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Autore: Menade Danzante    21/12/2019    2 recensioni
[Storia ispirata ad un particolare della OS “A winter's tale” pubblicata nella raccolta “Bohemian Rhapsody for an Angel and a Demon” di Stria93, la quale ha acconsentito alla mia richiesta di utilizzare un suo brano come spunto per una mia storia.]
[Paradossale seguito di "Annunciazione", ma non è necessario conoscerla.]
Dal testo: "«Signori, abbiamo una missione» rivelò, diretto, guardando tutti e nessuno. Indicò verso l'alto e, se possibile, il suo sorriso divenne ancora più largo. «L'Onnipotente ci ha incaricati di portare sulla Terra suo Figlio»
Gli angeli si scambiarono un'occhiata compiaciuta prima di applaudire. Gabriel annuì, comprensivo: aveva calcolato di fare una pausa drammatica, ma quello si era rivelato persino un modo migliore di accogliere la notizia. Batté le mani a sua volta fino a quando anche l'ultimo clap-clap si fu esaurito.
«Ho già parlato con la madre surrogata» proseguì nel rinnovato silenzio. «Ha acconsentito a mettere a disposizione il proprio utero»
«Terrò personalmente d'occhio il padre putativo» disse ancora Gabriel. «In caso di reazioni inconsulte, ho il diretto ordine di intervenire»
Mormorio di assenso.
«Bene. Si chiamerà Gesù. Yehoshua. Dio-è-salvezza». Un guizzo di comprensione attraversò tutti gli astanti. «Nascerà a Betlemme»"
Genere: Comico, Commedia, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna, Het | Personaggi: Altri, Aziraphale/Azraphel, Belzebù, Gabriele, Michele
Note: Missing Moments, Movieverse | Avvertimenti: nessuno
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nativity

[Storia ispirata ad un particolare della OS “A winter's tale” pubblicata nella raccolta “Bohemian Rhapsody for an Angel and a Demon” di Stria93, la quale ha acconsentito alla mia richiesta di utilizzare un suo brano come spunto per una mia storia. Nello specifico, le frasi incriminate sono le seguenti: - A proposito, bel lavoro con quella stella cometa: davvero d'effetto, anche se un po' pretenziosa come trovata. - / Aziraphale si strinse nelle spalle. - Be', l'Onnipotente aveva detto di volere qualcosa d'impatto e che fosse altamente simbolico. -”.

Stria, perdonami!]



Nativity






Il meeting1 sarebbe iniziato di lì a poco e l'Arcangelo Gabriel era appena tornato da Nazareth. Calcolò di avere a malapena il tempo di ripulire la propria tunica dalla polvere prima di anticipare gli altri nella Sala Conferenze. L'aveva indetto lui, l'incontro, perciò sarebbe stato profondamente scortese da parte sua presentarsi in ritardo o insieme a tutti gli altri. Non passò nemmeno nel suo ufficio per prendere il materiale necessario alla riunione: lo avrebbe miracolato all'occorrenza.

Giunto nella Sala sventolò la mano davanti a sé e l'abito tornò completamente pulito.

Se doveva essere sincero con sé stesso, la visita alla vergine non era stata particolarmente soddisfacente. Maria aveva detto di sì, non aveva opposto resistenza, aveva accolto la proposta dell'Altissima: quello era andato magnificamente; a non convincerlo del tutto erano state la località e l'estrazione sociale della ragazza... Sembrava quasi che Dio non volesse rendere la vita facile a suo Figlio. Se Gabriel avesse potuto organizzare anche quell'aspetto della faccenda, di sicuro avrebbe operato in maniera estremamente diversa: l'avrebbe fatto nascere in una villa in mezzo agli agi.

Tuttavia, aveva fatto il suo dovere, aveva eseguito il comando di Dio e aveva portato la lieta notizia. Adesso doveva solo mettere al corrente di tutto i suoi collaboratori più fidati.

Ebbe appena un momento per far apparire sul tavolo dei veloci stuzzichini di manna prima che la porta della Sala si aprisse per rivelare Michael, Uriel, Sandalphon e Aziraphale.

«Benvenuti» salutò allargando le braccia, includendo in quella stretta virtuale tutta la squadra di angeli. «Prego, sedete» disse, indicando il tavolo ovale senza smettere di sorridere nemmeno per un secondo: sapeva che nessuno avrebbe mai rifiutato un incarico, ma era anche certo che condire il tutto con un po' di smancerie potesse aiutare tutti a impegnarsi di più.

Quando tutti furono comodi, Gabriel agitò una mano per far comparire dietro di sé un piedistallo con una pergamena.

«Signori, abbiamo una missione» rivelò, diretto, guardando tutti e nessuno. Indicò verso l'alto e, se possibile, il suo sorriso divenne ancora più largo. «L'Onnipotente ci ha incaricati di portare sulla Terra suo Figlio»

Gli angeli si scambiarono un'occhiata compiaciuta prima di applaudire. Gabriel annuì, comprensivo: aveva calcolato di fare una pausa drammatica, ma quello si era rivelato persino un modo migliore di accogliere la notizia. Batté le mani a sua volta fino a quando anche l'ultimo clap-clap si fu esaurito.

«Ho già parlato con la madre surrogata» proseguì nel rinnovato silenzio. «Ha acconsentito a mettere a disposizione il proprio utero»

«Oh» fece Michael, moderatamente stupita. «Sarà umano?»

«Si incarnerà, ad essere precisi»

Tutti annuirono.

«Terrò personalmente d'occhio il padre putativo» disse ancora Gabriel. «In caso di reazioni inconsulte, ho il diretto ordine di intervenire»

Mormorio di assenso.

«Bene. Si chiamerà Gesù. Yehoshua. Dio-è-salvezza». Un guizzo di comprensione attraversò tutti gli astanti. «Nascerà a Betlemme»

«Non a Roma?» domandò Uriel. La domanda, pensò Gabriel, era più che ragionevole. Un luogo più centrale sarebbe stato il minimo per il Figlio di una Regina come quella, ma no, Dio era stata categorica: suo Figlio sarebbe nato in una comunissima, insipida città sabbiosa.

«Non a Roma, no» confermò comunque, unendo le mani meditabondo. «Ordini dall'Alto»

«Ineffabili» intervenne Aziraphale all'improvviso, catalizzando l'attenzione generale su di sé. Gabriel, vedendolo così soddisfatto per quello che aveva appena detto, si pentì di averlo invitato alla riunione e si chiese se dovesse aspettarsi ulteriori inutili contributi da parte sua.

«No» disse l'Arcangelo con una smorfia di sufficienza. «È il Grande Piano, questo: non è ineffabile»

Aziraphale aggrottò la fronte. «Questo è il Grande Piano?»

Gabriel cercò l'approvazione degli altri prima di dichiarare: «Certo»

Il Principato fece una faccia confusa. «Credevo che il Grande Piano fosse ineffabile»

Gabriel lo fissò per un attimo con lo smarrimento negli occhi. Non si era mai posto quella domanda, ma l'idea che a farlo ragionare su quel punto fosse proprio Aziraphale non lo allettava per niente. Non amava essere contraddetto, soprattutto quando a farlo era un angelo che passava troppo tempo altrove, lontano da loro, dal Paradiso. Come pretendeva lui di capire i Piani di Dio quando era fuggito dalla sua Casa appena ne aveva avuto l'occasione?

