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Autore: Rosmary    22/12/2019    8 recensioni
{Missing Moments della long Paradiso perduto | Spoiler Alert se non si è arrivati al Capitolo Diciotto della longfic}
È il ventiquattro dicembre, la Tana pullula di caos, luci e qualche ombra taciuta.
“Forse hai dimenticato quello che ci siamo detti alla stazione,” riflette dubbioso.
“Ci siamo dati appuntamento a Natale,” dice subito lei. “Però...”
Genere: Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: James Sirius Potter, Lorcan Scamandro, Louis Weasley, Nuovo personaggio, Rose Weasley
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace, Nuova generazione
- Questa storia fa parte della serie 'Paradiso perduto'
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Spoiler Alert: il racconto contiene spoiler per chi non ha letto sino al Capitolo Diciotto di Paradiso perduto.

 

D I   C A O S,   L U C I   E   O M B R E
 

Dicembre 2021

Luci sfavillanti, aromi di cibarie, chiacchiericcio allegro e chiassoso, viavai in lungo e in largo. Come ogni ventiquattro dicembre che si rispetti, la Tana pullula di vita e trepida nell’attesa della mezzanotte. Mentre gli adulti, un po’ brilli e sin troppo sazi, s’attardano in cucina attorno al grosso tavolo allestito dall’anziana matriarca di casa Weasley, i ragazzi corteggiano curiosi i regali impacchettati che affollano il pavimento attorno all’albero impegnato a illuminare il salone.
“Possiamo iniziare ad aprirne uno a testa?”
“Suvvia, Dominique, non hai più cinque anni.”
Dominique, che di anni ormai ne ha venti, risponde al rimbrotto della nonna con uno sbuffo plateale che fa ridacchiare Fred, seduto a terra accanto a lei e impegnato a scegliere quale regalo aprire prima.
“Chiediglielo tu.”
“Direbbe la stessa cosa anche a me,” risponde Fred. “Mi ha già ricordato circa dieci volte che ho diciotto anni e non è tollerabile che rifili le merendine marinare agli gnomi.”
Dominique sghignazza, mentre il cugino agguanta un piccolo pacco quadrato dove spicca il biglietto d’auguri A Fred dagli zii Audrey e Percy.
“È una cravatta, sicuro,” commenta Fred storcendo le labbra. “Madama McClan è così che le confeziona.”
“Guarda il lato positivo, alla prossima partita saprai cosa indossare sulla divisa,” ironizza Dominique, assestandogli un pugno sulla spalla. “Questo è il mio,” dice porgendogli una confezione che ad occhio potrebbe contenere un pigiama. “Aprilo senza farti vedere,” aggiunge in un sussurro.
Fred lancia uno sguardo in direzione degli adulti e di soppiatto strappa via la carta regalo e mette via la confezione. Sbarra gli occhi non appena le dita toccano il tessuto pregiato di quello che, ne è sicuro, è uno dei rari mantelli dell’invisibilità prodotti in Oriente, da maghi artigiani specializzati nella trattazione di manufatti tessili impregnati di magia. È sicuro che suo padre e zio Ron tentino da anni di mettersi in affari con almeno una di quelle imprese per perfezionare le loro versioni del mantello dell’invisibilità, ma da quanto ha capito l’altra parte del mondo nutre qualche diffidenza di troppo nei confronti dei maghi britannici.
“Domi, ma come l’hai avuto?” chiede. “È fantastico, grazie!”
“Quando viaggi molto conosci tante persone, compresi favolosi artigiani,” risponde sorridente. “Ero sicura che ti sarebbe piaciuto! Vi ho portato delle cose fantastiche, per sdebitarvi dovrete farmi un regalo al giorno per almeno dieci anni,” scherza.
“Ehi,” si intromette Roxanne a voce alta. “Questi due imbroglioni hanno iniziato ad aprire i regali.”
“Via libera per tutti, allora,” dice a gran voce Hugo, correndo verso l’albero. “L’ultimo che arriva è più imbecille di quell’imbecille di Rüf!”
E se Hermione rimprovera inascoltata il figlio per l’inopportuno commento sul docente di Storia della Magia e Percy tenta di aiutare la madre nell’imporre a tutti di lasciare in pace i regali, l’albero di Natale cede all’assalto e si lascia ben volentieri assalire dalla frotta curiosa e ridente.
“Al,” chiama Fred. “Oh, ma dov’è quel serpente?”
“Potresti evitare di chiamarmi così?” borbotta Albus, avvicinandosi al cugino.
“Giusto, chiamalo Albussino,” scherza Roxanne, mentre scarta il terzo regalo.
Fred ridacchia, ma Albus aggrotta infastidito la fronte.
“Vieni qui, cugino suscettibile,” riprende allegro Fred. “Il mio regalo non è sotto l’albero. Sono riuscito a farti inserire nel gruppo che ad agosto frequenterà gli allenamenti insieme alla squadra, due settimane da giocatore professionista,” spiega strizzandogli l’occhio.
Albus, lo sguardo che fissa allucinato il cugino, sorride incredulo.
“Ma… davvero?”
“Certo, ti ho fatto una gran pubblicità!”
“Beh, grazie,” farfuglia. “Ci sarà anche lui?” chiede indicando Louis.
Fred ghigna e scuote il capo.
“Tu vuoi sul serio un futuro nel Quidditch, Louis no, credo la ritenga una carriera troppo becera.”
Albus sorride un po’ divertito e un po’ rincuorato. Un istante dopo, mentre Fred si unisce a Dominique e Roxanne che cantano a squarciagola qualche motivetto natalizio, orienta lo sguardo sulla baraonda di persone. Scarta genitori, zii e nonni, che li hanno raggiunti nel salone della Tana rassegnati a scartare i regali prima del tempo, e si concentra su tutti gli altri: per la prima volta, anche la sorella minore di zia Fleur ha festeggiato il Natale assieme a loro, al suo seguito il marito dall’aria tonta e la figlia diciottenne – Albus è certo che Isabelle lo abbia sorpreso a osservarla incantato almeno quattro volte –, ci sono poi Teddy assieme all’anziana Andromeda, i cugini al completo e Lorcan.
Lorcan.
Che gli ruba l’attenzione del fratello persino durante le vacanze natalizie. Quando ha saputo che la famiglia Scamander avrebbe trascorso le festività oltreoceano a casa di un parente di Rolf dentro di sé ha esultato, perché il migliore amico di James sarebbe stato dall’altra parte del mondo e forse, forse, James avrebbe trascorso un po’ di tempo con lui. Invece no. Il fratello stesso ha convinto prima Lorcan a restare e poi ha chiesto ai loro genitori di parlare con i genitori di Lorcan. A quanto ne sa, Louis ha fatto di tutto per mettergli i bastoni fra le ruote.
“Pensieri?”
Gli occhi smeraldini di Albus, alla domanda inattesa, si sollevano sino a incrociare due iridi blu che lo osservano attente.
“No,” risponde. “Che vuoi?”
James incurva le labbra sottili in un sorriso sghembo e circonda il collo di Albus con un braccio.
