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Autore: xladyvalois    04/01/2020    2 recensioni
È di seguito a un progetto Erasmus che la giovane scozzese, Mary Stuart, detiene l'opportunità di trascorrere l'imminente e nuovo anno universitario fuori sede, trasferendosi da Edimburgo al cuore della Francia, Parigi. Lì, grazie a conoscenze passate, vien calorosamente accolta ed ospitata da un'agiata e rinomata famiglia francese, i Valois. Francis, uno dei suoi componenti e suo futuro compagno di corso alla Sorbona, tuttavia non sembra gradire particolarmente il suo arrivo. Al contrario, comincia a ritenere che Mary sia una sola “intrusione” nella propria vita, e ad infastidirsi di continuo, mostrandosi di conseguenza rigido e scostante in sua presenza. Le circostanze inizieranno a complicarsi quando Mary si riscoprirà affezionata al ragazzo che, troppo tardi, muterà i propri stessi pensieri e s'accorgerà di corrispondere ai medesimi sentimenti nutriti dalla scozzese. ll loro è, difatti, un rapporto con data di scadenza, le cui strade finiranno irrimediabilmente per dividersi, e le cui città diverranno nemiche stesse della loro storia, rischiando invero di separarli per sempre.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Francis, Mary Stuart
Note: AU | Avvertimenti: Triangolo
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Parigi, Francia, 2014.
 

Roger de Bussy-Rabutin diceva che “la lontananza fa all’amore quello che il vento fa al fuoco: spegne il piccolo, scatena il grande”. È un passaggio che Francis ha iniziato a rammentare solo di recente. Ancorché abbia letto e riletto Storia amorosa delle Gallie numerose volte — dapprincipio per consegna, e di seguito per sincero diletto —, è come se tale asserzione avesse catturato la sua attenzione non di più di adesso. Come se letture addietro avesse scorso oltremodo con gli occhi per notarla ed altresì comprenderla; o come se si fosse palesata in quel paragrafo del libro or ora, e prima non vi fosse mai stata. 
Forse attendeva soltanto d'essere colta, impressa nella mente, rievocata. È pur vero che dopo averla riscoperta Francis non è in grado di obliarla in alcun modo. Persiste nel riecheggiare tra le pareti della sua testa, trascinando con sé frangenti di un passato non molto lontano dal tempo corrente. 
Comincia invero a detestarla, quella frase. Tanto insignificante e trascurabile gli era parsa, innanzi, quanto assillante e ripetitiva si rivela essere, adesso. Ma il semplice passo di un romanzo non ci sfiora nell'attimo in cui non deteniamo alle spalle alcuna esperienza affine al suo contenuto. Allorché, invece, ci ritroviamo scottati da una vicenda simile, ciascuna parola non è altro che veleno. È avvilente, graffiante su di una lesione ancora aperta. In particolar modo, per chi conserva il peso di un greve senso di colpa addosso. E non si può certo celare quanto Francis ne custodisca segretamente uno, da mesi or sono. Un fardello che ogni giorno diviene sempre più difficoltoso gestire — specie per un soggetto che con fatica è solito ammettere le proprie colpe o finanche riconoscerle.
Oramai è fragile tanto quanto una scheggia di vetro. Gli basta leggere qualsivoglia riga, oppure captare qualunque elemento a lui facilmente ricollegabile a quel che lo afflige, e la sua vulnerabilità riaffiora, trainando con sé una sequela di sensi di colpa che lo inducono a una perenne distrazione, o a un'incurabile insonnia. 
Si dice che per sfuggire ai propri affanni si debba ricorrere a due soli espedienti: dimenticanza, o processo di rimozione. Il che, a conti fatti, sembrerebbe esser la medesima cosa. Poiché se con l'uno si tende ad annullare quel pensiero, con l'altro si propende a radiarlo — e vigono distrazione e destituzione in ambedue i casi. In ciascuno, l'intento è quello di dissuadere la propria mente da un'apprensione, ed il suo fine è l'inesistenza, il nulla. Liberarsi in definitiva di quel preciso assillo.
Per un lasso di tempo, a tratti interminabile, Francis non s'era affatto servito del suddetto metodo. Al contrario, volenteroso si era lasciato cullare da quella percezione negativa; un po' masochista, forse, ma perdersi in retrospettive legate alle memorie di quel che era stato era l'unico tramite di cui disponeva per non sbiadirne il ricordo. 
D'altro canto, lui non voleva svincolarsene. E tuttora non è sua intenzione farlo. E pertanto, per quale ragione dovrebbe far uso dei sistemi sopracitati? Cosa ci guadagnerebbe? È logico che non trattandosi di una sua finalità, sarebbe vano osservarli.
Ma è altrettanto indubbio che vivere in balia di un rimpianto non è comodo, per quanto esso possa farti rimembrare, nella sua negatività, anche sprazzi di un passato piacevole. 
È innegabile che Francis si trovi in bilico tra due scelte di un certo calibro, e proprio per timore di adempierle e scontarne le conseguenze, qualunque esse siano, preferisca sostare nell'indecisione perpetua. Un lato gli suggerisce di dimenticare, l'altro lo invita a convivere angosciosamente con il ricordo. Entrambe opzioni che, a suo dire, non gli promettono alcuna serenità mentale.
Quel che aveva compiuto mesi addietro gli rammenta oggigiorno che una volta avviatosi verso una strada è alquanto difficile tornare indietro, sui propri passi. Cambiare idea è invero plausibile, destarsi da un'opinione che dapprima rannuvolava la tua lucidità di pensiero. Ma far retromarcia è più arduo di quanto si possa immaginare e non è assodato che tutto possa manifestarsi secondo la percezione che ci aspettiamo. Ogni cambiamento richiede ripercussioni, e ancor di più colpi di scena.
È ciò a dargli spavento e a bloccarlo sul posto.
Aggravare le circostanze e riscoprire una realtà differente da quella che aveva presunto.
Come proseguire, dunque? Ché la vita è colma di scelte, che a loro volta son vie da imboccare, senza guardarsi alle spalle. 
E più tra tutti Francis ha oramai appreso quanto tortuoso ogni sentiero possa essere, qualsivoglia in cui tu possa avviarti. Gli imprevisti son sempre in agguato.
 
