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Autore: LawrenceTwosomeTime    02/08/2009    0 recensioni
Premetto che sono completamente nuovo a questo genere di operazioni, e considero il mio scritto niente più che un esercizio di stile, un divertissement, perché altro non potrebbe essere. L'idea mi ha folgorato mentre leggevo le ultime righe del quindicesimo capitolo di "I doni della morte": avendo io, come molti, letto la saga di Harry Potter da cima a fondo, mi sono inevitabilmente affezionato ai personaggi che costellano questa immaginifica saga, spesso desiderando sorti diverse per ciascuno di loro, e – in particolare – per i tre protagonisti… Dunque ecco l'idea: dopo l'abbandono di Ron, un legame che Harry credeva indissolubile va per sempre in frantumi, tanto da spingerlo a convincersi che la ricerca degli Horcrux sia un calvario senza senso. E decide di scappare. Da tutto: da Voldemort, dal mondo magico, dai propri doveri di prescelto e dall'economia della favola tradizionale, che vuole il protagonista costretto a sciropparsi il consueto cammino di redenzione coadiuvato da aiuti esterni, profezie, rivelazioni e da una degna conclusione, inevitabilmente (anche se la Rowling si è provata a spezzare il circolo vizioso) eroica. La storia del Prescelto prenderà una piega completamente diversa da come la conoscete. Detto questo, vi lascio alla lettura di questo esperimento, raccomandandovi di fare come ho fatto io: non prendendomi sul serio, e provando soddisfazione a leggerlo come io l'ho provata a scriverlo.
Genere: Romantico, Dark, Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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Una pioggerella sottile ticchettava sul dorso della tenda, tingendo d'azzurro e di grigio il cielo parzialmente oscurato dagli alberi.
Harry uscì all'aperto, non riuscendo a sopportare la vista di Hermione che singhiozzava. Lei, che aveva pianificato e montato la guardia senza mai lamentarsi, lei, che aveva difeso la loro postazione per settimane e settimane, cucinando e lavando i panni sporchi, lei, così fragile…
Ma tanto Harry lo sapeva: alla fine era lui l'unico in grado di tenere viva la loro amicizia, quell'amalgama imperfetto di amor fraterno, cameratismo e attrazione chimica che da sempre era stato il nucleo vincente del legame che li univa. Ma i nuclei si spezzano.
Proprio come le bacchette. E a meno che non fosse riuscito a trovare una Stecca di ineguagliabile potenza, nemmeno un mago poteva rinsaldare i pezzi frantumati di quel nucleo, come pure non avrebbe potuto richiamare dall'aldilà i suoi genitori.
Quel giorno il cielo sembrava dotato delle proprietà magiche del soffitto della Sala Grande, solo, non rifletteva il mondo esterno; rifulgeva dei sentimenti di Harry; forse anche di quelli che provava Hermione. E magari, nonostante si fosse Smaterializzato già da qualche minuto, catalizzava anche le passioni di Ron.
Nuvoloni lividi e ingombranti, gravidi di aspettative disilluse, piangevano di una rabbia sterile le loro lacrime magre e scevre di luce; tambureggiavano a tratti moti di tempesta, permanendo indistinti dietro una parete fuligginosa di caldo rancore.

"Ron! Torna indietro! Torna indietro e scusati con lei!"
Un tuono raschiò la polvere in lontananza, mentre uno scroscio di pioggia violenta si insinuava nei vestiti di Harry. Il giovane mago mosse pochi, incerti passi tra le betulle annerite e poi crollò ginocchioni sulla terra umida, accecato dall'odio: odio per sé, per la propria inadeguatezza, per l'ipocrisia manifestata dai suoi due migliori amici, per l'impietosa, immeritata sfuriata che aveva dovuto subire.
Pregò che Hermione non lo udisse.
"Ron! Bastardo ipocrita!! Credi che non sappia la verità, credi che non sappia perché hai insistito tanto per seguirmi?! Sei innamorato pazzo di lei, l'unica cosa che ti interessa è il tuo futuro con Hermione!"
Poi, parlando più a sé stesso che all'ombra dell'ex-amico, Harry disse: "Oh, Hermione è forte, ma sappiamo entrambi quanto in realtà sia vulnerabile. Al primo segno di cedimento, al primo abbraccio ricambiato, me l'avresti portata via…Sarei rimasto qui, solo come quando i miei genitori morirono, a sostenere il peso di questo inutile fardello"
Gli veniva quasi da ridere.
"E tu e lei, lontani chissà dove, a ridere di me…"

