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Autore: Nocturnia    20/12/2019    4 recensioni
"Ci tieni proprio tanto alla mia compagnia, uhm?"
"Sempre."
Una risata; il tintinnio dei suoi bracciali in oro rosa e diamanti.
"La sincerità ti dona, Albert."

[Seconda classificata al contest “My beloved villain”, indetto da Dark Sider sul forum di EFP.]
Genere: Angst, Dark, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Albert Wesker, Alex Wesker, Claire Redfield, Excella Gionne
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
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"No one ever told me that grief felt so like fear."
- C.S. Lewis -




Forever is not for everyone




"Mi stai mentendo, vecchio."
"Non potrei mai, dottor. Wesker."
"È impossibile."
"Non lo sente? Non riesce a percepirlo?"
"No. Per questo mi stai raccontando un mucchio di stronzate. Lui me lo direbbe; lui non mente mai."
La verità è sempre vittima delle nostre speranze più tenaci.


1.

"Ti sta uccidendo."
Wesker socchiude gli occhi, lascia ciondolare le mani tra le cosce.
"Albert."
"Mi sta aiutando."
Dita leggere sugli zigomi, lungo il collo.
"Hai così fretta di rivedermi, Al? Pensavo volessi cambiare il mondo: migliorarlo."
Sotto la pelle il siero invade e brucia.


2008

Ha paura, Alex.
Lei, che della sua sconfitta ne aveva fatto un baluardo.
Lei, che non temeva alcun male - che rideva in faccia alla Morte e alle sue sciocche pretese d'averla.
Inspira, spezza a metà quell'ansito disperato - si volta, e si ritrova sola.

Sempre.

La Morte ha ora il volto di tutto ciò che non avrà mai più.


2.

È un uomo diverso quello che vede scendere dalla scaletta dell'aereo.
È un uomo confuso, incerto - che inciampa nei suoi stessi passi.
Excella stringe a sé la borsetta con dentro le dosi mancanti di PG67A/W, sorride.

Io ci sono, Albert. Per te. Con te. Sempre.

Gli occhi nudi di Wesker sono così umani da strapparle il respiro.


2008

"Master Alex!"
Ci prova, Stuart; tenta con tutta la forza che possiede.

Non è abbastanza.

Il virus ha deciso, la malattia ha vinto.
La coscienza si aggrappa ai bordi di una realtà sempre più debole, Alex snuda i denti in un ringhio bestiale - esplode, e gronda sangue dagli occhi, tra le cosce.
Si disgregano intere sequenze genomiche, diventano poltiglia sciolta sul fondo di un corpo ormai allo stremo.
Alex percepisce l'ago della fleboclisi, le mani di Stuart sul petto - uno, due. Uno, due.

Arrenditi.

Tutto ciò che resta della sua umanità urla e urla.


3.

"Ci tieni proprio tanto alla mia compagnia, uhm?"
"Sempre."
Una risata; il tintinnio dei suoi bracciali in oro rosa e diamanti.
"La sincerità ti dona, Albert."
Wesker si flette ulteriormente in avanti, studia i progressi dell'Uroboros - la sua sconsiderata voracità.
Si siede al suo fianco, slacciandosi il blazer bianco.
"Cosa farai quando sarà completo?"
La pupilla di Wesker trema, la sua mano no: davanti a loro le spire del serpente si dispiegano senza alcun ostacolo.


2008

Non ha fatto in tempo a dirgli addio.

Non ha voluto.

Il cuore accelera, i polmoni collassano.
Necrosi epatica, insufficienza renale, morte delle cellule del miocardio.
Stuart si affanna su di lei - combatte per lei.

Vecchio amico mio.

Il virus si arrotola attorno a ciò che rimane della sua mente e muta - comincia il suo inesorabile percorso verso la (non)vita.
Alex gli afferra un polso con dita che non riconosce - nerastre e gonfie - schiude labbra pesanti, che sanno di sangue e metallo.
"La testa." riesce a mormorare.
Stuart la fissa, apre la bocca, richiudendola poi di scatto.
"L'atlante." ed è un sibilo quello che riesce ad esalare - un suono di gola, non suo.
"Sai cosa devi fare, Stuart."
La morte, in fondo, non attende mai nessuno.


