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Autore: EnryS    02/01/2020    0 recensioni
«Non sono di fuoco, le fiamme di Arahabaki.
Non sono di fuoco eppure bruciano sotto la pelle, consumano, distruggono. Intendono lasciare solo cenere del corpo che permette loro di ardere, di vivere, di annientare.»
{!!!Spoilers su "Dead Apple"}
Genere: Angst, Azione, Dark | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna, Shonen-ai | Personaggi: Chuuya Nakahara, Osamu Dazai
Note: Movieverse | Avvertimenti: Spoiler!
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‘ O grantors of old disgrace ——
 
Non sono di fuoco, le fiamme di Arahabaki.
Non sono di fuoco eppure bruciano sotto la pelle, consumano, distruggono. Intendono lasciare solo cenere del corpo che permette loro di ardere, di vivere, di annientare.
Morirai, ha detto la ragazza coi capelli chiari, e lo stesso ha sottinteso Ango anche se lui non ha avuto bisogno di specificarlo: cosa comportava la scomparsa di Dazai in quella circostanza lo sapevano entrambi fin troppo bene.
Chuuya, in piedi davanti al portellone dell’hangar spalancato su una Yokohama praticamente irriconoscibile, sicuramente lo sa meglio di tutti, cosa significa usare Corruzione senza poter contare sull’intervento dell’ex partner.
Brucerà.
Brucerà fino a che non rimarrà che un corpo morto, abbandonato e lacerato.
Se Dazai è morto, pensa. No, quel maledetto bastardo sarà sicuramente ancora vivo, in qualche modo. E se così non fosse —— beh. Chuuya è determinato a dargli un cazzotto in faccia prima di morire a sua volta.
Il vento gli scuote i capelli e fa ondeggiare il cappotto poggiato come al solito sulle sue spalle. In fondo, se anche fosse la fine, per lui, sarebbe giusto così: che siano le fiamme del Dio del Fuoco, quelle che lo hanno reso ciò che è, a consumarlo.
Chuuya non le teme.
Di sicuro non teme il drago che sta guardando, nonostante sia talmente grande da avvolgere con le sue spire scarlatte decine e decine di grattacieli, di cui soltanto le cime sono visibili in quella nebbia che inghiotte ogni cosa.
«Morirai,» ripete la giovane alle sue spalle. «Anche con tutto il tuo potere, non puoi pensare di affrontare quella creatura.»
Chuuya si volta appena, incrocia lo sguardo con quello di lei per un attimo solo, eppure sufficiente da fargli cogliere in quegli occhi chiari la convinzione che lui non abbia speranze. Troppo impari, come scontro, troppo inverosimile riuscire in quella missione perfino per Nakahara Chuuya, il manipolatore di gravità.
«Non è un motivo valido per farsela sotto e tornare a casa.»
Risponde, secco, affilando lo sguardo contro la creatura che brilla come un rubino sotto la luce della luna.
Il drago è già spacciato, o forse lo sono entrambi, ma non sarà Chuuya a morire per primo.
Si sfila i guanti, lascia che il cappotto gli scivoli dalle spalle.
Sa cosa vuol dire, usare Corruzione. Chuuya sa a cosa va incontro. Conosce il dolore che liberare quel potere porta con sé, è consapevole del destino che lo attende dal momento in cui concederà ad Arahabaki di venire fuori, e di prendere il controllo su di lui, sulla sua mente, sul suo corpo —— su tutto.
Neanche questo è un motivo sufficientemente valido per rifiutarsi, per girare i tacchi ed andarsene, per comportarsi da vigliacco.
Un motivo simile, semplicemente, non esiste. Non per lui.
E quindi scatta, corre in avanti senza un’ombra di esitazione, corre verso il vuoto che non ha mai temuto perché Chuuya non è mai realmente nel vuoto, neanche adesso che è in caduta libera sopra una città ingoiata dalla notte e dalla nebbia.
Concessori dell’antica sciagura,
recita nella sua mente, mentre Arahabaki si risveglia, apre i suoi occhi vermigli sui dorsi delle mani di Chuuya e scatena le sue fiamme: disegni irregolari, serpentine scarlatte che si avvolgono attorno al corpo del ragazzo. E sussurrano, le fiamme del demone.
Non svegliatemi di nuovo.
Arahabaki reclama ciò che è suo con il fuoco, consumando il suo vessillo dall’interno, mentre il potere di cui Chuuya viene in possesso lo inebria e lo acceca.
Chuuya odia sentirsi così, in balia di qualcosa che non può controllare, che non può fermare, che non può gestire, eppure c’è qualcosa di incredibilmente soddisfacente in quella libertà, in quel potere assoluto. Il dolore, dapprima, è distante: la furia del dio del fuoco sovrasta tutto, annienta tutto, ed in quello stato Chuuya vuole solo distruggere. L’enorme drago è quello a cui punta, mentre gioca con la gravità e la deturpa, facendo sollevare senza apparente sforzo buona parte degli edifici e del manto stradale sottostante. La sua energia non ha limiti, la sua forza non ha limiti, il suo fuoco non ha limiti. Solo il suo corpo li ha: debole, fragile, umano.
