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Autore: Wolstenholme    14/12/2019    2 recensioni
[...] Il 13 di Dicembre arrivò. Mihael Keehl compì vent'anni, nonostante fosse nato qualche ora più tardi della mezzanotte.
Il suo compleanno non gli era mai interessato molto ma, in quel momento, tra quelle quattro mura, si sentì solamente un verme della peggiore specie. Erano passate meno di ventiquattro ore da quando Mail lo aveva lasciato.
Dal testo:
«Non uscirai da qui, non ti azzardare.»
«Altrimenti? Ti metterai ad urlare? Metterai a soqquadro la casa? Che tragedia, Mello, è ciò che fai sempre. Sei scontato.»
Genere: Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Matt, Mello | Coppie: Matt/Mello
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sfilò con le dita agili e sottili una sigaretta dal pacchetto firmato Marlboro colore rosso sottratto a Mail quella stessa notte, dopo che era crollato nel suo personale mondo dei sogni animato da buffi personaggi dei videogiochi e boss finali impossibili da sconfiggere.
La combustione del tabacco gli bruciò la gola, facendogli provare l'istinto di tossire e schiarirsi la voce. Non lo fece, tuttavia, preso com'era ad osservare il mondo fuori dalla finestra del loro appartamento.
Riuscì a notare alcuni lampioni accessi, con il loro sfarfallio poco rassicurante. Distante appena pochi metri, un metronotte a fine turno, un netturbino che, stringendosi nello spesso cappotto fornito dalla sua Azienda, cercava di rendere la strada pulita in tempo per l'alba, prima che la città tornasse a svegliarsi, chi impegnato a lavorare, chi a studiare, chi a, semplicemente, vagare.
Sbuffò una nuvola di fumo sul vetro lievemente appannato a causa della differenza di temperatura interna ed esterna, nonostante il clima dentro casa fosse tutt'altro che confortevole.
Voltò appena il capo in direzione della porta dell'appartamento, cercando la piccola scatolina contenente il termostato. Il numero impresso sullo schermo consumato non lo impressionò: dodici gradi.
Avrebbe sopportato quel clima che, in pochi, sarebbero riusciti ad accettare anche solamente per qualche ora; era abituato, in ogni caso.
Non avevano abbastanza soldi da potersi permettere un impianto a gas decente, lui e Mail. Avevano rinunciato a farlo funzionare durante il primo inverno trascorso tra quelle quattro mura.
Quel pensiero, riportò la sua mente al ragazzo dai capelli ramati addormentato nel suo letto, nel loro letto, in effetti l'unico presente in casa.
Ricordò il suo corpo agile sepolto sotto spesse coltri di coperte di lana, recuperate dalle abitazioni di alcune sventurate persone incontrate sul loro cammino.
Inspirò ancora, sotto il crepitio della carta che bruciava, emettendo un lieve odore sgradevole, chiudendo successivamente gli occhi. La sensazione di tepore sulle dita, causata dal filtro della sigaretta che, lentamente, veniva consumata dai suoi polmoni provati, gli ricordò la notte dell'esplosione.
In verità, ogni aspetto della sua vita, lo faceva pensare a quegli istanti. Aveva rimosso ogni specchio da casa, ogni singolo oggetto che avrebbe potuto riflettere la sua immagine compromessa e deturpata.
Riaprì gli occhi, scacciando quei pensieri dalla sua mente. Controllo.
Senza esso, sarebbe solamente stata una pedina, un essere inutile, un parassita dell'intera società; non che lui avesse molto a che fare con essa.
Preferiva restare nella sua tana sporca e fredda. In fondo, le indagini che conduceva, non lo obbligavano a mettersi in mostra. Una parte di lui avrebbe desiderato farlo, dovette ammetterlo a sé stesso, esattamente come il giovane Mihael che era stato.
Ingenuo.
Gettò il mozzicone consumato a terra, formando l'ennesimo foto nella moquette. Pazienza, si disse, il proprietario di casa non era certo un tipo esigente; anzi, era già fortunato a non essere stato ancora attraversato da una cascata di piombo, proveniente dalla sua pistola che, ora, giaceva sul tavolino basso di fronte al divano rotto e consumato.
