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Autore: Miryel    07/01/2020    35 recensioni
Peter Parker potrebbe catalogare quella giornata come la peggiore mai vissuta di tutta la sua vita; ha un esame importante, lo stomaco vuoto e il destino avverso, e la mattinata è appena iniziata. Eppure, in quel mosaico infinito di sfighe e colpi incassati, qualcosa sembra destinato a cambiare per sempre la sua vita. E se questo qualcosa, paradossalmente, fosse dato proprio da una delle peggiori prospettive che possano capitare nel traffico urbano? Tipo... un tamponamento?
[ Tony Stark x Peter Parker - 23yd!Peter - No Superhero!AU - Fluff/Romantico ]
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Peter Parker/Spider-Man, Tony Stark/Iron Man
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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  [ Tony Stark x Peter Parker - 23yd!Peter - No Superhero!AU - Fluff/Romantico - wc: 2451 ]  

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Come Innamorarsi 
Dopo Un 

Incidente Stradale

 
~
Guida Di Peter Parker
 


 

Capitolo I. 

  Se qualcuno dovesse mai chiedergli “Qual è stata la peggiore giornata della tua vita?”, Peter Parker risponderebbe “Oggi”, con tanta di quella convinzione da poterci morire. Eh sì, perché è da questa mattina che le cose non stanno andando esattamente come dovrebbero. Tanto per cominciare non ha fatto colazione. Non perché non ne avesse voglia ma perché zia May ha dimenticato di comprare il suo burro di arachidi, il suo pane gluten free e il latte di soia – l’unico che riesce a bere, siccome ha otto intolleranze diverse di cui farebbe volentieri a meno. Poi ha dimenticato i documenti e la tessera dell’università a casa. Non sarebbe un problema se non fosse che ha un esame importantissimo, tra tipo un’ora e mezza; così Peter torna indietro, con l’adrenalina a mille e una paura fottuta di non riuscire ad arrivare in tempo all'università. Per questo, quando finalmente raggiunge il suo appartamento, raccatta al volo le sue cose e, smanioso, comincia a guardarsi intorno.

  «May! Dove sono le chiavi della macchina?», domanda, alzando la voce. La donna non lo sente e lui impreca tra i denti. «May!», ripete e finalmente una voce lontana gli risponde dal bagno.

  «Peter, sei tu? Non dovresti essere in università da un pezzo?» 

  «È una lunga storia», risponde, lapidario, avvicinandosi alla porta in modo che lei possa sentirlo. L’acqua è aperta, chiaro segno che sta facendo la doccia. «Le chiavi della macchina, May! Mi serve, se prendo i mezzi arrivo dopodomani e sono già in ritardo», commenta, poi sbuffa.

  «Sono nella bor- no, aspetta, forse sono sul tavolo della cucina! O in camera mia! Non lo so tesoro, cercale e vedrai che le troverai!», urla lei, e la conversazione sembra chiudersi lì, mentre Peter inizia a cercare in ogni luogo e in ogni dove le dannatissime chiavi dell’automobile. Non sono nella borsa, non sono sul tavolo della cucina e nemmeno in camera della giovane zia. Si passa una mano tra i capelli, mentre si gira intorno, posizionato al centro del salotto, disperato. Guarda l’orologio ed è in un ritardo imbarazzante. Poi la luce del sole indica con uno dei suoi raggi il bracciolo del divano e, come per magia, le chiavi sono lì.

  «Grazie entità del cielo che mi hai voluto graziare, per una volta!», sospira e le raccatta alla velocità della luce. Prende i documenti, controlla che la tessera universitaria ci sia, e se ne va salutando May frettolosamente. Scende le scale a due a due rischiando più volte di cadere e spaccarsi l’osso del collo e raggiunge il parcheggio condominiale. Apre con una certa fatica la portiera della vecchia Volvo e si siede sul sedile di guida. Fa un paio di respiri grossi e mette in moto. Per come sta andando quella giornata di merda, è grato a quell’entità divina che l’auto si sia avviata senza problemi. Così lascia il parcheggio e si immette nelle strade stranamente libere del Queens. Gli passa davanti un carretto dei gelati, lento come un asino nelle stradine di campagna, e Peter reprime l’impulso di attaccarsi al clacson per incalzarlo a sbrigarsi. Non può mettersi a litigare per la strada, ha da poco la patente e perderla sarebbe davvero un danno grave. Si ferma ad un semaforo e passa tutto il tempo in attesa del verde, a controllare l’orologio e sbuffare, nervoso. Ha studiato così tanto per quel test che, se non dovesse passarlo, potrebbe seriamente deprimersi, stavolta. Scatta il verde, finalmente. Ingrana la prima marcia – siccome l’auto di May ha il cambio manuale – e l’auto si spegne. Fa per girare di nuovo la chiave – imprecando a bassa voce, tra i denti – ma un urto lo fa sbilanciare in avanti. L’auto si muove di qualche metro e la cintura di sicurezza gli si stringe intorno al petto, lasciandolo senza respiro per qualche secondo; poi si allenta e scende il silenzio.