«Ovviamente non è così» disse, la stizza nascosta dietro una maschera di elegante alterigia.

Aziraphale aprì la bocca in un muto “Oh”, riducendosi al silenzio con un leggero rossore sulle guance di cui Gabriel si sentì orgogliosamente responsabile.

«Torniamo a noi» suggerì. «Non ho ancora tutti i dettagli, ma possiamo cominciare i preparativi. Abbiamo nove mesi per organizzare la venuta del Figlio di Dio sulla Terra»

Si voltò per prestare attenzione alla pergamena. La picchiettò con una bacchetta di legno per far comparire un elenco vuoto; al secondo tocco il primo punto si riempì di una scritta che Gabriel subito sottolineò con un terzo colpo di bacchetta.

«Per il momento voglio che vi occupiate del cielo» disse. «Il parto avverrà di notte e l'Altissima esige che ci sia un segno, qualcosa di visibile e di immediatamente comprensibile anche per i popolani»

«Magari una stella» azzardò Sandalphon. «Nessuno se ne accorgerà senza una... luce nel buio» spiegò prima di esibire un sorriso lezioso. «A parte la madre, ovviamente: non puoi partorire senza rendertene conto»

Gabriel si illuminò: lo guardò con estrema soddisfazione prima di aprire la mano per indicare l'angelo agli astanti. «Signori e Signore, questo è lo spirito giusto» si complimentò con orgoglio. «Per le stelle dovrete fare a meno delle abilità di quel demone... quel Crawly... Era stato d'aiuto all'Inizio...». Gabriel, se non altro, doveva riconoscergli una certa praticità nel maneggiare il materiale gassoso dell'Universo. Crawly si sarebbe rivelato davvero utile se si fosse trovato ancora tra loro, ma si sforzò di assumere comunque un'aria rassicurante.

«Crawly?» fece Michael con un sopracciglio alzato. «Ne è passato di tempo da quando costruiva le stelle, Gabriel» lo rimproverò bonaria. «L'istigatore di Bruto non sarà una grave mancanza a questo tavolo, te lo assicuro»

L'Arcangelo sorrise e fece per rispondere, ma fu costretto a tacere, sovrastato da una voce stridula.

«È stato lui?!»

Gabriel si voltò, rivolgendosi ad Aziraphale per la seconda volta da quando avevano iniziato.

«Prego?» chiese, confuso.

L'angelo ebbe almeno la decenza di mostrarsi intimorito di fronte al suo cipiglio. «È stato lui a dare il via alla congiura?»

«A quanto sappiamo, sì» rispose atono, più per dovere che per reale necessità: non era quello l'argomento del meeting: perché Aziraphale continuava ad accumulare un intervento più infruttuoso dell'altro? Inoltre, a chi mai potevano interessare le gesta demoniache di un insulso diavolo dell'Inferno?

La risposta gli fu presto chiarificata dall'espressione dura di Aziraphale: sembrava quasi aver preso la notizia sul personale e quello semplicemente non aveva senso. Il Paradiso non aveva avuto alcun interesse nelle parti coinvolte nella congiura, né tanto meno in Bruto. Che si fosse affezionato a Cesare? Forse il Principato era stato davvero troppo tempo sulla Terra e il contatto con gli umani lo stava rendendo molto meno angelico del previsto.

Ma quello non spiegava lo scandalo nel suo tono: perché sorprendersi tanto di fronte ad una tentazione come un'altra? Insomma, era per quello che esistevano quelli come Crawly.

Crawly.

Gabriel assottigliò le palpebre: Aziraphale era stato sorpreso dall'autore della tentazione. Perché?

«Qualche problema?» domandò, cauto.

«Oh no, no» disse l'altro, schiarendosi la gola con un'irritante goffaggine. «Crawly è un tremendo avversario! Deplorevole, astuto avversario. Non sapevo che... ecco... che fosse stato coinvolto nella congiura...»

Perché mai avresti dovuto saperlo?, pensò l'Arcangelo, ma si guardò bene dal dirlo. Ripiegò su una risposta classica: sorrise e inarcò le sopracciglia, invitandolo implicitamente a continuare il suo discorso, ben consapevole che non sarebbe mai accaduto. Aziraphale si zittì immediatamente e tornò a guardare la pergamena sul piedistallo.

«In ogni caso,» riprese Gabriel, guardando gli altri, «sono certissimo che saprete cavarvela da soli»

Michael fu la prima ad annuire con decisione, seguita a ruota da Uriel e Sandalphon. Aziraphale fu l'ultimo a fare un cenno di assenso.

«Per ora è tutto» concluse l'Arcangelo, avviando la riunione alla chiusura. «Ci aggiorneremo nei prossimi giorni». Si raddrizzò e fece cenno agli angeli di alzarsi a loro volta. Lanciò un ultimo sguardo a Sandalphon e annuì compiaciuto. La luce nel buio era davvero un'ottima immagine: con un po' di fortuna l'avrebbero resa un'allegoria.


-


Chi mai avrebbe potuto rifiutare il Figlio di Dio? Gabriel se l'era chiesto nel momento esatto in cui l'Onnipotente aveva paventato l'ipotesi che non sarebbe stato facile convincere entrambi gli umani coinvolti ad accettare quel fardello. Se l'avessero chiesto a lui, l'Arcangelo sarebbe stato felicissimo di soddisfare il desiderio di Dio.

Suo malgrado, nessuno aveva avuto l'idea di dirgli delle leggi umane fino a quel giorno, quando Aziraphale non era tornato in visita al Paradiso per vederlo con urgenza e comunicargli in tutta fretta che Giuseppe avrebbe potuto legittimamente accusare la ragazza di essere un'adultera e ripudiarla.

«Ma non sono nemmeno sposati!» aveva obiettato Gabriel, allibito più per essere venuto a conoscenza dei fatti dal Principato e non da Dio che dalla notizia.

«Invece sì!» era stata la replica accorata dell'altro che aveva preceduto una tediosa e ancora in corso spiegazione sulle tradizioni umane2.

Quello avrebbe potuto costituire un problema notevole: Maria aveva già detto il suo sì. Che cosa avrebbe fatto Dio se fosse stata ripudiata? Avrebbe accettato di far nascere un bastardo? Avrebbe semplicemente selezionato un altro utero? Avrebbe aspettato un altro paio di millenni prima di rilasciare il suo seme sulla Terra? Erano tutte domande a cui Gabriel non aveva pensato quando aveva preso accordi con Lei e che non aveva intenzione di farle adesso, non con il Figlio già nel grembo della ragazza e con i progetti grafici del Grande Giorno già avviati.

«D'accordo, ci penso io» disse l'Arcangelo quando finalmente fu in grado di inserirsi tra le informazioni sciorinate da Aziraphale. Lo congedò immediatamente, ringraziandolo in maniera altrettanto sbrigativa per le preziose nozioni che gli aveva fornito.