Ma Ron non ne aveva avuto il coraggio, era un debole, e da sempre soffriva di un complesso di inferiorità nei confronti del Prescelto; aveva creduto di poter convincere Hermione a seguirlo, ma lei, dilaniata dal suo senso del dovere, o da un grado di empatia verso Harry che nemmeno l'amore di qualcuno avrebbe potuto turbare, era rimasta. Era rimasta con lui all'Inferno.
E adesso era a pochi metri da lui, forse lontana chilometri, chiusa nel suo dolore.
Harry si rimise in piedi, si spazzolò il terriccio dai jeans e tentò di calmare il tremito inarrestabile che gli scuoteva le membra.
Già, lui era il Prescelto, l'Uomo di Silente, il Ragazzo che è Sopravvissuto. Chi altri avrebbe potuto trovare la Pietra Filosofale, sconfiggere un basilisco, salvare un uomo condannato dall'intera comunità magica, tener testa alle Arti Oscure di Voldemort e trafugare un oggetto di insondabile pericolosità dal secondo luogo più sorvegliato del mondo, il Ministero della Magia? Lui, solamente lui.
O forse no. Forse anche Neville Paciock ne sarebbe stato in grado. Forse anche un povero mago qualunque, orfano e con la tendenza ad aiutare il prossimo, con o senza cicatrice, avrebbe potuto eguagliare le sue imprese. Tutto ciò di cui avrebbe avuto bisogno sarebbe stata una serie di antichi e potenti oggetti magici, un Incantesimo di Protezione che qualcuno si era dato la pena di morire per completare, il conforto e l'aiuto di pochi amici, e l'onnipresente Mano del Destino, questo burattinaio sconosciuto che parlava per bocca degli uomini.

Da troppo tempo si sentiva una marionetta chiusa dentro un ingranaggio a orologeria: la storia avanzava, la ruota del tempo girava, e lui si proiettava, inesorabile, verso la propria trionfante consacrazione o verso la propria tragica dipartita.
Era giunto il momento di porre fine a quel circolo vizioso. Di porvi fine a modo suo.
E se poi non sarebbe morto con onore, ci avrebbero pensato i posteri a sprecare fiato e carta per distruggere il mito di Harry Potter, salvo poi dimenticarlo in fondo a uno schedario.

Se in quel momento la priorità di Harry fosse stata rintracciare gli Horcrux, si sarebbe infilato sotto le coperte rimuginando sul da farsi e incolpandosi per la perdita di Ron; lasciando che la sofferenza scendesse a patti con il cuore ferito di Hermione.
Ma Harry non pensava più agli Horcrux.
Non era più l'uomo di nessuno, non era destinato a niente; e per quanto gli riguardava, allo stato attuale la cosa su cui aveva il diritto di metter mano era una e una soltanto: si sedette accanto a Hermione e lasciò che lei affondasse il viso nell'incavo della sua spalla.
I loro corpi emanavano calore attraverso i maglioni, ma le dita di lei erano fredde, gelide. Harry strinse le sue mani nelle proprie, mentre già il grigio del tessuto si scuriva, tinto dalle lacrime di Hermione, e il fiato di lei, greve della fragranza acre del pianto, lo investiva con la delicata rassegnazione di un fiore morente.
Poco alla volta, il respiro di Hermione di fece più regolare, e la ragazza si addormentò.
Harry si sentì come se per la prima volta nella vita avesse fatto qualcosa di buono. Lei era rimasta, aveva rinunciato a tutto pur di aiutarlo. Non chiedeva di essere consolata, e nemmeno capita, ma lui voleva comunque provarci.
Glielo doveva.
  
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