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Autore: steffirah    11/12/2019    2 recensioni
«Ho provato ad addormentarmi, ma è stato totalmente inutile».
«Qualcosa ti preoccupa?» si allarmò, al che lei immediatamente scosse la testa, rassicurandolo.
«Affatto. Forse era semplicemente un richiamo del cielo.»
Sora la guardò perplesso, tentando di interpretare le sue parole.
Lei ridacchiò tra sé, decidendo di non spiegarglielo. Forse, come supponeva, non si trattava d’altro che di un segno: invece di dormire doveva uscire, per ammirare il firmamento, per non perdersi quello spettacolo, per poter incontrare Sora.
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kairi, Sora
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più contesti
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Il richiamo del cielo








Kairi non riusciva a prendere sonno. Si girava e rigirava irrequieta nel letto, ma era uno sforzo del tutto vano. Provava a tenere gli occhi chiusi e concentrarsi su immagini rilassanti, senza pensare a nulla. Provava ad isolare suoni e rumori, incentrandosi unicamente su quelli naturali, sperando potessero cullarla. Dopo un po’ però ci rinunciò e sbuffò, calciando via le coperte, mettendosi seduta. Guardò prima il cielo scuro fuori la grossa finestra della sua stanza, poi la sveglia sul comodino accanto al letto. Erano a malapena le 3.
Si alzò, pensando bene di prepararsi una camomilla, sperando potesse favorire il sonno. Indossò le ciabatte e uscì dalla stanza, scendendo le scale quatta quatta, cercando di fare il minor rumore possibile per non destare nessuno. Giunta in cucina accese i fornelli e attese che l’acqua bollisse, prima di prepararsi la tisana e girarsela standosene seduta in veranda.
L’aria di notte era un po’ più fresca e carezzevole, lì sulle Isole del Destino. Sollevò di poco il viso, accogliendola, cominciando a sorseggiare il contenuto della tazza, rilassandosi. Rimuginò ad ogni soffio, domandandosi come mai non riuscisse a dormire. Non c’era alcun evento importante imminente, né era avvenuto niente di significativo il giorno precedente. Spostò interrogativa gli occhi verso il cielo, quasi cercasse in esso una risposta, e solo allora si accorse che vi erano miriadi di stelle. Sorrise e per qualche ragione desiderò improvvisamente raggiungere la spiaggia, per continuare a rimirarle da lì.
Finito di bere risalì in camera, dove si sciacquò e si cambiò velocemente prima di uscire, lasciando un bigliettino in cucina nel caso in cui non fosse rientrata prima dell’alba. Non credeva di rimanere fuori tanto a lungo, ma spesso il tempo sembrava sfuggire dal suo controllo e scorrere molto più velocemente di quanto supponesse… con sua grande fortuna, doveva dire. In molti casi, se si fosse fermato, se avesse rallentato, non lo avrebbe sopportato.
Proseguì celere per le strade di quella cittadina, standosene col naso puntato all’insù. Quei percorsi immersi nel verde, tra case, piantagioni esotiche e fiori colorati, li conosceva ormai a memoria, per cui non aveva bisogno di controllare dove mettesse i piedi. E d’altronde la sua meta non era molto distante da casa.
Mentre proseguiva in quella maniera si riempì gradualmente di meraviglia, accorgendosi che mai il firmamento era sembrato tanto vicino, tanto brillante. Automaticamente connesse quel cielo a quello della Terra di Partenza; non c’era mai stata, eppure dai racconti accesi di Ventus e Aqua sembrava magnifico. Proprio come quello che stava vedendo in quel momento.
Raggiunse in pochi minuti il bagnasciuga, accomodandosi a pochi passi dal mare, togliendosi i sandali affinché le flebili onde le lambissero i piedi. Posò le mani ai lati del suo corpo, tirandosi un po’ indietro per stare col viso rivolto in alto. Staccò di nuovo la mente, riempiendosi unicamente di quella visione mozzafiato.
Senza che se ne rendesse conto trascorse almeno un’oretta, prima che una voce familiare non la riportasse alla realtà.
