Crossover
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Autore: Saeko_san    19/01/2020    1 recensioni
[Crossover multiverso]
Due amici d'infanzia, provenienti da una terra lontana, si ritrovano nella necessità di cominciare un lungo viaggio per salvare il padre di lui e il villaggio in cui vivono. Il loro viaggio li catapulterà ogni volta in diverse dimensioni, in cui conosceranno Harry Potter e Nihal della Terra del Vento, viaggeranno su Xorax la Sesta Luna, combatteranno a fianco di Eragon e Lily Quench, voleranno assieme a Peter Pan, solo per scoprire nuovi mondi mai nemmeno immaginati.
Lo scopo? Trovare la cura alla Grande Malattia, che Pedro e Taishiro dovranno sconfiggere prima che possa distruggere tutto ciò che hanno conosciuto sino al momento della loro partenza. Avete dunque mai immaginato di viaggiare saltando da una pagina all'altra dei vostri romanzi preferiti? Di volare oltre i confini del mondo e di sconfiggere finalmente le vostre paure di bambini?
Forse siete nel posto (o racconto) giusto: Pedro e Taishiro saranno i compagni di viaggio perfetti per voi e le vostre avventure.
| written between 2005 and 2008 |
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Libri
Note: AU, Cross-over, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 30:
Bilbo e Gandalf
 
Pedro e Taishiro si risvegliarono contemporaneamente, coricati su dei giacigli di paglia, foglie e coperte (troppo comodi per essere dei semplici giacigli di paglia e foglie), aprendo gli occhi nello stesso momento, trovandosi a guardarsi e a perdersi l’una nello sguardo dell’altro; erano stesi su un pavimento di legno. Si misero a sedere con un’espressione molto confusa. I vestiti del Mondo Emerso erano piegati e posti lì accanto a loro, ma in quel momento indossavano vesti diverse. Pedro era abbigliato con una tunica bianca che gli arrivava alle ginocchia e aperta sul davanti e sotto ad essa con un completo di pantaloni e casacca rossi e castani. Aveva il suo pugnale con l’aquila appeso alla cintola. Taishiro invece indossava una gonna verde chiaro che le arrivava alle ginocchia, con sotto delle brache aderenti verde scuro. Poi indossava un corpetto di stoffa e sopra un poncio verde smeraldo con degli strani simboli bianchi disegnati sopra. Anche lei aveva il pugnale assicurato al fianco. Entrambi erano scalzi. Pedro era riluttante a lasciare i suoi vecchi vestiti perché lo facevano sentire sicuro, eppure quelli che indossava erano più morbidi e confortevoli. Taishiro invece si sentiva a proprio agio, anche se nemmeno lei voleva abbandonare l’abbigliamento del Mondo Emerso.
Si incamminò per la “stanza” e si accorse che il pavimento di legno era issato sopra un albero e che le foglie e i rami fungevano da parete protettiva dal mondo esterno. Mentre faceva quest’osservazione, l’amico si mise la mano in tasca in cerca della lettera. Non la trovò. Preso da un leggero panico, si mise a frugare nei vecchi abiti e trovò una busta di piccolo formato e molto leggera, della consistenza di una foglia.
Sopra riportava vergata in oro i nomi dei destinatari: “Bilbo e Frodo Baggings e Gandalf il Bianco”. La mostrò a Taishiro. Decisero di scendere dall’albero. Trovarono una semplice scala di corde affissa al fusto della pianta per scendere. Una volta a terra i due ragazzi riguardarono intorno. Si sentivano strani. Da quando si erano svegliati avevano detto sì e no una decina di parole. Taishiro posò la schiena contro il tronco della albero, si lasciò cadere seduta a terra e iniziò a meditare. Pedro la osservò, indeciso sul da farsi, con una punta di desiderio, che non faceva altro che fargli battere il cuore con un rumore sordo e abbondante, che gli pulsava nelle orecchie; temeva che il suono potesse sentirsi anche al di fuori del suo petto, che anche Taishiro potesse sentirlo. Avrebbe voluto baciarla. Si sedette accanto a lei. Poi i dubbi che l’avevano assalito ad Hogwarts gli attanagliarono di sorpresa il cuore. Decise che non gli importava. Si mise di fronte a lei e la fissò ancora; si chiedeva se lo avesse sentito muoversi nervoso accanto a lei. Era bellissima. Ancora più bella di quando l’aveva vista meditare per la prima volta, nella foresta della Terra del Vento, nel Mondo Emerso, con i capelli che le scendevano liberi sulle spalle e le lambivano la fronte. Taishiro aprì gli occhi all’improvviso. I due amici si fissarono ancora, come se si fossero appena svegliati. Poi il coraggio di Pedro venne meno e non riuscì più a sostenere lo sguardo indagatore e profondo della ragazza.
 