Non aveva molto a cui pensare: doveva agire in fretta e anticipare qualsiasi decisione drastica da parte dello sposo. Se Dio l'avesse avvisato prima, si sarebbe recato da lui subito dopo aver fatto visita a Maria, ma ormai arrotolare il tempo per rimediare alla svista era impensabile.

Gli bastò concentrarsi un momento per ritrovarsi sulla soglia dell'abitazione di Giuseppe. Un'altra umile catapecchia. Troppo umile. Se quelli non fossero stati ordini di Dio, Gabriel pensò che avrebbe avuto seriamente da ridire di fronte a un piano così stranamente congegnato. Si chiese per un attimo quali garanzie di vita avrebbero potuto dare a Gesù due genitori sociali come loro, ma stabilì di avere qualcosa di più importante da fare.

«Salve» disse, cordiale, intrufolandosi in casa di Giuseppe senza attendere il permesso dell'uomo. In cambio, ricevette uno sguardo a metà tra il sorpreso e lo scandalizzato.

Aziraphale lo aveva messo al corrente della possibilità che presentarsi come un Arcangelo non avrebbe sortito grandi effetti su un uomo maturo e finito come quello che aveva davanti. Data l'incredulità che leggeva sul volto di Giuseppe, Gabriel fu obbligato a riconoscere la verità di quell'avvertimento e pensò di essere in una situazione alquanto problematica: la Fede andava bene, sapeva quanto fosse devoto quell'uomo, ma rimaneva pur sempre diffidente nei suoi confronti.

Gabriel, tuttavia, non aveva tempo per la reticenza di un falegname: doveva trovare una soluzione in fretta, doveva capire le intenzioni di quell'uomo nei riguardi di Maria e doveva aggirare il fatto che il consorte non si sarebbe mai confidato con un perfetto sconosciuto come lui. Sospirò sconfortato, ben conscio di dover mettere in pratica l'unica alternativa che gli si stesse presentando alla mente. Non amava farlo, ma ancora meno amava essere rimproverato dall'Onnipotente.

Con un ultimo profondo respiro si decise: ampliò la mente fino a raggiungere la coscienza di Giuseppe e la trovò tutta aggrovigliata intorno al presunto adulterio di Maria. C'era qualcosa di strano, però: da come Aziraphale gli aveva presentato la questione, Giuseppe avrebbe dovuto essere semplicemente furioso, ferito nell'orgoglio e nell'anima di fronte a un presunto tradimento della moglie. Eppure, nonostante non le avesse propriamente creduto riguardo alla storia di Dio, quell'uomo non era arrabbiato. Dispiaciuto, forse, ma non arrabbiato. Non voleva nemmeno ripudiare Maria in pubblico: stava soppesando l'idea di fare tutto in segreto per arrecare il minor danno possibile alla giovane ragazza.

Gabriel si concesse di rilasciare un sospiro di sollievo mentre abbandonava le stratificazioni della mente di Giuseppe3. Prima o poi l'avrebbe fatta pagare a quell'idiota di Aziraphale per lo spavento a cui l'aveva sottoposto. L'aveva fatto preoccupare per niente: l'Arcangelo aveva trovato più speranza del previsto e aveva ancora una miriade di possibilità per convincere Giuseppe ad accettare quel bambino senza alcun timore di contravvenire alla legge. Quel Principato era diventato davvero troppo emotivo per i suoi gusti4.

«So quello che stai passando» annunciò finalmente, accennando un sorriso di comprensione. Giuseppe aggrottò la fronte, ma continuò a non fiatare. «So della gravidanza di Maria, tua moglie»

Il falegname ebbe solo il tempo di aprire la bocca prima che Gabriel riprendesse a parlare.

«Non sono stato io!» disse, infatti, ridacchiando alla battuta. «Non avrei potuto». Giuseppe non si unì all'ilarità dell'altro e indurì lo sguardo. «Comunque, io sono Gabriel, l'Arcangelo che le ha portato la lieta novella»

Qualcosa nell'espressione del padrone di casa mutò. Il dubbio era rimasto, ma ora era mescolato ad un sacro stupore. Gabriel pensò che sarebbe stato più facile convincerlo se si fosse presentato avvolto in un fascio di luce o preceduto da un fulmine. Con Maria, pensò amaramente, era stato tutto più semplice.

«Ascoltami, figlio di Davide5» ricominciò, conciliante: nominare la stirpe, forse, avrebbe potuto sortire un qualche effetto calmante. «Non devi aver paura di concludere il matrimonio. Quel bambino è figlio di Dio. Dico sul serio!». Perché avrebbe dovuto mentire su una cosa del genere? Perché qualcuno avrebbe dovuto considerarlo un bugiardo? «È intervenuta Lei personalmente. Sai, lo Spirito Santo...»

Il volto di Giuseppe era un miscuglio di emozioni assurde, tanto che Gabriel temette che non avesse compreso nemmeno una singola parola di quelle che aveva detto.

«È la profezia» disse alla fine, ben consapevole che, se quell'ultima constatazione non fosse risultata vincente, avrebbe dovuto chiedere udienza all'Altissima per risolvere la questione con metodi più drastici. «La vergine che dà alla luce un figlio...» recitò più o meno a memoria una vecchia cantilena. «Emmanuele, Dio-con-noi6... No? Non ti dice niente?»

Da come Giuseppe trattenne il respiro e si portò una mano sul petto, Gabriel capì che le sue affermazioni gli dicevano ben più di qualcosa. Sorrise bonario, trionfante.

«Ah! Bene, bene. Tutto risolto, immagino. Huh?»

Il falegname non rispose a parole, ma le lacrime agli angoli degli occhi e il respiro appena affannato contribuirono a dare all'Arcangelo un'idea più che positiva di quanto tutto fosse andato per il meglio.

Si fregò le mani tra loro e annuì, compiaciuto del colpo di genio che aveva appena avuto. «Sii orgoglioso, Giuseppe! Questo bambino salverà il mondo, un giorno». Fece una pausa prima di riprendere: «Dovrai chiamarlo Gesù. Ho già informato tua moglie, ma so bene che la scelta del nome spetta al padre». Doveva riconoscere che Aziraphale, nonostante l'agitazione immotivata con cui l'aveva interpellato, era riuscito a fornire un quadro piuttosto corretto delle usanze umane. Evitò di sottolineare quanto non fosse libera quella scelta, ma immaginava che il buon vecchio uomo davanti a sé avrebbe capito da solo.

«Bene» ripeté, guardandosi intorno. «Ti vedo scosso: forse è meglio che riposi un po', che ne dici?»

Non attese risposte da Giuseppe: con un gesto garbato, ma che non ammetteva repliche, lo condusse al suo giaciglio e lo invitò a stendersi.

«Quando ti sveglierai, ricorderai tutto come un sogno, un bellissimo sogno» assicurò Gabriel passandogli una mano sulla fronte: quello avrebbe cancellato ogni traccia di dubbio dalla mente del falegname.

