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Autore: Nocturnia    14/01/2020    9 recensioni
"Siamo stati dimenticati."
"Uhm."
"Nessuno più crede in noi."
"E sei tornato solo per sottolinearmi l'ovvio?"

[Terza classificata al "Il contest degli haiku", indetto da Juriaka sul forum di EFP.]
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ares, Ebe, Era, Eris, Zeus
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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"I talk to God but the sky is empty."
- Sylvia Plath -




God is dead




"Erano i tuoi preferiti."
"E lo sono ancora."
Un sorriso a mezza bocca - irriverente, divertito.
"Posso sedermi?"
La donna si stringe nelle spalle, indica il posto libero davanti a sé con un cenno brusco del mento.
L'uomo scosta la sedia dal piccolo tavolino esterno al bistrò, slacciandosi il secondo bottone del pesante cappotto antracite e fissandola.
Tra di loro un vassoio di kourabiedes, l'aroma robusto del caffè - bollente, così nero da ustionare i pensieri, la lingua.
"Non mi chiedi perché sono qui?"
"No."
"Sei ancora arrabbiata?"
La donna si pulisce le dita sul bordo del tovagliolino, gli rivolge uno sguardo asciutto, privo d'ironia.
"Oh, marito caro: io sono sempre arrabbiata."
La risata dell'uomo infrange il silenzio e tuona.


"È un bel nome."
"Mi chiamavano così i micenei: l'ho trovato... appropriato."
L'uomo sposta un filo di neve con la punta della scarpa, respira, e nell'aria gelida si raggrumano le sue parole, le sue scuse.
La donna inclina il viso verso di lui, alza un sopracciglio.
"Erceo invece fa alquanto schifo."
"Miseria, non ti va mai bene niente."
"Stiamo parlando di quello che fai o che non fai?"
L'uomo si ferma, incrocia le braccia al petto - e diventa nero l'orizzonte, livido e gonfio di nuvole.
"Alexandra."
"Erceo."
"Piantala."
La donna raddrizza le spalle, la schiena - assume una posa militare, rigida.
Sotto di loro la terra trema e ruggisce.


"Siamo stati dimenticati."
"Uhm."
"Nessuno più crede in noi."
"E sei tornato solo per sottolinearmi l'ovvio?"
L'uomo la guarda, sospira.
"No."
La donna preme le labbra in una linea sottile, pallida - bianca come le sue braccia, il suo viso.
"Ma io non l'ho mai fatto."
Silenzio.
"Io non ti ho mai dimenticato, Hera."
La verità cade tra loro come la cenere dell'ultimo grande conflitto.


"Ti sei mai chiesta che fine abbia fatto?"
"Che cosa?"
"La nostra casa."
Hera solleva gli occhi al cielo, fissa un punto lontano - artigli di pietra che strappano l'orizzonte, le nubi.
"L'hanno scalato, fratello mio. Gli uomini hanno raggiunto la vetta del monte Olimpo e hanno scoperto che menzogna fossimo."
L'uomo sbuffa, le ricorda il rumoreggiare di una tempesta in arrivo.
"Bella roba: come se quel ragazzino fosse poi stato davvero il messia."
Hera ridacchia, appoggia appena il capo contro la sua spalla.
"No, non lo era: ma gli uomini credevano in lui e tanto è bastato."
L'uomo borbotta ancora qualcosa, Hera chiude gli occhi - ascolta la sua voce, il suo vibrare tra le costole, sotto la pelle.
Credere, in fondo, è l'unica cosa che renda un dio tale.