4.

"Excella ti ha cercato."
Silenzio.
"È preoccupata."
"Non mi interessa."
"Mi pare di ricordare ti servissero i suoi soldi."
"Non più. Il progetto è completo."
"Oh."
Wesker le getta un'occhiata obliqua, annuisce.
"Gli anticorpi della Valentine..."
"Non li ho utilizzati: ho dismesso il suo corpo cinque giorni fa."
Adesso è lei a tacere, un piede nudo oltre il bordo del letto e uno sguardo curioso, giovane.
"Al." lo chiama.

Albert.

Il rimpianto è un veleno che non possiede cura.


2008

"Che cosa le hai fatto, vecchio?"
"Solo quello che mi ha chiesto."
"Voglio vederla."
Stuart inspira, tormentandosi le mani.
"Non... non è come la ricorda, dottor. Wesker: non del tutto, almeno."
Wesker inclina appena il mento verso di lui, tace.
"Il Progenitore aveva già iniziato la sua... mutazione."
Passi duri, marziali - rigidi.
"Dottor. Wesker, non so se sia il caso di..."
La rabbia spegne ogni altro riflesso.


5.

"Puzzerà peggio di una capra sotto il sole d'agosto." ribatte Irving, tirando su con il naso.
"Sempre meno di te, Ricardo." replica Excella, piccata.
Irving l'accompagna fino alle porte degli ascensori , si stringe nelle spalle - controlla di avere ancora un po' di polvere nelle tasche dei pantaloni.
"Come vuoi, Excella: in fondo, sei tu che lo cavalchi, non io."
Excella stringe le labbra in una linea sottile - colpo basso - e Ricardo libera una risatina sottile, quasi lo squittio di un topo.
"Oh. Oh, ma guarda; mister bello e tenebroso ha chiuso le mutande?"
"Non sono affari che ti riguardano."
"No, ma è sempre divertente vederti incazzata."
"Sta male."
Irving alza un sopracciglio, scettico.
"È una cazzo di B.O.W. di livello alpha: a quello non si stacca l'uccello manco se glielo tagli e tu mi vieni a dire che è indisposto?"
Excella preme il tasto di chiamata dell'ascensore, batte un piede sull'impiantito - attende.
"Un mese fa è partito in fretta e furia per non so dove e quando è tornato... be', diciamo che non è stato più lo stesso."
L'ascensore raggiunge il piano, Excella si volta, convinta di trovare sul volto di Ricardo quel suo solito sorriso arrogante e indisponente e...
"Vattene, Excella."
Silenzio.
Irving si passa l'indice sotto il naso, inspira con più forza, le guance pallide, improvvisamente livide.
"E perché mai dovrei?"
"Perché ci farà ammazzare tutti, ecco perché."
Excella aggrotta le sopracciglia, confusa: Irving deglutisce, la fissa.
"Non credo nelle tue sensazioni da drogato, Ricardo."
"E fai male: perché so riconoscere un matto quando lo diventa. E il tuo caro dottor. Wesker ha appena valicato quel limite."
Excella entra nell'ascensore e ignora ogni altra parola.


2008

La Torre grida, diventa rossa e rossa.
Sotto un lenzuolo bianco riposa la crudele Grimilde di un'isola fantasma - a pochi metri da lei il servo fedele, nulla più di un fiore di carne e sangue che la disperazione del cavaliere aveva lasciato esplodere contro il muro.

"Dottor. Wesker, non so se sia il caso..."

No. Non lo era.
Le sue mani erano scattate ancor prima del pensiero, il virus una bestia senza catena e sola.
Wesker ascolta il suolo tremare, fissa ciò che rimane di Alex - comprende oscuramente che c'è qualcosa di sproporzionato nel modo in cui la testa si allontana dal collo.

