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Autore: LadyPalma    29/12/2019    8 recensioni
Prima classificata al contest "Do you want to build a snowman?" indetto da Marika Ciarrocchi / AngelCruelty sul forum di EFP
Il Re della Notte vuole cancellare la memoria del mondo: scaglia, dunque, un potente sortilegio che trasporta tutti gli abitanti di Westeros in una cittadina americana, Riverdale. Toccherà a Melisandre, rinchiusa nel convento delle sorelle del Quiet Mercy provare a riportare i ricordi, grazie all'aiuto di Shireen e Davos.
Mega cross-over con Once Upon a Time, Riverdale e Stranger Things.
Il titolo è una citazione di Lost.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Arya Stark, Beric Dondarrion, Davos Seaworth, Melisandre di Asshai, Shireen Baratheon
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Red Onion - Davos/Melisandre'
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Un posto dove accadono i miracoli
 
 
 






"Ci deve pur essere qualcosa che puoi fare!" esclamò Ser Davos, incapace di rassegnarsi.
A dispetto delle circostanze, Melisandre non poté trattenere un sorriso divertito. Le forze degli eserciti del Nord e della Regina dei Draghi si erano riunite per affrontare l'arrivo degli Estranei, ma all'improvviso Bran Stark aveva rivelato che non ci sarebbe stata nessuna battaglia: il Re della Notte era interessato a cancellare la memoria del mondo; per questo il suo reale piano era quello di scagliare un potente sortilegio su tutta Westeros, al fine di trasportare tutti gli abitanti in un modo senza magia. In tutto il castello di Grande Inverno, chiunque stava trascorrendo quegli ultimi istanti di coscienza con le persone che amava. Era ironico, dunque, come lo scettico e pragmatico Cavaliere delle Cipolle si trovasse invece di fronte alla sua nemica di sempre, la Donna Rossa, formulandole il disperato appello di un intervento magico.
"Hai partorito un'ombra assassina, hai riportato un uomo in vita... Ti chiedo solo di fare un altro miracolo!"
Il sorriso sulle labbra della donna si attenuò e assunse una sfumatura amara. C'era voluto così tanto per far sì che lui credesse in lei, eppure ora aveva l'ingrato compito di spiegargli come anche la magia e la fede avevano dei limiti.
"Mi dispiace, Ser Davos" sussurrò semplicemente. "Ti avevo detto che la notte è oscura e piena di terrori. E la notte della memoria è la più oscura di tutte".
L'uomo serrò la mandibola, lasciando sedimentare per un attimo quella delusione nella sua mente, prima di elaborare rapidamente una soluzione alternativa.
"Allora ci deve essere un posto in cui fuggire! Via mare... I Non morti non possono nuotare, giusto? Prenderò la mia barca e la Principessa Shireen e... Verrai anche tu, mia signora, e ce ne andremo..."
Mentre parlava in maniera concitata, aveva iniziato a muoversi verso l'entrata del castello; tuttavia, prima che potesse effettivamente superarla, la donna gli pose una mano sul petto per costringerlo ad arrestare il passo. Senza dire nulla, gli fece cenno con lo sguardo verso il cielo, dove un'enorme nuvola nera si stava avvicinando sempre più.  La maledizione era stata lanciata e quel fumo magico era ormai troppo vicino per potervi sfuggire.
I loro occhi si incrociarono e lentamente la sacerdotessa si avvicinò a lui, osando posargli un casto bacio sulle labbra.
"A un'altra vita, Cavaliere!"
E la nuvola li travolse.
 


