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Autore: Malasorte    18/01/2020    0 recensioni
Mi irrita dover accettare lo stato dei fatti non potendo fare cambiamenti. In una parola: arrendermi.
"La soddisfazione non è nella mia natura!" ho proclamato una volta.
"La resa non è nella mia!" mi ha risposto Thor, talmente ottuso da non aver compreso che, usando parole diverse, aveva espresso lo stesso concetto.
Genere: Introspettivo, Science-fiction, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: AU, Missing Moments, Movieverse | Avvertimenti: Gender Bender, Triangolo
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01 – Gabbie


Loki POW

 

- Buongiorno, vostra maestà. Il vostro bagno è già pronto. -
Chi ha detto “Attento a quello che desideri, perché potrebbe realizzarsi”?
Devo averlo letto su quel libro midgardiano che lei... NO! Non penserò più a lei!
L'ho giurato!
E' morta per colpa di Thor. Lui, che tutti idolatrano come un salvatore, ha sulle mani il sangue della propria madre!

Salvatore di cosa poi?
Di certo non di Asgard! Se non ci fossi io, avrebbe abbandonato questo regno nelle mani di un vecchio patetico, ormai fuori di senno dal dolore.

- Maestà... -
Quella voce gracchiante mi richiama dall'amaro corso dei miei pensieri, costringendomi a focalizzarmi sul volto deferente del mio attendente.
Il suo viso, caloroso e aperto al sorriso quanto potrebbe esserlo quello di una statua di granito, è sfregiato da vistose cicatrici che nemmeno la moltitudine delle sue rughe profonde riesce a confondere.
Mi scruta con uno sguardo ombroso, potrei dire quasi sospettoso se non fossi certo che ignora la verità, come chiunque altro qui.
Per come ho imparato a conoscerlo in questi mesi sono certo che Harbard 'il giovale', non esiterebbe a staccarmi la testa dal collo con un unico colpo dell'ascia che si ostina a portare infilata alla cintola, sebbene non combatta più da almeno una decade, se sapesse.

I morti non danno risposte, ma nemmeno problemi, quindi prima uccidere... Poi fare domande.
E' un modo di risolvere le cose che questo ispido guerriero, ritto ai piedi del mio letto, ha in comune con gli asgardiani più anziani, suoi coetanei. Coloro che sono stati forgiati da battaglie e minacce costanti.
La pace la tollerano, ben diverso però sono diplomazia e compromessi.
Non li comprendono, né si danno pena di farlo.

Un colpo d'ascia e via.

Il passo claudicante con cui gira intorno al letto in cui mi attardo, porgendomi la mie veste da camera con un gesto che sembra estraneo alle sue manone sgraziate, dichiara quanto sarebbe più a suo agio nel bel mezzo di uno scontro, piuttosto che qui.
Harbard ha speso una vita con gli Einherjar, i migliori tra i migliori che le milizie asgardiane abbiano da offrire, per finire come misero attendente per colpa di una ferita che, se fosse rimasto sul campo, l'avrebbe trasformato in cibo per i corvi.
Peccato che quella ferita lui se la sia procurata facendo da scudo al re e, sebbene sopravvivendo gli sia stato negato l'accesso al Valhalla, è stato onorato con il ruolo di 'Custode della Casa Reale' al servizio diretto del sovrano, cioè mio.
Io sono Odino, per quanto ne sa lui e chiunque altro.
- Maestà, l'aspetta lo scultore per la statua in onore di... Loki. - mi comunica asciutto.

Nonostante in questi diciotto mesi di governo mi sia impegnato a ripulire e riscrivere la memoria che Asgard ha di Loki, trasformandolo da reietto traditore con il sangue Jotun, all'eroe tragico che ha volontariamente immolato la sua vita a protezione della sua gente e del suo mondo, è l'unico che usi sempre e solo il suo nome semplice. Il mio stratagemma ha funzionato piuttosto bene stando alla deferenza con tutti gli altri innalzano lodi e benedizioni all'anima del 'principe sfortunato', mentre quest'uomo, il mio attendente...
Nessun titolo, nessuna specifica... Solo quattro lettere che Harbard quasi sputa per evitare gli rimangano incastrate in gola.

Ad un altro irriterebbe, ma a me la sua rabbiosa dignità piace.
Quest'uomo beffato dalla vita, che lo ha privato di ciò che gli spettava di diritto, ubbidisce, ma non si sottomette. Accetta il nuovo corso della sua esistenza, ma non ci si rassegna.
Proprio come me.

O, almeno, come era per me prima che realizzassi il mio desiderio e ne rimanessi impantanato. Bloccato, al limite del soffocamento.
Queste pareti dorate, di cui così a lungo ho voluto potermi dichiarare padrone, si sono tramutate nelle sbarre della gabbia che io stesso mi sono scelto, entrandoci di buon grado.
E adesso non so come uscirne!
Sono al limite dell'esasperazione.
Scendo dal letto e bruscamente prendo la veste dalle mani di Harbard, la infilo e chiudo con un nodo la cintura di stoffa sul ventre prominente che tanto odio.
I muri sono il minore dei miei problemi.
La carne flaccida, la pelle appassita, i capelli radi e ingrigiti, le unghie ingiallite... ogni volta che mi sveglio al mattino e mi guardo allo specchio devo trattenere un conato.
Non è la vecchiaia, ma le sembianze del vecchio che impersono a disgustarmi... Odino.