 -Che cosa c’è?- chiese Taishiro, che invece non se ne lasciava sfuggire una.
 -Niente- rispose Pedro, arrossendo visibilmente. Egli strinse le mani sulla lettera che teneva in grembo.
 -Ne sei sicuro?-.
 -Sì-.
 -Perché mi stavi fissando?- insisté ancora lei.
 -Nessun motivo in particolare. Cercavo di vedere se eri cambiata-.
 -Perché?-.
 -Perché non riesco ancora a credere che tu mediti la mattina-.
 
Taishiro scoppiò in una sonora risata. Pedro era in grado di farla sorridere anche nei momenti più imbarazzanti. In particolare, quella era anche una risata di sollievo. Per un attimo aveva temuto che Pedro fosse posseduto da un qualche spirito maligno. E poi quella vicinanza vertiginosa che c’era tra il suo viso e quello del suo amico l’aveva fatta trasalire.
Il vento soffiò tra le fronde degli alberi e portò la risata cristallina di Taishiro altrove. La trasportò non poco lontano da lì, in un’altra stanza-albero. Lì si trovava Gandalf, il mago di quel luogo già troppo magico di suo[1].
 
Pedro e Taishiro decisero di incamminarsi alla ricerca di Gandalf, Bilbo e Frodo, i tre sconosciuti destinatari della lettera che aveva trovato Pedro. Camminarono per molto tempo, stranamente senza provare fastidio nello spostarsi a piedi nudi, e dalla mattina arrivarono all’ora di pranzo, e iniziarono a sentire i morsi della fame. Era da quando erano partiti dalla Foresta della Terra del Vento che non mangiavano. Eppure, nonostante si trovassero in un fitto intrico d’alberi, non avevano visto animali o piante di sottobosco. Sembrava di trovarsi nella Terra del Mezzo, il posto di interscambio tra i luoghi magici, però gli alberi erano più grandi, secolari e scuri. Uno strano fruscio incuriosì i due ragazzi. Sembrava provenire da un albero che pareva essere il più grande di tutti. Il fruscio diventò ben presto una melodia. Sul tronco c’era una scaletta simile a quella che avevano trovato sul loro albero. Si guardarono, annuendo, e poi la salirono. Sopra la stanza c’era una festa. C’erano tante persone che danzavano, uomini e donne con le orecchie a punta e il passo talmente leggero da non sembrare nemmeno reali; ogni passo di danza era una folata di vento, un battito di ciglia, una piuma che cade al suolo.
In fondo all’enorme sala, stavano due uomini che sembravano più bassi degli altri, nonostante uno dei due fosse molto vecchio; questi indossavano vesti di diversa fattura rispetto a quella degli individui danzanti attorno a loro e, cosa assai strana, i piedi scalzi erano ricoperti di una folta peluria che li facevano sembrare più grandi del dovuto. Da una parte stava un anziano tutto vestito di bianco, con un grosso bastone, bianco anch’esso, tra le braccia. Quando la musica cessò, l’anziano vestito di bianco alzò la mano e disse:
 
 -Benvenuti, figli del cielo. Vi siete svegliati, finalmente-.
 
Pedro e Taishiro rimasero stupiti. Il vecchio si era rivolto proprio a loro. Tutti i presenti, che avevano appena finito di danzare, li guardavano pieni di curiosità. Taishiro li guardò meglio. Non solo le loro orecchie erano a punta, ma i visi avevano dei lineamenti eterei, i capelli di tutti quelli che li circondavano erano chiari, così come i loro occhi. -Sono elfi!- mormorò eccitata a Pedro. Lui rispose con un borbottio sorpreso.
Quando furono vicini al vecchio, Pedro prese la lettera e gliela porse. Il vecchio disse:
 
 -Bilbo, Frodo, venite che questa lettera è anche per voi-.
 
I due uomini più piccoli, di cui uno era l’unico ad avere una capigliatura scura, si avvicinarono a Gandalf, perché di lui si trattava. Pedro era curioso di capire cosa fossero. Erano troppo piccoli per essere umani (Taishiro superava il più giovane di una spanna), non erano nani perché erano più alti e non erano elfi; nemmeno gnomi, a quel che sembrava, dato che le fattezze erano totalmente dissimili da quelle della stirpe di Ido, ad esempio. Sembravano dei bambini con le sembianze degli adulti.
Gandalf aprì la lettera e la lesse in silenzio, così come Frodo e Bilbo. Era scritta con le rune e tradotta suonava più o meno così:
 
