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Autore: avoidsoma    29/12/2019    1 recensioni
Non sai dove ti trovi, non sai cosa sei. Hai il potere di fare qualsiasi cosa, io ti aiuterò a capire chi sei e dove ti trovi.
Prima volta che uso la seconda persona, scritta per il calendario dell'avvento di Fanwriter.it
Genere: Introspettivo, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Onironauta

    - Sono morto? - hai detto al vento, aspettando una risposta. Eri disteso sul verde prato che avevi creato, sotto un cielo limpido e un caldo Sole estivo.
    - Se sei morto è proprio un bel posto dove stare - dissi io. Non ti eri accorto della mia presenza e ti sei subito alzato. Con una certa apprensione mi hai guardato e mi hai domandato - Chi sei? -
    - Sono una tua creazione, non vedi? - ti risposi.
    - Io ti ho creato? - mi hai guardato con aria interrogativa.
    - Prova a creare un albero fra noi - A quanto pare non avevi ancora capito dove ti trovavi.
    Ti sei concentrato fissando il terreno, riuscivo a percepire i tuoi sforzi, ma era tutto invano. Non andava bene: - Così sembra che hai qualcosa contro il bel prato. -
    - Sinceramente non ho capito cosa devo fare - hai detto.
    - Come mi hai creato? Come hai creato questo mondo? Pensaci e provaci - ti avevo dato ormai tutti i suggerimenti. Avevi chiuso gli occhi, ascoltavi il flebile rumore del vento, sentivi i raggi del Sole riscaldare la tua pelle. Eri concentrato, ma allo stesso tempo rilassato. Fu così che comparve un grosso castagno tra me e te.
    - Vedi, non era difficile - ti dissi. Finalmente ce l'avevi fatta. Per un attimo hai osservato la tua nuova creazione, ma hai notato che stonava con l'ambiente circostante.
    - I rami hanno perso le foglie, questo albero è in letargo - hai detto.
    - È normale, hai pensato a un castagno durante l'inverno - ti ho risposto - Riprova. -
    Questa volta sei riuscito senza difficoltà a trasformare l'albero in letargo in uno nel vivo della stagione estiva, con i rami ricoperti di foglie che facevano una comoda ombra.
    Hai guardato con soddisfazione la tua creazione, poi mi hai domandato: - Sono tipo un dio? -
    - Non proprio. -
    - Sei tu un dio? -
    - No, mi hai creato te. -
    - E allora chi sei? -
    - Sei tu che devi darmi un nome e una forma - Per adesso ero un tua copia perfetta. Rispetto alle prime volte, sei riuscito subito a darmi una forma e un nome. Una barba bianca folta spuntò sotto il mio mento, il corpo lo sentivo più grande e grosso, una pesante giacca rossa e bianca copriva la mia pelle.
    - Sei Babbo Natale! - hai esclamato.
    - Proprio questi vestiti pesanti dovevi darmi? Con questo caldo si suda molto! - ho esclamato.
    - Senti Babbo, ma sono morto? Non capisco dove siamo e perché posso creare e modificare il mondo che mi circonda. -
    Prima di rispondere decisi di spogliarmi, poiché il Sole non risparmiava neanche Babbo Natale. Rimasi in canottiera bianca e mutande.
    - Sono forse in paradiso? Nel purgatorio? Dio mi ha giudicato? O sono nel vuoto? - hai continuato.
    - Fermati - ti ho interrotto - Non siamo in nessuno di questi luoghi, dovresti saperlo che non esistono. Ti trovi dentro la tua testa. Questo é il tuo primo sogno lucido, complimenti! -
    Hai guardato le tue mani, poi il prato intorno a te. Ti stavi agitando, così ho provato a calmarti: - Non pensare troppo al sogno, altrimenti ti sveglierai. -
    - Posso fare qualsiasi cosa… - hai detto, e nel mentre osservavi il mio corpo smembrato di colpo.
    - Ti chiederei il piacere di ricompormi, grazie - ho detto un po' infastidito - Tutto ciò che ti circonda é parte di te e lo sono anch'io; non é bello essere a pezzi. -
    Mi hai ricomposto.
    - Camminiamo per questo bel prato - ho proposto.
    Per la prima volta ti sei avvicinato a me. Eri poco più basso, ma decisamente meglio in forma rispetto a Babbo Natale. Pur se il Sole era cocente, una leggera brezza ci rinfrescava.
    - È un mondo vuoto - dissi a un certo punto - Puoi iniziare a popolarlo come vuoi, è come una tela bianca da dipingere. -
    - E cosa succede se mi sveglio? - hai domandato.
    - Il sogno continua a evolversi, ma non potrai più tornare. -
    - Io voglio rimanere, non so quando mi ricapiterà un'occasione simile. -
    - Puoi rimanere, ma poi non ti sveglierai più, rimarrai per sempre qui. -
    Non mi stavi ascoltando. Ti eri fermato e stavi creando delle nuvole, così da fare un po’ di ombra. Poi hai proseguito a popolare il grande prato con alberi di tutti i tipi: castagni, querce, frassini, non ti stancavi più.
    - Prova a creare qualche animale - ti ho suggerito.