«Kairi?»
Sbatté le palpebre, sobbalzando leggermente. Stava sognando?
Si voltò alla sua sinistra, sorpresa della persona che si ritrovò davanti.
«Sora! Che ci fai qui?» lo interrogò, stupita.
«Stavo per andare sull’isola. Tu?»
«Stavo ammirando le stelle.»
A questo lui sollevò lo sguardo, facendo un lieve sorriso. Tornò da lei, proponendo: «Vieni con me?»
Kairi accettò immediatamente e cominciò a scrollarsi la sabbia dalle gambe e i piedi, frettolosamente. Era curiosa, chissà perché voleva andare laggiù a quell’ora.
Stava per alzarsi quando lui la sorprese, porgendole entrambe le mani per aiutarla. Le afferrò prontamente, raddrizzandosi davanti a lui, sorridendogli grata. Ultimamente si stava comportando in una maniera infinitamente gentile con lei, molto più del solito.
Sora le rispose con uno dei suoi caratteristici sorrisi che avrebbero fatto impallidire il sole, prima di voltarsi e avviarsi verso la sua barca. Continuando a tenere la sua mano. Kairi la fece dondolare allegramente, il suo sguardo si spostava dall’oceano nero alla notte stellata a Sora al suo fianco, contenendo a stento la contentezza. Per una volta non riuscire a dormire non era stato tanto negativo.
Fino a poco tempo fa le capitava spesso di avere difficoltà a prendere sonno. Sia quando lo aveva dimenticato. Sia quando lo aveva perso. Era come se temesse che, dormendo, si perdesse una parte importante della giornata, una parte fondamentale. Come se proprio nel cuore della notte lui avesse potuto fare ritorno, e lei avrebbe potuto farselo scappare ancora una volta. Ci si mettevano poi dubbi, timori, sensi di colpa, tristezza, che lei cercava di scacciare sempre e sostituire con fiducia e speranza. Fiducia in lui, nelle sue promesse, speranza che un giorno le avesse mantenute, e tentava di illuminare tali emozioni con la certezza che ci sarebbe riuscito, come sempre. Come sempre sarebbe tornato a casa. Come sempre sarebbe tornato da lei. E se fosse trascorso troppo tempo, allora lei stessa sarebbe andata a prenderlo, ovunque si trovasse.
Raggiunta la riva si accomodò sull’imbarcazione al suo fianco, grata di ogni momento che riuscivano a trascorrere insieme. Prese automaticamente i remi, troppo abituata a viaggiare da sola verso l’isola, ma lui glieli tolse di mano, ammonendola con lo sguardo.
«Posso farlo anche io» gli fece notare.
«Non se ne parla. Non sei stanca?» domandò lui con premura.
Kairi si strinse nelle spalle, spiegando: «Ho provato ad addormentarmi, ma è stato totalmente inutile».
«Qualcosa ti preoccupa?» si allarmò, al che lei immediatamente scosse la testa, rassicurandolo.
«Affatto. Forse era semplicemente un richiamo del cielo.»
Sora la guardò perplesso, tentando di interpretare le sue parole.
Lei ridacchiò tra sé, decidendo di non spiegarglielo. Forse, come supponeva, non si trattava d’altro che di un segno: invece di dormire doveva uscire, per ammirare il firmamento, per non perdersi quello spettacolo, per poter incontrare Sora.
In un placido silenzio raggiunsero la sponda e mentre Sora attraccava la barca al molo lei scese giù, sull’asse di legno, guardandosi intorno con aria nostalgica. Dall’ultima volta che era stata lì di notte erano trascorsi anni e anche allora il cielo le aveva regalato uno spettacolo mai visto prima.
Respirò a pieni polmoni l’aria salmastra che giungeva dal mare, quel mare che l’aveva separata da Sora, quel mare che glielo aveva sempre riportato sano e salvo. Si tolse di nuovo le scarpe, posandole nella barca, affondando i piedi nella fredda rena. Rabbrividì al contatto e si affrettò a raggiungere l’acqua, sorridendo dinanzi a quel calore ritrovato.
