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Autore: D a k o t a    18/01/2020    9 recensioni
[Rich Hardbeck/Grace Violet Blood]
In cui Rich cresce e va avanti con la sua vita.
"Rich non vive più a Bristol, ma Bristol è ancora casa sua.
Perché Bristol è vita – per lui, per Minnie, per Alo.
Ed è stata vita – per Grace."
[Terza classificata al contest "E' l'ora del tè!" indetto da Asia Dreamcatcher sul forum di Efp]
[Questa storia partecipa al contest "Hold my Angst (Flash contest - Edite ed inedite)" indetto da GaiaBessie sul forum di EFP.]
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Grace Violet Blood, Richard Hardbeck
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Al di là del cielo

E da qui, e da qui
Qui non arrivano gli angeli
Con le lucciole e le cicale
E da qui, e da qui
Non le vedi più quelle estati lì
Quelle estati lì

[Vasco Rossi, Gli angeli] 

 

Rich non vive più più a Bristol, ma Bristol è ancora casa sua.

Quando aveva quindici anni, fra una Lucky Strike e l’altra, Rich aveva parlato una volta con Alo di come fosse il Paradiso ed era stata una conversazione così assurda perché oh mio Dio, Alo, con i suoi capelli rossissimi ed un’educazione rigidamente cattolica, credeva davvero a quelle stronzate su un nonnetto come padre eterno e lui non poteva fare a meno di alzare gli occhi al cielo, ostentando un cinismo che gli apparteneva solo in parte, perché a quindici anni era davvero convinto che se ci fosse stata, da qualche parte, una improbabile isoletta felice – gli faceva ridere solo l’idea - beh, doveva esserci come minimo Paul Samson al posto di San Pietro ad aprire la porta dei cieli.

 

***

 

 

Rich non vive più a Bristol, ma Bristol è ancora casa sua.

A sedici anni, è là che ha baciato per la prima volta Grace.

No, le persone non sono calamite e non può scendere a compromessi, si era detto.

Ma forse il Paradiso esiste, aveva concluso, mentre premeva con la lingua sulle sue labbra carnose.

 

 

 

***

 

Rich non vive più a Bristol, ma Bristol è ancora casa sua.

Perché Bristol è vita – per lui, per Minnie, per Alo.

Ed è stata vita – per Grace.

A quasi diciotto anni, più che il cinismo può il dolore perché Grace è morta e l’angoscia sono unghie graffianti che gli scavano nel petto con forza e disperazione, le lamiere di un’automobile distrutta che gli lacerano le carni come hanno distrutto le sue e -

Ha paura, quando si pone quella domanda di nuovo, perché è estate ma può risentire il freddo sulla sua pelle, può vedere Grace, bella e eterea anche così, con la testa che batte su una lastra di acciaio.

Sopravvive e il dolore non va mai via e deve pensare che, da qualche parte nell’universo, Grace stia correndo su un prato verde con una staccionata bianca e che abbia riabbracciato quel beagle che aveva amato e che gli aveva mostrato in qualche foto – all’epoca ovviamente, stretto al suo chiodo nero fuori stagione, aveva borbottato qualcosa su come comunque a lui piacessero più i gatti.

 

***

Rich non vive più a Bristol, ma Bristol è ancora casa sua.

Ci torna spesso, quando lascia la stanza condivisa con altri due studenti, in un dormitorio di Cambridge.

A ventitré anni è ancora difficile venire a patti con la cosa, anche se non ne parla più ed è diventato un elefante nella stanza, quando rivede Frankie e Alo e Minnie e scorge nuove rughe nei loro volti, rughe che non vede nell’immagine congelata di Grace in una foto chiusa in qualche scatola che non aveva mai aperto, dopo il suo arrivo al college.

Si chiede se anche loro, a volte, si sveglino fradici di sudore, dopo avere sentito l’angosciante stridere dei freni e il tonfo di un corpo sull’asfalto.

Non si chiede cos’è il Paradiso. E’ una ragazza a ricordarglielo, una sera, quando Alo lo costringe ad andare a vedere i Metallica a Londra e “Alo, dannazione, li hai sempre odiati” non basta a persuaderlo, perché la chiama rimpatriata e -

Incontra una ragazza: ha gli occhi azzurri, un vestito giallo senape, una bandana e la osserva, perché a un Rich sedicenne sarebbe bastato vederla cantare a squarciagola Creeping Death” per dire che era la donna della sua vita, ma non ha più sedici anni e -

“E’ carina” può leggere sul labiale di Alo, mentre la musica gli riempie le orecchie, e scuote la testa alzando gli occhi al cielo, come quando aveva sedici anni e non era mai uscito da Bristol, come quando aveva sedici anni e non aveva la minima idea di cosa volesse dire morire.

“Già” acconsente, ma gli occhi tornano immediatamente fissi sul palco.

 

(E poi qualcosa lo colpisce: ha avuto paura di avvicinarla, paura di tradire un fantasma che lo viene sempre a trovare nei suoi sogni)

 

***

 

Rich non vive più a Bristol, ma Bristol è ancora casa sua.

A ventisette si innamora, davvero, di nuovo. “E’ quello che avrebbe voluto Grace” gli dice Alo, ma lui non ci crede nemmeno un po’, perché Grace non avrebbe voluto nulla di tutto questo e gli manca, gli mancano davvero persino quei sogni lucidi e così vividi in cui la vedeva e -

Innamorarsi a ventisette anni è diverso da innamorarsi a diciassette: lei ha i capelli rossi, gli occhi castani e non assomiglia Grace e non gli chiede il suo cuore e un amore che Rich comunque non potrebbe mai dargli. E dopo sua madre e Alo e Grace, quella totale assenza di domande è un sollievo.