  Peter riapre gli occhi, dopo l’urto e la prima cosa che fa, è controllare che non sia esploso l’airbag – anche se è convinto che, se fosse successo, se ne sarebbe di certo accorto. Si slaccia la cintura di sicurezza e esce dalla macchina, tremando. Non sa se per lo spavento o per la paura di aver fatto dei danni irrimediabili o se per la certezza che non arriverà mai in tempo alla Columbia University per fare quell’accidenti di esame.

  «Che accidenti fai? Ma sei cieco?», domanda, adirato. La voce gli vibra in gola e si acciglia, quando un uomo alto e in carne scende da una lussuosissima Audi perfettamente immacolata; mentre il parabrezza posteriore della Volvo ha inglobato la targa in un cartoccio di lamiera. Ha un battito in meno al cuore e l’umore sotto le scarpe, a quella vista.

  «Sei partito e ti sei fermato subito! Tu che accidenti fai, ragazzino?», risponde l’uomo, poi controlla i danni della sua auto, sospirando di sollievo quando vede che non ne ha riportati. Ovvio. È quella di Peter, ad aver accusato quel colpo, siccome è vecchia come sua nonna, se non di più e, effettivamente, dovrebbe prenderla più sportivamente se solo non fosse che quella macchina apparteneva a zio Ben e che è uno dei pochi ricordi che gli sono rimasti, del suo caro zio, defunto da qualche anno. 

  «Si è fermata! Non ho fatto nemmeno un metro! Sei tu che sei partito a razzo, oltre al fatto che mi sei stato appiccicato alle chiappe da quando sono partito da casa!», lo rimprovera Peter, poi si passa entrambe le mani tra i capelli, disperato. «Dio, zia May mi ammazza!» 

  «Calmati! Chiamiamo le forze dell’ordine e vediamo di risolverla! Vedrai che tua zia non ti ammazza, ragazzino», dice quello, con un sorrisetto, e Peter ha voglia di saltargli al collo e strozzarlo, se non fosse che è il doppio di lui. Guarda l’orologio: manca mezz’ora al suo esame e lui è lì, in mezzo alla strada, mentre altre macchine sfrecciano accanto alla sua; a volte qualche automobilista rallenta incuriosito e lui lancia loro sguardi di disapprovazione. 

  «Happy, ce la facciamo a risolvere la cosa senza metterci un milione di anni? Ho una conferenza tra mezz’ora e sai quanto rompe la stampa, quando arrivo in ritardo!»

  Peter si volta di nuovo verso l’auto che lo ha tamponato e, col cuore infilato nella carotide, strabuzza gli occhi. Ha quasi la sensazione che tra pochi istanti gli usciranno dalle orbite. Sbianca. Ha quasi un mancamento. 

  «Come se fosse tua abitudine arrivare puntuale», risponde l’uomo che guidava, tirando fuori il cellulare dalla tasca del completo scuro, rivolto a una nuova figura che è appena uscita dall’auto: capelli corti tirati su con la gelatina, una giacca blu e un paio di occhiali da sole dalle lenti celesti. Un uomo conosciuto. L’uomo. «Abbiamo tamponato questo ragazzino e gli abbiamo distrutto il paraurti posteriore, Tony.» 

  L’uomo sbuffa divertito. «Abbiamo?», dice, «Hai tamponato! Non cominciare a distribuire colpe a destra e a manca. Gli stavi appiccicato come un koala ad una pianta di eucalipto! Sei troppo aggressivo, alla guida», lo rimbecca.

  «Io sono aggressivo? Lui ha frenato all’improvviso!» 

  «Cos- ehi, ehi! Ma… ehi!», esclama Peter, e sinceramente dell’incidente non ha più alcun interesse. Fissa la nuova figura, che ora sta valutando i danni con una mano sul mento e un sorrisetto a solcargli il viso. «Lei è… Tony Stark? Lei è… quel Tony Stark?»  

  I due uomini alzano lo sguardo sul suo. Peter indietreggia, manco gli avessero puntato una pistola contro. Poi Tony Stark ride, e inclina la testa di lato. 

  «Un fan? Bravo, Happy! Hai appena distrutto la macchina di un mio ammiratore!», si complimenta col suo autista, dandogli una pacca sulla spalla, poi si avvicina e gli mostra la mano, che Peter stringe subito, anche se sta tremando. 