Nelle gambe troppo lunghe e il busto rigonfio sulla destra, come William.

La gente grida, si affanna verso porte blindate ormai sigillate dal programma di autodistruzione.
Wesker chiude gli occhi e respira.


6.

"Lasciami andare."
"Non posso."
Pelle tiepida e morbida - ciglia pallide e sottili.
"Non vuoi, che è diverso."
Wesker allunga le dita verso il suo viso, ne percepisce la solidità sotto i polpastrelli - nel cuore.
"Manca poco."
"Lo so."
Wesker chiude gli occhi, annuisce - sorride senza alcuna allegria.
Strano come il destino di una sola persona condanni quello di un mondo intero.


2008

Non sa dove portarla.
Stringe a sé un fagotto bianco e stropicciato - le trattiene il capo contro il petto, cercando di non fare caso a quanto si discosti dalla sua collocazione naturale.
La Torre crolla, si riduce a un cumulo di macerie e polvere alle sue spalle - ma lui continua a camminare verso il bosco, disorientato.
È ormai vicino a un groviglio di rovi quando la vede - la sente.
"Mi è sempre piaciuto l'oceano." gli dice, indicandogli con il mento i marosi scuri che aggrediscono la spiaggia - i suoi piedi.
Wesker si blocca, la fissa, rafforzando la presa attorno al suo corpo.
Gli occhi le si spostano istintivamente sul lenzuolo sformato ed è allora che piega le labbra in una smorfia - sbuffa.
"Lasciami andare, Al." ripete, quieta "Il mare saprà cosa fare."

Tu sai cosa fare.

Wesker sbatte le palpebre una, due volte: non la vede più.
Sfrega i denti tra loro, sposta un piede in avanti - si prepara a cercare un posto per seppellirla quando...

Albert.

Le sue dita bruciano di tutte le promesse che non ha saputo mantenere.


7.

È vergogna quella che gli accende lo sguardo.
È rabbia ciò che anima i suoi gesti - la sua volontà.
È delusione il grumo solido che gli stritola il petto, la coscienza.
"Non è colpa tua."
Occhi lucidi, ossessionati.
"Non avresti potuto salvarmi comunque."
"Stronzate."
Un sorriso a mezza bocca - bellissimo.

Perduto.

"Oh, Albert: hai sempre pensato di essere più intelligente di me."
"Lo sono."
"Arrogante fino alla fine."
Sono già alla fine, vorrebbe dirle, ma i suoi capelli hanno lo stesso profumo di allora - la stessa consistenza tra le dita, sulla pelle.
"Moriranno tutti."
"Lo so."
"Ed è quello che vuoi?"
Le sue labbra sono fredde come il suo cuore.


2008

"Il protocollo avrebbe voluto che mi bruciassi; che disperdessi le mie ceneri in mare solo dopo aver contenuto il rischio biologico."
Wesker osserva il lenzuolo bianco galleggiare, una macchia sfocata e stracciata dalle rocce imperiose dell'isola.
Un sospiro; l'alito gelido di Sushestvovanie.
"Immagino non abbia più alcuna importanza."
"Come è successo?"
Passi quieti, che lo raggiungono sulla cima del promontorio in silenzio.
"Non lo so."
"Bugiarda."
Una scrollata di spalle; il tintinnio dei bracciali contro l'orologio in oro bianco.
"Sono morta, Albert. Il virus deve aver prevaricato le mie difese e trovato un gene difettoso, ritenendomi, infine, non degna."
Inclina il mento verso destra, la fissa - posa su di lei uno sguardo pieno di tutto, che la colpisce come un pugno dritto in faccia.
"Al." lo chiama - lo supplica.
La terra trema e si spacca - grida un dolore che non ha ancora nome.
L'amore è, alla fine, un assassino crudele.


8.