«Auguri!» concluse prima di imboccare l'uscita senza dire altro: Giuseppe già non lo ascoltava più7.


-


Raramente Dio era tanto chiara – Gabriel ormai era venuto a patti con quell'aspetto della sua Creatrice –, ma quella volta aveva proprio fatto un'eccezione: suo figlio doveva venire al mondo, niente discussioni. Questo implicava che anche l'Inferno non avrebbe dovuto interferire in alcun modo con quel Piano.

A rigor di logica, Gabriel si era detto che persino Satana avrebbe capito il Disegno Divino e li avrebbe lasciati in pace, ma via via che i preparativi procedevano e le riunioni si susseguivano, l'Arcangelo era giunto alla conclusione di non poter rischiare e di dover parlare con qualcuno da Laggiù per essere certo delle mosse dell'Opposizione.

Quando aveva preso questa decisione, tuttavia, non si era aspettato di vedere arrivare in mezzo al deserto un diavolo minore, un idiota in piena regola, uno scagnozzo qualunque utile solo a compilare moduli incartapecoriti nei recessi degli uffici infernali, che era esattamente quello che aveva davanti.

«Chiedo scusa: tu saresti...?» domandò, le palpebre assottigliate in un consapevole moto di disgusto.

«Il messaggero che hai chiesto di vedere» sorrise il demone, mostrando una chiostra bianchissima di denti che contrastava con la pelle bruna. Gabriel ricordava involucri decisamente peggiori per i diavoli.

«Immaginavo che ci fosse stato un errore» ribatté, mostrandosi più comprensivo. «Non ho chiesto un messaggero: ho chiesto di parlare con Satana»

«Oh. No, non è possibile» disse il demone, appena intimorito. «Satana non si fa scomodare dalle schiere angeliche»

Gabriel si costrinse a prendere un respiro profondo e a ricacciare indietro la risposta aspra che gli era venuta in mente. Si limitò a serrare i pugni dietro le pieghe della tunica e a inclinare la testa di lato.

«Vedi, raggio di sole, è Dio che lo vuole» spiegò, calcolatore, con estrema ovvietà: se quella era la situazione, doveva davvero benedire il momento in cui si era convinto di dover specificare ai Caduti cosa stesse succedendo ai Piani Alti. «Ho bisogno di parlare con un'autorità, non con... con te, con un messaggero»

«Satana non è disponibile»

L'Arcangelo gonfiò il petto, le iridi viola che scagliavano lampi: doveva venirne a capo in qualche modo, quella faccenda non poteva essere lasciata al buonsenso dell'Inferno, a quanto pareva. «Il Lord, allora»

Il diavolo annuì e si insabbiò così in fretta che Gabriel temette di essere stato appena preso per il naso da quel piccolo insolente. Fu quasi sorpreso, dunque, quando vide la terra riaprirsi a poca distanza da sé. Fu ancora più stupito nel sentire un inconfondibile ronzio di mosche.

«Lord Beelzebub» salutò, accennando un sorriso di cortesia che non venne ricambiato.

«Datti una mossa. Non zziamo ai tuoi ordini» disse il Lord con tono strascicato. Gabriel si ricordò che era quando aveva a che fare con gli abitanti dell'Inferno che rivalutava la compagnia esageratamente gioviale di Aziraphale.

«Avremmo fatto molto prima se il tuo capo si fosse presentato subito» ribatté l'Arcangelo senza scomporsi e avendo cura di mantenere il sorriso ben stampato sulla faccia. «Non ha imparato niente dagli errori del passato»

Con suo sommo dispiacere, Lord Beelzebub non accolse la provocazione. «Sei zzolo un Arcangelo: Satana non zzi presenta per gente come te» spiegò con semplicità, godendo evidentemente nel pronunciare quelle parole. «Nemmeno io, se è per questo, ma vizzto che hai insizztito tanto... Che vuoi?»

Gabriel decise coscienziosamente di ignorare gli insulti: la missione che doveva compiere era molto più importante di rendere conto a Beelzebub dei suoi meriti.

«Non io» disse, serio, per poi alzare gli occhi al cielo. «Lei»

«Che vuole?» riformulò allora il demone. Qualcosa nell'immutato sguardo del Lord fece capire a Gabriel che nominare Dio al diavolo messaggero avesse sortito l'effetto sperato.

«Suo figlio deve nascere» iniziò l'Arcangelo, spiegando poi più o meno nel dettaglio il Piano. Specificò di non avere nessun tipo di programma definitivo, che i preparativi erano in fieri e avanzò persino l'ipotesi di mantenere un contatto serrato nei mesi seguenti in modo da essere certi che qualsivoglia pianificazione infernale non entrasse in contrasto con la nascita di Yehoshua.

«Non potete esimervi dal rispettare queste indicazioni» concluse perentorio. «Immagino che comprendi»

Lord Beelzebub ovviamente comprendeva l'ineluttabilità del Disegno. «Perché ora?»

«È il Grande Piano»

Il Lord rilasciò un sospiro scocciato. Gabriel non si era aspettato niente di diverso: gli ordini di Dio erano indiscutibili tanto per il Paradiso quanto per l'Inferno. C'erano cose a cui nemmeno Satana poteva dire di no.

Vi siete ribellati per niente, pensò, ma non lo disse ad alta voce: l'interlocutore aveva mostrato fin troppa collaborazione e non era il caso di rischiare adesso una reazione devastante.

«Bene, perfetto» disse, invece, lisciandosi le pieghe della tunica. Dal canto suo, Beelzebub si limitò a squadrarlo con aria di sufficienza prima di raddrizzarsi sulla testa il turbante pieno di mosche.

«Abbiamo finito?» chiese lamentosƏ.

Gabriel represse un moto irritato: così piccolƏ, così bassƏ, così infimƏ, eppure così insolente. Cadere non li aveva cambiati neanche un po'.

L'Arcangelo, tuttavia, giudicò ancora una volta insensato mostrare il proprio disappunto di fronte al Lord. Si apprestò dunque a chiudere ufficialmente l'incontro con una stretta di mano, ma all'ultimo ci ripensò, colto da un quesito improvviso.

«Ancora una cosa» disse, incassando senza battere ciglio l'occhiata di puro tedio di Beelzebub. «Tieni sotto controllo il demone Crawly»

Il Lord aggrottò la fronte e batté le palpebre rapidamente, come se stesse cercando di ricordare qualcosa.

«Il demone Crawzly? Che ha fatto?»

Gabriel fece una smorfia. «Niente che interferisca con l'arrivo del Figlio di Dio, per ora» garantì. «Ma questo non significa che non possa fare danni in futuro»

Per la prima volta da quando era arrivatƏ, Lord Beelzebub mostrò un'emozione diversa dalla noia: era risentitƏ. «Non zzono un coglione, Gabriel!» sbottò. «Ti dico che per quezzta volta faremo come vuole Lei e cozzì sarà. Che c'entra Crawzly? Non è lui che decide»

La domanda era più che legittima. A ben pensarci, nemmeno Gabriel sapeva esattamente perché gli fosse tornato in mente. Era un sospetto. O, meglio, una sensazione: l'Arcangelo sentiva che qualcosa che non andava riguardo a quel demone e che c'era di mezzo Aziraphale, ma non sapeva spiegarselo. Giudicava semplicemente impossibile che in quattromila anni di permanenza sulla Terra i due non si fossero mai incontrati: dai resoconti del Principato risultava paradossalmente più assidua la frequentazione tra Gabriel e Beelzebub.