“Lorcan dice che ti sta sul cazzo il fatto che sia qui.”
“Ma cosa vuoi che me ne importi,” mente.
“Va bene,” lo asseconda James. “Prendi e non farti vedere.”
Albus non fa in tempo a rispondere che si ritrova la tasca piena di quelle che sembrano essere ampolle utili per le pozioni.
“Mi hai regalato roba di scuola?” sbotta contrariato.
James sogghigna, battendogli il palmo sullo sterno.
“Stupido elfo, ti sembra possibile?” chiede retorico. “Sono pozioni interessanti, per quando vorrai divertirti o dovrai tirarti fuori da qualche impiccio. Sei un bravo pozionista, sono sicuro che saprai farne buon uso,” conclude ammiccando.
Albus rilassa il volto in un sorriso furbo, vorrebbe dire qualcosa, ma lo sguardo del fratello già orientato altrove lo indispettisce e lo convince a borbottare un grazie dall’aria disinteressata e ad allontanarsi.
James, che s’accorge della piccola fuga di Albus quando avverte il vuoto accanto a sé, non si preoccupa di cercalo una seconda volta e muove i passi verso Rose e Lorcan, a frenarlo è però il trio canterino, che lo agguanta a tradimento con l’intenzione di convincerlo a unirsi a loro.
Rose, seduta sul divano assieme a Lorcan, scoppia a ridere quando vede James lottare contro le braccia da battitore di Fred che lo trattengono.
“Per me lo pietrifica,” dice Rose.
“Lo schianta,” rilancia Lorcan.
Lei si concede un sorriso sghembo e riporta lo sguardo sul ragazzo accanto a sé.
“Credevo non saresti rimasto,” afferma. “Per Lysander.”
Lorcan si stringe nelle spalle, abbandonandosi contro la morbida spalliera del divano.
“In effetti volevo partire quando lui ha detto di non voler restare,” ammette. “Però James ha insistito tanto, e poi anche tu volevi che passassi il Natale qui… Ci vediamo sempre meno a scuola, il quinto anno è veramente un anno del cazzo.”
“Non vedo l’ora che finisca, infatti.”
“Potresti sempre studiare meno e passare più tempo con me,” ironizza lui.
“Non mi tentare.”
Lorcan sorride furbo e affievolisce la distanza che li separa per baciarle la guancia, passare le dita tra i suoi capelli, avvicinare le labbra al suo orecchio.
“Sono nato per tentarti.”
Rose, un piacevole calore a scaldarla, curva il viso e incrocia quegli occhi scuri a un palmo dai propri e con un sorriso lo incoraggia a dedicare attenzione alla confezione che poco prima gli ha messo tra le mani. Lorcan sorride e l’accontenta scartando curioso il regalo: in apparenza è un assortimento standard per pozionisti in erba, ma la facciata cela in realtà alcuni preparati rari e di difficile utilizzo.
“Attento a mia madre e a zio Percy,” mormora lei. “E anche a zio Harry, ti sequestrano tutto se capiscono che roba è.”
“Ma dove li hai trovati?” chiede incredulo.
“Potrei aver trafficato con qualche fornitore dei Tiri Vispi,” risponde ghignando. “Sei contento?”
“E me lo chiedi?” domanda retorico, scoccandole d’istinto un altro bacio.
Figlio di Luna, adesso basta,” borbotta Ron, intromettendosi senza invito. “Tieni le mani bene in vista e siediti più lontano, sei troppo espansivo. Su, allontanati.”
Rose porta una mano al viso, mentre Lorcan obbedisce con un sorrisetto impudente, consapevole che quegli occhi inquisitori lo osservano da quando è arrivato – ha la sensazione che il padre di Rose sia convinto che quella tra loro due sia più di una semplice amicizia.
“Papà, sei imbarazzante.”
“Che succede?” interviene James, finalmente libero dalla fastidiosa morsa dei cugini.
“Succede che devi fare più attenzione ai tuoi amici,” lo rimbrotta Ron.
James aggrotta la fronte, ma gli è sufficiente uno sguardo a Rose e a Lorcan seduti vicini per intuire quale sia il problema.
“Hai ragione, zio,” dice allora. “Lo prendo a calci io, non preoccuparti.”
Ron incrocia sospettoso gli occhi del nipote, riflettendo sulla possibilità che stia mentendo per coprire i misfatti indegni dell’amico, ma James sostiene senza alcun problema lo sguardo, sorride conciliante e prende posto accanto a Rose.
“A Rosie penso io,” ribadisce. “Puoi stare tranquillo.”
Rose, a queste parole, sbuffa irritata, Lorcan inarca scettico un sopracciglio e Ron, seppure ancora un po’ contrariato, sceglie di fidarsi e congedarsi con un’occhiata penetrante indirizzata al Corvonero.
“Ho un padre imbarazzante,” lamenta Rose, facendo ridacchiare i due ragazzi.
“Dolcezza, c’è da capirlo, io e te insieme siamo erotici,” scherza Lorcan.
Erotici un cazzo,” sbotta James. “Non fare il coglione.”
“Posso avere i miei regali?” chiede invece Rose.
Lorcan, un ghigno stampato in viso, le porge subito il proprio e lei lo accetta con dita trepidanti, ritrovandosi tra le mani una scacchiera molto particolare. Rose la osserva con attenzione e non sa se sorridere estasiata per quello che è chiaramente un lavoro artigianale fatto appositamente per lei oppure ridere di gusto per la particolarità dei pezzi, che sono sì magici, ma hanno visi a dir poco conosciuti.
“Ehi, ma questa è la mia faccia,” esclama stranito James, agguantando un Cavallo.
“Che occhio, amico,” sghignazza Lorcan. “Questi siamo io e te, invece,” aggiunge rivolto a Rose, porgendole il Re e la Regina.
“Sono bellissimi,” dice lei ammirata. “Non ho mai visto niente di simile, questa scacchiera è fantastica.”
“Parla per te,” borbotta James. “Chi l’ha deciso che non sono il Re?”
“Io,” risponde con semplicità Lorcan. “Tu sei un Cavallo perfetto,” dice schernitore.
“Ma questa è Ally,” continua imperterrita Rose, prendendo una Torre. “E questo… no, non ci credo, Louis!”
E se James e Rose non riescono a evitare di sghignazzare, Louis richiamato dal proprio nome distoglie l’attenzione dalle sorelle e la dirotta sul terzetto seduto sul divano, cui s’avvicina in una manciata di passi con occhi guardinghi.
“Non ti arrabbiare,” dice subito James. “Sono stato detronizzato anche io,” ironizza.
“Sei uguale, bellissimo,” scherza Rose, alzandosi in piedi e arrivando a un palmo dal viso di Louis per confrontarlo con il volto intarsiato sul Pedone.
Louis, cui è sufficiente un’occhiata più attenta per capire di essere stato incluso in quella esclusiva scacchiera a propria insaputa, agguanta il pezzo stretto da Rose e lo studia diffidente.
“Io sarei il Pedone?” chiede sprezzante.