  «Signor Stark, è un onore… cioè… un onore conoscerla. Insomma, anche se mi ha distrutto la macchina, è un accidenti di onore e io… io sono Peter. Peter Parker, signore!»  

  «Ah, Parker!», esclama l’uomo, poi scuote la testa in un diniego, «No, non mi dice niente questo nome. Ma verrai ricordato come il ragazzo che frena all’improvviso e che mi fa perdere una conferenza stampa.»  

  Peter si ammutolisce. Non sa se le parole gli sono morte in gola per l’emozione o per evitare di insultarlo. Non gli hanno mai diagnosticato un’inclinazione borderline, ma in questo momento ci si sente un po’ – siccome non gli basta solo la celiachia e l’intolleranza a ogni cosa. Ha davanti Tony Stark, uno degli uomini più influenti del mondo in campo scientifico – campo in cui Peter eccelle e che ama profondamente – che lo sta canzonando per aver, a detta sua, frenato all’improvviso. Non sa se ridere o piangere, di fronte a quella situazione a dir poco assurda e, in tutto questo, il tempo continua a passare inesorabilmente, e il suo esame è sempre più vicino.

  «Io non ho frenato all’improvviso! La macchina si è fermata e io ho cer-»  

  «Perché non hai segnalato nel lunotto posteriore che sei un principiante, Parker? Sarò pure chi sono, ma non sono ancora un veggente!»  

  «Perché è la macchina di mia zia, la guido così raramente che n-» 

  «Dunque non sei solo un principiante, ma anche inesperto! Quindi, negligenza tua, ragazzo! Te ne puoi anche andare, ora. Forza! Smamma!», lo incalza l’uomo, guardando l’orologio, «Ho una conferenza tra diciassette minuti, ritardo preventivato compreso. Non farmi perdere tempo», conclude.

  Peter non ha parole. Non sa se esplodere di rabbia o incassare il colpo e andare via. Non sa se insultare Tony Stark e dirgli che è lo stronzo che ha sempre immaginato che fosse o se lasciar correre e precipitarsi in università, per tentare almeno di darlo, quel cazzo di esame. 

  «Perder- perdere tempo?», chiede, retorico e non è calmo per niente. Ma proprio per niente. «Senta, lo sa che ho un esame tra dieci minuti? Lo sa che è importante? Lo sa che me lo faranno ripetere tra sei mesi? Il mio tempo è prezioso tanto quanto il suo e la colpa non è stata mia! Il suo autista mi ha distrutto la macchina perché non ha avuto pazienza di aspettare che partissi! Nessuna negligenza da parte mia, solo la sua stramaledettissima arroganza, siccome è Tony Stark! Ora, so di essere fuori di me e che sto sbraitando contro una delle figure più importanti del panorama scientifico e che probabilmente tra qualche minuto mi darò dell’imbecille per averlo fatto ma… si prenda le sue responsabilità, chiami l’assicurazione e facciamolo sistemare a loro, ma la smetta di usare il suo nome per fare quello che le pare! Mi ha fatto un danno, dunque lo risolva!», urla, e sia il signor Stark che l’uomo chiamato Happy, lo guardano. Un mezzo sorriso si accende sul viso dell’imprenditore e Peter non si è accorto che, nel frattempo, ha tirato fuori dalla tasca un blocchetto. 

  Stark lo fissa con un sopracciglio alzato, poi scoppia ridere. «Dio, Parker. Hai una gran bella parlantina! Se fai così anche durante esami ti promuovono pur di liberarsi di te!», ironizza, poi stacca un foglietto dal blocchetto, dopo averci scritto sopra qualcosa e glielo porge. «Mille dollari bastano per mettere a posto questa roba?»  

  Peter abbassa la testa, spiazzato. Gli ha ceduto un assegno e, da quel che ricorda, è la prima volta che ne vede uno da vicino. Alterna sguardi dal foglio, al signor Stark, a Happy e di nuovo l’assegno e si ammutolisce. Poi apre la bocca, la richiude e poi la riapre. «Io… io credevo che non volesse pagarmi.» 

  «Credevi male. Stavo scherzando, andiamo! Hai un esame? Bene, sarà meglio per te sbrigarti, ragazzo. Allora, bastano o no mille dollari?», lo incalza l’uomo e Peter rilassa le spalle e si sente un imbecille. 