( ... )
 

Edimburgo, Scozia, 2015.

 
« Francis! Francis! Sono qui! » 
È una voce squillante ad alzarsi tra la ressa, dalla cadenza francese ben marcata, a tratti persino forzata, di chi è conscio d'esser straniero in un paese che non è suo Natale e con sciocca superbia vuol imporre la propria ( immaginata ) superiorità. Tono borioso e sonoro, mento in alto e visetto grazioso e fine, dallo sguardo vispo e malizioso. 
Come non identificare la vanesia Claude, ed anche in un luogo tanto affollato quale un aeroporto. Che si dia da fare per prevalere sempre sopra chiunque è già ben appurato — ma a prescindere da ciò, Claude Valois pare esser nata per spiccare. Qualità che, se non altro, non le arreca il minimo disturbo, e che con fierezza porta avanti.
Ben inbaccucata nel proprio capotto griffato e con un braccio elegantemente sollevato, eccola che attende il sopraggiungere del fratello maggiore, sventolando piano un guanto che tien stretto nella mano, così da fargli segno.
Francis, d'altra parte, fa per avvicinarvisi — il capo chino, l'espressione appena un po' spenta, avviso di un umore che probabilmente gli sosta sotto le scarpe, o di una certa apprensione che lo travolge... od ancora, di semplice stanchezza conseguente al lungo viaggio affrontato. Chi potrebbe dirlo!, enigmatico quale si dimostra d'essere da mesi a questa parte, riguardo le proprie emozioni.
Non son tanti i tratti fisici che tendono a condividere, Francis e Claude, son piuttosto amalgamati, sembianze di una famiglia oltremodo numerosa, con fratelli tutti ben diversi tra loro. Caratterialmente, tuttavia, lo stampo Valois sembra predominare sotto più punti di vista, e non è certo difficile per Claude ravvisare il medesimo muso mogio che è solita metter su lei, quando il cattivo umore la pervade.
« Cosa c'è che non va, Francis? » gli chiede, difatti, ora che egli le è finalmente attiguo — e non si cura neppure di cingerlo in un abbraccio affettuoso ancora, non prima d'avergli posto la domanda più importante: « Non sei felice di vedermi? »
« Certo che lo sono » replica prontamente, lui, propenendo da sé quell'abbraccio mancato, che almeno Claude sembrerebbe gradire. Odora d'una fragranza abbastanza forte e sdegnosa, proveniente da chissà quale firmata boccetta di profumo con cui s'era innaffiata — ed è con una smorfia nauseata che Francis s'allontana dal suo corpo e torna ad appoggiarsi al proprio bagaglio.
« E allora cos'è questo muso lungo? »
« Sono solo stanco, tutto qui » mente, arricciando volutamente il naso una seconda volta, di modo da poter sviare l'argomento. « Ma quanto profumo ti sei messa? »
« Abbastanza da far intendere chi sia la vera francese degna di portare Chanel in questo gregge di città » asserisce, in giustifica, non tenendo conto del fatto che l'interrogativo del fratello potesse non esser tanto galante. Ed ancora altezzosa s'incammina, facendo nuovamente cenno a Francis di seguirla, seppur con una solo movimento del capo, stavolta. Altera e dispotica come solo lei sa essere.
La rincorre al trotto, Francis, ora stremato, ora esasperato. È incredibile come crescendo vada assomigliando sempre più alla loro madre, Catherine. Due facce della stessa medaglia, considerato anche il rapporto conflittuale che le ha sempre legate.
« Dici così, eppure mi sembra che sia già una settimana che soggiorni qui. » 