Eccelsi Bilbo e Gandalf,
sono Ryuso, il mago che era con voi quando la nave partì dai Porti Grigi. Sono anche il mago che, durante il viaggio per la Terra degli Elfi, parlò con Frodo e si fece raccontare la storia dell’Anello. Gli rubai dalla mente l’esatta copia del mistico oggetto e lo riprodussi nella Terra degli Elfi. Vorrei scusarmi con Frodo per avergli causato un tale torto, ma era necessario. Ora quella copia si trova sul bastone che portano i due ragazzi. Serve a loro per viaggiare attraverso i diversi luoghi magici; al contrario di quello che era il precedente Anello, questo non ha una sua vera e propria volontà, solo un antico istinto, innocuo. Devono arrivare alla vera Terra della Magia e trovare la melagrana che salverà il padre del ragazzo dalla morte, poiché a mio avviso il grande Gandalf, nonostante le infinite ricerche, non sia riuscito a trovare il frutto appena menzionato; qualora così non fosse, chiedo al Mago Bianco di fornire ai ragazzi quanto conosce del frutto della salvezza. Vi chiedo di far visitare loro la bellissima Terra degli Elfi e poi di farli parlare con Samvise Gamgee, lui saprà dare le indicazioni che servono.
Saluti sinceri e magici,                                                                                                                   
 
Ryuso
Stregone capo del villaggio di Tabauni, nella Terra di Tsagumi
 
Il mago bianco disse subito i propositi di Ryuso descritti nella lettera; i due amici si guardarono e fecero spallucce: Ryuso sapeva essere criptico e illogico, nelle sue lettere, e ancora entrambi facevano fatica a comprendere come i destinatari delle sue varie missive non si facessero nemmeno una domanda su chi fossero loro o su quanto fosse sospettoso che due sconosciuti con una missiva altrettanto sospettosa giungessero nei momenti meno opportuni.
Il Mago Bianco chiese a Frodo di fargli visitare quella terra. Gandalf era un mago sorridente e di poche parole, eppure aveva un che di rassicurante, almeno secondo Taishiro. Per Pedro, invece, era troppo taciturno e misterioso. Si era trovato più a suo agio con Soana, che era diretta, glaciale, simpatica e schietta.
Anche Bilbo voleva accompagnare i due stranieri, ma Gandalf si rifiutò categoricamente. Bilbo era troppo vecchio, aveva centotrentatré anni ed era già tanto che riuscisse a ballare alla velocità degli elfi. E poi il mago non voleva che alla vista del finto Anello in lui si risvegliasse qualcosa di losco.
Frodo, Pedro e Taishiro scesero dall’albero, mentre la festa riprendeva sopra di loro.
Forse vi chiederete quale potesse essere l’arcano motivo per cui Gandalf avesse lasciato allo hobbit l’onere di accompagnare i due amici per quelle terre, piuttosto che ad un elfo, che sicuramente conosceva molto meglio quei luoghi; tale motivo risiede nel fatto che Frodo aveva bisogno di un tuffo in un passato che per troppo tempo aveva dimenticato (oltre al fatto che avesse acquistato una certa dimestichezza con la regione abitata dagli elfi).
 
 -Avete mai visto una terra del genere?- chiese Frodo, come per cavarli d’impaccio dal silenzio che li avvolgeva.
 -No. Cioè in un certo senso sì- disse Pedro incerto. Il ricordo della foresta della Terra del Mezzo gli sembrava così remoto e così vicino al tempo stesso. Fu Taishiro a venirgli incontro.
 -Il sottobosco era proprio così: pulito e senza una sola foglia. Ma gli alberi erano più slanciati, giovani, fini. E c’era molta più luce. Qui invece gli alberi hanno tronchi giganteschi e le loro chiome coprono il cielo quasi interamente-.
 -Beh- disse Frodo, passandosi una mano tra i capelli riccioluti e scuri –Questa è solo la foresta. A nord ci sono montagne altissime che spariscono oltre le nuvole, dove è sempre brutto tempo e nessuno ne ha mai visto le cime. A sud invece c’è il mare, l’oceano e più in là La Terra di Mezzo-.
 -La Terra di Mezzo? Cioè, la Terra del Mezzo? Il luogo di interscambio tra tutti i mondi magici?- chiese Pedro, incredulo
 -Quella che dite voi è una specie di “sala d’attesa”. Quella di cui parlo io invece è un specie di grande regno di un grande continente del quale non si conoscono le dimensioni. Io sono nato in una di quelle regioni—.
 
Ci fu un attimo di silenzio. Nella mente di Taishiro balenò una domanda.
 
 -Cosa sei?- chiese a Frodo, senza tanti fronzoli.
 -In che senso?- fece l’altro, senza capire.s o. avrebbe lbero e iniziò a meditare. e. ggera.
onfortevoli. ra. arrone.
 -Nel senso che... ecco... non sei umano, non sei elfo né mezzelfo, nano, drago, gnomo, fammin o bambino. E Bilbo ha centotrentatré anni ed è basso quanto te!-.
 -Avete presente di cosa sia uno hobbit?-.
 -No- disse Pedro, passandosi una mano tra i capelli.
 
