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Autore: xingchan    04/12/2019    1 recensioni
“Aveva modo di sperimentare la dedizione di suo padre, l'indifferenza di sua madre e l'adorazione appiccicosa di Jaken. Perciò, non vedendo dell'amore nemmeno riflesso nel rapporto fra i suoi genitori pensava che quel tipo di rapporto freddo e distaccato fosse normale e lui stesso una questione ciclica che doveva necessariamente accadere in quanto risultato di un accoppiamento altrettanto necessario per la legittimità del loro matrimonio, ma non credeva ci fosse dell'altro.”
Prompt 23. Contro il Natale
“Guarda che Babbo Natale non esiste. E se anche esistesse, gli taglierei la gola.”
[Questa storia partecipa a “Xmas Song” indetta da gruppo facebook “Il Giardino di Efp”]
Genere: Comico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna, Het | Personaggi: inu taisho, izayoi, Sesshoumaru
Note: AU, OOC, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
- Questa storia fa parte della serie 'Il senso della vita'
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NDA

Non avevo niente in programma per il Natale, questa cosetta è uscita fuori così. Naturalmente è una ff che si può leggere anche da sola, ma ho pensato comunque di aggiungere quei dettagli sulla vita di Sesshomaru che già ho sviluppato nelle OS della serie “Il senso della vita” per poterla accodare - come ad esempio, il piano di Toga di far diventare Sesshomaru medico da grande.

So bene che questa ff si accorda soltanto con il prompt proposto dal gruppo - e molto meno con il Natale - ma il mio umore da “Grinch, spostati proprio” è cominciato già da un bel pezzo.

Non ci dovrebbero essere orrori grammaticali nel testo, nel caso segnalateli senza problemi.

Per quanto riguarda il titolo, non ne ho trovati altri. La parola Komeroshi - intraducibile in italiano - indica il vento freddo che soffia quando l'inverno sta per arrivare. Per Sesshomaru era perfetta xD

C'è un'altra parolina nel testo che forse qualcuno non conosce. Seinen è quel genere di manga che affrontano tematiche mature tali da essere considerati per adulti, come Death Note, Berserk oppure Vinland Saga - tanto per farvi capire.




Prompt 23. Contro il Natale “Guarda che Babbo Natale non esiste. E se anche esistesse, gli taglierei la gola.”





Komeroshi




Sesshomaru sbuffò per l'ennesima volta.

Quell'attesa lo stava innervosendo oltre ogni ragionevole comprensione, ma purtroppo mancava ancora una mezz'ora abbondante prima che quella tortura melensa finisse.

Avrebbe voluto rimanere impassibile mentre aspettava che l'ultima ora di lezione si concludesse ma quella noiosissima lezione di letteratura giapponese sembrava non finire mai.

La storia era l'unica che meritasse della considerazione da parte sua, in ambito umanistico.

Preferiva le materie scientifiche, come la matematica e la scienza.

Cercò di trovare un briciolo di distrazione nella sua nuvoletta di condensa, osservando come sfuggisse dalla sua vista non appena l'aria calda diventasse un tutt'uno con quella fredda.

Non era importante che l'aria frizzante di dicembre gli avesse letteralmente ghiacciato il naso, gli bastava soltanto rimanere al di fuori di quell'aula almeno con la faccia, ma soprattutto a debita distanza da lei.

Sbuffò ancora, ma stavolta tentando di scacciare quell'espressione ebete della sua maestra dalla sua testa, soprattutto quell'accenno di pancia che a breve non avrebbe più potuto semplicemente nascondere sotto i maglioni e che a lui avrebbe dato un'altra rogna in più - come se non ne avesse già abbastanza.

La cosa più assurda era che soltanto lui in famiglia sembrava quello più turbato da quella strana situazione.

Quando sua madre aveva saputo che appena qualche giorno dopo il divorzio il suo ex marito si fosse fidanzato con un'altra donna - per di più la sua maestra Izayoi - aveva semplicemente fatto spallucce, come se la vicenda non l'avesse neppure sfiorata: un'altra occasione in cui il ragazzo si era sentito confuso ma allo stesso tempo una conferma implicita riguardo al rapporto dei suoi genitori.