Sora la affiancò dopo aver fatto lo stesso, portandosi le mani dietro la nuca, sorridendo come un bambino, guardando lontano verso l’oceano.
«Sai che tempo fa ho pilotato una nave pirata tutta mia?» esordì pieno di sé.
«Una nave tutta tua?!» gli fece eco, guardandolo incredula.
Lui le rispose con fierezza, i suoi occhi brillarono d’entusiasmo.
«Già, si chiamava “Leviatano”! Io ero il capitano, Donald e Goofy erano la mia ciurma! Anche se, sarebbe stato bello avere più persone a bordo» si lamentò e lei provò ad immaginarselo in quelle vesti, non faticando a visualizzare la sua felicità.
«Io ne avrei fatto parte volentieri» rispose onesta, elettrizzandosi già soltanto all’idea.
«Ti sarebbe piaciuto tantissimo! Sia a te che a Riku!» confermò i suoi sospetti, illuminandosi tutto. «Il mare lì era stupendo, e poi c’erano questi granchi bianchi che potevano addirittura ricostruire interi galeoni!»
Le raccontò in tono acceso di tutte le avventure ai Caraibi, di tutte le meraviglie che aveva visto, le grotte, gli animali, i tesori, il porto, facendo paragoni anche con l’Isola che non c’è.
«Ma quel mondo forse te lo ricordi, visto che eri nel mio cuore» suppose dopo un po’ nel riprendere fiato, guardandola interrogativo.
Lei ci pensò su, rimuginando. Si portò una mano al petto, chiudendo gli occhi.
«In effetti, pur non avendolo pienamente vissuto in prima persona qualche impressione mi è rimasta. È una vaga sensazione, non saprei spiegartelo con sicurezza.»
Riaprì quindi le palpebre e lo vide sviare lo sguardo, scompigliandosi i capelli con una mano.
«Quindi eri realmente tu, non erano apparizioni…»
«Mmh?»
Piegò la testa confusa, non capendo di cosa stesse parlando.
Lui parve imbarazzarsi, al che scosse le mani davanti al viso, quasi a voler cancellare quel discorso.
«Lascia stare. Piuttosto, devo assolutamente portartici, in entrambi i posti. Spero che Peter Pan e Trilly permettano anche a te di volare.»
«Volare?» ripeté, con occhi brillanti.
Sora le spiegò com’era possibile farlo, attraverso la polvere delle fate e la fiducia. Le raccontò dei suoi voli sui tetti di Londra, attorno alla torre dell’orologio, e ad ogni parola lei si esaltava sempre di più.
«Mi piacerebbe tanto poterlo provare!»
«Lo faremo, te lo prometto» le assicurò con un sorriso sghembo e un occhiolino, provocandole una risata. Non aveva dubbi che non mantenesse la promessa.
«Sembra meraviglioso, poter incontrare le fate...» sospirò sognante, provando a darvi un aspetto grazioso.
«Non solo fate, persino divinità! Non immagini la sorpresa quando ho scoperto che Hercules è figlio degli dei! E stesso ai Caraibi ho incontrato la dea del mare!»
«Pensi che anche noi ne abbiamo una?» domandò allora, accendendosi all’idea. Purtroppo non le era mai stato raccontato nulla del genere dai suoi genitori, ma una parte di lei sperava potessero avere anche loro una dea che li proteggesse.
«Mmh onestamente non so» meditò, scrutando verso le profondità dell’oceano. «Dovremmo indagare.»
Tornò con lo sguardo da lei e Kairi non aveva bisogno di specchi per sapere che un sorriso malvagio aveva preso forma anche sulle sue labbra. Sarebbero stati complici in quello.
«Indagheremo» decise per entrambi.
Lui annuì, proseguendo: «In realtà mi aveva sorpreso la sua presenza e visto che aveva fattezze umane non avrei mai supposto potesse essere una divinità. In fondo, da quanto avevo capito la prima volta a Port Royal, le donne non potevano far parte delle ciurme, ma quella regola sembrava essere stata totalmente infranta. C’era sia Tia Dalma che Elizabeth, addirittura quest’ultima era -» Si interruppe improvvisamente, rabbuiandosi, continuando esitante. «Era diventata il “Re dei Pirati”.»