L'Arcangelo non voleva insinuare che Aziraphale gli nascondesse deliberatamente qualcosa, ma come rendere partecipe il Lord infernale di quei pensieri senza risultare accusatorio nei confronti della sua stessa fazione? Colpire Crawly andava bene, era un nemico, ma Aziraphale, per quanto irritante, rimaneva un angelo come lui. Sarebbe stato giusto tradirlo senza nemmeno l'ombra di una prova concreta di qualche attività illecita? Non c'era nemmeno bisogno di porre la domanda: doveva risolvere quel problema da solo, con i suoi mezzi.

Gabriel scosse il capo ed esibì un sorriso di scuse. «Ma certo che non decide lui, hai ragione»

«Abbiamo finito?» ripeté il demone, quasi meccanicamente.

«Sì. Ti ringrazio per il tuo tempo» disse l'Arcangelo, infondendo nella frase tutta l'ironia di cui era capace. Tese il braccio affinché il Lord stringesse la sua mano, ma l'unica reazione che ottenne fu una smorfia schifata.

«Fottiti. Tu e tutti i tuoi amichetti» cantilenò Beelzebub prima di venir risucchiatƏ dalla sabbia.


-


L'Arcangelo si era preoccupato di convocare almeno una riunione ogni sette giorni per analizzare i progressi fatti nel campo figurativo con l'organizzazione del cielo in quella fatidica serata. L'idea della stella era stata accolta con piacevole clamore da tutta la squadra e nessuno si era tirato indietro dal dare il proprio contributo all'operazione. Le discussioni sul tipo di stella da costruire avevano tenuto occupato il team per diversi mesi: da quella rappresentazione dipendeva un simbolo e tutti si erano dimostrati concordi nel dichiarare di non poter ammettere nell'immagine divina ogni tipo di ammasso di gas. Alcune proposte vennero rapidamente giudicate troppo insignificanti per il Figlio di Dio, altre, invece, eccessive e rischiose per l'incolumità non solo del bambino, ma anche di una buona porzione della Terra. Eppure, nonostante le linee generali fossero ben definite, le pergamene ricolme di grafici e proiezioni della volta celeste che Gabriel passava al vaglio, pur non essendo sgradevoli, non riuscivano mai a toccare le vette della perfezione a cui sperava di arrivare.

«Servirebbe qualcosa di più elegante» aveva suggerito in chiusura di una riunione. «Di più... alla moda, di più accattivante, che lasci gli esseri umani senza fiato... Capite cosa voglio dire?»

Sette giorni dopo, seduto al tavolo della Sala Conferenze, Gabriel seppe di essere stato capito: Michael aveva presentato una cometa, ne aveva illustrato il progetto, il viaggio, i tempi di realizzazione, l'estetica, lo scopo. Snella, fugace e affascinante: quelle le parole chiave della relazione dell'Arcangelo. Gli umani, aveva sostenuto, sarebbero stati in grado di intenderla esattamente per quello che era, cioè un segno divino, un annuncio, una conferma, un miracolo.

Il discorso era stato così convincente e appassionato che, quando Michael ebbe finito di parlare, Gabriel fu fiero di essere l'iniziatore di un meritatissimo applauso tutto per lei. Si alzò e le andò incontro per stringerle le mani sulle spalle.

«Perfetto!» la elogiò, invitando i presenti con un gesto ad intensificare il battito di mani. Attese che tutto tornasse tranquillo prima di riprendere. «Useremo questa splendida idea per guidare il popolo dal bambino. Potete cominciare anche da oggi a costruirla!»

Gabriel li osservò mentre si apprestavano all'uscita.

«Aziraphale?» chiamò quando nella stanza rimasero solo loro due. «Una parola, per favore»

L'angelo gli si avvicinò con un'espressione così timorosa che Gabriel in un primo momento se ne compiacque, ma la soddisfazione fu presto sostituita dalla pena: faticava sempre a riconoscere in lui il Guardiano del Cancello Est del muro di cinta dell'Eden. Così impaurito, così codardo... Avrebbe potuto essere un leone, come lui. Superbo, guerriero, valoroso, nobile. Ma no: Aziraphale aveva scelto l'agnello, aveva preferito la mitezza e la sottomissione e Gabriel non se ne capacitava. Chi mai avrebbe preferito quel destino di fronte alla possibilità di essere migliore?

C'era davvero da chiedersi perché Dio lo tenesse in considerazione per operazioni così delicate.

«C'è qualche problema?» chiese titubante il Principato mentre si portava le mani in grembo e un guizzo nervoso gli animava gli occhi.

«No, al contrario» disse Gabriel, non potendo fare a meno di domandarsi perché ogni santa volta che parlavano faccia a faccia Aziraphale sospettasse l'esistenza di problemi. «L'Onnipotente ha un compito per te»

Il volto dell'angelo si illuminò all'improvviso di stupore e meraviglia. «Davvero?»

Gabriel annuì. «Mi ha parlato e mi ha fornito più dettagli del Piano. È arrivato il tuo momento!»

Aziraphale sorrise, sinceramente grato. «Oh, è un grande onore per me»

«Lo è, lo è» confermò l'Arcangelo mentre faceva apparire una mappa della Giudea su una pergamena altrimenti intonsa e la consegnava all'altro. «Come sai, suo Figlio nascerà a Betlemme, non a Nazareth». Evitò di specificare che l'Onnipotente gli aveva gentilmente ricordato che a Betlemme era nato anche re Davide e che il luogo era fortemente simbolico. Gabriel, comunque, continuava a credere che a Roma avrebbero fatto una figura più imponente, e ora che aveva avviato l'assemblaggio di una cometa ne era sempre più convinto. «Il tuo compito è quello di trovare un motivo valido perché possano affrontare il viaggio»

«Oh» esalò Aziraphale, già industrioso. «Che ne dici di un censimento8? Potrebbe essere una soluzione adeguata?»

L'Arcangelo lo guardò con tanto d'occhi. «Perché non suggerire loro una vacanza?»

Aziraphale alzò le sopracciglia e deglutì rumorosamente. «Be', lei è incinta» sorrise, imbarazzato. «I rischi per sé e per il bambino aumentano con un viaggio a dorso di mulo e... non si muoverebbe da Nazareth senza una motivazione... seria. Un obbligo istituzionale per il marito, invece, potrebbe far cambiare loro idea»

Gabriel aveva perso il filo del discorso dall'ovvietà sulla gravidanza della ragazza: Eva non aveva avuto tutti quei problemi alla cacciata dall'Eden. Si limitò comunque ad annuire e a stringersi nelle spalle. «Tutto quello che credi necessario» concesse, dubbioso ma consapevole che se fossero insorte complicazioni, Dio si sarebbe fatta di nuovo viva per rimediare.

