papà e tu mi avevi avvisato, ma voglio comunque continuare i mie viaggi e lo farò.»

Loki continuava a guardarlo apprensivo, avrebbe voluto solo abbracciarlo, dirgli che c’era lui adesso, come faceva quando Fred era piccolo e aveva paura. Ma ora davanti a lui c’era un giovane coraggioso che non aveva bisogno di consolazione, ma solo di andare avanti…
Perciò annuì e si decise a cambiare argomento. 

«Perché non riposi adesso? Domani hai promesso di aiutare papà in caffetteria ricordi?»

«Mmm si e sono anche molto stanco.» Il ragazzo si protese verso il padre e gli diede un bacio sulla testa.

Loki si alzò e si diresse alla porta. 

«Papà?»

«Si?»

«Solo perché tu lo sappia…sto bene» gli disse con un sorriso. 

Suo padre annuì e lo lasciò solo mentre Fred rimetteva a posto il diario nella libreria e si metteva a letto.


Loki scese in cucina e si passò le mani sul volto un istante; non riuscì a trattenere una lacrima. Non poteva nemmeno immaginare cosa avrebbe fatto se qualcuno gli avesse portato via i suoi figli o… “Thor” pensò, ma in quel momento la porta d’ingresso si aprì e il suo compagno entrò in punta di piedi: era passata l’una di notte.
Si voltò piano mentre si toglieva il piumino rosso e notò Loki «Tesoro che ci fai ancora sveglio? Credevo di trovarti a let…» 

Non finì la frase perché Loki gli piombò addosso e lo strinse.

«Capisco di esserti mancato, ma sono solo uscito con i miei amici idioti ricordi?»

Il moro strinse di più la presa su di lui.

«E va bene, lo ammetto. Volevano portarmi in un night club, ma io mi sono rifiutato e ho detto “spiacente amici, ma devo tornare dall’unico re del mio cuore” va meglio così?» scherzò Thor. 

Ma Loki non si mosse. 

«Tesoro va tutto bene?» 

Loki girò appena la testa. 

«Ti amo Thor» gli disse col volto contro il suo petto.

Il biondo se lo scostò leggermente e alzandogli il mento lo guardò negli occhi.
«Anche io ti amo tesoro» disse poi riavvicinandoselo e ricambiando la sua stretta «ma cosa c’è che non va?»

«Niente…Avevo solo voglia di dirtelo» disse il moro rimanendo tra le sue braccia.

 

Intanto al piano di sopra…Fred sospirò e si asciugò una lacrima. Trick si affacciò alla sua camera e miagolò. Il ragazzo gli sorrise. Doveva distrarsi e conosceva solo un modo; si alzò ed uscì dalla sua stanza.

«Ecco finito! Dovremmo esserci.» Si disse Kate seduta alla scrivania.

Aveva terminato di scrivere il suo racconto. Un pensiero attraversò la sua mente e sospirò; quando aveva trovato il diario del fratello credeva che sarebbe stato divertente prenderlo in giro sui suoi segreti tra i quali per esempio quel suo nuovo fidanzatino!
Ma le ultime parole che aveva letto non presagivano niente di buono e infatti…

«Kate posso entrare?»

«Ehi ti credevo già a letto!»

Fred si buttò sul letto della sorella seguito da Trick. 

«Non riuscivo a dormire. E tu?» 

«Oh niente di che sai libri, scuola…le solite cose noiose.»

«Oh certo…»

«Allora quando vieni nella mia stanza o vuoi combattere o minacciarmi di morte. Perciò dimmi è per i tuoi quaderni? Perché ho un'insufficienza a poter testimoniare che non ho copiato nemmeno uno schema.»

«No, in realtà speravo che avessi le tue riserve di dolcetti da qualche parte.»

La ragazza ghignò «Per chi mi hai preso Fred?» Disse raggiungendo la sua libreria e mettendo sul letto  un vecchio manuale di storia dal titolo “Il tempo che fu”. Lo aprì rivelandone il fondo scavato e pieno di caramelle e cioccolatini «Serviti pure fratello.»
Il ragazzo sorrise e prese del cioccolato, mentre Trick gli saltava in braccio. 

«Fred io devo dirti una cosa…» il fratello la guardò interrogativo. 

«Io ho… ecco ho letto il tuo diario!»

«Tu hai…?!» poi sospirò «Ecco perché ce l’aveva papà! Ti sei fatta beccare a leggerlo vero?»

«È così diciamo…Scusa credevo sarebbe stato divertente, ma ecco quando sono arrivata alla fine…è successo qualcosa di terribile vero?»

Fred annuì appena. 

«Vuoi parlarne? Perché sai nostro padre è veramente un ottimo ascoltatore contrariamente alla sottoscritta, ma in questo caso potrei fare un’eccezione anche io» gli chiese la ragazza con uno sguardo innocente. 

«Veramente non mi va. Ma grazie lo stesso del tuo supporto.» 

«Quando vuoi fratellino.» 

Fred le sorrise mentre Trick non riusciva a trovare una posa decente per acciambellarsi «Sai Kate siamo fortunati.»

«E questa perla di saggezza delle 01.15 viene da….?»

«No, sul serio. I nostri genitori si amano e credo solo siano fortunati a poter stare insieme e a stare con noi. Siamo una vera famiglia.» 

La ragazza sorrise.

«Già ed io sono fortunata ad avere un fratello che si fa prendere dalle grandi domande della vita a quest’ora. Non ti offendere Fred, ma sei anche più noioso di quando sei partito…» 

«E tu più antipatica!» 

Trick che aveva trovato finalmente la posizione ideale aprì un occhio, si alzò e con un balzo scese dal letto e lasciò la camera.

«Senti chi parla! Sei stato via un anno e parli come uno che ha indagato i grandi misteri del cosmo. Già che ci sei perché non parti per il Tibet e non fai un voto del silenzio?!» 

«Antipatica!»

«Noioso!»

«STREGA!

«IPERSACCENTE!»

«Non è nemmeno un insulto vero!»

«Sono proprio le parole che un ipersaccente avrebbe usato!» 

 

Loki e Thor alzarono lo sguardo verso l’alto.
«Sai Loki, devo dire che non mi erano mancate queste battibeccate tra i nostri figli.» Disse il biondo continuando a tenere tra le braccia il moro.

«A me si invece» disse Loki sorridendo «non ti immagini nemmeno quanto!»

 

 

Note:

Ciaooo a tutti!
A quanto pare ho un blocco verso i capitoli corti perché da che dovevano essere solo una decina di pagine ne ho scritte 30, ma comunque…
Chiedo venia perché in questo capitolo Loki e Thor hanno uno spazio quasi nullo, ma questa parte della storia era assolutamente necessaria e purtroppo anche il suo finale drammatico.
Ma c’è ancora tanto da raccontare per cui abbiate fede!
Perciò ricapitolando…
Situazione attuale: le memorie del nostro Freddi sono finite, ma di certo non le sue avventure!
Prossimo capitolo: visto che Kate si è dedicata a scrivere della sua avventura su Vanaheim tanto vale premiarla no?!
Data di pubblicazione: spero di no, ma probabilmente sarà ad anno nuovo, però prometto di dedicare i miei secondi liberi alla scrittura lo giuro, lo giuro!
E con queste ultime inutili info vi direi…
Al prossimo capitolo…. e auguri di Buon Natale a tutti se non ci sono aggiornamenti prima =)

 

 

 

 

 

   
 
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