Trattenne a stento un sospiro, prima di sentire la porta cigolante della camera aprirsi con lentezza, una figura addormentata e stanca varcare la soglia.
Indossava solamente un paio di mutande nere, i capelli scompigliati, l'andatura goffa, i passi incerti.
Tornò ad osservare il paesaggio, facendo finta di non averlo notato. In realtà, sperava perfino che lui fosse semplicemente sonnambulo e che tornasse a letto in breve tempo.
Mantenne lo sguardo fisso su una rondine appollaiata su un cavo della luce, rischiando così la vita da un attimo all'altro, cercando di non pensare ai passi pesanti che, lentamente, avanzavano verso di lui.
«Mihael...» mugugnò, posando la testa pesante sulla sua schiena. Il suo tono era dolce, quasi stesse chiedendo una sorta di rassicurazione. Per un po', gli ricordò un bambino che correva dai genitori dopo un incubo spaventoso.
Mail doveva averlo vissuto, pensò. Era rimasto orfano all'età di sei anni, qualcosa doveva aver pur visto.
No, in realtà conosceva ogni particolare del suo passato. Mail gli aveva confessato anni addietro che la sua era una famiglia tutt'altro che amorevole. Come la sua, del resto.
«Torna a letto...» sussurrò, chiudendo gli occhi. Era esausto, la voce tremolante tradì il suo stato; la colpa era unicamente sua, che costringeva l'altro ad interminabili turni di lavoro al computer.
Mail non aveva la sua stessa passione, certo era sempre stato il terzo bambino più intelligente del mondo, ma ciò significava poco e niente per lui. Non gliene importava nulla di L, di ambire al posto di successore, di dedicare la sua intera esistenza alla Giustizia. Dopotutto, di corretto in ciò che compivano v'era ben poco.
Mail Jeevas era semplicemente capitato alla Wammy's House poco dopo il suo ottavo compleanno, in Febbraio.
Nonostante questo, non aveva esitato a volare fino a Los Angeles e prendere parte alle folli mosse di Mihael.
La risoluzione del caso, c'entrava così poco. Non lo incolpava, tuttavia, nonostante fosse sempre sul piede di guerra con questa storia, sempre pronto a rimproverarlo quando osava interrompere il contatto visivo con i file e i centinaia di video da analizzare, giorno e notte.
La sua presenza alle spalle gli fece percepire un intenso brivido lungo la spina dorsale, le mani calde dell'altro posate sui fianchi stretti e magri, le dita che, centimetro dopo centimetro, si insinuavano sotto la maglia nera, precedentemente infilava nei pantaloni di pelle che era solito indossare, in qualsiasi stagione e condizione climatica.
«Va' a letto, Mail.» rispose d'un tratto, allungando la mano verso l'ennesima sigaretta della giornata. «Tornerò.»
Sapeva non sarebbe stato così, tuttavia decise di illudere entrambi con quella dolce promessa che, sicuramente come era sua abitudine fare, avrebbe infranto.
Quante volte aveva lasciato solo Mail, durante quei mesi? Troppe. Quante volte aveva, invece, promesso che sarebbe tornato?
Quante volte lo aveva lasciato da solo in quel letto.
Ancora quei pensieri, ancora.
Forse la sua anima marcia e deviata, gli stava semplicemente presentando il suo personale conto da pagare, un conto salato, un conto che mai sarebbe riuscito a saldare; un rapporto che mai avrebbe avuto occasione di risanare.

Quando, infine, le dita dell'altro risalirono il suo corpo fino al collo diafano e poi, appena vicino alla cicatrice della sua ustione, si scostò bruscamente.
«Mello, che fai?» chiese Mail, seppur abituato agli improvvisi cambi di umore del biondo. Lo aveva imparato a sue spese, un attimo prima era rilassato, l'attimo dopo profondamente perso nei suoi pensieri più cupi, e poi ancora furioso. Non riuscì a contare tutti gli episodi in cui fece a pezzi l'intero soggiorno.