Lorcan sghignazza assieme agli altri due, indirizzandogli uno sguardo di sfida.
“Mi sembravi proprio perfetto per la manovalanza,” afferma impudente.
“Dai, Louis, è quasi tenero che ti abbia incluso nel mio regalo,” dice sorridente Rose.
“A me non sembra tenero per niente,” ribatte il Capitano. “Sarebbe stato tenero se fossi stato io il Re.”
“Tu non puoi essere il Re, io sono il Re,” puntualizza Lorcan.
James si spiaccica una mano sul viso, mentre un’occhiata ai cugini lo informa che la diatriba ha anche degli spettatori interessati – è probabile che Roxanne abbia già dato inizio alle scommesse su chi tra Lorcan e Louis schianti per primo. Forse dovrebbe unirsi a Rose e tentare di fare da paciere, ma non ha nessuna intenzione di permettere a quei due guastafeste di rovinargli i piani – pessima idea insistere perché Lorcan restasse notte e giorno alla Tana lo rimbrotta spietata la razionalità.
“Rosie,” mormora al suo orecchio, distraendola dalla discussione. “Lasciali perdere e vieni su con me.”
Rose, intuendone le intenzioni, gli rivolge un sorriso intriso di aspettativa, agguanta la scacchiera per riporla al sicuro e sgattaiola assieme a lui ai piani superiori, ritrovandosi dopo una manciata di attimi nella camera allestita per lei e le altre cugine. James chiude la porta, le stringe la mano nella propria e la conduce sino allo specchio posto in un angolo della camera. Se non fosse stata Rose a chiedergli di scambiarsi i regali in privato, probabilmente avrebbe avanzato lui stesso quella richiesta.
“Prima il tuo?”
James annuisce ed estrae dalla tasca un piccolo cofanetto, Rose sgrana gli occhi nell’immaginare quale tipo di contenuto possa celare.
“Non ci provare,” l’ammonisce scherzoso quando lei allunga le dita. “Chiudi gli occhi.”
“James, dai...”
Lui scuote il capo, Rose camuffa il sorriso trepidante con uno sbuffo forzato e lo asseconda morsa dalla curiosità. Quando la voce di lui le mormora di aprire gli occhi, solleva svelta le palpebre e incrocia il proprio riflesso nello specchio, James alle sue spalle e le sue mani a sfiorarle il collo attorno cui pende una sottile collana con un pendente che ritrae la forma di un otto orizzontale – un infinito.
“È opera dei Folletti, sono una seccatura, ma quanto a preziosi non hanno rivali,” dice James. “Zio Bill mi ha fatto da intermediario, una vera fortuna, io avrei litigato con quei mostriciattoli.”
Rose, le dita a sfiorare il ciondolo, solleva gli occhi azzurri sul viso riflesso di James. Avverte una strana sensazione scuoterla, un misto di imbarazzo, eccitazione e lusinga.
“È bellissimo.”
Lui sorride, stringendola in vita e avvicinandola a sé. Lo sguardo percorre l’abito in velluto blu che indossa e un pensiero strano, che tace, lo colpisce ancora una volta: le ha già detto quanto ami vederle quel colore indosso, ma non le ha mai confidato il motivo, ma d’altra parte sarebbe un po’ imbarazzante dirle che vederla abbigliata di blu gli dà l’impressione che i propri occhi siano fissi su di lei – potrebbe essere equivocato, quando il proprio, ne è certo, è solo un moto di protezione.
“Questo,” riprende James, sfiorando il ciondolo, “è il nostro rapporto, siamo io e te.”
“Hai paura che lo dimentichi?” chiede scherzosa.
James ride assieme a lei, scuote il capo e le bacia la guancia.
“Sei sempre più bella,” mormora. “Se non fossi tuo cugino, sarei di sicuro il tuo ragazzo,” ironizza.
Rose inarca le sopracciglia e si volta verso di lui, stanca di accontentarsi del riflesso. Vorrebbe ribattere con ironia, ma qualcosa in lei la frena dal farlo, si limita così a baciargli il mento e a stringerlo in un abbraccio.
L’eco delle campane che giunge dal piccolo villaggio babbano unito agli schiamazzi allegri che si sollevano dal piano sottostante avvertono che la mezzanotte è scoccata. Ma a nessuno dei due è mai piaciuta granché la parola auguri, come nessun’altra parola dal ritmo convenzionale, troppo vuota e distante per trovare spazio tra loro. A Rose è sufficiente sorridere contro il suo petto, a James affondare il viso nei suoi capelli.
“Devo darti il mio regalo,” mormora lei. “Forse lo troverai un po’ sentimentale.”
James aggrotta curioso le sopracciglia e si siede su uno dei letti in attesa, osservandola tirare via dal baule un album fotografico non incartato, ma decisamente troppo spesso perché contenga solo fotografie. Rose, sedutasi accanto a lui, glielo porge mordicchiando le labbra.
Quando lo sfoglia, James si imbatte in fotografie che li ritraggono dalla tenera età sino ai giorni più recenti, ogni immagine animata è accompagnata da una o più pergamene vergate dalla grafia sottile di Rose – pensieri, emozioni, ricordi, tutto riversato in quelle righe, come un Pensatoio in cui rivivere ogni attimo vissuto insieme.
“Rosie, ci avrai messo anni...”
“Solo tre o quattro mesi,” precisa lei. “Così quando sarai chiuso in Accademia e ti mancherò, avrai questo.”
James solleva lo sguardo sul viso di Rose, avverte un impulso particolare dentro di sé, qualcosa che gli fa drizzare i peli e pulsare le vene.
“Non è detto che mi prendano, e poi c’è ancora il settimo anno,” dice, come a voler allontanare da loro lo spettro della separazione. “E poi, Accademia o no, non è certo il nostro ultimo Natale insieme.”
“È un modo per dirmi che sono maniacale?” ironizza.
“No,” sorride lui. “È un modo per dirti che per me ci sarai sempre prima tu, tutto il resto viene dopo, verrà sempre dopo.”
Le dita di Rose stringono rassicurate le sue e le labbra si avvicinano alla sua guancia, si poggiano lì, baciano una due tre volte, sino a quando la mano di James non affonda nei capelli ramati e le fronti si abbandonano l’una contro l’altra.
“È così anche per me,” mormora lei.
A esigere l’attenzione di entrambi è l’improvviso rumore della porta che si schiude e la figura che s’affaccia oltre l’uscio. Rose si allontana da James con un sorriso e orienta lo sguardo su Lorcan.
“Hai schiantato Louis?” chiede sarcastica.
“No, ma in compenso tuo padre mi ha detto che mi tiene d’occhio,” risponde. “E dire che gli sono sempre piaciuto.”
“Non prenderla sul personale,” dice James, senza reprimere un ghigno. “Se non fossimo cugini, schianterebbe anche me.”
“Soprattutto quando ti infili nel mio letto,” insinua Rose.
“E quando tu ti infili nel mio,” rilancia lui.
Lorcan, la schiena poggiata contro lo stipite della porta e le mani in tasca, storce le labbra, infastidito dall’eco di quell’abitudine che reputa inspiegabile e fuori luogo.