Il Principato esibì un sorriso tirato e chinò lievemente il capo in segno di commiato, ma Gabriel lo trattenne con una mano aperta.

«C'è un'altra cosa di cui ti dovrai occupare». Aziraphale tornò a guardarlo con estrema serietà, in attesa di delucidazioni. Gabriel congiunse le dita sotto al mento prima di proseguire. «Dovrai fare in modo che suo Figlio nasca in un posto umile, semplice»

«Un albergo fatiscente?»

L'arcangelo sbuffò. «No, quelli saranno tutti pieni»

«Davvero? Come fai a saperlo già?»

Oh, Cielo.

«Perché te ne occuperai tu» disse, incredulo, sottolineando l'ultima parole con un indice appuntato sulla spalla di Aziraphale. «Sono sicuro che farai un ottimo lavoro»

Gabriel doveva ammettere di condividere lo sconvolgimento che traspariva sul volto dell'angelo. Sapevano di già che Gesù sarebbe nato povero, ma quando Dio gli aveva fatto sapere che non sarebbe nato nemmeno in un posto consono Gabriel non aveva potuto che confermare l'idea che si era già fatto in partenza: sua Madre non aveva intenzione di rendergli la vita facile.

«Ma-» iniziò l'altro, perplesso. «Quella povera creatura... La notte è fredda, sarà tremendo! Nemmeno nel più brutto degli alberghi?»

Gabriel scosse il capo.

«Perché devo farlo io?» piagnucolò allora il Principato, la voce più alta del normale, e per un attimo l'Arcangelo rimase interdetto. Lo fissò, sfidandolo a continuare, chiedendosi cosa avrebbe potuto dire di più. Aziraphale avrebbe osato contravvenire agli ordini di Dio? Avrebbe osato mettere in dubbio quel suo Disegno? Si sarebbe rifiutato di eseguire un comando diretto? Il buonsenso diceva a Gabriel che no, l'angelo, l'agnello che aveva di fronte non avrebbe mai fatto una cosa del genere, ma quella domanda di per sé era già risultata eccessiva alle sue orecchie.

Vuole diventare un leone nel più stupido dei modi?, pensò l'Arcangelo, incerto sui suoi stessi desideri. Avrebbe voluto vederlo riluttante ad accettare il proprio posto e il proprio dovere?

Per un lungo momento Gabriel sperò irrazionalmente di ricevere quel diniego pericoloso e quando nulla di tutto ciò accadde si sentì deluso. Il Principato si limitò a tacere, a ricomporsi e a chinare il capo, mansueto come sempre: si era accorto di quello che aveva detto e aveva fatto un passo indietro, compiacente. L'Arcangelo fu imprudentemente tentato di indagare e di scoprire se l'avesse fatto per umiltà o furbizia, ma decise che non ne valesse la pena: se avesse voluto, l'altro avrebbe potuto mentirgli.

«È il tuo palcoscenico, Aziraphale» si sforzò di dire suonando neutrale. «Dovresti essere orgoglioso di aver ricevuto questo incarico»

L'angelo annuì rapido. «Lo sono. Ti ringrazio. La ringrazio. Farò il possibile»

«Bene. Buon lavoro, allora»

Quando Aziraphale lasciò la Sala, Gabriel si sentì libero di rilasciare un sospiro a lungo trattenuto.


-


Su una cosa il Principato aveva avuto pienamente ragione: la notte era fredda. Per quanto l'involucro umano di Gabriel non rappresentasse un vero impedimento alla sua essenza, l'Arcangelo cominciava a soffrire il clima rigido della serata. Di sicuro il fatto che fosse rimasto fuori dalla mangiatoia che Aziraphale aveva allestito per la famiglia influiva sulla sua attuale temperatura corporea, ma non poteva farsi vedere dai coniugi per l'ennesima volta, soprattutto non in quel momento: se l'avessero cacciato via o se gli avessero aizzato contro il maledettissimo asino che non aveva smesso di ragliare nemmeno per un attimo, avrebbe capito.

Partorirai con dolore, considerò Gabriel soffiandosi sulle mani per riscaldarsi, era stato uno dei comandi divini più riusciti, a giudicare dalle urla di Maria in travaglio. Del vagito di un neonato, invece, ancora non v'era traccia. Appoggiò stancamente la testa contro il muro di pietra, reprimendo a fatica un brivido e l'impulso di intervenire con un miracolo per chiudere in fretta quella faccenda. La serata era ancora ricca di impegni, ma senza l'avvenuto parto Gabriel aveva semplicemente le mani legate. Immaginava che il Figlio di Dio avesse tutto il diritto di farsi attendere quanto voleva, ma così stava esagerando. Quella, agli occhi dell'Arcangelo, stava diventando una ripicca: Gesù stava facendo scontare a tutti la facilità con cui era stato infilato nell'utero di una vergine e nessuno poteva farci niente. Dovevano solo continuare ad aspettare.

I sensi di Gabriel erano rimasti vigili per tutto il tempo e tuttora l'angelo non accennava ad abbassare la guardia: Beelzebub era statƏ chiarƏ, non avrebbe interferito con la venuta del bambino ed era statƏ di parola, ma il timore che Satana potesse aver preso il tutto come un grande scherzo del Paradiso lo aveva incupito e preoccupato. Inoltre, se qualcuno si fosse presentato dall'Inferno proprio in quel momento, Gabriel avrebbe potuto anche ingannare l'attesa scambiando quattro chiacchiere velenose. Invece era tutto estremamente perfetto: ognuno aveva fatto il proprio dovere e l'Arcangelo non aveva davvero nulla di cui lamentarsi. Se solo Maria avesse spinto con più convinzione...!

Ma Gabriel dovette attendere un'altra ora intera prima di distinguere nettamente il disperato grido di un bambino appena nato. Allargò le braccia al cielo e guardò in alto. «Grazie a Dio» disse e probabilmente aveva avuto ragione: in Lei avrebbe perso la pazienza molto prima.

Non si curò di controllare le condizioni di salute del piccolo e della madre, certo che, arrivati a questo punto, l'Altissima non avrebbe permesso a nessuno di loro di morire malamente per le complicazioni del parto: ora doveva diffondere la notizia. Spiegò le bianche ali e si alzò in volo pattugliando la zona alla ricerca di un qualunque capannello di persone. Era notte: quante probabilità aveva di incontrare della gente? Preferì non pensarci e continuare a svolazzare con gli occhi bene aperti.

Non ebbe idea di quanto tempo fosse passato quando, finalmente, riuscì ad adocchiare del movimento sotto di sé. Planò subito, mettendo a fuoco mano a mano che perdeva quota: pastori! Per la seconda volta in una notte fu lieto di avere Dio dalla sua parte.

«Salve!» salutò, atterrando in un turbinio di piume. Le pecore intorno belarono così forte da sovrastare lo stupore dei pastori – si disse che prima o poi avrebbe capito perché tutti fossero così spaventati di fronte alla visione di un angelo. Purtroppo per loro, tuttavia, non aveva il tempo di spiegarsi: emanò un fascio di luce intensa che ammutolì i presenti, animali compresi.