Sesshomaru aveva spesso sentito dai discorsi dei più grandi che sua madre e suo padre avevano contratto un matrimonio combinato e che in fondo non si amavano davvero.

Si rispettavano, si confrontavano volentieri su argomenti difficili, sicuramente avevano anche fatto quella cosa che alla fine di lunghi mesi aveva messo lui al mondo - perché era ancora un bambino, ma non per questo stupido - ma non c'era quella cosa che veniva chiamata amore.

Non aveva mai sentito dalle labbra di sua madre pronunciare un solo appellativo affettuoso rivolto a suo padre, d'altro canto la maestra Izayoi non faceva altro che lanciare una vasta gamma di epiteti che avrebbero fatto venire la carie a chiunque; e da quando Sesshomaru l'aveva conosciuta - pressoché un paio di anni prima - aveva inondato suo padre con quei nomignoli assurdi fino a far salire a Sesshomaru il sangue alla testa e farcelo rimanere per giorni prima che riuscisse a sbollire.

Ironia della sorte, soltanto uno strano manga seinen di impronta storica trovato su uno scaffale della fumetteria sotto casa era riuscito a distrarlo e a farsi scivolare addosso quella robaccia melensa. Peccato che anche lì c'era una storia d'amore che aveva ripercussioni forse fin troppo necessarie allo svolgimento della trama principale, ma invece di trovare dell'indifferenza aveva inconsapevolmente gettato Sesshomaru in riflessioni nuove e che lo avevano destabilizzato.

Quei due personaggi della storia si amavano di un amore di cui Sesshomaru non aveva avuto un termine di paragone nella realtà.

Aveva modo di sperimentare la dedizione di suo padre, l'indifferenza di sua madre e l'adorazione appiccicosa di Jaken. Perciò, non vedendo dell'amore nemmeno riflesso nel rapporto fra i suoi genitori pensava che quel tipo di rapporto freddo e distaccato fosse normale e lui stesso una questione ciclica che doveva necessariamente accadere in quanto risultato di un accoppiamento altrettanto necessario per la legittimità del loro matrimonio, ma non credeva ci fosse dell'altro.

Erano semplicemente dati di fatto, che un giorno o l'altro anche lui avrebbe dovuto compiere.

Le uniche occasioni di vedere manifesto quel sentimento paradossalmente erano quelle che personalmente detestava, ovvero quando suo padre era con la sua nuova compagna e la osservava rapito, in un modo che mai gli aveva visto fare con sua madre.

Da quando poi la donna era rimasta incinta, Toga aveva preso l'abitudine di carezzarle l'addome procurandole un rossore soffuso sulle guance.

Probabilmente era a quella vista che Sesshomaru aveva provato maggiore astio, era quella la scena che avrebbe preferito non vedere per non essere tartassato da quella voragine di gelosia che aveva timore di ammettere a se stesso - o peggio, di renderla evidente alle persone attorno a lui.

Perché lui, Sesshomaru Taisho, doveva avere quel genere di sentimenti a scombussolarlo?

Perché non poteva semplicemente sorvolare come riusciva perfettamente a fare sua madre?

“Sesshomaru, tesoro, potresti chiudere la finestra per favore?”

Il ragazzino credette di aver capito male, che forse tutto quel tempo senza fare nulla di costruttivo gli avesse letteralmente fumato il cervello rendendolo niente più che un po' di poltiglia informe come quello di suo padre.

Voltò la testa in direzione della cattedra, fissando con uno sguardo di sfida la maestra - e sperando che leggesse la sua tacita intimidazione fra le righe.

Tuttavia, non poteva di certo disobbedire.

Stette per qualche secondo ad osservare il sorriso della maestra, per poi fare quanto gli era stato richiesto con un movimento rapido e infastidito.

Si sentì definitivamente in trappola, come se si fosse reso improvvisamente conto di aver trovato un briciolo di consolazione in quell'unica via di fuga e che ora gli era stata tagliata in un modo che non avrebbe potuto combattere.