“Non capirò mai perché abbiate questo vizio di dormire insieme,” dice infatti.
“Perché James è un cuscino fantastico!”
“Ah, è così?” scherza James. “Allora la prossima volta che mi verrai a cercare ti darò un cuscino.”
“E tu accetti il cuscino e vieni da me,” interviene Lorcan. “Ti assicuro che sono anche più comodo di questo stoccafisso.”
Rose increspa le labbra in un sorriso malizioso, ma anziché ribattere invoglia i due ragazzi a munirsi di giacconi e raggiungere gli altri che, a giudicare dagli schiamazzi che giungono dal cortile, hanno dato il via ai giochi con la neve.
Non appena s’affacciano all’esterno della Tana, a James è sufficiente uno sguardo superficiale per accorgersi di quale testa manchi all’appello. Istintivo, solleva lo sguardo verso la finestra della camera predisposta per lui e i cugini, scorgendo la sagoma di Louis in piedi al di là del vetro. Sa bene che ormai il loro rapporto è ridotto ai minimi storici, ma le gambe lo guidano ugualmente in quella stanza. Quando arriva alla porta chiusa, non bussa neanche prima di aprirla ed entrare.
“Louis, che fai qui da solo?”
Louis, camuffando lesto la sorpresa dettata dall’inattesa visita, inarca le sopracciglia e si volta verso l’altro.
“Niente che ti riguardi,” risponde. “Torna a giocare con la neve.”
“Se è per la scacchiera...”
“Non dire cazzate,” sbotta Louis. “E non mi costringere a dire cose ovvie.”
“Tipo?”
“Tipo che sapendo quanto quello mi stia sul cazzo non avresti dovuto invitarlo.”
James incassa, incapace di ribattere. La verità impietosa è che non ha pensato affatto a come avrebbe potuto reagire Louis quando ha convinto Lorcan a non partire con i genitori, ha solo pensato che non avrebbero potuto sfruttare le vacanze per trascorrere del tempo insieme lontani dagli echi di insegnanti e lezioni.
“Ascolta,” tenta. “Mi dispiace per Isabelle,” dice a disagio. “A lui l’ha detto lei dei vostri trascorsi, ma io l’avevo capito guardandoti… Non credevo di dovergli dire di starle alla larga.”
Louis sospira e abbozza un sorriso amaro.
“In altri tempi te ne avrei parlato.”
“Anche per lei è stata solo una scopata,” continua James. “E con Lor ci ho discusso per questa cosa, ha esagerato.”
“James, ma che vuoi?” sbotta spazientito. “È l’aria di Natale?”
Gli occhi blu del ragazzo si incupiscono, i lineamenti si tendono – già, che voglio ripete a se stesso. Quando Louis assordato dal silenzio si volta per incrociare il viso di James, si accorge che la porta è di nuovo chiusa e che il cugino ha seguito il consiglio e si è ricompattato agli altri. Di nuovo, lo sguardo si scontra contro la finestra chiusa, una fitta al petto lo sorprende quando intravede il profilo di James orientato verso di sé. Si ritrova a scuotere debolmente il capo e ad allontanarsi dal vetro. Sarebbe disposto a tutto per riscrivere le ultime pagine della loro amicizia, strappare via le insidie del Fight Club, essere in grado di ingoiare l’orgoglio e accettare la mano di James quando si tende verso di lui, ma è impossibile. Ormai, se lo ripete a oltranza, percorrono due strade diverse e conclusi gli studi si incontreranno solo alla Tana per le festività, si scambieranno un paio di convenevoli e, con gli anni, diverranno due completi estranei – la nausea lo assale al solo pensiero.
È Natale, il tepore familiare lo avvolge, eppure lui avverte il vergognoso impulso di piangere. Sa che a breve la porta si aprirà di nuovo e a comparire saranno le sue sorelle o sua madre, o Molly o Teddy, o forse Hugo o Lily, tutti per convincerlo a tirarsi via dalla solitudine, incapaci di comprendere realmente il vuoto che la superficialità di Isabelle e James gli ha scavato dentro. Non è una persona insicura ed è fermamente convinto di essere al di sopra degli altri, di avere qualità e attitudini uniche e preziose, eppure la sola presenza di Lorcan Scamander riesce sempre a gettarlo nell’ombra – ed è una cosa che non sopporta. Nell’ombra per Isabelle, che per un motivo che fatica a capire ha ceduto alle lusinghe del Corvonero, ed è da quando l’ha scoperto che si chiede come accidenti sia possibile che lui e Scamander possano piacere alla stessa ragazza, lo ritiene assurdo, quasi abominevole, sono troppo diversi, ne è sicuro. E nell’ombra per James, che giorno dopo giorno, e senza neanche volerlo, rimarca la totale preferenza per Scamander, ricordandogli quanto la loro amicizia non sia che un’inezia in confronto a quella che condivide con l’amico scelto tra tanti, difeso a oltranza, voluto a tutti i costi.
“Louis.”
Gli occhi cristallini del ragazzo si orientano sul viso di Molly, entrata in punta di piedi, il maglione regalatole dalla nonna indosso e un sorriso mesto. La osserva avvicinarsi e abbracciarlo, stringerlo in quella morsa calda e avvolgente così tipica e naturale in lei. Vorrebbe allontanarla, dirle che sa, sa che lo ha tradito al pari di Isabelle e James, che sia pure per una misera manciata di minuti si è appartata con Scamander pochi giorni prima di lasciare Hogwarts – un giorno qualcuno dovrà spiegargli cosa possiede di tanto speciale quello che a suo avviso è solo un rifiuto –, ma tace e ricambia l’abbraccio.
“È casa tua, non devi isolarti tu.”
“Non mi sono isolato.”
Molly si districa dalla morsa e gli rifila un’occhiata eloquente.
“È per Isabelle?” chiede sdegnata. “Se dopo essere stata con te è stata con lui, è lei ad avere un problema.”
Louis assottiglia lo sguardo e umetta lento le labbra.
“Perché solo una pazza scoperebbe con Scamander, giusto?” chiede insinuante.
Molly ingoia a vuoto, le immagini di un errore a sporcarle gli occhi castani, la preoccupazione che Louis possa scoprirlo a farle tremare i polsi.
“Giusto,” risponde. “Vieni, ti aspettano tutti.”
Lui morde la lingua pur di non risponderle, non ha nessuna intenzione di discutere con Molly a causa di Scamander, e percorre svelto le scale al seguito della cugina, ritrovandosi di nuovo in quella sala che accoglie l’albero e che li ha visti scartare eccitati i regali. Nota che la gran parte dei cugini è sparpagliata tra divani e coperte riverse in terra, chi facendo ordine tra i regali, chi mangiando e chi parlando. Victoire e Teddy non ci sono, immagina si siano appartati. Tra tutti, adocchia interessato Rose che, di ritorno dalla cucina, stringe tra le mani proprio la fetta di dolce che ha voglia di mangiare. Le si avvicina con un sorriso affabile e, rapido, sgraffigna il dolce dalle sue dita.