Non fa domande e Rich la ama un po’ di più per questo.

 

(Smette di sognare Grace – smette di farlo davvero – e fa male come si stia dimenticando la sua voce e -

Non smette di avere paura ogni volta che vede lei salire in macchina e avrebbe voglia di fermarla, di -)

 

 

***

Quando si sveglia – ma non è sveglio, non davvero - , Rich trova una ragazza riccia e dalla pelle olivastra al suo fianco nel suo letto e gli ci vuole solo un attimo per separarla da un’estate afosa, dallo stridere disperato dei freni e dalla sua carne lacerata dalle lamiere, perché sa bene che l’ha persa e forse ha di nuovo le allucinazioni ed è una follia, perché non la vede non più da anni e -

“Grace.” dice con un solo fiato, ed è così ironico perché lei indossa il suo chiodo nero come quando avevano solo sedici anni e lei non sapeva ancora che li avrebbe avuti per sempre. “Grace, perché mi hai abbandonato?”

Lei ride e si ravviva i capelli ricci con un gesto non curante della mano, e Rich si ricorda di quando erano sdraiati sul letto a casa sua, quando i suoi non c’erano, e aveva voluto contarli quei ricci, quelli che poi le formavano una corona intorno alla testa sulla strada perché -

Grace era nobile e bellissima e gentile anche così, con la nuca che batteva sull’asfalto.

Una risata argentina che la rende ancora più simile ad un angelo riempe la stanza – stanza? Sono in una stanza?

“Non ti abbandonerei mai, Ritchie” sussurra, posandogli una mano incorporea sulla spalla. “Ti ho semplicemente lasciato andare. Non è questo che volevi?”

C’era stato un tempo in cui Rich non aveva desiderato altro che Grace, le sue labbra carnose e il suo sorriso dolcissimo. Ma ci sono cose che cambiano quando sopravvivi, e sa che non deve sentirsi in colpa, che ha tutta la vita davanti e che non è colpa sua se il suo cuore batte, mentre il suo ha smesso di farlo ma -

Non è più un ragazzino e ha scoperto che si può amare di nuovo, che si può amare anche dopo la morte di qualcuno, ma non nello stesso modo.

“Forse”gli risponde laconicamente, senza alcun convinzione, con una piega del viso che lo rende ancora più simile al Rich metallaro che si era innamorato di una ballerina classica, a sedici anni.

Un’altra risata esplode sulle sue labbra e Grace ha un’espressione così serena, così rilassata, così in pace che per un momento gli ricorda più la bambina di quattro anni con un tutù rosa che aveva visto nelle videocassette dei suoi genitori con gli occhi gonfi di lacrime e di rabbia, che qualsiasi altra cosa – che il sangue e lo stridere assordante dei freni.

“E’ viva, è alla tua portata” gli spiega, e lui sa che sta parlando di lei. “E’ giovane. E’ gentile e bella

Rich sospira, cercando le parole adatte per rispondere.

“Forse” ripete, senza convinzione. “Ma non riuscirò mai a esserle vicino nel modo in cui siamo stati vicini io e te”

Grace scuote la testa e guarda le foto di loro sul muro: c’è quella di lei e quella di Violet, la sua Violet, a due mesi, a cinque e ad un anno. Rich accenna un sorriso perché sì: a trent’anni, anche il suo primo vagito gli era sembrato il paradiso.

“Non sarà meno bello o meno felice, Ritchie” gli dice, sfiorandolo sulla guancia con una carezza troppo leggera per essere percepita. “Sarà solo diverso”

Improvvisamente a Rich Hardbeck sembra tutto così impalpabile e difficile e vorrebbe chiederle com’è il Paradiso, ma non lo fa perché -

Per anni, era restato sul letto ad asciugare lacrime che solo lui poteva vedere, prima di capire che piangere e cercare Grace in ogni angolo di Bristol non l’avrebbe portato da nessuna parte. Non l’avrebbe portato da lei.

Ora sono insieme – per un attimo -, sono di nuovo insieme.

“E se ti baciassi?” le chiede invece.

Un’altra risata leggiadra come lei le scoppia sulle labbra, che le si incurvano poi in un sorriso triste.

“No” risponde poi sinceramente. “Non puoi”

Rich torna a guardare il vuoto, davanti a sé.

“Tornerai?”le chiede poi.

Segue una breve pausa di silenzio in cui gli occhi di Grace continuano a fluttuare sul muro, sulle sue foto: su quella della laurea, su Violet, su tutto ciò che Rich ha saputo costruirsi, ha saputo fare dopo di lei.

Non può più trattenerlo, non adesso.

“No” gli risponde, sincera, prima di sparire con un’ultima carezza sulla guancia.

 

E se mi baciassi, non sarei altro che un tutù scolorito, un burrocacao al lampone, una prigioniera dentro una fotografia sgualcita, dentro una videocassetta piena di polvere, la promessa di un futuro data e strappata con la stessa violenza, lacrime sugli occhi, un ricordo, un’assenza.

 

NDA. 
Esordio in questo fandom con una Hardlet tristissima, dovete perdonarmi. 
Tutti odiano la terza gen, quindi su cosa dovevo scrivere in questo fandom? Sulla terza gen, ovviamente. 
Spero che abbiate apprezzato questa...cosa. E che non sia OOC. 
Alla prossima, 
Desy

   
 
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