 
**
 


Melisandre Asshai era seduta come ogni giorno sul gelido pavimento della sua stanza simile a una cella. Accanto a lei giacevano da un lato le integre jingle jangle - la droga che cercavano invano di costringerla ad assumere come presunte medicine - e dall'altro un groviglio di luci di Natale che un giorno aveva trovato casualmente sotto il suo letto e che si erano illuminate a contatto con la sua mano. Si erano accese solo quella volta, però era stato sufficiente come segnale per farle capire che non era impazzita. Tutte le visioni che si insinuavano nella sua mente non erano mere allucinazioni, ma ricordi reali di una vita passata. Non era matta: al contrario era l'unica che aveva scoperto davvero la verità. Eppure, la tenevano chiusa da un tempo indefinito lì dentro, un misto tra manicomio e prigione che  aveva ufficialmente il nome di convento delle sorelle del Quiet Mercy.
Melisandre non poté impedirsi di sussultare per l'aprirsi della piccola finestrella sulla sua porta, l'unico accesso che aveva verso l'esterno. Istintivamente, si ritrasse ancora di più contro il muro e tentò di nascondere le jingle jangle che non aveva preso. La suora che gestiva il convento, Sorella Unella, era capace di darle i brividi in quella situazione di silenzio e privazione in cui nessuna magia avrebbe potuto aiutarla. Ma dall'altra parte della porta non c'era nessuna suora: apparve sì un volto circondato dal peculiare copricapo nero e bianco, però una benda nera su un occhio rendeva quella persona inconfondibile.
"Beric, sei tornato!" esclamò senza riuscire a trattenersi.
Di slancio, si spinse allora contro la porta, per farsi più vicina a quell'inaspettata presenza amica. Oltre se stessa, era a conoscenza di sole altre due persone che ricordavano ancora la vita precedente: una era il sacerdote Thoros, come lei confinato in quel maledetto posto, e l'altro era proprio Beric Dondarrion, inserviente del convento che aveva recuperato la memoria grazie ad un bacio di Thoros. Il bacio del vero amore dato da qualcuno che credeva era l'unico modo che fino ad ora si era dimostrato efficace per rompere il sortilegio, ma i baci del vero amore erano rari quanto i miracoli e non sarebbero stati comunque in grado di sciogliere l'amnesia di un'intera città.
"Lady Melisandre, stasera ci sono le cipolle per cena" annunciò l'uomo in tono secco, lanciandole poi un'occhiata eloquente con il suo unico occhio.
La sacerdotessa non impiegò più di qualche istante per capire l'antifona e spalancò leggermente gli occhi.
"Hai trovato Ser Davos? Devi farmi uscire da qui!"
Per tutta risposta, Beric curvò le labbra in un sorriso e le sventolò davanti agli occhi la preziosa chiave liberatrice.
"Sono qui apposta, Donna Rossa. Mi raccomando fa' attenzione... La notte è oscura e piena di terrori".
 