"Sai, dovrei ringraziarti, in realtà."
Wesker appoggia la fronte contro le piastrelle della doccia, ascolta.
"Gli anni migliori li ho passati con te."
L'acqua cade sull'impiantito in gocce grosse - pesanti, dense.
"Volevo vivere, Al."
Wesker chiude gli occhi, serra le palpebre così forte da sentire esplodere nella testa luci bianche e rosse.
"Lo volevo davvero; ma non ci sono riuscita."
"Non sei tu a dover chiedere scusa."
Braccia sottili, che lo stringono da dietro; un corpo che si modella al suo - tiepido, arrossato dall'acqua bollente.
"Una volta ho sognato che ero libera, Al: che ci riuscivo. Che l'esperimento era un successo e mi ritrovavo nel corpo di una bambina di appena dieci anni."
Wesker intreccia le dita alle sue, stringe.
"Ricordo anche il nome; Natalia. Natalia Korda."
Una smorfia: un rimorso stroncato a metà dalla rabbia.
"Ma tu eri morto, Al."
Silenzio.
"Forse la tragedia è una questione di famiglia, in fondo."
Wesker si flette in avanti e crolla.


2008

"Sushestvovanie deve scomparire."
Gli uomini della Tricell lo ascoltano in silenzio, annuiscono.
"Radete al suolo ogni attività, ogni casa; date fuoco ai campi, ai terreni. Sigillate le miniere e uccidete chiunque opponga resistenza. Voglio che di quel posto non rimanga altro che roccia e sale."
"Sarà fatto, dottor. Wesker."
"Conclusa la prima parte fatela esplodere; che si riduca a un buco in mezzo all'oceano."
I soldati si guardano l'uno con l'altro, sincronizzano gli orologi, controllano l'attrezzatura necessaria - diventano le dita invisibili di un dio impietoso e crudele.
Wesker li osserva sciamare verso l'entroterra con sguardo vorace - che vuole ed esige.
"Un po' mi dispiace." lo raggiunge la sua voce - e lei è, al suo fianco.

Come sempre.

Gli tocca una spalla con la propria, appoggiandosi poi contro il pesante cappotto nero.
"Albert, guardami."
"No."
"Al."
Wesker chiude gli occhi, scuote la testa - è impossibile, deve essere uno scherzo del virus, qualcosa che non funziona come dovrebbe e...
La sua bocca è tutto ciò che riesce a sentire.


9.

È un uomo nervoso quello che si presenta nel suo ufficio, invecchiato di colpo.
Il viso piegato in una smorfia disgustata, occhi lucidi di febbre e rabbia - celati a malapena dalle lenti scure.
"Excella." la chiama, e lei risponde - sempre.
"Ho bisogno di un ultimo sforzo." le dice, e lei ci crede - sempre.
"L'Uroboros è quasi completo: a breve avrai ai tuoi piedi il mondo che meriti." le promette, e lei sorride - gli tocca una spalla, il petto.

Il cuore.

"Mi hai fatto preoccupare." gli confessa, e Wesker la fissa con la coda dell'occhio - la studia.
Excella scivola con la punta dell'indice verso il polso, indugia - libera una risata asciutta, tesa.
"Non sei uscito dai tuoi appartamenti per più di un mese."
"Dovevo riflettere."
Excella annuisce, aggrotta poi le sopracciglia - sembra voler scacciare un pensiero molesto e preoccupante.
"Su cosa?"
"Sul virus."
"Cosa è successo su quell'isola, Albert?"
Silenzio.
Excella solleva lo sguardo, lo cerca.
"La squadra Delta e Bravo. Ho letto i loro rapporti."
Wesker assottiglia le labbra, inclina il mento verso di lei.
"Protocollo di sicurezza A; annullamento totale dei soggetti e del luogo. Rischio di biosicurezza quattro. Bonifica assoluta."
"Un esperimento andato male."
Excella chiude le dita attorno al suo polso, stringe.
"Non sono stupida, Albert."
Altro, ostinato, silenzio.
"Qualcosa è andato più che storto su quell'isola."
Diglielo, mormora la sua voce; diglielo, Albert. Non c'è più nulla da nascondere, ormai.
"È tutto scritto nel fascicolo."
"Stronzate."
"Non dovresti mettermi in discussione, Excella."
"Mi stai mentendo."
"Non lo farei mai."
Excella inspira con forza, sceglie di credergli - di essere carnefice e non vittima del proprio destino.
Alcuni segreti sono l'unico veleno di cui abbiamo bisogno.