“Questa fetta è mia,” protesta Rose.
“Sono di pessimo umore,” ribatte Louis. “Ho bisogno di dolci.”
“Non puoi esserti offeso sul serio per la scacchiera.”
Louis le rifila un’occhiataccia, dà un morso alla fetta di dolce e mastica immusonito. Il problema non è certo la scacchiera – è anche la scacchiera, perché quello lì deve sempre trovare un modo per provocarlo –, ma non ha nessuna intenzione di rendere Rose partecipe della propria vita privata, trova già straordinario che James non le abbia riferito tutto.
“Io la trovo una cosa carina,” continua lei. “C’è anche Hugo, è l’Alfiere.”
“A me ha rifilato il pezzo più scadente,” puntualizza stizzito.
Rose ridacchia, sfiorandogli il braccio in una carezza.
“Guarda il lato positivo, il pezzo più scadente è diventato il più bello del gioco,” ironizza. “Però-ora-ciao-questa-è-mia,” aggiunge frettolosa, riappropriandosi della fetta orfana di un pezzo.
Louis, incurvando le labbra in un sorrisetto malizioso, indirizza lo sguardo su Lorcan, spaparanzato sul divano poco distante da loro.
“Scamander, hai sentito?” ghigna Louis. “A lei piace il Pedone, non il Re.”
“Vorrà dire che lo schiacceremo senza pietà,” ribatte Lorcan. “Ora ti piacciono i francesini?” chiede infastidito a Rose non appena riprende posto tra lui e James.
Rose inarca le sopracciglia e dà un morso al dolce.
“Allora?” incalza Lorcan.
“Ho preso esempio da te,” risponde lei, lanciando uno sguardo astioso a Isabelle. “A quanto pare anche a te piacciono le francesine.”
Il sorriso sbilenco di Lorcan si insinua sulle labbra prima ancora che il ragazzo riesca a formulare una controffensiva, mentre un calore molto piacevole si diffonde in lui.
“Sei gelosa,” insinua malizioso.
“Assolutamente no.”
Assolutamente sì.”
“Chi è gelosa di chi?” interviene James, che è riuscito a convincere Lily e Hugo a subissare Fred di domande sul loro stupido gioco da tavolo nuovo di zecca.
“Rose,” risponde Lorcan. “Di me,” aggiunge trionfante. “Dolcezza, se mi vuoi tutto per te devi solo dirlo.”
Rose, le gote d’un tratto un po’ più rosee, non riesce a ribattere, perché il braccio di James cala improvviso sulle sue spalle e la avvicina a sé.
“Lor, fai meno il coglione o faccio un favore a zio Ron e ti prendo a calci in culo.”
Lorcan, il sorriso smorzato, reprime l’impulso di dire a James che non sarebbe male se ogni tanto si facesse gli affari suoi. Ha la sensazione che ogni volta che tra lui e Rose si instaura un’atmosfera interessante lui faccia di tutto per frantumarla.
“James, non fare tu il coglione,” rimprovera Rose. “Stiamo scherzando.”
James sbuffa, ma incassa e annuisce controvoglia, mentre Lorcan reprime un sorrisetto soddisfatto, ma non l’occhiolino complice che indirizza a Rose, provocando in lei una risata divertita.
Louis, che non ha perso un solo passaggio di quel breve scambio di battute, avverte un pensiero insano farsi strada in lui, qualcosa di così subdolo da fargli provare un fugace moto di repulsione nei confronti di se stesso. Eppure, la crepa che giorno dopo giorno cresce tra James e Scamander ha un’aria così invitante da esigere attenzione. Si chiede se altri l’abbiano notata, se abbiano capito che la crepa in questione ha occhi chiarissimi, lunghi capelli ramati e labbra sempre pronte a curvarsi nella malizia, se abbiano intuito cosa possa accadere se qualcuno decidesse di tramutare la Regina in Pedone, obbligando il Cavallo, ne è certo, a sfidare anche le regole pur di seguirla – in fondo, lo sa bene, sono in molti a gravitare attorno a James, ma il centro del suo mondo è solo uno.
“Louis, eccoti.”
Il Capitano, riscosso dal sorriso affabile dello zio Harry, gli rivolge uno sguardo interrogativo.
“Ho appena avuto notizia da Neville che domani non ci raggiungerà, Hannah ha scelto di non chiudere la locanda, dice che ci sono troppi turisti,” spiega dispiaciuto. “Ariana ti saluta.”
“Vado io da lei,” ribatte d’istinto Louis. “Cioè, da loro.”
Harry ridacchia e gli dice che sua madre mettendo in conto questa eventualità ha già predisposto una Passaporta.
“Così non ti lamenti di sporcarti con la metropolvere,” soggiunge George Weasley, strizzando l’occhio al nipote. “Ariana Paciock, eh? Se James non avesse avuto gli occhi altrove, avrei puntato su di lui per lei,” aggiunge scherzoso.
“Cos’è questa storia degli occhi di James?” chiede Harry. “Sai qualcosa che io non so.”
“Lo saprebbero anche le pietre, se avessero gli occhi,” risponde impudente George.
“Stai dicendo che sono una pietra?”
“Certo che no,” risponde mellifluo. “Per fortuna hai mia sorella.”
Harry s’acciglia e borbottando decide che la compagnia di Ron sia migliore di quella di George, che dal canto suo dà un buffetto a Louis all’altezza della nuca e si affaccia all’esterno della Tana. Louis lo segue con lo sguardo senza la forza di parlargli né imporgli la propria presenza, in famiglia è noto che in occasioni tanto gioiose l’inventore dei Tiri Vispi ha sempre bisogno di ritagliarsi un angolo di solitudine. Louis è abbastanza intelligente da capire che le loro situazioni non sono in nessun modo accomunabili, ma da quando ha perso James crede di poter almeno intuire quale forma abbia quella solitudine così invasiva da vincere qualsiasi affetto superstite.

La mattina del venticinque dicembre sorge sin troppo tardi per i gusti di Louis, che ha poi accondisceso a giocare assieme ai cugini prima con la neve, poi con due o tre giochi da tavolo, poi a un’agghiacciante gara di canto dove Roxanne, Fred e Dominique hanno raggiunto picchi imbarazzanti tra note stonate e urla strozzate. In compenso, la voce melodiosa di Lucy, ancora bambina nei suoi undici anni, ha rinfrancato un po’ l’udito affaticato.
Quando, già pimpante, entra in cucina, rivolge un gran sorriso alla nonna che sfaccenda ai fornelli, saluta il nonno mezzo addormentato su una poltrona – qualcosa gli suggerisce che non abbia mai raggiunto il letto quella notte – e si lascia trasportare dalla Passaporta sino a quello che, lo identifica subito, è il retro dei Tre Manici di Scopa.
Sua madre gli ha detto di aver già avvertito i Paciock della propria visita, quindi non si preoccupa di annunciarsi in qualche modo, semplicemente schiude la porta e si affaccia nella sala della locanda, già gremita per la colazione natalizia.