« Soltanto per far visita a Bash. E non farti strane idee. »
“E non farti strane idee”, ammonizione che nella testa di Francis non potrebbe far altro che far riaffacciare scomode memorie riguardanti Claude ed il menzionato fratellastro. 
Sebastian de Poitiers, “Bash”, così l'avevano sempre nominato in famiglia, figlio di Henry, loro padre, generato in un moto di passione di quest'ultimo con una fiamma ancora ardente, ed ora sua novella sposa, Diane, finanche a ridosso del matrimonio con Catherine, la precedente moglie. 
Claude e Bash avevano trascorso un periodo alquanto disagevole insieme, anni addietro. L'uno infatuato dell'altra, e viceversa, per un certo lasso di tempo ambedue s'erano persuasi di non esser uniti da alcun vincolo di sangue da parte del padre, e ad un affetto un po' più profondo di uno fraterno s'erano lasciati andare, con gran repulsione di tutti. 
Un rapporto che, grazie al cielo, s'era dissolto in breve, facendo rinsavire entrambi.
La famiglia Valois, dopotutto, tra tradimenti, eventuali incesti ed intrighi vari pare non esser mai a corto di drammi.
« E a tal proposito: come mai lui non c'è? Non credo di averlo capito. »
« Gli hanno prolungato il turno a lavoro, a quanto pare. Ha detto che si farà vivo per l'ora di cena. »
Bash risiedeva ad Edimburgo da quasi un anno, oramai. S'era trasferito in città per intraprendere gli studi di Medicina, appoggiandosi anche ad un guaritore, conoscente della madre, suo cosidetto “mentore” in materia. E a dire il vero, da quando lo frequentava, Sebastian sembrava prender sempre più sul serio la propria istruzione universitaria, e tanto da risultare tra i primi del proprio corso e tornar sempre più di rado in Francia. Ora procede da solo, invece, già ben preparato e competente. 
È lui ad averlo soccorso, invero. Di seguito a quella tempestiva decisione, Bash s'era rimboccato le maniche per bene, cercando in tutti i modi di agevolare il fratello minore e garantirgli una degna residenza. Di ciò è infinitamente grato, Francis — ragion per cui un po' s'incumpisce, nel non ritrovarlo lì, pronto ad attenderlo.
Tra tutti, era stato l'unico a non dar di matto e a supportare quella che, in fin dei conti, era pura follia. Senza sentir ragioni, senza pretendere spiegazione alcuna. Gli aveva offerto il proprio braccio, da bravo e fedele fratello. 
« Quindi, cos'hai intenzione di fare adesso? », la voce di Claude finisce per levarsi nuovamente, riportandolo con i piedi saldi a terra, lungi dal vagheggiare tra reminiscenze e congetture varie. 
È una domanda ostica, la cui replica è tutt'altro che comparabile a un parametro di “normalità” — ecco perché Francis indugia, osservando tutt'intorno, pur di individuare un qualunque insignificante dettaglio che possa fornirgli un rapido suggerimento. Non s'era di certo esposto in merito alla questione e al reale motivo che l'aveva guidato fin lì. E se lo aveva fatto, senz'altro non in maniera minuziosa; era rimasto sul vago, e se non altro, aveva dichiarato una mezza verità che potesse spiegarne il perché. Ma la totale esattezza l'aveva tenuta per sé.
Poi, nel giro di qualche attimo, uno spunto gli sovviene. Gli basta posar gli occhi sulla figura tracotante della sorella al suo fianco e scoprirla in cerca di un taxi per lasciarsi illuminare da un'idea.
« Penso proprio che andrò alla ricerca » afferma, proferendo l'ennesima verità appena velata.
 