2008

"Sai che non sono reale, vero?"
Wesker digrigna i denti, appoggia la nuca contro la paratia dell'elicottero.
Una Sergio Rossi modello Godiva gli pungola la coscia - si appoggia poi sulle sue gambe.
"O forse sì. Forse il virus ha mantenuto viva una piccola parte di me dentro di sé e adesso io respiro in te, Albert: non sarebbe romantico?"
Wesker le rivolge uno sguardo sfuggente, confuso.
"La proteina della memoria e tutte quelle stronzate di cui è capace il nostro caro Progenitore; in fondo, quando escludi l'impossibile ciò che rimane, per quanto improbabile, dev'essere la verità, citando Holmes."
"Sei morta."
"Lo so."
"Stavi peggiorando."
"Ricordo bene le mie condizioni, Al."
Perché non mi hai detto niente, mormorano i suoi occhi; perché, Alex?
Il suo sorriso triste è una risposta più che sufficiente.


10.

"Ricordi quella volta in laboratorio, con Will?"
Wesker solleva lo sguardo verso il soffitto, annuisce.
"Quei topi erano più grossi di un San Bernardo adulto." ridacchia Alex, socchiudendo gli occhi.
"Annette quasi lo ammazzava prima di loro."
"Oh, non che il buon vecchio Will fosse facile da uccidere."
"No." concorda Wesker "Non avrebbe mai ceduto senza combattere."
Alex tace, si morde il labbro inferiore - inspira, trattenendo un grumo di tristezza e lacrime in gola.
"Non sapeva nemmeno usarla quella pistola."
"Era un incapace totale."
"Già."
"Già." le fa eco Wesker, voltandosi verso di lei e trovandola uguale a sempre - a prima e a dopo.
Alex lo guarda, rivolgendogli un sorriso morbido - di quelli che poche volte le avevano acceso il viso, gli occhi.
"Ti sentirai tremendamente solo senza di me, Al."
Wesker la fissa, tace - brucia la sua pelle, il suo respiro.
"Strapperesti per me le braccia agli omini di marzapane? E quelle loro gambette storte? Sai quanto odi la loro espressione stupida e felice."
"Non è Natale, Alex: siamo in pieno agosto."
"Lo so. Lo so, ma mi piacerebbe tanto vedertelo fare; sembravi un piccolo stronzo anche da bambino."
La risata di Wesker è un pianto senza rumore.


2008

"Non siamo mai scappati da quei laboratori, Al."
Wesker si allaccia il polsino della camicia, scioglie le spalle.
"Siamo ancora , Al: nascosti al buio, divorati dagli aghi e dalle sue mani."
Raddrizza il colletto, lisciandone le punte.
"E stiamo urlando, Al; stiamo gridando, ma nessuno ci sente."
Un Patek Philippe, cassa in platino, cinturino nero lucido in alligatore a squama quadrata.
"Ci aggrappiamo ai vetri rinforzati fino a squarciarci la pelle; grondiamo sangue, e loro lo raccolgono per vedere che colore ha, quello che possono farci."
Toglie la giacca blu scuro dall'armadio, la indossa - muscoli che si contraggono, scivolano sotto la stoffa di un completo Kiton.
"Prelevano tessuti, ovuli, liquido seminale: analizzano, confrontano, ibridano."
Wesker si schiarisce la gola, apre un piccolo astuccio contenente lenti a contatto azzurre come i suoi occhi prima.
"Siamo la loro avanguardia; la progenie di un vecchio malato e putrescente."
Prima l'iride sinistra, poi la destra; un leggero bruciore sul fondo dell'orbita, nulla più di un pizzicore transitorio.
"Siamo un progetto, un esperimento: sacchi di carne da riempire e svuotare a loro piacimento. Cavalli da corsa, bestie da monta."
Wesker si allaccia il secondo bottone della giacca, controlla i gemelli in oro e zaffiri che indossa - consegna a Excella il profilo di un uomo già morto.
"Ha il sapore che ti aspettavi la vendetta, Al?"
Wesker solleva il mento, la fissa dal riflesso nello specchio - fili d'oro attorno al viso, che galleggiano nella penombra della stanza.
Alex si allunga verso il suo orecchio e mormora.  