- Va' a dire al Mastro Scultore che sarò da lui a breve. - dico, spostandomi in fretta verso l'ingresso della mia stanza da bagno.
Harbard, invece di assentire, inchinarsi e uscire, mi tallona per poi superarmi facendo per varcare la soglia prima di me. Frapponendosi tra me e qualunque eventuale pericolo.

- Posso cavarmela da solo, vecchio... amico. - lo blocco, e lui si gira a guardarmi.
Un bagliore di incredulità gli ha accesso le iridi scure. Un lampo ed è già passato, rimpiazzato dal suo contegno arcigno.
Possibile che, nonostante quest'uomo ricopra il suo ruolo da almeno un paio di secoli, il re non lo abbia mai chiamato 'amico'?
Ha guardato le spalle del sovrano in ogni battaglia, ne ha salvato la vita sacrificando il suo stesso corpo, ne custodisce chissà quanti segreti... Veglia perfino sul suo sonno!
Non dovrebbe stupirmi l'ingratitudine di colui che impersono: chi la conosce meglio di me, dopotutto?
Eppure...
Mi irrita dover accettare lo stato dei fatti non potendo fare cambiamenti. In una parola: arrendermi.

"La soddisfazione non è nella mia natura!" ho proclamato una volta.
"La resa non è nella mia!" mi ha risposto Thor, talmente ottuso da non aver compreso che, usando parole diverse, aveva espresso lo stesso concetto.

- Dubito ci siano Pentapalmi in agguato, pronti a ghermirmi quando sarò nella vasca. - continuo con un'ironia che è mia, non di Odino.

Devo attenermi al mio ruolo, al modo di fare tronfio, arrogante e fin troppo spesso gelido e incurante a lui, per non auto-smascherarmi. Soprattutto non davanti a quest'uomo che lo conosce tanto bene da condividerne il disgusto e la voglia di sbarazzarsi del suo, ormai inutile, secondogenito.
Solo il crederlo... credermi morto, fa sì che ignori quando trapela un accenno del mio vero carattere, totalmente in contrasto con il sovrano che dovrei essere.
- Ne sono consapevole, ma il mio dovere è di proteggervi, Maestà. - è la risposta di chi ha la stessa facilità nel non eseguire un ordine, di quanta ne ha Volstagg nel lasciare uno stinco di cinghiale arrosto intonso nel suo piatto.
Per quanto Harbard sia una costante minaccia per la mia recita, trovo la sua integrità degna di rispetto.
Inoltre è fin troppo tutto d'un pezzo, perché non trovi divertente sconvolgerlo!

- Infatti ti ho ordinato di proteggermi dalle rimostranze del Mastro Scultore. - gli preciso.
Harbart e io condividiamo la medesima antipatia per il dinoccolato, ipersensibile, ed estremamente suscettibile, grande artista.

Il mio attendente bofonchia – Come desiderate, Maestà. - confermandomi di aver sfruttato la leva giusta.
Mi fa un rapido inchino, quindi si affretta ad uscire, tirandosi dietro il pesante portone dorato.
Sono solo... Finalmente.
Il tempo di varcare la soglia della stanza da bagno e volute di vapore caldo accarezzano la mia pelle nuda, delineando i contorni dei miei muscoli.

Mi sono svestito degli abiti e del corpo che mi camuffa in un battito di ciglia, per tornare alle sembianze che non posso mostrare ad altri che a me stesso.

E' un piacere che mi concedo sempre più di rado. Più passa il tempo e più la mia gabbia, ormai è solo così che riesco a pensare al trono di Asgard, diventa opprimente.

Mi immergo nella vasca, lasciandomi cullare dal tepore dell'acqua.
Il mio corpo trova ristoro, finalmente posso distendere le gambe, le mie vere gambe, così lunghe che con le punte dei piedi riesco a sfiorare il lato di fronte a me.
Peccato che la mia mente sia e rimanga in tumulto, in netto contrasto con la superficie calma e trasparente del liquido profumato che mi solletica.
Questo è l'unico, solitario, piacere a cui posso aspirare da mesi.

Ora gli Asgardiani ritengono Loki un eroe, il vero salvatore di questo mondo. L'imponente statua d'oro che a breve il Mastro Scultore terminerà, occasione che sarà celebrata da una rappresentazione teatrale dal titolo 'La tragedia di Loki di Asgard', di cui io stesso ho scritto il testo, sarà il sigillo sul raggiungimento dei miei propositi.

Ma dopo?

Mi attendono mesi, anni, secoli tutti uguali e monotoni, nei panni di un vecchio sempre più vecchio, mentre Thor scorrazza per la Galassia affiancato dai suoi amici supereroi?

Davvero questo è l'unico futuro a cui posso aspirare?
Frustrato da quel pensiero, quasi ringhio e batto un pugno sulla superficie dell'acqua, incurante di quanti schizzi abbia prodotto. Ci penseranno le ancelle a ripulire.
No, mi rifiuto di ritenermi imprigionato per sempre qui.
E' ora che metta in moto le cose.
Se Asgard è una gabbia, so esattamente chi può ridurla in briciole.
Guardo attraverso la nebbia di vapore di fronte a me, modellando con la mia magia perché assuma la forma di uno specchio lattiginoso, sospeso all'altezza del mio viso.
Ad un tratto un paio occhi fiammeggianti compaiono, fissandomi perplessi di rimando.

- Surtur, cosa mi diresti se ti rivelassi che so come scatenare Ragnarok? -

   
 
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