 
**
 


Erano le dieci di sera, decisamente troppo tardi per girovagare fuori casa, specialmente per una ragazzina di appena undici anni. Ma Shireen Baratheon non poteva aspettare il giorno dopo: finalmente tutti i dubbi che aveva sempre avuto avevano trovato un senso. Proprio quella mattina il suo padrino e insegnante Davos Seaworth le aveva regalato un libro intitolato "Le cronache del ghiaccio del fuoco", una raccolta di storie fantasy-medievali che si erano rivelate riga dopo riga sempre più concrete. I ricordi - perché di questo si trattava - avevano preso forma e ora Shireen era perfettamente consapevole di chi era - e di chi erano tutti gli altri abitanti di Riverdale. Possibile che solo lei fosse a conoscenza della verità? E come mai il libro non aveva avuto lo stesso effetto su Davos che doveva averlo letto prima di lei?
Era la risposta a queste domande che cercava mentre suonava al campanello di un portone, che recava ancora il cognome del vecchio proprietario. Chi fosse Fred Andrews, Shireen non lo sapeva e, per fortuna, non rientrava tra i pressanti interrogativi del momento.
"Shireen! Cosa ci fai tu qui?"
La bambina sorrise, mettendo in bella mostra il libro che l'aveva stregata. "Dobbiamo parlare di queste storie! Tu lo hai capito che sono vere?"
Il maestro Davos, nuovo proprietario della casa, aggrottò le sopracciglia, ma prima che potesse esprimere la sua confusione, si ritrovò letteralmente sommerso da un inaspettato fiume di parole - parole che suonavano nella sua mente come storie già sentite, ma alle quali la sua alunna stava dando una versione completamente assurda, in cui ognuno degli abitanti della città vi assumeva uno specifico ruolo.
"Tesoro, mi piace il mare ma non sono mai stato un contrabbandiere. E, lo so che cucino troppo spesso la frittata di cipolle quando vieni qui a casa, ma io non sono questo Cavaliere delle Cipolle!" la interruppe a un certo punto in tono divertito, tentando di ridimensionare quello che gli appariva solamente come un eccesso di fantasia. “È tardi. Facciamo così, ora ti riaccompagno a casa da tuo padre e poi-"
"Ma allora non hai ascoltato nulla di quello che ho detto!" protestò Shireen prontamente. "Mio padre è morto. Io vivo in quella grande casa da sola, completamente sola. E se tu ti sforzassi di ricordare capiresti che in realtà tu Stannis Baratheon non lo hai mai visto! Perché non capisci che questa non è una cittadina come le altre? Questo è un posto dove accadono i miracoli!"
Davos apparve per un attimo confuso, ma quello dopo stava già scuotendo la testa, prendendosi gioco della propria momentanea indecisione.
"Certo, perché Stannis è stato ucciso dalla coach della Riverdale High School che allena le Vixens" disse ironicamente, ripetendo l'assurda spiegazione che aveva sentito poco prima.
"Brienne non è sempre stata un'allenatrice di cheerleader!! Era una guerriera prima, proprio come tu sei stato un cavaliere e...". Shireen sbuffò e smise di parlare, rendendosi conto che l'espressione dell'uomo, lungi dal diventare meno scettica, lo diventava ogni secondo di più. Abbassò la testa e inevitabilmente si lasciò andare allo sconforto, mormorando qualcosa che mai si sarebbe aspettata nemmeno di pensare. "Oh, come vorrei che la Donna Rossa fosse qui!"
Davos scosse la testa tra l'esasperato e il divertito, mentre già si infilava l'immancabile giacca di pelle nera con il simbolo dei Serpents, il suo vecchio clan di appartenenza a Riverdale.
"E adesso chi sarebbe questa Donna Rossa?"
La bambina seguì l'uomo, pronta a farsi riaccompagnare nella sua triste e vuota dimora. Solo quando sedette sull'auto e Davos iniziò a guidare in direzione di Pembroke, rispose alla domanda, quasi in un sussurrò.
"È qualcuno che non ci piaceva. Ma che mi avrebbe creduto".
 


 
**


 
Il breve tragitto, tra la piccola villa che apparteneva agli Andrews fino alla ben più lussuosa dimora che era stata proprietà di una certa famiglia Lodge, fu silenzioso. Curiosamente era stato Davos a tentare di parlare, ma Shireen si era limitata a rispondere con vuoti monosillabi. Se l'uomo poteva spiegare il delirio che aveva udito fino a quel momento come fantasticherie infantili, la ragazzina si ritrovava a scoprire, dopo l'entusiasmo per la verità, l'amara consapevolezza di essere la sola a conoscerla.
Fu forse proprio per quel silenzio prolungato che l'urlo improvviso di Shireen risaltò maggiormente. Un fiume di parole usciva ora dalle sue labbra con un volume esagerato e un ritmo concitato. Urlava di frenare, di accostare l'auto e di farla scendere.
"Un attimo, un attimo, sta' calma!"
Davos fermò la macchina sul ciglio della strada e, prima che avesse il tempo di fare domande, vide la ragazzina sfrecciare fuori, e a lui non restò altro da fare che aprire la portiera e seguirla. Quando la raggiunse, però, si ritrovò davanti qualcosa di completamente inaspettato. Guardando nella stessa direzione in cui era rivolta Shireen, vide una donna dai lunghi capelli rossi arruffati, con indosso un lungo camice bianco e due ciabatte ortopediche che lasciavano pochi dubbi sulla sua provenienza.
"È una paziente del Quiet Mercy" constato, non senza una certa preoccupazione.
Istintivamente fece un piccolo passo indietro, proprio mentre Shireen ne faceva al contrario due avanti.
"È la Donna Rossa! È Lady Melisandre!"
Di fronte all'ultima sorpresa, Davos non riuscì a nascondere lo spavento e Shireen il rinnovato entusiasmo: lo strano filo di lucine natalizie che la avvolgeva prese a brillare, illuminando in modo ancora più strano il già enigmatico sorriso della donna.
Le luci erano completamente accese, senza essere collegati a nessuna presa elettrica.
A mente fredda, Davos si sarebbe convinto che doveva trattarsi di un trucco; in quel momento, però, arrivò a credere al miracolo.
 