Tentò, comunque, ancora di avvicinarsi, il sonno a confondergli le idee. «Mello.» insistette con un tono di voce basso e rassicurante.
Servì a poco, perché si sentì spingere indietro, rischiando di cadere sul pavimento. «Non chiamarmi così.» ringhiò, prima di continuare. «Vattene, ora.» esalò, infine, velenoso, mettendo spazio tra loro, spostandosi di vari metri.
Non riusciva nemmeno a guardarlo, senza che una miriade di sensazioni negative gli invadessero la mente.
«Non significa niente tutto questo, per te?» chiese, cercando di celare il suo disappunto. «Non cambi mai.»
«Non inziare con questa storia, Mail.» rispose, voltandosi e posando entrambe la mani sul lavello della cucina, osservando distrattamente i  piatti sporchi della sera prima. Al diavolo.
«D'accordo, Mihael.» affermò, sottolineando con particolare ironia il suo nome. Il bellissimo nome che tanto adorava pronunciare, in altre occasioni. «Fa' come vuoi.»
«Bene, e ora sparisci.»

Mail lasciò cadere lo sguardo sulla sua figura esile, fin troppo magra, prima di sospirare duramente e tornare in camera.
Una lacrima solitaria percorse il suo viso cosparso da leggere lentiggini, che presto il ragazzo cercò di asciugare con la manica della felpa che aveva deciso di indossare per combattere l'intenso freddo.
Un particolare tipo di freddo che, mai, gli aveva dato fastidio, specialmente quando aveva l'onore di percepire il calore corporeo di Mihael al suo fianco, durante la notte. Pensò, per qualche secondo che, nonostante il biondo fosse estremamente freddo e distaccato, riusciva ad emanare un calore in grado di scogliere la sua anima.
Se lo sentiva dentro, in profondità, legato al suo essere più primitivo. E non era solamente una condizione fisica, riflettè Mail, ma soprattutto mentale.
La loro passione a letto, era solamente il frutto della loro intesa, dell'estrema conoscenza delle loro menti.
Si costrinse a non crollare, ricordando la pelle del giovane sulla sua, delle uniche frasi vagamente dolci che, raramente, gli donava, mentre iniziava ad infilare vestiti a casaccio in un borsone recuperato dal fondo dell'armadio.
Alzò il cappuccio della felpa sulla sua testa, senza premurarsi di sistemare meglio i capelli e tornò a grandi passi in salotto. Afferrò il suo pacchetto di sigarette quasi vuoto posato sulla finestra, senza degnare l'altro di uno sguardo, seppur avrebbe voluto; la tentazione era forte, ma doveva resistere, sbarazzarsi di quella sensazione straziante che gli attanagliava la gola, ed andare avanti, varcare la soglia di casa ed uscire.
«Dove credi di andare, Mail?» domandò l'altro, facendo qualche passo verso l'amico. «Ti ho fatto una domanda!» alzò il tono di voce, infastidito dal silenzio dell'altro.
Non era da lui, non poteva accettarlo.
Quando, infine, il rosso posò la mano sulla maniglia pericolosamente in bilico e malamente avvitata alla porta, lo raggiunse a grandi passi.
«Che c'è, Mello? Qualcosa non va?» chiese in una risata obliqua, nonostante stesse soffrendo come poche volte prima di allora.
«Non uscirai da qui, non ti azzardare.»
«Altrimenti? Ti metterai ad urlare? Metterai a soqquadro la casa? Che tragedia, Mello, è ciò che fai sempre. Sei scontato.» aggiunse, sfogando parte della sua frustrazione sull'altro, osservando le sue iridi azzurre impietrite. Se solo avesse potuto, avrebbe buttato all'aria il mondo intero, pur di specchiarsi ancora in esse.
«Spostati, Mihael. Non complicare le cose.» ordinò severo, rimanendo sorpreso poco più tardi; il biondo, infatti, spostò lo sguardo e liberò l'uscita senza emettere nemmeno un sibilo.