“Louis,” chiama sorridente Neville. “Non avresti dovuto venire, vi avremmo fatto visita questa sera, dopo la chiusura.”
“Buon Natale anche a te,” ironizza Louis. “Ti ha proprio incastrato,” aggiunge con un’occhiata eloquente a Hannah impegnata al di là del bancone.
Neville gratta il capo e sorride bonario.
“Non fare l’impertinente,” ammonisce scherzoso. “Ha ragione anche lei, gli affari sono affari. Deve esserci una persona pragmatica in casa, è questione di equilibrio.”
“A casa mia allora non c’è equilibrio,” ribatte divertito Louis. “Ho due genitori pragmatici, una sorella rincretinita dall’amore che ha rincretinito anche il fidanzato e una sorella svitata e più stonata di una campana,” elenca. “Sono l’unico sano di mente.”
Neville ride e gli dà una pacca sulla schiena, ma rinuncia ad aggiungere altro nell’intravedere la figura di Ariana percorrere trepidante le scale e aprirsi in un sorriso luminoso non appena incrocia lo sguardo di Louis. Hannah continua a ripetergli che il ruolo del Grifondoro nella vita della figlia non sia quello di semplice amico, ma lui fatica a credere che i due ragazzi possano serbare un simile segreto, anche perché nessuno avrebbe nulla in contrario – anzi, tra i tanti studenti che popolano Hogwarts, Louis lo farebbe dormire sereno.
“Buon Natale,” saluta allegra lei.
Louis contraccambia il sorriso, la stringe in un abbraccio e le sfiora la guancia con un bacio.
“Buon Natale anche a te,” mormora tra i suoi capelli.
Ariana, le labbra mordicchiate, gli scocca a propria volta un timido bacio di saluto prima di allontanarsi. Lo guarda, lo tocca, eppure fatica a credere che sia davvero qui, che abbia davvero rinunciato alla prima parte della giornata di Natale assieme alla famiglia per lei.
“Ma sei davvero qui solo per…” s’interrompe, la bocca di nuovo torturata dai denti. “Noi?”
Louis le accarezza il viso dai lineamenti gentili, sorridendole senza malizia.
“Ari, sono qui solo per te, dovresti saperlo. Cioè,” aggiunge, “tuo padre è il mio professore preferito e lo sanno anche i muri, però non sono certo qui per vedere lui.”
Le gote di Ariana si imporporano, mentre il cervello le urla disperato di dire qualcosa di intelligente, ma l’imbarazzo tacita anche lui e sigilla le labbra. Louis sorride e le scosta delicato una ciocca di capelli dal volto.
“Che ne dici se ci sediamo?”
“Oh, sì, certo,” farfuglia lei. “Che stupida,” mormora a denti stretti, conducendolo presso uno dei tavoli liberi e a due soli posti. “Cosa ti porto?”
“Non sono un cliente, siediti.”
Ariana, sempre più rossa in viso, si accomoda intontita e segue con lo sguardo Louis sfilarsi il cappotto e orientare gli occhi cristallini al bancone – darebbe qualsiasi cosa per sapere con esattezza cosa abbia in mente, e cosa pensi di lei.
“Hai già fatto colazione?”
“Non ancora,” risponde lei. “Se mi dici cosa vuoi...”
“No no, sta’ qui, torno subito!”
Ariana schiude le labbra per ribattere, ma Louis è già sfilato sino a sua madre. Sbarra gli occhi quando lo vede trafficare con tazze e piatti, prendendosi persino la libertà di chiamare a sé uno dei camerieri e impartirgli ordini. È strano che sua madre lo lasci fare, il dubbio pressante che continui a essere convinta che il Capitano Grifondoro sia il proprio fidanzato inizia a martellarla così tanto da indurla a pregare che non riferisca anche a Louis quest’idea imbarazzante – fa’ che stia zitta, fa’ che stia zitta, fa’ che stia zitta ripete ansiosa tra sé e sé, trattenendo il fiato quando Louis ride di gusto a chissà cosa detta da sua madre.
“Rieccomi,” esclama allegro, prendendo posto accanto a lei. “Ho scelto tutte cose che ti piacciono.”
Il cameriere, uno sguardo di sbieco a Louis e le labbra strette, serve due cioccolate calde e un vassoio con muffin, biscotti e delle porzioni di dolce appena sfornato.
“Grazie, Michael,” dice cortese Ariana.
Louis inarca un sopracciglio quando scorge un rossore sospetto sul viso del giovane cameriere, ma non commenta, si limita a rivolgergli un ghigno sfrontato e a rilassare la schiena contro la sedia.
Rimasti soli al tavolo, gli occhi nocciola di Ariana passano in rassegna la colazione a dir poco abbondante, e dolcissima, che il ragazzo ha messo insieme.
“Hai parecchio appetito,” nota divertita.
Louis si apre in un sorriso furbo, stringendo le mani attorno alla tazza di cioccolata fumante.
“Non sapendo di cosa avessi voglia, ho abbondato,” spiega. “Per la cronaca, tua madre mi adora, mi ha invitato per pranzo.”
Ariana vorrebbe coprirsi il volto con entrambe le mani, ma sceglie di affogare la vergogna nell’altra tazza di cioccolata presente.
“Non devi accettare, lei è... eccentrica... a volte.”
Louis ridacchia, ma anziché rispondere sorseggia la bevanda zuccherina.
“Davvero non hai altro da fare a Hogsmeade?” chiede lei, mettendo a tacere il proprio imbarazzo. “Amici da incontrare, magari.”
“Tu sei un’amica da incontrare, infatti,” ribatte ovvio. “Forse hai dimenticato quello che ci siamo detti alla stazione,” riflette dubbioso.
“Ci siamo dati appuntamento a Natale,” dice subito lei. “Però...”
“Però i vostri piani sono cambiati e allora sono venuto io.”
Già pensa Ariana, non fa una piega. Eppure, c’è un piccolissimo e alquanto fastidioso tarlo che tenta in tutti i modi di convincerla a sentirsi speciale, perché Louis avrebbe potuto precipitarsi da chiunque altro, invece ha scelto di trascorrere questo tempo con lei. C’è poi un altro tarlo, più cinico dell’altro, che le ordina invece di non crogiolarsi nelle illusioni: loro due sono amici, lui lo ripete a oltranza, e saranno sempre tali – e poi a me lui non piace si sforza di precisare a se stessa e soprattutto ai due stupidi tarli.
“Sono contenta che tu sia qui,” dice tra un sorso di cioccolata e una discussione con i tarli. “Ieri ti sei divertito?”
Louis storce le labbra, gli occhi adombrati da un velo di fastidio e delusione. Ariana, istintiva, sfiora la sua mano con la propria, sorridendogli incoraggiante.
“È successo qualcosa?”
“No,” risponde lui. “Lorcan Scamander trascorre le vacanze alla Tana, devo aggiungere altro?”
Ariana, consapevole come qualsiasi altro studente dell’acredine tra i due, si incupisce e si azzarda a stringergli le dita tra le proprie, imporporandosi un po’ quando Louis le rivolge un sorriso e serra la morsa.