11.

Irving tira su con il naso, passandosi l'indice sotto le narici un paio di volte - abbastanza da nascondere il bianco che gli ha appena risvegliato il cervello.
"Stai uno schifo."
Wesker lo ignora, schiude le dita davanti a sé - tramuta gli schermi della sala analisi in un mostro tentacolare e nerissimo.
"Cazzo." mormora Ricardo, fissando ciò che dovrebbe purificare il mondo.
Wesker ruota le dita in una manopola invisibile e l'Uroboros ruggisce - le sue proteine si allineano, i virioni triplicano.
"Tu ed Excella volete rilasciare... questo?" pigola, leggendo il tasso di mortalità, la velocità di replicazione e il fattore infettivo enumerati a lato.
Wesker gli rivolge un'occhiata da sopra la spalla, tace.
Irving inspira con forza, scuote la testa - arretra.
"Voi... voi, fottuti pazzi."
L'Uroboros cresce, non conosce limite - sazietà.
"Ucciderai tutti."
"Non ti riguarda." ribatte Wesker, ed è ruvida la sua voce - spezzata agli angoli, arrugginita.
"Excella lo sa?"
Wesker si volta, lo sovrasta - Irving comprende.

Troppo tardi.

Negli ultimi istanti la soddisfazione d'aver capito prima di Excella supera persino la paura.


2008

La bocca di Excella è morbida, le luci stordenti.
Sotto la lingua champagne e desiderio - tra le dita la chiave del mondo.
Wesker le inclina il capo all'indietro, mettendo a nudo una gola pallida e indifesa - pulsante.
Non si gioca con il cibo, mormora Alex, e muta a ogni respiro - ogni battito.
Ora è quella che ricorda, il momento dopo una bambina dalle ginocchia sbucciate e lo sguardo impietoso, crudele.
Cammina al suo fianco, si arrotola attorno alle sue spalle come una serpe bianchissima e dispettosa - cambia pelle, mai nome.
Wesker si aggrappa un'ultima volta alla sua coscienza - ai fianchi di Excella, al tintinnio dei bicchieri che gli riverbera nelle orecchie, tra le costole.
Albert, lo chiama.
Albert, lo invoca.
Albert, lo libera.
La sua mente cade e si frantuma in mille schegge che riflettono sempre e solo lei.


12.

"Ti ama."
Wesker chiude gli occhi, si reclina all'indietro.
"Non vale niente per te il suo amore?"
"No."
"Bugiardo."
"È sempre stata un mezzo, mai un fine."
Alex incrocia le gambe tra loro, si arrotola sulla scrivania di fronte a lui.
"Menti e menti ancora: non sai davvero fare altro, Al?"
Wesker socchiude una palpebra, la fissa.
"Non l'ho mai amata."
"Ma lei : anche se ti sei reso odioso, persino crudele. Anche se le hai mostrato la tua faccia peggiore, indossando la lorica del villain della storia."
Wesker tace, schiude anche l'altro occhio e Alex vi trova una stanchezza logora, assoluta.
"Immagino sia questo il pegno da pagare, no?" ribatte, asciutto.
Alex alza un sopracciglio, piega un angolo della bocca nell'ombra di un sorriso.
"Diventa impossibile lasciare ciò che si ama: anche se ti avvelena giorno dopo giorno."
"Chris Redfield ne è un esempio." replica Alex, sporgendosi verso il suo viso "Sai che è ancora là fuori a cercare Jill, vero?"
"Può sempre trovarla nello stomaco di qualche iena o leone."
"Che uomo spietato che sei." ridacchia Alex, e Wesker le stringe il volto tra il pollice e l'indice, premendo le dita nella guancia pallida.
"Sono quello che ho voluto essere."
Alex tace, lo studia con attenzione - sorride poi, priva di malizia.
"Oh, Albert. È quello che ci siamo sempre raccontati, io e te, uhm? Che la nostra volontà contasse qualcosa; che potessimo essere, non solo fingere."
"Non con te."
Silenzio.
"Con te non ho mai finto nulla."