Ora nemmeno la campanella di fine lezione avrebbe decretato la sua salvezza. Sarebbe uscito di scuola e scomparso dalla vista della maestra Izayoi soltanto per trovarsela davanti per i due giorni successivi in occasione delle feste. Suo padre era l'artefice di quella condanna - per quanto breve - e quel mostro di Jaken aveva strategicamente chiesto qualche giorno di malattia stranamente incurante delle esigenze del suo padrone - e per che cosa poi? perché nel tentativo di rendere la villa inospitale Sesshomaru aveva cercato di dare fuoco alla cucina, rimediando al suo maggiordomo soltanto qualche graffietto di poco conto, un mezzo infarto e un piagnisteo durato soltanto una giornata.

Ma perché sua madre doveva partire proprio quella stessa mattina per il suo soggiorno in Italia con le amiche? Avrebbe potuto trascorrere quei giorni a casa di lei, in completa solitudine e lontano da tutti quei fastidi.

Di certo non era il sogno di un bambino vedersi piombare in casa la propria maestra, per di più alla vigilia di Natale, mentre attendeva un figlio che sarebbe stato un fratellastro indesiderato. Ma nel suo caso era a dir poco insopportabile anche soltanto pensarlo.

Sesshomaru avrebbe sfidato chiunque ad avere una situazione simile e non provare nemmeno un barlume di negatività.

Ma probabilmente neanche senza la maestra Izayoi avrebbe trovato piacevole avere un fratello, perché a dire la verità non ne voleva. Anche se fosse stata sua madre a dargliene uno, sicuramente lui avrebbe comunque fatto di tutto per rendergli la vita impossibile.

Lui era l'unico e il solo, e una qualsivoglia copia di se stesso gli sarebbe apparsa come una seccatura bella e buona.

La campanella lo fece sobbalzare, ma grazie a quella riacquistò celermente un po' di buonumore e corse fuori senza aspettare le istruzioni della maestra.

Finalmente poteva lasciarsi alle spalle le sue preoccupazioni anche soltanto per un pomeriggio: avrebbe fatto un salto alla sua fumetteria preferita e poi si sarebbe fermato al ristorante che la sua famiglia frequentava da decenni. Sicuramente il proprietario lo avrebbe accolto a braccia aperte e gli avrebbe preparato immediatamente qualcosa da mettere sotto i denti.

I suoi piedi sembrarono quasi volare per quanto andasse veloce, e più si allontanava dalla scuola più i suoi timori su quei giorni che lo attendevano sembrarono svanire nel nulla.

Gli venne la splendida idea di cercarsi un altro posto dove poter trascorrere in solitaria quella serata, ma finì a sbattere il naso contro qualcosa di duro e che non faticò a riconoscere.

Interruppe subito quel contatto, spingendo via il suo ostacolo con entrambe le braccia con tutta la forza di cui disponeva - e ne era molta, grazie alle sue lezioni di kendo.

Perfetto. Ora sono totalmente braccato.

Alzò gli occhi con una espressione indecifrabile, maledicendo ogni persona ed oggetto attorno a lui.

“Ah, sei tu.”

La figura statuaria di Toga fece capolino davanti a lui in tutta la sua statuaria fisicità, facendo alzare lo sguardo degli altri bambini che stavano lasciando l'istituto con un misto fra il timore reverenziale e l'ammirazione più profonda.

In qualche modo Sesshomaru non se ne sentì invidioso, ma provò piuttosto una sensazione che se non era una strana forma di orgoglio, le si avvicinava molto.

Ma ammetterlo, ancora una volta, era fuori discussione.

“Eccolo, il mio ometto burbero come un vecchio!”

Suo padre lo accolse con un sorriso molto più largo del solito. Evidentemente l'idea di trascorrere il periodo natalizio con la sua nuova compagna incinta e il suo primo figlio lo eccitava come una ragazzetta rompiscatole al suo primo appuntamento.

Per fartela conoscere meglio” aveva detto qualche giorno prima. “Vedrai che cambierai opinione.”