( ... )
 
 
I colori, i rumori... persino l'aria, ad Edimburgo, pare esser diversa anni luce da quel che è Parigi. Sembra di risiedere in un mondo a parte, le cui dissomiglianze dal luogo a cui sei avvezzo risultano tratto distintivo, e per quanto nuove e desuali al tuo occhio, nondimeno son piacevoli e curiose alla vista — ti vien voglia di immortalarle, marcarle nella mente e custodirle in te, trascinarle come un bagaglio a mano, così da averne un po' anche quando ti sarai allontanato dal posto. Una sensazione non estranea a Francis, che invero viandante ama essere, ed affrontar viaggi, da animo avventuriero qual è, è proposito assiduo nella sua vita. 
Egli è figlio del mondo, e così propende a definirsi, difatti. Esplorarlo lo alletta, far conoscenza di più culture ed abitudini, entrare a contatto con numerose linee di pensiero ed usanze, assorbirle finanche, farle proprie. Non è un uomo costante, e senza dubbio non è sua consuetudine stazionare a lungo termine, od esser prolisso. A riprova di ciò, lo spirito libero che lo contraddistingue: che sia nei viaggi che intraprende, o nella vita che conduce. Francis difficilmente osa fermarsi, render monotona la propria quotidianità, stando in un solo ben preciso spazio. Lui cammina e non mira ad arrestarsi — ed è per questo che decidere non gli è confacente. Giacché decidere significa fermarsi, mentre tergiversare vuol dire procedere nel tragitto, senza mai interrompersi.
Ad essergli inusuale è un'altra percezione, ad onor del vero — l'opposto del concetto da lui adottato, lo stazionamento. Ed Edimburgo, di contro agli itinerari in cui nel tempo s'era imbarcato, non è affatto un luogo di passaggio, stavolta, una tappa momentanea. 
È la sua scelta. Il posto in cui, di seguito a innumerevoli tentennamenti, ha deciso di restare. Restare a data da destinarsi, facendone il proprio nido, poiché è tal città ad aver qualcosa in serbo per lui, e come si trovasse nel mezzo d'una caccia al tesoro, Francis è pronto ad applicarsi nella ricerca. Anche a tal punto da far fronte a quel che più lo travaglia; anche al punto di scegliere di permanere e lasciar crollare ciascuna aspettativa fattosi in passato.
L'unico pezzo di passato che vuol mantenere, e pertanto è smanioso di pervenire, si trova nel cuore di questa città. 
Si tratta di Mary. È lei l'unico frammento rimastogli.
Fin da quando era giunta a Parigi, e della sua vita era entrata a far parte, Francis sapeva che non avrebbe mai dimenticato i ricordi che strada facendo avrebbe lasciato.
Ed essi, ad oggi, son proprio il cammino che a lei lo condurranno. 
Nella città in cui vive.







Angolo autrice: 

Non mi sembra neppure vero d'averla pubblicata, ma... eccoci qui! E finalmente, direi. 
Custodisco questa storia da tempo immemore, pur trattandosi di una vicenda ispirata a una trama già esistente, che mi curerò semplicemente di rivisitare a mio piacimento, dando ad ogni modo tutti i crediti per il contesto al suo reale autore. Come specificato mesi fa, infatti, “A town where you live” è tratta da “Kimi no iru machi”, un manga, ed ora anche anime, da qualche annetto.
Penso che la trama ed i personaggi vadano praticamente a nozze con Reign ed il suo mondo e... come dire, mi è piaciuto giocarellare un po', creando questa situazione AU, che spero possa intrattenere tanto anche voi! 

Mi farebbe tanto piacere ricevere anche un vostro riscontro, quindi confido in qualche vostra recensione, così da parlarne tra noi e rivivere i vecchi tempi, quelli di quando Reign era ancora in onda e tutto doveva ancora succedere.
Magari riuscirò a farvi fare un tuffo nel passato con questa mia storia, chi lo sa! Io ci spero. 
Ringrazio in anticipo chiunque si fermerà a leggere questo prologo e vorrà dedicarmi del tempo. Tengo molto a ciò che scrivo, inclusa questa piccola storia, questo esperimento.
Porterò avanti il tutto nei giorni a venire, e vi avverto fin da subito che il primo capitolo vedrà un salto temporale — ossia, ci catapulterà ad ottobre 2013/anno 2014, a quando ogni cosa ebbe inizio per Francis e Mary. Questo prologo è ambientato ad un anno avanti, e mi serviva di modo da suscitare curiosità in voi lettori su quel che potrebbe esser avvenuto tra loro. 

Alla prossima! 

Marti. 


   
 
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