«Deve essere una donna fortissima» osservò Kairi, piena di ammirazione.
Sora emise un mezzo mormorio in conferma, non pronunciando più altro, il che la insospettì.
«Sora?»
Notò la tristezza impossessarsi del suo sguardo e le si strinse lo stomaco, riempiendosi di timori. A cosa stava pensando? Cosa le era successo?
Nonostante lo chiamasse lui mantenne fisso lo sguardo verso il buio, non sembrando però vedere nulla in particolare.
«Sora!» esclamò con forza, leggermente disperata, scrollandolo per un braccio per riportarlo da sé. Quell’amarezza, quella mestizia, quella solitudine, non dovevano vincere sulla sua luce.
Lui si riscosse, stendendo di poco le labbra; i suoi occhi, tuttavia, rimasero lontani.
«Scusami, ho appena ricordato perché sono venuto qui.»
Kairi deglutì a fatica, preparandosi a qualunque cosa fosse.
«Perché?» domandò sottilmente.
«Perché… non riuscivo a dormire.» Si strinse nelle spalle, cominciando a camminare.
Lei lo seguì immediatamente, cercando di stare al suo passo, restando al suo fianco.
«Non so neppure per quale ragione, di punto in bianco ho ripensato a…»
La sua voce si spense, per cui lei lo spronò a continuare, ad aprire con lei la sua mente e il suo cuore.
«A?»
«A quando tu… tu sei sparita tra le mie braccia… Anche se, non eri sparita, il tuo cuore era con me. Eri sempre con me. Però anche in seguito, sei scomparsa dai miei occhi, sei scivolata via dalle mie mani tante volte nonostante esse avrebbero potuto raggiungerti e -»
«Sora» mormorò con dolcezza, sperando di rassicurarlo. «So come ti senti, ho vissuto lo stesso con te.» Prese la sua mano, stringendogliela con forza. «Ma adesso tu sei qui, e io sono qui.»
Lui ricambiò la stretta, annuendo. Prese un profondo respiro, calmandosi prima di proclamare: «Godiamoci il presente».
«E il futuro» aggiunse sorridendogli sgargiante, guardandolo determinata.
Lui sembrò lasciarsi avvolgere per un po’ da quella luce abbagliante che proveniva da lei; dopodiché confermò con un cenno del capo e riprese il cammino.
La guidò fino alla grotta, il loro nascondiglio segreto, e ricordando quel che lì era inciso Kairi si sentì arrossire. Era alquanto imbarazzante, ma Sora doveva saperlo. Doveva saperlo, di certo. Forse era proprio per quello che la stava conducendo in quel posto, per potergliene finalmente parlare.
Il suo cuore palpitò follemente quando giunsero dinanzi al disegno che li ritraeva. Kairi spostò lo sguardo dall’uno all’altro, rievocando per qualche istante quel momento in cui da bambini si erano ritratti a vicenda. La versione di se stessa fatta da Sora l’aveva sempre trovata così buffa. E solare, proprio come lei vedeva lui.
Lo guardò con la coda dell’occhio e lo vide sorridere teneramente al disegno, con una lieve nostalgia a tingergli gli occhi.
«Kairi, posso…» Si voltò esitante, sembrando imbarazzato. «Posso chiederti quando hai…?» Non aggiunse altro, indicò semplicemente il frutto a forma di stella nella sua mano.
«Dopo la battaglia contro Ansem» rispose prontamente, ricordandolo come se fosse avvenuto soltanto ieri. «I mondi avevano cominciato a ripristinarsi, e sebbene tu fossi stato costretto a lasciare la mia mano mi promettesti che saresti tornato, ad ogni costo. In mezzo a quelle luci e quelle stelle continuai a pensarci e a crederci, con tutta me stessa. Poi il giorno successivo tornai qui, forse per assicurarmi che fosse tutto reale, che non lo avessi sognato, e in tal caso che tutto fosse come lo avevamo lasciato. Entrai nella grotta per… per sentirti vicino, ecco. E allora vidi la tua aggiunta, riuscii ad immaginarti persino mentre la tracciavi e ti voltavi verso di me imbarazzato perché colto in flagrante, con quel tuo sorriso stupido -»
«Hey, cos'è questa storia del sorriso stupido?»