Lo prese in braccio per le ascelle - esattamente nel modo in cui Sesshomaru detestava essere preso in braccio - e gli strusciò affettuosamente il naso mezzo congelato con il suo così forte che a momenti glielo staccava.

E per diamine, suo padre era uno dei militari con i gradi più alti dell'esercito giapponese - non per niente era un generale - per di più con titoli nobiliari le cui origini risalivano a più di mille anni prima.

Perché diavolo gli faceva quelle smancerie?

Certo, anche sua madre Inukimi non era troppo rigida nei suoi atteggiamenti. Ma quando assumeva un comportamento amichevole con qualcuno, in qualche modo successivamente appariva tremendamente frustrata, come se prima non potesse farne a meno e poi se ne pentisse.

Lui no, lui continuava con quei comportamenti senza pensare a ciò che implicavano.

Avrebbe tanto voluto un padre normale, che lo addestrasse nell'arte della guerra e della spada senza lasciargli tregua, che lo preparasse come si conveniva per affrontare la vita con durezza e giustizia.

Era difficile per lui non essere nato in un tempo lontano, magari nell'epoca Sengoku, con un senso del dovere ed uno dell'onore da difendere anche a costo della vita.

“Lasciami, padre!”

“Hai dodici anni e non hai ancora imparato a dire papà!” lo canzonò Toga, ma Sesshomaru colse perfettamente la presa in giro e rispose cercando invano di sferrare calci all'indirizzo delle sue parti intime. Purtroppo nemmeno sforzandosi ci riuscì: il padre lo allontanò quel po' che bastava per non essere colpito, rendendolo nient'altro che un marmocchio scalpitante livido di risentimento per di più a causa di una battuta squallida.

Questa situazione lo fece imbestialire ancora di più. Ma invece di indurlo a quella lotta senza alcun senso, paradossalmente la rabbia lo irrigidì di colpo. Questa inaspettata reazione spinse Toga a metterlo a terra, e ad assumere un'espressione per niente turbata.

“Non ha socializzato nemmeno stavolta” lo informò la maestra Izayoi. “Non si è neanche interessato al videogioco che Kentaro ha portato per mostrarlo agli amichetti.”

“Diciamo che mio figlio è un tipo antiquato, oltre che scontroso” obiettò suo padre all'indirizzo della maestra Izayoi. “E' più facile che si interessi ad un vecchio romanzo di guerra o ad una katana malandata, credimi.”

Ancora una volta, suo padre aveva dimostrato di conoscerlo meglio di chiunque altro. Francamente Sesshomaru non sapeva se essergli grato o se punirlo aspramente per aver rivelato dettagli di sé che in qualche modo avrebbero incentivato quella donna a impiegarsi per lui. Ma l'espressione un po' inquieta e perplessa della maestra lo stava ripagando ampiamente.

“Quindi seguirà le orme di suo padre!” commentò lei ritornando con il sorriso e con una sicurezza che inaspettatamente la accomunò al ragazzo più di quanto lui stesso si aspettasse. Fortunatamente suo padre spezzò quell'atmosfera entusiasta che si era venuta suo malgrado a creare, ma peggiorando ulteriormente la situazione - e l'umore di Sesshomaru.

“Ah, no! Sesshomaru da grande farà il medico!”

Il ragazzo assottigliò gli occhi nocciola nel sentire l'ennesima volta quella tremenda assurdità, e tentò di trasmettere ogni singola goccia del suo disappunto.

Sapeva di avere un aspetto che incuteva un certo timore, nonostante avesse soltanto dodici anni. Quella donna fuori come un balcone di sua madre era letteralmente innamorata di quell'aria minacciosa che suo figlio spesso sfoggiava anche inconsapevolmente. Diceva sempre che una volta cresciuto avrebbe fatto cadere ai suoi piedi chiunque avesse incrociato il suo cammino; e chissà, forse avrebbe fatto un lavoro che risaltasse la sua bellezza fredda e distante pronta a sbocciare.

Sicuramente non il medico, su questo sua madre era d'accordo con lui.