“Immagino non sia piacevole,” dice. “Ma una sola persona non può guastare il piacere di trascorrere del tempo con la famiglia. E poi Lorcan, ecco… Avete mai provato a conoscervi?”
Louis si irrigidisce, ma non replica, anzi la guarda per invogliarla a continuare.
“Sai che sono amica di Lysander,” riprende Ariana. “Lo conosco, li conosco, da sempre… I nostri genitori, lo sai. Lys parla benissimo del fratello.”
“Perché è il fratello,” afferma ovvio Louis. “Ascolta, lasciamo perdere gli Scamander, parliamo di te.”
“Di me?”
Louis, l’umore rinfrancato dall’aver scacciato via l’argomento molesto, le indirizza uno sguardo furbo ed estrae dalla tasca interna del cappotto una piccola confezione regalo, rettangolare e non troppo spessa.
“Proprio così, di te e del tuo regalo.”
“Cosa?” gracchia Ariana. “Ma io… Io non...”
“So che non abbiamo questa abitudine, e non voglio che ricambi,” precisa svelto, sperando di averla tranquillizzata. “Ti ricordi quando abbiamo parlato di Cadmus Peverell durante la ronda?”
Ariana, ripercorrendo con la memoria una delle ronde del primo mese di scuola in sua compagnia, annuisce e Louis si apre in un sorriso, spingendo verso di lei il pacchetto. Lei, ormai imporporata, alterna lo sguardo tra il viso del ragazzo e il regalo, decidendosi infine a scartare quest’ultimo. Non appena la carta regalo viene strappata via, gli occhi di Ariana si ritrovano dinanzi un piccolo libro finemente rilegato, nessun titolo in copertina, ma solo Ad Ariana. Lo sfoglia con dita eccitate, riconoscendo nei caratteri a stampa l’eco della voce di Louis – l’ha scritto per me? si domanda incredula, intuendo senza fatica quale storia sia custodita in quelle pagine.
“Volevi un lieto fine per Cadmus e la ragazza di cui era innamorato,” riprende Louis, tentando di stemperare l’imbarazzo altrui. “Così l’ho scritto io, mi ha aiutato un po’ Victoire,” aggiunge. “Mi sembra giusto dirtelo, soprattutto per le smancerie, quelle le ha scritte lei,” precisa.
“È… grazie,” mormora. “Io… grazie,” ripete.
Louis reprime una risata e si limita a osservarla mentre si tuffa in quelle pagine. Ha immaginato che quel gesto potesse imbarazzarla, ma non ha voluto rinunciarvi – Ariana è stata tra le poche compagnie in grado di lenire i brandelli abbandonati da Isabelle, nonostante non le abbia mai parlato della cugina né intenda farlo. È dalla metà del quinto anno, quando hanno iniziato a frequentarsi di più grazie ai rispettivi ruoli di Prefetto, che avverte un affetto crescente verso di lei. Da questo settembre in avanti, poi, quando la presenza spensierata di Ariana ha inconsapevolmente attutito la rabbia e la delusione scatenate da Isabelle, non di rado si è affacciata in lui l’ipotesi di fare un passo in più, di capire se l’amicizia possa diventare altro. Ma s’è sempre convinto a fare dieci passi indietro, certo che Ariana ignori troppo di lui – spigoli e ombre che non sarebbe in grado di comprendere.
“Ariana,” chiama d’un tratto Louis, distratto da un fogliame verde apparso sulle loro teste.
La ragazza, il sorriso lusingato impresso sulle labbra, è costretta a esibire una smorfia di imbarazzato stupore quando, sollevati gli occhi su consiglio di Louis, si avvede di quel rametto di vischio che pende su di loro. La giovane non ha bisogno di incrociare il viso sghignazzante di quella pettegola impicciona di sua madre, sa che è stata lei.
“Sarà uno scherzo di qualche cliente,” squittisce. “Ignoriamolo.”
Louis sorride sghembo, mentre gli occhi chiari, soppesato il vischio, si orientano di nuovo su di lei. È un istante e le labbra del Capitano sfiorano la punta del naso di Ariana, lo sguardo fisso in quello nocciola e la bocca curvata in un sorriso impudente.
Lei deglutisce, sbatacchia le palpebre, i fastidiosi tarli nella sua testa si compattano e le gridano di afferrargli il mento e spingere quelle labbra tentatrici sino alle proprie, ma tutto ciò che riesce a fare è ritrarsi e farfugliare parole prive di senso compiuto.
“Mi aspettano a casa,” la interrompe lui.
“Certo, è giusto, io...”
“Ti va di venire? Se ci sei tu tollero anche di più Scamander,” ironizza.
Ariana annuisce prima ancora di riflettere sulla proposta, per sua fortuna né il padre né la madre hanno da ridire sull’iniziativa. È così che una decina di minuti dopo si ritrova nella cucina della Tana, salutata da una moltitudine di persone e subissata dalle domande impertinenti di Lily e Hugo. Quando Louis le cinge il polso e la trascina via, non può evitare di trarre un sospiro di sollievo. Peccato che il sollievo in questione svanisca in un istante, le è sufficiente adocchiare tre ragazze troppo, troppo, splendide per preservare un rimasuglio di autostima e capire che siano le sorelle e la cugina di Louis.
“Sì, è abituato alla bellezza,” ghigna Molly all’orecchio di Ariana, sopraggiunta non appena l’hanno avvertita del rientro del cugino.
“E così tu sei Ariana,” si intromette allegra Dominique, mentre Louis alle sue spalle le intima di lasciarla in pace. “Mio fratello dice che non sei la sua ragazza, ma lui è un gran bugiardo.”
“Domi, dacci un taglio,” insiste Louis, affiancandosi all’amica. “Lei è quella svitata,” le sussurra, “tu lasciala parlare.”
Ma Ariana non ha tempo di dire alcunché, né di pentirsi per non aver considerato che i Weasley sarebbero stati al completo, perché si avvicina anche Victoire con un sorriso luminoso – per fortuna, pensa ignara, almeno la terza ragazza si è defilata con aria sdegnata.
Un po’ lontane da loro, sedute a terra a gambe incrociate su una coperta in lana che copre gran parte del pavimento del salotto, Roxanne e Molly seguono ridendo le sorti della Tassorosso in balia delle curiose sorelle di Louis.
“Cos’è che vi fa ridere tanto?” chiede Rose, avvicinandosi.
“Te lo dico io,” si intromette Albus, spuntando alle sue spalle. “Ridono di Ariana, troppo poco per sua maestà,” afferma insinuante.
“Albussino, quando fai il serpente sei adorabile,” ironizza Roxanne.
“E impiccione,” aggiunge Molly. “Sei un gran pettegolo.”
“Come tutti i Serpeverde,” ghigna Rose. “Gira voce che il Gazzettino sia opera di qualche topo di fogna, io punto tutto su Zabini, è un pettegolo di prima categoria.”
Albus reprime un ghigno e si siede a terra trascinando Rose con sé, costringendola a barcollare per non cascargli addosso.