 
**
 


Il maestro Davos si era sempre considerato un uomo pragmatico, eppure in quel momento doveva essere per lo meno confuso, altrimenti non avrebbe mai acconsentito a tutte le folli idee in cui si ritrovava invischiato. Pur esitando e brontolando a mezza voce, aveva finito per caricare quella specie di torcia umana nella sua auto e poi ascoltare il suo lungo racconto mentre erano seduti nel lussuoso salotto di Pembroke. Se le congetture di Shireen erano sembrate assurde, l'incredibile convinzione con cui la donna le confermava gli metteva i brividi. Così come il suo sguardo ipnotizzante e il suo tono di voce calmo e modulato. Sembrava una strega, quasi: invece era solo una pazza scappata da un manicomio.
"Anche lei mi crede, hai visto?" sussurrò Shireen prendendolo in disparte.
Davos aggrottò le sopracciglia e sospirò pesantemente. "Quella donna ha un camice ospedaliero e un filo di lucine addosso! Te ne rendi conto?"
Shireen lo ignorò bellamente e corse via dal salotto solo per tornare un minuto più tardi con un barattolo di vernice in una mano e un pennello in un'altra. I due adulti - lui sempre più scettico, lei speranzosa - la seguirono nello studio che sulla carta apparteneva a Stannis Baratheon.
"Qui è perfetto!" proclamò, indicando uno spazio vuoto sulla parete dietro la scrivania, proprio accanto a uno strano dipinto di un cervo su fondo giallognolo. "Lady Melisandre ha detto che le sue luci si sono illuminate solo due volte, quando le ha trovate la prima volta e quando ci ha incontrati, giusto? È chiaro che vogliono comunicare un messaggio, magari proprio da parte del Signore della Luce. Forse le luci in questo mondo funzionano esattamente come il fuoco!"
Mentre parlava, si era arrampicata su una sedia e aveva iniziato a tracciare su due file tutte le lettere dell'alfabeto con la vernice nera; poi aveva appeso delle puntine sopra ogni lettera e, infine, vi aveva fatto passare sopra il fino di luci, in modo che ogni segno tracciato corrispondesse a una piccola lucina.
"Ecco fatto! Ora le luci possono parlare!"
Melisandre studiò per un attimo il lavoro e poi contribuì alla soddisfazione di Shireen regalandole un sorriso contenuto ma sincero.
"Ora le luci mi diranno il nome del Salvatore, il nome di Azor Ahai..." sussurrò, avvicinandosi di più e iniziando ad accarezzare le lettere dipinte.
"Raso chi?"
Shireen zittì con un'occhiata Davos e lo trascinò fuori dalla stanza per lasciare alla donna la necessaria privacy. L'uomo non se lo fece ripetere due volte.
 