  «C-credo siano anche troppi…»  

  «Con quello che avanza ti ci compri un gelato! Ora vai, o il tuo esame lo farai con una bombola d’ossigeno attaccata alla bocca se dovrai correre! In bocca al lupo, Parker», risponde il signor Stark, e lo fa arrossire di vergogna. Lo osserva rientrare in macchina, e Happy gli sorride leggermente, poi riprende posto alla guida. Peter li guarda, con ancora stretti tra le mani tanti di quei soldi che non sa nemmeno contare e, poco dopo, sospira e torna in macchina, stordito. Sistema le sue cose e infila la chiave nel blocchetto. L’auto non parte. Non ha nemmeno la forza di imprecare di nuovo. Incrocia le braccia al volante e ci nasconde il viso all’interno, distrutto, sconfitto, vinto e sconfortato. Poi il suono di un clacson lo ridesta e, quando guarda fuori dal finestrino destro, vede l’Audi del signor Stark ferma accanto alla sua. L’uomo abbassa il vetro e sorride.

   «Non parte, eh? Si sarà bloccato il serbatoio della benzina, con quella botta. Serve un passaggio?», chiede. 

  «No, farà tardi alla conferenza, signor Stark. Le ho già causato abbastanza problemi», bofonchia e si prepara ad imbracciare la sua roba per incamminarsi col primo mezzo che troverà, convinto che non riuscirà ad arrivare mai in tempo, per quell’accidenti di esame.

  «Nah, ormai è andata. Ne organizzeranno un’altra. Avanti,» lo incalza, poi scende dalla macchina, «mettiamo questo trabiccolo in quel parcheggio e sali. Ti portiamo noi», sorride.

  Peter vorrebbe piangere. Un po’ per la vergogna, un po’ per la piega assurda che quella giornata ha preso – a cui non sa attribuire un vero e proprio livello di pessimismo, perché dopotutto ha conosciuto uno degli uomini più importanti della galassia, che ora vuole pure dargli un passaggio, e questa è una fortuna nelle sfortune – un po’ perché ha una paura fottuta di non farcela. Quell’esame è troppo importante. Troppo. Così tutti e tre infilano l’auto in un parcheggio, spingendola e, un momento dopo, Peter è in macchina, seduto sul sedile posteriore, accanto a Tony Stark che lo guarda.

  «Allora, dove si va?» 

  «A-alla… alla Columbia University.» 

  «Hai sentito, Happy?», chiede Stark, e l’autista sospira qualcosa di simile ad un suono di approvazione, «Si torna a scuola!» 

  È ovvio che Tony Stark sta cercando di ironizzare per alleggerire quella situazione assurda che si è andata a creare. Peter stenta ancora a credere che sia davvero nell’auto super costosa del milionario più famoso d’America e che, pochi minuti fa, gli abbia sganciato un assegno da mille dollari per rimettere a posto il danno che gli ha causato. Non riesce ancora a capacitarsi che Tony Stark lo sta accompagnando in università e che, molto probabilmente, tutti se ne accorgeranno. Si vergogna, e mentre Happy ingrana la prima marcia per immettersi di nuovo in carreggiata, stringe le mani gelide intorno alle ginocchia e attende. Non sa cosa, ma spera che si tratti di una salvezza, e che arrivi prima di subito.

 

Fine Capitolo I
 

 


 

 

♥ Note Autore ♥


 
Buonasera/Buongiorno a tutti!Come va? Vi siete ripresi da queste festività appena  passate? Io sto ancora digerendo la cena di Santo Stefano, ma dettagli ♥ Insomma, pronti per una nuova avventura? Ammetto che, le ultime storielline, non sono state particolarmente allegre, sebbene io mi sia tenuta lontana dall'uccidere qualcuno ma ora è tempo di Fluff e, per vostra (s)fortuana, questa minilong vi terrà compagnia per 4 (o forse cinque) settimane *___* Vedo l'allegria infinita nei vostri occhi, v'ho beccato! Ve possino acciaccavve tutti quanti! Era da tempo che avevo in testa questa storia e dopo aver buttato giù un incipit sugli appunti del telefono, alla fine ho iniziato a plottarla e... be', eccola qua! Fluff e altre cose, che con questi due stronzetti non si sa mai dove si va a parare ** Insomma, quanto avrà cambiato la vita del nostro 23enne Peter Parker questo incidente stradale? Lo scopriremo solo vivendo e, speriamo bene, siccome la terza guerra mondiale pare vicina, ma io non demordo, giusto. Bene, ho ciarlato abbastanza; fatemi solo aggiungere che la celiachia appioppata a Peter è una sfiga in più che ho voluto regalargli, siccome non mi sembrava ne avesse già abbastanza in questa storia ed essendo una NoSuperHero!AU, mi pareva il minimo fargli vivere l'esperienza dei villi intestinali difettosi, come me medesima! Alla prossima, dunque e complimenti per essere arrivati fin qui! 
Se vi va, fatemi sapere cosa ne pensate!
A presto,

La vostra amichevole Miryel di quartiere.
 
 
   
 
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