Mail lo studiò per un po', forse avrebbe preferito iniziare una vera e propria guerra con lui. Avrebbe preferito confrontarsi con il Mihael esplosivo e sanguigno, osservarlo cimentarsi in una delle sue scenate, rompere qualche lampada e poi... tornare come prima, abbracciato al suo corpo nudo e confortante.
Così, invece, non poté che sentirsi solamente più vuoto, più angosciato e sconsolato.
Era ferito, Mail ne era conscio ma, nonostante ciò, varcò la soglia e chiuse la porta dietro di sé, incamminandosi sotto il clima rigido della città, abitata in quelle ore soltanto da cani randagi, impegnati a nutrirsi di avanzi in vie poco raccomandabili.

Le ore passarono inesorabili, quasi scandite dal forte vento che batteva sulle fragili finestre della casa, improvvisamente così spoglia e cupa.
Questa volta, però, il riscaldamento fuori uso non aveva un ruolo nella vicenda.
Presto, il 13 di Dicembre arrivò.
Mihael Keehl compì vent'anni, nonostante fosse nato qualche ora più tardi della mezzanotte.
Il suo compleanno non gli era mai interessato molto ma, in quel momento, tra quelle quattro mura, si sentì solamente un verme della peggiore specie. Erano passate meno di ventiquattro ore da quando Mail lo aveva lasciato.
In balia di sé stesso, del suo essere distruttivo, del suo essere... semplicemente, dell'orribile giovane uomo che era diventato.
Che era sempre stato, infine. Perfino da adolescente, quando decise di sacrificare la sua vita, fuggendo dall'orfanotrofio per inseguire... cosa, esattamente?
Nate River, in quell'istante, diventò soltanto una piccola e lontana parentesi della sua vita.
Camminò avanti ed indietro per il soggiorno, la cucina e la camera da letto per ore ed ore, senza mai riposarsi; non riuscì nemmeno a riprendere fiato per qualche minuto, alla sola idea di... Mail ed, ancora prima, il suo migliore amico Matt.
Ricordò con il magone i momenti spensierati tra loro, le prime marachelle ai danni di Roger Ruvie, le notti trascorse a studiare e poi giocare, trasformando il letto in una nave dei pirati od in un'astronave composta da cuscini e coperte.
Dava la presenza di Mail scontata, lo comprese durante quelle ore di indimenticabile tortura.
Non era la prima volta che restavano separati, anzi, lo erano stati per molti anni, ma... quella volta era diversa, più intensa, con qualcosa di importante in gioco.
Trovò finalmente pace all'alba, disteso malamente sul pavimento, una bottiglia di scotch stretta nella mano destra, una sigaretta giunta alla fine della sua vita nella sinistra, a bruciargli appena la punta delle dita, gli occhi serrati ed i capelli sparsi malamente intorno a sé.
Scie di lacrime ormai secche sulle sue gote pallide e provate dalla situazione, il freddo intenso fin dentro le ossa.
Non riuscì a pensare chiaramente sotto i fiumi dell'alcol che, ancora, invadevano la sua mente ed il suo corpo ma, nonostante ciò, c'era soltanto l'immagine sorridente di Mail nei suoi ricordi.
Perfino le sue sinapsi si prendevano gioco di lui, del suo dolore.
Nemmeno le violenze di suo padre e la sottomissione di sua madre, dilaniavano così il suo cuore di pietra, indurito dalla vita.
In prima mattinata, dopo un'infinità di ore trascorse sveglio, Mihael si addormentò, senza mai modificare la sua posizione, cosa che avrebbe causato un incredibile dolore ai suoi muscoli, quando si sarebbe svegliato.
Se mai, l'avesse fatto.
Tanto valeva, lasciarsi andare del tutto, vero?
La morte era meno spaventosa della vita. Ed era tutta colpa sua.

Mail Jeevas entrò in casa un'ora più tardi, trovando quella scena ai suoi occhi.
Lasciò il sacchetto sul tavolo e cercò di scaldarsi come meglio riusciva, dopo tutte quelle ore trascorse lontano da lì, da quel luogo infernale.