 
**


 
Un'intera ora era passata e le luci erano rimaste spente del tutto, come la fiducia di Melisandre. Seduta su una sedia a fissare la parete, aveva provato a interrogare le luci come aveva fatto per un'intera vita con le fiamme. Il fuoco dava messaggi talvolta ambigui contraddittori, era vero, però questo nuovo palliativo non parlava affatto.
 La porta della stanza si aprì proprio nel momento della sua massima frustrazione, quando era arrivata quasi sul punto di piangere. Solo qualche ora prima aveva davvero creduto di aver scoperto finalmente un modo per rompere la maledizione, e adesso la disillusione la feriva in un modo che non era in grado di sopportare. Stava perdendo la fede, come era già successo una volta a Westeros, ma questa volta la sua ancora di salvezza invece di un aiuto stava diventando un bastone tra le ruote.
"La principessa ha avuto un'idea geniale, Ser Davos" esordì in tono stanco, fissando ancora la parete. "Ma purtroppo non basta".
L'uomo alle sue spalle non poté trattenersi dall'alzare gli occhi al cielo e decise, per una volta, di non obiettare agli assurdi appellativi che sentiva. L'irritazione che provava in quel momento aveva una base più solida e una ragione più specifica: quella donna venuta dal nulla aveva riempito di frottole la già annebbiata mente della piccola Shireen e ora, di fronte al l'inevitabile fallimento delle sue assurdità, osava tirare in ballo chissà quale giustificazione. Conveniente.
"Sul serio? Ti abbiamo ospitata in una casa, abbiamo appeso quelle tue stupide lucine al muro e ora dici che non è abbastanza. Che c'è, non hai più conigli nel cappello? Che cos'è che ti manca, sentiamo?"
Melisandre voltò lentamente la testa verso di lui, in modo da guardarlo dritto negli occhi e, allo stesso tempo, rivelare un lieve sorriso.
"Te. Ho bisogno di te" sussurrò alla fine, con amarezza che si tramutava pian piano quasi in disperazione. "Quando Stannis era morto e Jon Snow era morto, io ero senza orizzonti. Non credevo ai miei poteri, non credevo più In nulla ed ero pronta a rinunciare alla mia missione. Poi però... Sei arrivato tu. Tu mi hai detto che potevo fare miracoli ed è stato solo grazie a te che sono riuscita a far risorgere Jon. E ora... Ho solo bisogno che tu mi creda, anche questa volta, oppure io non posso fare niente. Perché per te è così difficile credere?"
Davos scosse la testa e il suo sguardo non esprimeva altro che scetticismo. Alla donna venne quasi da sorridere per l'ironia della situazione: per anni lui l'aveva accusata di essere una strega senza cuore, ma ora era proprio lui che involontariamente stava esprimendo il massimo della crudeltà.
"Dimmi perché per te è così facile, piuttosto! Tu parli di uomini risorti, ombre assassine, zombie azzurri e draghi... E sei scappata da un manicomio. Come faccio a crederti? Tu e Shireen non fate altro che parlare di miracoli. Dammi una prova allora: fai un miracolo".
Per un lungo momento, i due si fissarono senza capirsi. Erano vicini, ma come in due mondi separati - lui in quello attuale, fatto di automobili, vestiti comodi e verità incrollabili; lei in quello magico, fatto di Lord, cavalieri e sacerdotesse. Erano al punto esatto di partenza, come se la connessione che faticosamente avevano costruito si fosse di nuovo disintegrata. Melisandre se lo era aspettata, eppure allo stesso tempo aveva osato sperare che dopo essersi incontrati tutto sarebbe stato più semplice, e che il loro strano e paradossale legame avrebbe resistito alla prova del tempo e della memoria.
A quel pensiero, improvvisamente un guizzo apparve nei suoi occhi mentre si alzò lentamente in piedi. Un bacio era bastato a ricreare il rapporto speciale tra Thoros e Beric, forse avrebbe funzionato anche tra lei e Davos. Nessuno dei due era arrivato a pensare anche lontanamente a usare la parola amore, però per Melisandre lui era stata la cosa più vicina a quel sentimento che avesse mai provato e, del resto, quando la maledizione li aveva travolti si stavano proprio baciando. I baci del vero amore erano più rari dei miracoli, ma forse potevano essere intrinsecamente collegati.
"Non ti muovere, per favore".
Davos aprì la bocca per parlare ma, prima che potesse pronunciare una singola parola, lei gli pose un dito sulle labbra, che ebbe l'effetto di immobilizzarlo. Registrò semplicemente gli occhi magnetici di lei diventare sempre più vicini, le sue dita accarezzargli la guancia, e le sue labbra posarsi sulle proprie.
A quel semplice contatto, un intero flusso di ricordi invase la mente dell'uomo, mentre istintivamente strinse la donna a sé per baciarla ancora. Una barca nel buio piena di cipolle, un abito rosso e una collana con un rubino, un libro sui draghi e Shireen che gli insegnava a leggere...
Ora ricordava l'uomo risorto, ora credeva nei miracoli.
Quando si separarono non fu per esigenza di aria, ma per una luce improvvisa che si espanse per tutta la stanza.
"Davos, Melisandre! Le luci!" strillò Shireen entrando dalla porta rimasta aperta e indicando con evidente emozione l'intermittenza delle luci.
Un miracolo aveva chiamato un altro miracolo.
Determinate lettere si illuminavano in sequenza questa volta e un nome uscì fuori come risultato.
Arya Stark.
 