Che sciocchezze.

Io voglio batterti in duello e diventare generale.

Mise le mani in tasca e gonfiò il petto, cercando di assumere un atteggiamento da duro ma disgraziatamente l'unico effetto che sortì in suo padre fu una occhiata sorniona che non prometteva niente di buono. Per non parlare della sua insegnante, la cui espressione intenerita rasentava un pericolosissimo tentativo di fargli una carezza.

Eh, no. Col cavolo.

Abbassò il capo con sdegno, fissando la maestra Izayoi da sotto la frangetta mentre lei riusciva nel suo intento di posargli una mano sui capelli, smuovendoli appena.

Hai vinto, per stavolta. Lo ammetto. Ma tanto i miei capelli non si spettinano così facilmente.

“Allora Sesshomaru” cinguettò lei, come se volesse andare al di là del rapporto distaccato fra maestra e allievo - come se avesse potuto riuscirci, che illusa! - “hai già pensato a cosa vorresti come regalo di Natale?”

“Non voglio niente” borbottò risentito, come se gli avessero rivolto una offesa gravissima. I suoi genitori sapevano che non festeggiava alcun tipo di festa, nemmeno il suo stesso compleanno.

Era soltanto allergico a questo genere di cose, tutto qui.

Niente di personale.

“Non ti piace il Natale?”

“No.”

“E perché?”

“Perché il Natale è per idioti.”

“Lui non è tipo da feste” disse ancora Toga. Se non lo avesse detto con una certa cadenza rassegnatamente ironica nella voce, Sesshomaru lo avrebbe seriamente preso come un tentativo di trarlo in salvo dalle pressioni sdolcinate di Izayoi. “Le detesta.”

“Ma come?” riprese la maestra, e la pazienza di Sesshomaru - agli sgoccioli da sempre, a dire il vero - raggiunse il limite. “Non stai aspettando che Babbo Natale ti porti qualcosa in regalo?”

“Guardi che Babbo Natale non esiste. E se anche esistesse, gli taglierei la gola.”

La maestra Izayoi ridacchiò nervosamente, mentre il padre lo osservò contrariato.

Guardandolo di sottecchi, oltre della rabbia malcelata Sesshomaru scorse anche un pizzico di delusione negli occhi di Toga. Tuttavia sapeva che il Natale lo aveva sempre disgustato e che le cose avrebbero preso quella piega così scomoda. Sapeva che suo figlio non era d'accordo con tutta quella storia ed era altrettanto consapevole che poteva fare tutto ciò che voleva purché non lo coinvolgesse direttamente.

Vedersi incastrato in quel modo, senza nessuna speranza di fuga e senza sua madre e il suo maggiordomo - da quando gli mancava Jaken? Da quando?! - inevitabilmente gli fece pensare che era stato proprio suo padre ad architettare ogni cosa per farlo stare con quella donna, magari semplicemente per farlo abituare all'idea di una nuova figura presente in famiglia - anzi due, e la cosa gli metteva i brividi.

“Va bene, Sesshomaru. Basta così!”

Prima che Sesshomaru potesse elaborare cosa ci fosse dietro l'ammonimento scherzoso di suo padre, Toga lo afferrò di nuovo e se lo caricò in spalla in modo da trovarsi faccia a faccia in una inedita maniera intimidatoria.

Fortunatamente gli altri bambini avevano già lasciato l'ingresso della scuola, altrimenti gli avrebbe fatto pagare la figuraccia ed anche amaramente.

“Farai il bravo ragazzo, che tu lo voglia oppure no. Non vorrai essere sculacciato, per di più davanti a Izayoi?”

Sesshomaru aggrottò le sopracciglia in risposta - quel degenere di un padre voleva arrivare ad umiliarlo apertamente - e poi spostò lo sguardo in direzione della maestra, e l'avrebbe guardata in cagnesco ancora per molto se non avesse cominciato a parlare.

“Oh, no! Sesshomaru è già un bravo bambino” disse Izayoi in sua difesa. “E' ubbidiente, studioso e non ha mai fatto un dispetto a nessuno dei suoi compagni. E' normale che non accetti la nostra relazione...”