Nulla che non volessi essere. Per te. Con te.

Alex appoggia la fronte contro la sua e chiude gli occhi.


2008

Tartine al salmone affumicato e mousse di zucchine.
Brandelli di carne, esplosioni di seta e organza.
Uova di quaglia al tartufo su crostini al forno.
Pelle sciolta, combusta - macchie nerastre e liquide, viscide sotto i piedi, tra le dita.
Bicchieri vintage, grida di cristallo.
Lanterne di fiori, torce umane - che corrono e si animano di una vita che non gli appartiene più.
Wesker si porta il flute alle labbra, assaggia appena un Methuselah Louis Roederer del 1990 - Millennium Cuvé.
Il mondo brucia, tutto intorno a lui muore - rinasce, trascende.
Excella si porta il pugno chiuso alla bocca, sgrana gli occhi - arretra su un paio di Stuart Weitzman tempestate di diamanti.
"Cosa hai fatto?" mormora - supplica.
Broccati veneziani, serpenti di viscere e sangue lungo le pareti, sul pavimento in marmo.
Excella compie un passo, poi un altro - bellissima con i capelli sciolti sulle spalle, tra i seni.
"Cosa hai fatto?" urla, ed eccolatutta la sua rabbia - la sua indignata e oltraggiata forza.
Wesker la fissa da sopra il bordo del calice e sorride.


13.

Mormora per lui una canzone nella lingua aspra di Sushestvovanie,

Тили-тили-бом, Закрой глаза скорее,
kто-то ходит за окном, И стучится в двери. (1)

ride contro la sua pelle, accarezzandogli le tempie, gli zigomi.
"Da quanto non dormi, Al?"

Тили-тили-бом, kричит ночная птица.
Он уже пробрался в дом, К тем, кому не спится.

Quattro mesi, vorrebbe rispondere.
Da sempre, la verità.

Он идет, oн уже, близко...

Lo accoglie tra le sue cosce, stringendosi a lui come prima - quando.

Тили-тили-бом.
Ты слышишь, кто-то рядом?
Притаился за углом, И пронзает взглядом.

Ed è tiepida, Alex; un respiro caldo che infrange il suo, una voglia che possiede occhi trasparenti, labbra voraci - esigenti.

Тили-тили-бом, kричит ночная птица.
Он уже пробрался в дом, К тем, кому не спится.

Lo bacia, e non diventa polvere tra le sue braccia - contro il suo petto.

Он идет, oн уже, близко...

Alex libera un ansito a metà, ribalta le posizioni, accogliendolo in un'unica, fluida spinta  - graffia, incidendogli mezzelune di sangue attorno all'ombelico, lungo un'erezione dolorosa e disperata.

Тили-тили-бом.
Ты слышишь, кто-то рядом?
Притаился за углом, И пронзает взглядом.

Wesker si solleva sui gomiti, le afferra la nuca - strattona.
Alex snuda i denti, sorride - una femmina in caccia, spietata.

"Da quanto non dormi, Al?"

L'orgasmo è un grido solitario e che non riceve eco alcuno.


2008/2009

Un rintocco, due rintocchi.

Non è ancora finita, Al.

L'orologio a parete - un cartel dei primi del Settecento - suona il terzo rintocco, il quarto.
"No." concorda, scavalcando i corpi lividi degli invitati.

Manca ancora qualcosa.

"Lo so." ribatte, e l'occhio cieco di Excella lo fissa - lo cerca.

Non è stata una bella morte.