«Vengo in pace!» assicurò, cercando di apparire molto meno seccato di quanto in realtà fosse. «Sono qui per darvi una bella notizia: è nato Cristo il Salvatore a Betlemme!». Si era aspettato quantomeno un verso stupito, non il silenzio più attonito che avesse mai sentito. Inclinò appena la testa, incapace di comprensione: perché non erano tutti come Maria? Che cosa doveva fare per risultare credibile agli occhi degli umani? Minacciarli?

Ma sai che...?

Schioccò le dita e i pastori dovettero coprirsi gli occhi per la luce più intensa che avessero mai visto. Parte della meraviglia, però, era sicuramente dovuta anche all'esercito celeste che ora torreggiava su Gabriel e intonava un Gloria. Il Generale aveva accennato che sarebbe stato a sua completa disposizione per quella notte se si fosse dimostrato necessario, ma di certo Gabriel non si era aspettato tutta quell'organizzazione artistica dal Dipartimento Militare del Paradiso. Sorrise loro e fece un occhiolino al Generale: un vero talento, non c'era che dire.

Si voltò di nuovo verso i pastori, attoniti e rapiti dalla visione, tanto che dovette agitare una mano davanti al loro viso per richiamare a sé l'attenzione. «Quello che stiamo cercando di dirvi è che è nato Gesù Cristo, Figlio di Dio. È nato per voi, letteralmente! Per il popolo». Ancora nessuna reazione. «Bene, d'accordo: se non credete a me – quello era semplicemente assurdo –, c'è un bambino in una mangiatoia. È lui»

«Dobbiamo andare a vederlo?» chiese alla fine uno dei popolani. La domanda di per sé era stupida, ma Gabriel rilasciò un sospiro di sollievo: non erano sordomuti.

«Sì!» esclamò, lieto che avessero cominciato a ragionare. «Perché mai sarei venuto a dirvelo, altrimenti?» chiese, retorico, allibito.

I pastori si scambiarono uno sguardo di pacata comprensione e annuirono.

L'Arcangelo si protese verso di loro a stringere le spalle dei più vicini a mo' di incoraggiamento. «Su, forza! Andate, non perdete tempo!»

Gli uomini, seppur frastornati, eseguirono: radunarono le loro cose, richiamarono le pecore e, armati di bastone, studiarono il cielo per indirizzare il loro cammino verso Betlemme. Si erano già messi in marcia quando Gabriel, la mandritta a coppa intorno alla bocca, urlò loro: «Avvertite chiunque incontriate sulla strada! Tutti devono saperlo!». Quello avrebbe fatto riposare il Paradiso per almeno qualche giorno.

Tornò a guardare il Generale dell'esercito e la divisione che si era presentata nel suo splendore scintillante. «Complimenti, ottima trovata» si congratulò, battendo le mani e incitando i guerrieri a fare altrettanto: se l'erano meritato9.


-


Michael non aveva avuto alcun problema a posticipare l'esecuzione della cometa, nonostante il promemoria le fosse arrivato a pochi giorni dalla nascita del bambino. Si era dimostrata molto comprensiva nei riguardi degli ordini di Dio e aveva accettato di buon grado di renderla il segno divino che avrebbe guidato i Magi dall'Oriente e con loro il resto del popolo che avesse desiderato rendere omaggio al Figlio di Dio nei giorni successivi.

Quando in Paradiso avevano saputo che il Piano avrebbe coinvolto personalità umane così importanti, la gioia era esplosa e qualche angelo si era azzardato a speculare sui possibili significati politici della vicenda: la possibilità che la venuta di Cristo non fosse solo per il popolino ma anche per gli umani più influenti della Terra aveva acquistato un certo consenso tra le creature eteree. Gabriel non si era lasciato trascinare da quelle fantasie, ma il pensiero che gli angeli credessero che la sua squadra si fosse distinta nella creazione di qualcosa di così grandioso per l'umanità l'aveva gratificato non poco.

Sull'onda dell'euforia, molti avevano insistito per darsi ai festeggiamenti subito dopo la nascita del futuro Salvatore, ma l'Arcangelo si era opposto: l'arrivo dei Magi, da come Dio glielo aveva presentato, sarebbe stato foriero di problemi e Gabriel non aveva faticato a capirlo da sé. Quei tre idioti se ne andavano in giro a cercare il re della stirpe di Davide! Non c'era da stupirsi che Erode fosse alquanto alterato dalla piega che gli eventi avevano preso. Non che il Paradiso fosse stato propriamente discreto a riguardo, ma almeno non aveva cercato di spodestare legalmente tutti i re della Terra in favore del Figlio di Dio.

L'Arcangelo aveva spedito Sandalphon e Uriel a risolvere la questione e aveva proposto che avrebbero fatto festa dopo il loro ritorno se le notizie si fossero rivelate positive.

La loro entrata trionfale era prevista per quella sera e Gabriel non aveva voluto che fosse eccessivamente pubblica. Aveva radunato Michael e Aziraphale nella Sala Conferenze e aveva chiesto segretezza ad entrambi, anche a costo di far attendere il coro per tutta la notte.

Senza dire una parola, aveva cominciato a misurare la stanza ad ampi passi e aveva continuato fino a quando il cuoio dei sandali non era diventato troppo scomodo per i suoi piedi. A quel punto si era seduto, impaziente, e aveva preso a fissare nella memoria ogni singolo particolare del locale, cercando di distrarsi il più possibile dall'attesa snervante e fallendo miseramente.

Quando i due angeli, finalmente, si materializzarono all'interno della Sala, Gabriel si alzò in piedi di scatto, andando loro incontro e studiandoli sommariamente. Sembravano sereni: era buon segno.

«Ebbene?» incalzò, curandosi poco di nascondere la trepidazione. «È andato tutto secondo i piani?»

«Ogni cosa» confermò Uriel con soddisfazione. «I Magi sono stati avvisati: non torneranno dal re»

«E il bambino?»

«Salvo» si intromise Sandalphon, le mani dietro la schiena in una posa orgogliosa. «È già in viaggio verso l'Egitto con la famiglia»10

Gabriel si protese in avanti per abbracciare entrambi: sapeva che Dio non avrebbe lasciato morire suo Figlio, almeno non appena nato, ma sentire l'esito favorevole della missione dai suoi angeli fu davvero un toccasana.

«Possiamo finalmente celebrare» decretò, invitando tutti con un cenno del capo ad uscire dalla Sala.

«Gloria a Dio e a suo Figlio!» esclamò una volta uscito, le braccia allargate in un simbolico abbraccio di gruppo.

Il coro angelico attese che tutti ebbero preso posto prima di cominciare la sua performance. L'Arcangelo non smise di sorridere per tutta la durata del concerto: aveva nell'anima la consapevolezza di essere stato coinvolto nella genesi di una nuova era. Si chiese quanto tempo avrebbero impiegato gli esseri umani per capirlo a loro volta, ma era sicuro che prima o poi sarebbe accaduto e che non l'avrebbero deluso.