Era asceso il dio dal solo nome, la trinità nel pugno e alle sue spalle accoliti fedeli, prostrati.
Erano caduti loro, figli e fratelli e sorelle e genitori - bastardi incestuosi e pagani, così li avevano chiamati.
Scaraventati giù dalla loro casa come se fossero niente, polvere e macerie di un mondo ormai in rovina.
Zeus la ricorda - la vede.
Io non morirò qui, aveva ringhiato.
Io sono Hera, madre di tutti gli dèi e signora del monte Olimpo, il ruggito disperato di una dea spezzata, spogliata di ogni valore, titolo.
Ares ed Eris li avevano guardati - sperduti, feriti.
Ebe si era rialzata, bellissima - giovane per sempre.
Ilizia era rimasta in silenzio - sul viso un'espressione addolorata, grottesca.
Il nuovo dio aveva riso, Hera aveva gridato - e il cielo si era piegato alla sua rabbia, attraversato da una rete di fulmini e lampi.
Mai come in quel momento il profilo di Crono si era crudelmente sovrapposto al suo.


"Dove sei stato?" gli chiede, camminando al suo fianco.
"In giro."
Hera tace, aspetta.
"Europa, Asia, Africa; persino nel nuovo continente."
"Deve essere stato un viaggio lungo."
Zeus annuisce, si ferma - davanti a loro un tempio a metà, tra le cui colonne si assiepano turisti e curiosi.
"Troppo." le risponde, guardandola.
Hera solleva appena il viso, sulle labbra una smorfia sprezzante - arrogante.
"Mi fanno schifo."
"Lo so."
"Non comprendono la grandezza di ciò che stanno contemplando."
"È il futuro, sorella mia."
"È una memoria senza importanza: corta e debole." ribatte lei, negli occhi una scintilla simile alla nostalgia.
Ed è bella, Hera: è la donna che ha sempre amato, la sorella per la quale ha combattuto Crono, la moglie che ha tradito e fatto infuriare più di una volta in secoli di regno.
È bella, intrisa di quella grazia che possiedono solo gli idoli caduti - malinconica, distante.
Hera si volta, lo cerca - fiocchi di neve tra i capelli, sulle spalle.
La sua bocca ha lo stesso sapore di sempre.


Vagano tutti insieme vecchi e nuovi dèi - nomi sussurrati da labbra morte e asciutte.
L'acropoli si estende sotto di loro come una serie di denti rocciosi e monchi - spezzati.
Hera lascia che il vento gelido scivoli tra i suoi capelli, lungo il rever in pelliccia di volpe.
"Non tornerò mai più a casa, vero?" mormora, e Zeus prova l'impulso improvviso di mentirle - di tornare a essere grande, potente.
"No." le confessa invece, cercandole la mano "Ora è questa la nostra casa, Hera."
Una risata asimmetrica, che non vuole ridere - aspra, che taglia l'aria, il silenzio.
Tu sei la mia casa, vorrebbe dirle, ma Hera lo sente - si volta, guardandolo come allora.
Zeus rafforza la presa attorno alle sue dita, le sorride - ed è caldo sulla pelle, tra i pensieri.

Confortante.

"Li ho sempre odiati."
"Lo so."
"Eracle fu solo il primo, ma tutto il genere umano mi fa schifo."
"Sei sempre stata una donna spietata, Hera."
"E tu un arrogante senza alcun rispetto dei miei sentimenti."
"Immagino ci meritiamo l'un l'altro."
Hera risponde al suo sorriso, piccole rughe d'espressione attorno agli occhi che la rendono viva, eterna.
La solitudine è un mostro troppo grande da combattere da soli.


Verrà il giorno che non ci saranno più dèi, vecchi o nuovi.
Verrà il giorno che la mortalità diventerà parte di loro - come un virus o la tappa successiva di un'evoluzione necessaria.
Verrà il giorno il cui capiranno d'essere figli degli uomini, non il contrario.
Verrà il giorno - forse.
Hera apre le braccia, Zeus l'accoglie senza alcuna esitazione - intorno a loro le risate soddisfatte di Ares ed Eris, il sorriso a mezza bocca di Ebe e quello quieto di Ilizia.
Il cielo, per un attimo, non è più vuoto.




"The void is a spectral realm; not even nothing can be free of ghosts."
- Karen Barad -







   
 
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