Che diavolo poteva mai essere?
 
 -Beh, in questo momento ne avete uno davanti. Io sono uno hobbit. Alcuni ci chiamano anche la “gente piccola”-.
 -E che cosa sarebbe di preciso, dunque, uno hobbit?-.
 -Una specie di ometto basso la cui altezza non arriva neanche a un metro. L’altezza massima per quelli della mia specie e di un metro e dieci-.
 
La conversazione si chiuse lì. Ovunque andassero, i due amici incontravano creature sempre diverse.
Frodo fece vedere loro l’albero dove dormivano lui e Bilbo, dove dormivano l’elfo Legolas e il nano Gimli, l’unico nano ammesso nella Terra degli Elfi, amici di Frodo, dove dormiva la bellissima Elfa Galadriel e dove dormivano altri elfi che lui conosceva.
Arrivarono alla sera al loro albero. Frodo disse loro che per riconoscerlo avevano dipinto sul tronco un carattere elfico con del bianco che significava “Stranieri”.  Pedro e Taishiro salirono sulla scala di corde congedandosi da Frodo. I vestiti del Mondo Emerso non c’erano più. Taishiro sguainò il suo pugnale dal fodero sontuoso. Il dragone nero che era stato disegnato sull’elsa sembrava cupo come lei. Gli smeraldi posti nel luogo degli occhi della creatura sembravano tristi anch’essi. Lei aveva nostalgia di casa. Pedro le si avvicinò, facendo il meno rumore possibile.
 
 -Che cos’hai?- chiese.
 -Mi manca Tabauni-.
 -Anche a me manca-.
 -Mi chiedo cosa possano provare mia madre e mio padre, al pensiero che la loro figlia si trova a leghe e leghe da loro, in universi totalmente diversi-.
 -Anch’io mi chiedo cosa stia provando mio padre, in questo momento. A cosa pensi, quanto soffra, se si ricordi di me nei momenti in cui è sveglio. Se riconosce chi gli sta intorno-.
 -Non hai paura?-.
 -Paura di cosa?-.
 -Che tu non riesca ad arrivare in tempo per salvare Gerard, oppure che tu muoia prima di trovare il frutto-.
 -Sì, ho paura. Ma è proprio quella paura che mi spinge ad andare avanti- affermò lui, guardandola ancora negli occhi. Le passò un braccio attorno alle spalle.
 -Io temo che questo viaggio non finirà mai e che noi continueremo a viaggiare senza mai trovare la cura alla Grande Malattia e che non potremmo più tornare a casa-. Lei pose la testa nell’incavo del suo collo e si lasciò cullare un po’.
 -Guarda che la lista che ci ha dato Kim ha una fine. Prima o poi torneremo a casa-.
-Ho anche paura di morire-.
 
A quel punto Taishiro iniziò a singhiozzare in silenzio. Pedro era stupito. Taishiro, la sua amica che non aveva mai paura di nulla, che si era buttata nella missione prima di lui, che aveva sempre avuto la certezza di qualsiasi cosa facesse, aveva paura e ora piangeva. Piangeva lacrime adulte, con singhiozzi strozzati, piangeva quelle lacrime cui i bambini lasciano libero sfogo, mentre gli adulti le trattengono, ferendo il loro animo fin nel profondo.
Lui le si avvicinò ancora di più e la strinse totalmente a sé. Lei continuò a piangere, ma smise di singhiozzare. Pian piano si calmò.
Nessuno dei due si era accorto che un piccolo elfo aveva portato loro la cena e l’Ilv, poggiandoli delicatamente sul pavimento della stanza-albero.



 
 

[1] Siamo qui molto dopo la fine de “Il ritorno del Re”, ultimo libro della saga de Il Signore degli Anelli di J.R.R. Tolkien; Bilbo, Frodo e Gandalf si sono ormai stabiliti nella Terra degli Elfi.














Note di Saeko:
e anche questa domenica sono riuscita ad aggiornare; per me è quasi diventato un rituale, correggere e scrivere questo racconto, che mi fa tornare indietro nel passato. Siamo nella Terra degli Elfi e dedicherei questo capitolo a Christopher Tolkien, venuto a mancare lo scorso giovedì; so che le descrizioni non potranno mai essere immaginifiche come quelle del padre e che probabilmente il mio inserimento di Pedro e Taishiro nel mondo degli Signore degli Anelli possa risultare sconclusionato e privo di senso, ma continuare a parlarne è uno dei tanti modi per mantenerne viva la memoria.
Stiamo pian piano raggiungendo la crescita caratteriale dei due protagonisti; credo che si possa notare, almeno un po' visto che quando ho scritto questo capitolo erano passati ben due anni dall'inizio, dal capitolo uno di questa storia.
Se a qualcuno va, vi aspetto nella sezione recensioni. A presto!

Saeko's out!
  
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