«Innalzeranno monumenti» garantì prima di ingollare una tartina di manna. «Gli umani sono così... così...»

«Materiali» suggerì Sandalphon.

Gabriel gliene fu pienamente riconoscente. «Materiali, esatto. E le arti figurative! Uno splendore». Cercò di scambiare un'occhiata complice con tutti, ma si ritrovò suo malgrado a incrociare lo sguardo sconcertato di Aziraphale.

«Non è contrario a una vecchia legge di...?» disse, facendo un cenno con il capo verso l'alto.

«Oh, hai ragione» concesse Gabriel con una smorfia che durò molto poco. «Ma non è detto che l'Altissima non cambi idea! Chi può dirlo adesso?»

«Giusto» annuì il Principato con aria incerta, ma l'Arcangelo decise di farselo bastare per quella notte. A Gabriel sarebbe davvero piaciuto vedere il proprio ruolo riconosciuto in un affresco, in un bassorilievo o in una statua. Una degna gratificazione per tutto quello che aveva fatto in quei nove mesi di lunga attesa. Confidava che gli umani l'avrebbero stupito, con o senza il diretto permesso di Dio.

«Ad un nuovo mondo!» disse, alzando il proprio calice di acqua santa. Gli angeli lo imitarono e in tutto il Paradiso risuonò una tintinnante nota argentea che sfumò con una calma imperturbabile, come a suggellare il brindisi con un'angelica melodia.

Quando l'Arcangelo smise di bere lasciò vagare le iridi viola sulla folla con fierezza ed ebbe un'altra improvvisa certezza: non si sentiva così felice dalla Cacciata dei Ribelli.









Note:

[1]: Questa è stata una mia precisa scelta di linguaggio che voglio motivare brevemente. Ho voluto lasciare la parola meeting – sia qui che più avanti – per due motivi principali: l'ho scritta subito e non ho cambiato mai questo incipit (di solito lo prendo per un buon segno); nell'opera originale, nel 4004 a.C. Crowley dice “that went down like a lead balloon”, che non solo è un'espressione altamente metaforica che di fatto dovrebbe risultare incomprensibile per mancanza di esperienza, ma è anche attestata per la prima volta solo nel 1924 e deve aspettare il secondo dopoguerra per affermarsi nel linguaggio comune. Meeting, in confronto, è una parola normalissima per il PoV di un arcangelo.
[2]: Il matrimonio all'epoca era diviso in due cerimonie distinte: la prima era una sorta di fidanzamento ufficiale che aveva valenza legale anche se la sposa continuava a vivere in casa dei genitori. La seconda fase, invece, iniziava con la convivenza dei due coniugi. Giuseppe e Maria al momento dell'annunciazione sono nella prima fase: vivono separatamente, ma sono già sposati, motivo per cui Giuseppe può ripudiare quella che è a tutti gli effetti sua moglie.
[3]: Pur non essendomi ispirata consapevolmente a loro, sono sicura che il concetto di ampliare la mente per toccare un'altra coscienza sia influenzato da Eragon e da Harry Potter, letture che ho fatto più volte e a cui mi sento debitrice per questo particolare.
[4]: Aziraphale ha, invece, tutte le ragioni del mondo per essere preoccupato per le sorti di Maria – e del nascituro. Gabriel non conosce le consuetudini umane e non sa come rapportarsi a loro senza essere totalmente fuori luogo. Il punto di svolta qui è Giuseppe. Il Vangelo secondo Matteo ce lo descrive come un uomo giusto e questo ha due significati: è giusto perché segue la legge ed è giusto anche in senso cristiano, cioè è buono e misericordioso. Da qui deriva il suo comportamento: deve ripudiare Maria perché è quello che gli comanda la legge, ma allo stesso tempo preferisce non incidere troppo sulla vita della ragazza perché è un buono. Maria sarebbe stata comunque un'emarginata dopo un atto del genere, anche se segreto, ma la condanna sociale sarebbe stata inferiore.
[5]: Questo è importantissimo, ma non per calmare Giuseppe, come suggerisce Gabriel qui: è importante che Gesù venga riconosciuto giuridicamente come figlio di un discendente di Davide, il re di Israele, per segnare la continuità tra il Vecchio e il Nuovo Testamento e per far avverare la profezia del Messia.
[6]: Ecco, la vergine concepirà e darà alla luce un figlio: a lui sarà dato il nome di Emmanuele, che significa Dio con noi” (Isaia, 7,14).
[7]: Tutta la scena è un'indebita rivisitazione dell'annunciazione a Giuseppe narrata in Matteo 1,18-25.
[8]: Purtroppo, le datazioni storiche non combaciano con la narrazione biblica, in particolare quella di Luca, unico evangelista che parla di questo censimento. Probabilmente è quello del 6 d.C., anno che vede già la Giudea sotto il completo controllo romano. Dal momento che siamo in un universo narrativo in cui non solo Gesù è esistito come figura storica, ma è anche certamente il figlio di Dio, e in cui la creazione della Terra solo nel 4004 a.C. è un dato di fatto, far nascere Cristo prima o dopo Cristo, come vuole invece la ricostruzione storica, non ha senso. Per esigenze di trama e di coerenza mi attengo alla Bibbia, ma segnalo comunque che questo è un errore storico, che nell'anno 0 non c'è stato nessun censimento e che Giuseppe all'epoca non era nemmeno un cittadino romano e non aveva motivo per andare a Betlemme per un censimento voluto da Augusto.

[9]: La scena dei pastori è una rivisitazione di Luca 2,1-20.
[10]: Rivisitazione e sinossi di Matteo 2,1-15.







Angolino di Menade Danzante:

Non ho alcuna giustificazione per aver scritto questa storia. Stria93 ha involontariamente fornito questo prompt (davvero, non ha responsabilità alcuna) e purtroppo io ho colto la palla al balzo.
In questa occasione molto più che in altre voglio precisare di non aver avuto mai, nemmeno per un secondo, l'intento di ridicolizzare la Fede cristiana, quella ebraica, i personaggi della Bibbia o gli eventi in essa narrati. Il punto di riferimento è sempre Good Omens, un'opera di fantasia che di certo non è oggetto di culto. Nel caso qualcuno di voi si fosse sentito offeso da questa rivisitazione ignobile della Natività, chiedo scusa con tutta me stessa.
Scusate le note lunghe e tediose, ma purtroppo con questi temi non me la sono sentita di lasciare al caso determinati punti interpretativi che è bene rimangano ben chiari per chi legge, soprattutto perché il PoV di Gabriel (che spero con tutto li cuore di aver centrato) è molto lontano dall'esegesi biblica, motivo per cui ho cercato di essere il più chiara possibile con gli strumenti a mia disposizione.
Chiudo qui questa storia che mi ha divertita tantissimo e che spero possa avervi strappato un sorriso.
Ringrazio chiunque abbia letto fin qui e chiunque desideri lasciarmi il proprio parere!
Un bacio,

Menade Danzante

   
 
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