 
**


 
Sistemandosi meglio la giacca con il disegno di un serpente che Davos le aveva prestato, Melisandre entrò nella famosa caffetteria della città, Pop's, e individuò subito l'oggetto della sua ricerca. Arya Stark era seduta al bancone con indosso una giacca nera con lo stesso simbolo e intenta a sorseggiare un milkshake al cioccolato. La rossa non perse tempo e le si avvicinò, sedendosi al posto immediatamente accanto e facendo un'ordinazione casuale.
"Ci conosciamo?" chiese la ragazza con aria diffidente, alzando un sopracciglio.
Melisandre le rivolse un sorriso e lanciò uno sguardo alla monetina con cui l'altra stava giocherellando. Una monetina che portava il marchio di Bravoos, un altro segnale che la verità prima o poi sarebbe spuntata a galla.
"Sì, ci siamo viste tanto tempo fa, Arya Stark. Vedevo molta oscurità in te, ma adesso vedo molta luce..."
"Senti, se sei una specie di indovina, sappi che non ho soldi e non ho proprio tempo da perdere" la interruppe Arya, dando un ultimo sorso alla sua bevanda e facendo per alzarsi in piedi.
"Aspetta, voglio solo parlarti".
La ragazza parve considerare le parole per un attimo, ma poi alzò le spalle. "Non oggi" disse semplicemente, lasciando i soldi sul bancone e avviandosi verso l'uscita.
Melisandre la guardò andar via e non poté evitare di scoppiare in una leggera risata. Il primo tentativo non era stato fruttuoso, ma stavolta non perse né il sorriso né la fede, mentre iniziava a sorseggiare con gusto il suo milkshake alla fragola.
La ragazza non poteva saperlo, ma non oggi erano proprio le parole che per quel primo incontro Melisandre avrebbe voluto ascoltare da lei.
 
 








 
NDA: Cosa ho scritto? Non lo so, è tutta colpa di questo contest ambizioso che chiedeva di unire più fandom diversi ahah Ho sempre voluto legare la dinamica con Game of Thrones con quella di Once Upon a Time e, finalmente, ho avuto occasione di farlo. Per ricapitolare, segno cosa ho preso da qualsiasi fandom:
Riverdale (ambientazione): convento del Quiet Mercy, casa Andrews, Pembroke, Pop's
Once Upon a Time (situazione): trasferimento in un mondo senza magia, perdita memoria e baci del vero amore
Stranger Things (oggetto): le luci di Natale e anche la loro funzione di inviare messaggi
+ qualche citazione di Lost (titolo incluso).
Spero vi sia piaciuta... E buone feste!
   
 
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