Sora la interruppe impermalito, mettendo momentaneamente da parte il batticuore che stava per sopraffarlo, e lei rise ilare.
«Accettalo Sora, è vero.»
Emise un “tsk” offeso, voltandole le spalle. Lei continuò a ridere, picchiettandogli la schiena con l’indice, punzecchiandolo.
«Tu piuttosto, in che occasione l’hai fatto?»
Lui tergiversò per un po’, ma lei attese pazientemente.
Lo lasciò mettere ordine tra i suoi pensieri per avvicinarsi al disegno che la ritraeva, ponendosi al di sotto della luce della luna; non ricordava se era mai stata lì di notte, ma non le sembrava di aver mai vissuto quell’aria così surreale.
«Il giorno in cui tutto è cominciato» ammise alla fine in un sussurro.
Pur senza voltarsi Kairi lo vide inginocchiarsi davanti a se stesso, grattandosi una guancia, quasi non volesse farsi vedere per la vergogna mentre spiegava: «Perché il mattino successivo saremmo partiti e volevo lasciare qualcosa… qualcosa di noi. In realtà se non fosse stato per Riku che mi ha provocato, stuzzicandomi per farmi mangiare il paopu con te, non so se mi sarebbe venuta in mente una cosa simile. Prima o poi ci avrei sicuramente pensato, solo che temevo che se non lo avessi fatto in un modo o nell’altro lui mi avrebbe sul serio anticipato e - Kairi, non ridere!»
Si voltò sbuffando, lei si copriva pancia e bocca, quasi piegandosi in due dalle risate.
«Scu-scusami, non me l’aspettavo» riuscì a formulare tra un singulto e l’altro. Pensare che coincideva col momento in cui aveva trovato l’ultimo pezzo per completare la “sua versione” del paopu, con le conchiglie thalassa. Quello dedicato a lui, perché lui era un pezzo di lei.
Sora incrociò le braccia, poggiandosi alla roccia imbronciato, guardando altrove.
«In ogni caso, non avevo ancora il coraggio di metterlo realmente in atto, quindi senza neppure farci caso venni a fare questo disegno, sperando che un giorno potesse realizzarsi. In effetti chissà cosa mi passava per la mente, era ovvio che tu lo vedessi prima o poi. Non mi ero neppure posto il problema di cosa potessi pensarne tu…»
«Forse perché inconsciamente già sapevi che ti amavo» rispose lei con calma, sorridendogli dolcemente non appena lui si voltò paonazzo.
Kairi era sempre stata più brava di lui a convogliare i suoi sentimenti in parole, per lui invece era sempre… difficile. Perché se era lui a provarci, gli sembrava che le parole non bastassero.
«E comunque, anche io volevo condividere il paopu con te e sono certa che Riku lo sapesse» concluse ammiccante, lasciandolo a bocca aperta. Insomma, era sempre stato solo lui quello cieco dinanzi all’evidenza?
Lei toccò contemporaneamente i due frutti, aprendosi in un sorriso enorme, chiudendo serenamente gli occhi ai ricordi.
«Per questo ne abbiamo condivisi due, no? Io volevo farne dono a te, tu volevi farne dono a me. Doveva essere un portafortuna… il nostro portafortuna.»
Si rattristò, ripensando a com’era andata a finire allora. Forse aveva sbagliato qualcosa, forse la sua preghiera non era stata forte quanto supponeva in quell’incantesimo…. O forse sì, lo era stata, perché lui era tornato ancora una volta, per restare.
Stavolta fu Sora a riportarla alla realtà, ragionando ad alta voce: «Se due persone mangiano un paopu, i loro destini saranno intrecciati e uno diventa parte della vita dell’altro, qualsiasi cosa capiti...»