Si inginocchiò al fianco dell'altro, sfilando la bottiglia e la sigaretta dalle dita, accarezzando con delicatezza i capelli che tanto amava su di lui.
Con una morsa stretta al cuore, riuscì a trascinandolo fino al letto, un'espressione delusa in volto.
Non avrebbe mai desiderato finisse in quel modo, nonostante non fosse quello il primo litigio che affrontavano.
Del resto, con Mihael era così.
Lo coprì e resto al suo fianco per tutto il tempo, rimuginando per ore.
Il biondo riprese conoscenza in tarda serata, aprendo gli occhi e percependo immediatamente un lancinante mal di testa.
Non ricordò di essere andato a letto, così tentò di alzarsi poco dopo, emettendo di tanto in tanto un gemito di dolore, seppur mai paragonato al malessere che aveva sperimentato durante la sua convalescenza dalle ustioni riportate.
Tornò subito il salotto, un sentore di speranza dentro sé, seppur i ricordi fossero ancora confusi.
«Mello...» mormorò Mail, mettendo in pausa il suo gioco ed alzandosi dal divano, non appena lo notò. «Vieni qui, siediti.»
L'altro non ribatté, né si arrabbiò per aver utilizzato ancora una volta il suo finto nome. Quando erano solamente loro due, non aveva motivo di nascondersi.
«Sei proprio stupido, folle.» sorrise il rosso, afferrando la sua mano gelida, cercando di fregarla con la sua per scaldarlo. «Ti amo anche per questo.» ammise, infine, arrossendo leggermente.
L'altro sollevò lo sguardo, azzurro e verde fusi assieme, la stessa essenza.
«Mi hai lasciato.» sussurrò, l'intero corpo indolenzito, la testa che vorticava pericolosamente.
«Non l'ho mai fatto, ero solo... arrabbiato con te.» confessò, guardandolo con dolcezza. E così, questa era la sua paura? Si era ridotto così, per lui?
«Sei uno stronzo.»

«Buon compleanno, Mihael.» mormorò d'un tratto, alzandosi soltanto per aprire il frigo ed estrarre una torta interamente glassata al cioccolato fondente. In basso a destra, inoltre, almeno una decina di barrette della qualità preferita del biondo.
«Abbiamo ancora qualche ora per festeggiare.» continuò, prima di prendere anche due piatti in plastica che aveva provveduto a comprare prima di tornare a casa.
Non si sarebbe mai dimenticato quel giorno così speciale. «Se... vuoi.»
Mihael lo guardò per un tempo indefinito, tanto da indurre Mail a credere di avere, per l'ennesima volta, sbagliato qualcosa.
Quando, però, si sporse fino a far combaciare le sue labbra su quelle dell'altro, si ricredette.
Gli era mancato tutto ciò, dannazione se gli era mancato.
La tempesta era finalmente finita.
«Voglio, con te.» rispose, tra un contatto e l'altro. «Dov'è il mio regalo?»
Scoppiarono entrambi in una risata limpida, priva di qualsiasi malumore.
Quello, sarebbe stato senza ombra di dubbio il compleanno più bello della sua vita, nonostante tutto.
Mail lo accettava così com'era, incluso il suo pessimo carattere, le sue tendenze folli e incomprensibili per tutti gli altri.
Andava bene così, tuttavia.
Non aveva bisogno di nessuno, né di Near, se aveva Matt con sé.
Quello era l'unico mondo che desideravano, l'unico per cui avrebbero combattuto, per cui sarebbero perfino morti.



N.d.A:
Ciao a tutti, sono leggermente in ritardo, sì, ma ci tenevo veramente tanto a pubblicare qualcosa per il compleanno di Mello, uno dei miei personaggi preferiti in assoluto.
Spero, con questo, di essere riuscita a trasmettere le stesse sensazioni che ho percepito io e di essere riuscita a mettere insieme qualcosa di decente ed apprezzabile. Come sempre, è una OS senza pretese.
Spero vi possa piacere. Alla prossima!

   
 
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