    Creare degli animali era più difficile, riuscivo a percepire la tua difficoltà iniziale. Ma una volta creati i primi animali più piccoli, come ratti o uccelli, hai aumentato pian piano la dimensione. Finchè non sei arrivato a creare l’uomo primitivo.
    - E ora? - hai domandato.
    - Come? Hai la possibilità di fare tutto quello che vuoi e quello che sei riuscito a fare è ricreare la Terra con la sua vita? - ho ribattuto.
    - È come una pagina bianca: non so mai come cominciare e cosa scrivere, le idee mi vengono totalmente a caso - hai risposto.
    - Prova a creare un nuovo colore - ti ho suggerito.
    - Ma è impossibile! - hai risposto - I colori sono una nostra percezione visiva dello spettro elettromagnetico della luce. -
    - Tutte parolone scientifiche! - Ho preso la tua mano - Prova a creare ora un nuovo colore, non pensarci troppo ai limiti che ti sei imposto. -
    Così ti eri di nuovo concentrato. Il Sole sparì all’improvviso, al suo posto una luce cupa cominciò a emergere dal terreno e il nuovo colore si fece avanti. Assomigliava a un viola acceso ma allo stesso tempo a un grigio scuro, l’aria intorno sembrava più secca e un terrore stava nascendo sia in me che in te. Ti dissi di smettere, poiché non eravamo abituati a tale colore.
    - Ricordati che non puoi rimanere troppo tempo qui nel sogno. -
    - Sto talmente bene qui, ho potere su tutto e non devo preoccuparmi di nulla. -
    - Arriverà un punto in cui non potrai più tornare indietro, non potrai più uscire da questo sogno - ti dissi - Non vuoi festeggiare il Natale? È la notte della vigilia questa. -
    In quel momento ti sei ricordato per un istante che tu appartieni a un altro mondo, ti sei sentito richiamare.
    - Dovrei tornare a tutte le preoccupazioni della vita, dei miei fallimenti continui e di tutti i problemi che stanno accadendo in questo momento nel mondo? In una vita dove non ho potere per niente? -
    - Non è vero, hai potere su te stesso - ti ho interrotto - E inoltre hai una famiglia che ti vuole bene. Queste festività in fondo servono proprio per incontrarsi tutti nel periodo più buio dell’anno. -
    Non ti vedevo ancora convinto.
    - Qui troverai solo parti di te stesso - ti parlavo lentamente, così che avevi tempo di riflettere alle mie parole - Potrai dividere anche il singolo atomo mille volte, ma sempre parte di te rimane. -
    Sei rimasto in silenzio a riflettere. Nel frattempo giocavi con il tempo, in un battito di ciglia erano passati milioni di anni, quello che prima era un prato ora era diventata la cima di una collina.
    - Ho deciso di andare - hai detto alla fine - Ma dimmi un’ultima cosa: anche il mio mondo è un sogno? Tutto quello nel mio mondo è parte di qualcuno? -
    - Non lo saprai mai - ti dissi - Però puoi creare a tuo piacere delle ipotesi. Alcuni la chiamano filosofia, altri religione, altri ancora scienza. -
    - Ora come faccio a uscire? - hai domandato, con aria un po’ afflitta.
    - Ah bè, ci sono vari modi. C’è chi vede l’ora in un orologio, chi si dà un pizzicotto sul braccio. Devi trovare il tuo modo personale per uscire dal sogno. -
    Hai tirato fuori dalla tasca un orologio da polso. Te lo sei messo e hai guardato il quadrante: le lancette ruotavano all’impazzata e non riuscivi a capire che ore fossero. Per un momento sei rimasto a fissare le lancette, poi voltandomi verso di me hai detto: - Non funziona, sembra che ho accettato questi paradossi. -
    - Di solito non ti porti qualcosa con te nei sogni? Un simbolo o un piccolo oggetto. Dovrebbe aiutare - ho consigliato.
    Stavi di nuovo rovistando la tasca, come se contenesse qualsiasi cosa. Hai tirato fuori un cubo, composto da piccoli cubi colorati che si potevano ruotare.
    - È il mio cubo di Rubik - hai detto.
    Il cubo era mischiato. Ti era venuta una forte voglia di risolverlo, di rimettere ordine in quel caos. Ma non ci riuscivi: - Non ricordo come si faccia. Non riesco proprio a ragionare. -
    Cercavi di ruotare le parti del cubo, ma erano incollate. Non riuscivi a ricordare le mosse e l’algoritmo per risolverlo. Lentamente hai cominciato a ricordare la tua stanza da letto, con il cubo sullo scaffale davanti ai libri. La stanza era buia, l’aria era viziata poichè avevi chiuso la porta e sentivi il pesante piumone che premeva sul tuo corpo intorpidito e irrigidito dal sonno.
    Hai iniziato a essere più leggero, non riuscivi più ad avere il controllo dei tuoi poteri nel sogno, ti sentivi impotente e vulnerabile. A quel punto sei sparito, diventando trasparente finchè non ti sei dissolto.
    - Addio - ti dissi. Mi allontanai da te e ripresi a camminare per il percorso, scendendo per la collina. Io ero destinato a rimanere per sempre, l’unica cosa che potevo fare era controllare che tutto andasse per il meglio.
    Ti sei svegliato.

   
 
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