“Non mi sembra che voi Grifondoro siate meno impiccioni,” ribatte lui. “Almeno voi, cugine care.”
“Non cambiare discorso,” dice furba Rose. “Allora, il tuo amico c’entra o no con quello stupido giornalino?”
Albus si stringe nelle spalle con l’aria di chi non sa davvero nulla e anziché risponderle le pizzica dispettoso una guancia, gesto che Rose contraccambia svelta.
“Non iniziare,” sbotta lei. “Mi fai male.”
Lui ride impudente e adocchia poi la collana inedita che sfoggia al collo. Il giornalista clandestino che è in lui strepita subito e un vivo – pettegolo – interesse brilla in quegli occhi verdi.
“Ti fidanzi e io non so niente,” riprende fintamente offeso.
Rose s’acciglia, ma Molly e Roxanne, che colgono l’allusione inconsapevole di Albus, sghignazzano.
“No, Al, quella è il regalo di James,” dice maliziosa Molly.
“James?”
“Sì,” conferma Roxanne. “A me quell’antipatico non ha regalato niente.”
Rose alza gli occhi al cielo e indirizza lo sguardo alla finestra, intravedendo i profili di Lorcan, James e Teddy impegnati a parlare.
“Non avrei sprecato un regalo del genere per te,” borbotta Albus, osservando stranito il pendente.
Sprecato?” ripete Rose stizzita.
“Non per una cugina, intendo,” precisa lui.
Lei, incrociando con sollievo lo sguardo di Lorcan appena rientrato, non si premura di rispondere ad Albus e si alza per raggiungere l’amico.
“Parlavamo di Auror,” le dice subito lui.
Rose annuisce e gli afferra il polso per trascinarlo nel piccolo disimpegno vicino alla scalinata, dove gli schiamazzi dei parenti giungono attutiti e non ci sono occhi indiscreti – almeno spera. Lorcan la segue incuriosito, ingabbiandola senza neanche accorgersene tra se stesso e la parete alle spalle di lei non appena arrestano l’incedere.
“Che succede?”
“Niente,” risponde Rose. “Ma non ho avuto modo di darti questa, avevamo sempre qualcuno intorno.”
Lorcan china lo sguardo sulle sue dita impegnate a stringere una lettera. Deglutisce mentre l’afferra, sollevando di nuovo gli occhi scuri sul suo viso.
“A James un album intero e a me una lettera?” chiede sarcastico.
Rose curva le labbra in un sorriso imbarazzato, allungando le mani al maglione che lo avvolge. Lorcan sussulta e le si avvicina ancora di più, una mano a stringere la lettera e l’altra a sfiorarle la vita.
“James è un’altra cosa.”
Sa che non dovrebbe provare fastidio, eppure un brivido irritato lo percorre comunque a queste parole. Tuttavia le labbra sorridono e camuffano sia l’impulso fuori luogo che l’antipatia viscerale e insensata che nutre per la catenina che le circonda il collo.
“Se qui dentro c’è una dichiarazione d’amore, sappi che ti proporrò di fuggire con me,” ironizza Lorcan.
Figlio di Luna, ma allora non capisci.”
Rose impreca tra i denti quando il padre sopraggiunge, le orecchie rosse e lo sguardo irritato.
“Papà, sei imbarazzante,” prorompe lei. “È il mio migliore amico.”
“Certo,” sbotta Ron, afferrando rude il braccio di Lorcan per allontanarlo dalla figlia. “Anche tua madre diceva questo di me.”
E se Rose s’imporpora, Lorcan si apre in un sorriso al paragone e si lascia trascinare senza opporre resistenza.
“Ron...”
Signor Weasley,” corregge Ron. “Per te, da adesso in poi, sono il signor Weasley.”
A salvare Lorcan dalle grinfie di Ron è un arrivo per molti inaspettato che calamita l’attenzione di tutti. Ad accogliere il neo arrivato è Ginny, che si precipita sull’uscio per abbracciare materna Lysander, ancora un po’ intontito dal tragitto che ha dovuto percorrere per rientrare in Inghilterra con largo anticipo.
“Tua madre mi ha scritto questa mattina,” dice Ginny. “Siamo felici di avere anche te qui.”
Il ragazzo le regala un gran sorriso e agita la mano in segno di saluto verso gli altri, riservando un abbraccio al fratello.
“Ma che ci fai qui?” chiede sorpreso Lorcan.
“Mi annoiavo,” risponde. “Da solo dall’altra parte del mondo… Non era un granché.”
“Sei un coglione, te l’avevo detto di non partire con loro e restare con me,” ribatte allegro. “Ho le chiavi di casa, comunque, possiamo anche dormire a casa nostra se qui sei a disagio,” aggiunge sottovoce.
“Sì, Lor, meglio a casa nostra,” concorda subito.
Lorcan annuisce e lascia modo a Lysander di focalizzare con maggiore attenzione i presenti. Tuttavia, il ragazzo non fa in tempo a intravedere l’albero troneggiante nel salone che il suo campo visivo viene invaso dalla figura sorridente di Ariana, corsa da lui per abbracciarlo. Louis, avvicinatosi assieme al lei, inarca le sopracciglia in un moto di sufficienza.
“Buon Natale, Lys, sono contentissima che ci sia anche tu!”
“Non credevo di trovarti qui,” dice lui.
“Lysander,” saluta Louis. “Il viaggio è andato bene?”
“Benissimo, grazie,” risponde cortese. “Rose, James, ciao anche a voi.”
Rose gli sorride vispa, ma James si limita a rivolgergli un cenno del capo e a scambiare istintivo uno sguardo annoiato con Louis.
A interrompere i convenevoli per richiamare l’attenzione dell’intera Tana è l’anziana Molly che annuncia il pranzo. In una manciata di minuti la folla di persone prende posto attorno al grosso tavolo in legno, le sedie strette l’una accanto all’altra, il chiacchiericcio confuso e i malumori stemperati.
Per un tempo prezioso, sia pure effimero, le ombre impigliate nelle coscienze assumono le sembianze di un’eco lontana, soffocate dalle luci sfavillanti del Natale.





 


Note dell’autrice: piccolo missing moments a tema natalizio, l’idea iniziale era di dedicarlo interamente a Louis e Ariana, ma poi tutti gli altri personaggi hanno voluto il loro spazio (assicuro che ne arriverà anche uno su James e Albus)! Non credo che il Capitolo Ventuno arriverà prima dell’anno nuovo (le festività rallentano un po’ tutto), quindi considerate questa oneshot il mio regalo di Natale (spero gradito!), nonché la mia occasione per augurarvi buone feste e ringraziarvi per il tempo che da mesi dedicate al mio universo narrativo, spero continui a essere all’altezza delle vostre aspettative! Ho già letto le recensioni al Capitolo Venti (❤), ne approfitto per anticiparvi il mio grazie e dirvi che risponderò al più presto! Non mi dilungo oltre, ma spero davvero che la lettura sia stata una piacevole sorpresa.
Un abbraccio e a presto! ❤

   
 
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