"Nemmeno la tua." sottolinea Wesker, degnando appena di un'occhiata il volto tumefatto di Excella - la mandibola strappata, il cranio grottescamente sollevato verso l'alto, quasi una nascita oscena e disgustosa.

Un po' mi dispiace.

"Non ti era mai piaciuta."
La pendola scandisce il quinto rintocco, il sesto.

No. No, ma a volte mi chiedo se ne valesse la pena, Al.

Wesker spalanca le doppie porte intarsiate d'oro, viene accolto da una nube di polvere e cenere - briciole umane e miserie divine.
"Ne vale sempre la pena, Alex."
Sette rintocchi, otto.

E adesso dove andiamo, Al?

Wesker controlla l'ambiente circostante - bolle giallastre hanno già iniziato a eruttare dai corpi nerastri dei morti, piccole vesciche luminescenti e pulsanti.
"A casa, Alex." mormora, aggiustandosi il nodo della cravatta.
Nove rintocchi, dieci.

E saremo liberi, Al? Lo saremo davvero?

L'Uroboros schiude le sue prime propaggini, si allunga verso il suo padrone e maestro.
Wesker si volta, la guarda - la vede.
Alex si tormenta le mani tra loro, piedi nudi, a malapena toccati da tutto lo sporco che incrosta il pavimento sotto di lei.

Sono così stanca, Al.

Undici rintocchi, dodici.
Wesker le tende la mano, aspetta.
L'Uroboros si erge sopra ogni cosa e diventa lei.




But do you feel like a young god?
You know the two of us are just young gods
and we'll be flying through the streets with the people underneath
and they're running, running, running.

Il mondo è nero e nero.
La terra muore, l'aria brucia.
Cammina tra di loro il nuovo dio, carne e sangue e miseria - un cavaliere senza nome, il re consumato di un trono in macerie.
Claire lotta - non cede (non ancora).
"Perché?" grida, e Wesker la ignora.
"Perché ci hai fatto questo?" rantola quando l'Uroboros le raggiunge il petto, la gola.
Wesker inclina appena il mento verso di lei, sembra non riconoscerla neppure.
Sono io, vorrebbe urlare Claire, ma l'Uroboros le entra nelle narici, scende - strappa, ed è come essere lacerati dall'interno.
Sono la sorella di Chris. Sono la stronza che ti ucciderà, vorrebbe promettere, ma non può - non più.
L'Uroboros invade, squarcia, conquista - distrugge, e Claire cade, muore.

Chi era, Al?

"Nessuno." risponde, e no, non va bene così - lei dovrebbe conoscerla. Dovrebbe sapere chi era, cosa rappresentava.
La figura al suo fianco ciondola in avanti, recupera poi l'equilibrio - inspira, ed è un suono umido, molliccio.
"Andiamo." le dice, aspettandola "Non abbiamo ancora finito."

No?

"No." ribatte Wesker, spazzando con lo sguardo la piana brulla e in cui l'Uroboros scende come una marea nerastra e catramosa.

Quanti, ancora? Quanti, perché io sia completa?

Wesker chiude gli occhi, piega il capo in avanti.

Albert.

"Quanti saranno necessari, Alex."

Il mondo, Al?"

"Se devo, sì."

Non rimarrà nulla.

"Non importa."

Mi ami così tanto, Albert?

Wesker si volta, la fissa - oltre il virus, oltre la malattia, oltre la disperata illusione che ha creato per lui l'Uroboros.
Alex risponde al suo sguardo, tace.

Capisco.

Un sorriso a mezza bocca, un accenno di risata.

Andiamo a casa, Al.

Wesker le porge il braccio, Alex lo accetta - ricomincia a camminare.
La forza dei ricordi è, a volte, tutto ciò che basta.




"It is far harder to kill a phantom than a reality."
- Virginia Woolf -




Note dell'autrice: (1) Tili Tili Bom.

Questa storia partecipa al contest My beloved villain, indetto da Dark Sider sul forum di EFP.


   
 
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