Sanguinano le ferite che si aprono sulla sua pelle chiara, aggiungendo rosso al rosso dei marchi. Lacrime di sangue colano dai lati degli occhi, mentre il cuore pompa ad un ritmo forsennato nel tentativo di sorreggere quel corpo che viene privato rapidamente di tutte le sue energie.
Il volto di Chuuya è stralunato, irriconoscibile. Non c’è più azzurro nei suoi occhi, non c’è quasi più niente di lui in quella creatura che vuole solo distruggere, che si sente libera in quella furia di caos, che si sente viva, mentre arde in quel corpo in fiamme.
Lo scontro è violento, caotico, ma breve. Del drago non resta niente, neanche una carcassa abbandonata, eppure Arahabaki non è sazio. Non lo è mai e continua a divorare, continua a consumare. Chuuya trema, fuori controllo per la rabbia e l’adrenalina ed il bisogno spietato di continuare a distruggere, di continuare a bruciare, fra gli spasmi di un corpo che non può quasi più muoversi, che è intrappolato in un dolore che lo squarcia dall’interno come gli artigli affilati di una bestia che smania di liberarsi. E quando il corpo di Dazai compare nella nebbia, abbandonato — morto — Chuuya non pensa quasi a nulla, perso in quell’agonia che è follemente tanto bella, indispensabile, inevitabile.
È quasi troppo tardi, Chuuya può sentirlo. Sente il suo corpo che viene lacerato, consumato dall’interno ad ogni attimo che passa, ad ogni respiro. Ricoperto di ferite che non è stato il drago ad infliggergli, ma che sono lo scotto da pagare per tutto quel potere, il ragazzo avverte un barlume di coscienza che sussurra, che supplica.
Fermati, Chuuya. Fermati, fermati, fermati.
Non sarebbe tornato indietro, non stavolta.
Dazai è morto, e Chuuya digrigna i denti che trattengono un ringhio di dolore, rabbia, odio.
Fottuto, maledetto, merdoso Dazai.
Le dita si chiudono, il pugno si serra, il braccio carica all’indietro in un ultimo sforzo per colpire in faccia quello stronzo: e quel pugno è talmente piacevole da portare via il dolore per un momento. Poi sa di sangue, la sua saliva. Gli spasmi continuano, violenti come strappi al petto. Lacerano e straziano. Chuuya tossisce. Un fiotto di sangue si perde nell’aria, restando sospeso, a sua volta libero dalla gravità di cui tutti sono schiavi, tranne Chuuya.
Lui è schiavo soltanto di Arahabaki, che continua a bruciare ed intende farlo fino alla fine.
Il demone non vuole scomparire di nuovo.
Respira, Chuuya, respira di nuovo adesso mentre cede alla stessa forza che normalmente controlla come una parte di sé e precipita rovinosamente al suolo insieme, o meglio, addosso, a quel maledetto figlio di puttana. La mano di Dazai si è sollevata appena in tempo a sfiorare la guancia di Chuuya e quel piccolo, debole tocco, è stato sufficiente a far sparire tutta quella potenza, tutta quella furia, tutte quelle fiamme.
Lo sapevo che non eri morto.
«Chuuya,» sussurra Dazai, accondiscendente, stronzo come al solito, con la mano che resta poggiata sui suoi capelli in un gesto di confidenza che in quel momento tradisce platealmente un sorrisetto di superiorità che Chuuya non può vedere. «Hai usato Corruzione credendo in me? Sono commosso.»
«Sì, l’ho fatto. Soltanto perché so che tu non muori mai» gli ringhia contro il rosso, usando quel che resta delle sue energie mentre ignora il dolore che ancora lo stritola e la pesantezza del suo corpo. «E adesso lasciami!» protesta, in un ultimo guizzo di forze, cercando ostinatamente di liberarsi perché stare fra le braccia di quello stronzo è l’ultima cosa che vuole in quel momento —— o in qualsiasi momento.
Dazai non si scompone.
«Non posso: la nebbia non si è diradata e non ho intenzione né voglia di proteggerti da te stesso, specialmente mentre sei ridotto così.»
«Cosa?» chiede Chuuya, perplesso, provando inutilmente a sollevare la testa. Ha ucciso il drago, è quasi morto per farlo: come è possibile che quel conflitto non sia ancora giunto al termine?
Dannazione, pensa, non riesco a muovere neanche un muscolo. E chiude gli occhi, cedendo al peso del suo corpo, al dolore e alla spossatezza, abbandonato addosso al suo più odiato amico, nemico, o quel che è. Quello che ha salvato, di nuovo, e da cui è stato salvato, di nuovo.
Chuuya sa che sarà solo, quando si sveglierà. Dazai se ne sarà andato come al solito, come lo stronzo che è, ma non importa: lo ha strappato alle fiamme appena in tempo.
Riposa, Chuuya.
Arahabaki è tornato nelle tenebre.
 
—— do not wake me again. ’


 
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Che vi devo dire, amo questa scena del film alla follia e sviscerarla mi è sembrato necessario e indispensabile! Spero vi sia piaciuto leggerla quanto a me è piaciuto scriverla ^_^ 
[One-Shot scritta sul prompt "In fiamme" per l'Advent Calendar sul gruppo facebook https://www.facebook.com/groups/534054389951425/ ]
   
 
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