Annuì, voltandosi a guardarlo rincuorata. «Ma per questo avremo tempo.»
Avrebbero potuto farlo in qualsiasi momento in realtà, ma Kairi desiderava che entrambi si sentissero pronti, che i loro cuori fossero totalmente connessi verso quel desiderio comune, che entrambi fossero abbastanza maturi per potersi prendere completamente cura di se stessi e dell’altro, senza più perdersi.
«Ti sbagli Kairi, non c’è tempo.»
Lo fissò stupita, non aspettandosi quella determinazione e audacia; Sora le prese la mano, intrecciando le dita alle sue, quasi stesse tentando di trasmetterle così tutte le sue emozioni. Aprì bocca per aggiungere altro, ma proprio allora entrambi vennero avvolti da un nuovo fascio di luce azzurrognola, meno pallido, più caldo.
«Credo che il sole stia per sorgere» osservò lui, guardando verso la cavità esterna.
«Oh! Sarebbe la prima volta che vediamo l’alba da qui!» si elettrizzò lei, dimenticando per un attimo ciò di cui stavano parlando per correre all’esterno, trascinandoselo dietro.
Raggiunsero trafelati il loro albero, giusto in tempo per vedere la comparsa del primo spicchio di sole. Si sedettero sul tronco ricurvo, con lo sguardo rivolto verso l’orizzonte che lentamente rischiarava, stando spalla contro spalla.
Approfittando di quella sua distrazione, Sora si allungò a prendere uno di quei frutti, staccandolo dal ramo, porgendoglielo.
Notandolo Kairi spostò lo sguardo sulla sua mano, dedicandogli un sorrisetto.
«Come colazione?» chiese dilettata, posando le dita sulle sue e avvicinandosi ad un’estremità per morderla.
Sora fece altrettanto al lato opposto, guardandola negli occhi mentre negava.
«No, come pegno d’amore.»
Col cuore in tumulto e il viso in fiamme, Kairi fece difficoltà a buttare giù il pezzettino. Anche lui arrossì non appena si distanziò di poco, ma poi si fece coraggio e le si accostò nuovamente, posando con leggerezza le labbra sulle sue, sigillando così quella nuova promessa che si erano fatti.
Ma no, non era più una promessa. Era un giuramento.
Un giuramento che stavolta avrebbero vissuto insieme, per sempre.










 
Angolino autrice:
Buonasera! Torno in questo fandom insieme al trailer di Re:Mind (tutta colpa dell'hype e dei feels) con una one-shot che, in realtà, ho scritto dieci mesi fa... Ma al solito, sono sempre indecisa se pubblicare o meno perché mi dico che queste storielle non piacciano a nessuno. Poi invece realizzo che, forse, qualcuno che possa apprezzarle potrebbe esserci davvero (e via coi mille complessi).
Non ho molto da dire qui, eccetto alcune cose evidenti, come il fatto che sia chiaramente una storiella ambientata dopo il finale del terzo, dopo che tutto si è risolto per il meglio (perché tutto si risolverà per il meglio, vero Nomura?).  
Per la tradizione del paopu, ho scelto di riprenderle entrambe, sia quella della versione giapponese (presente nel gioco) che quella che ci ha trasmesso la versione inglese. O almeno, da quella inglese io ho capito che andasse condiviso un frutto, non due. In ogni caso, qualunque opzione è per me accettabile, quindi ho scelto di inserire qui la seconda "a modo mio".
Al solito, perdonate l'utilizzo inglese dei nomi. Il fatto è che sono più abituata a sentirli, piuttosto che leggerli, quindi mi escono automaticamente così. 
La parte finale, dell'alba e la promessa, è molto ispirata all'ultima strofa di "Chikai": 
日の昇る音を肩並べて聞こうよ 、共に生きることを誓ぉうよ (Ascoltiamo spalla contro spalla il suono del sorgere del sole, giuriamoci di vivere insieme).
Detto ciò, ringrazio chiunque l'abbia letta. 
Steffirah
  
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