Sesshomaru trattenne il respiro, sentendo di essere sul punto di arrossire e allo stesso tempo sentendosi svelato, per di più in un modo che nemmeno lui si aspettava. Credette sul serio di arrabbiarsi per quella considerazione lasciata deliberatamente in sospeso, ma dal viso della donna si poteva facilmente evincere una certa trepidazione, come se volesse proseguire il suo pensiero ma qualcosa - forse proprio la sua presenza - le impedisse di farlo.

Dal canto suo, Sesshomaru non avrebbe affatto gradito che lei continuasse ciò che aveva in mente, semplicemente perché aveva timore che potesse dire altre stupidaggini.

“Probabilmente ha paura di essere spodestato dal tuo cuore” disse a Toga, spiazzando sia lui che Sesshomaru stesso. “Ma non preoccuparti, Sesshomaru” riprese poi rivolta a lui “che questo non accadrà mai.”

Lo sguardo del ragazzo si spalancò, sentendo uno strano calore diramarsi all'altezza del petto che lo fece sentire a disagio, al punto da sentirsi più arrabbiato di prima.

Che diritto aveva lei di rassicurarlo sul rapporto che intercorreva fra lui e suo padre?

Ma soprattutto, chi diavolo le diceva che quello che provava suo padre nei suoi confronti fosse... amore?

Di certo era tutt'altro, e Toga non era così stupido da lasciar trapelare in modo evidente tutto l'astio che aveva per lui.

Comandarlo a bacchetta, disapprovarlo continuamente e tracciare una strada che lui mai e poi mai avrebbe voluto percorrere non erano elementi che facevano supporre un qualsivoglia sentimento positivo da parte sua; e prendere casualmente ad osservare la pancia in rilievo della maestra non fece altro che dargli ancora una volta la conferma che non era lui il favorito all'interno di quella famiglia: una volta nato quel bambino poteva dire addio a quella speranza che inconsciamente aveva covato a lungo e che ora, a causa di quella donna, si era involontariamente accesa.

Gli venne l'irrefrenabile voglia di prendere la sciarpa di suo padre e stringergliela attorno al collo fino a fargli perdere i sensi - ci aveva già provato da bambino, fallendo miseramente purtroppo - ma lui doveva aver già avvertito il pericolo imminente, perché lo scaricò a terra senza troppi complimenti e propose di incamminarsi verso il centro di Tokyo per poter fare gli ultimi acquisti.

Sesshomaru aveva sperato di poter tornare a casa, dal momento che aveva visto svanire la prospettiva di andare per conto suo.

Ma dovette rassegnarsi velocemente davanti all'idea di trascorrere tutto il pomeriggio di quella vigilia a cercare qualcosa di indefinito da comprare - come se avessero atteso quel momento da una vita - provando a divertirsi per forza, a contatto con altre persone dalle espressioni felici che più che riuscire ad omologarlo, gli facevano venire voglia di rintanarsi in camera sua, mettere su una serie horror e rimanere immobile finché tutto non fosse finito.

Era costretto a sentire quelle canzoni d'amore in sottofondo mescolate a migliaia di voci entusiaste finché le sue povere orecchie non avessero urlato anche loro - per pietà.

Per non parlare delle luminarie, accese per tutta la via dello shopping e perfino nell'angolo più profondo dei negozi dove nessuno arrivava mai nemmeno per dare un'occhiata alla merce. Probabilmente lo scopo era quello di accecare la gente per settimane.

Tutti quei dolci poi, gli avrebbero solamente fatto incrementare il numero di visite dalla dentista, con i relativi interventi. Anche se con l'insofferenza che aveva attorcigliato il suo stomaco non se ne sentiva affatto tentato. E poi, a lui piaceva il salato.

Era troppo arrabbiato anche solo per guardarsi attorno, così tirò dritto finché quei due decisero di andare a casa per cenare.

Non gli restava che stringere i denti e aspettare che finisse al più presto.

Per il momento.






   
 
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