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Autore: LadyPalma    19/01/2020    8 recensioni
[Storia partecipante al contest "November Rain" indetto da MaryLondon sul forum di EFP]
Quattro momenti di un ipotetico rapporto di amicizia tra Dolores Umbridge e Alastor Moody.
- Dal testo:
"Dico solo che dovresti imparare a vedere le cose positive che ottieni. Il bicchiere mezzo pieno, no?"
"Pieno di cosa?"
"Oh, per Salazar, è solo un modo di dire, Dolores! Un bicchiere riempito a metà devi vederlo mezzo pieno invece che mezzo vuoto. Hai capito ora?"
Genere: Angst, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Alastor Moody, Dolores Umbridge
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più contesti
- Questa storia fa parte della serie 'Alastor&Dolores'
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Bicchiere mezzo pieno






1966

"Dovresti smetterla di lamentarti sempre per ogni cosa, Doll... Non sei stata scelta come prefetto... Non sei entrata nel LumaClub... Blah blah blah... Non sono queste le cose importanti".
"Certo, Moody. Lo dici solo perché non importano a te..."
Alastor sbuffa sonoramente e alza gli occhi al cielo, mentre si lascia cadere senza grazia sul divano della Sala Comune Serpeverde.
È stanco dopo una giornata di studio ed esasperato dalle continue lamentele della sua compagna di casa.
Non è dell'umore adatto per dare consigli e, di certo, non è mai stato un ragazzo capace di fare un discorso saggio. Eppure, senza che lui neanche lo immagini, le successive parole che pronuncia sono destinate a segnare i loro percorsi e a rimanere per sempre nella loro memoria.
"Dico solo che dovresti imparare a vedere le cose positive che ottieni. Il bicchiere mezzo pieno, no?"
"Pieno di cosa?"
"Oh, per Salazar, è solo un modo di dire, Dolores! Un bicchiere riempito a metà devi vederlo mezzo pieno invece che mezzo vuoto. Hai capito ora?"
La ragazza appare per un attimo confusa, poi un lampo di comprensione illumina i suoi piccoli occhi verde pallido.
"Sì, ho capito. Il bicchiere mezzo pieno".
Che cosa effettivamente lei abbia capito non è molto chiaro.



 
**



1979

Una figura piuttosto bassa e tendente al pingue entra in una stanza del San Mungo. Cammina piano, forse per non scivolare sulla suola bagnata delle scarpe, e posa l'ombrello in un angolo.
"Ehm ehm" tossicchia leggermente, annunciandosi.
Con quel rumore attira l'attenzione del paziente disteso sul letto, il quale riconosce quella nuova presenza ancor prima di alzare lo sguardo. Ma quando lui finalmente la vede, si prende comunque qualche secondo per fissarla confuso. Giusto il tempo di capire che lei è reale e non il frutto di un'allucinazione dovuta alle infinite pozioni curatrici che gli hanno somministrato.
"Dolores Umbridge" mormora, scandendo il nome con incertezza, come se si trattasse di una maledizione senza perdono.
Quanti anni sono passati dall'ultima volta in cui si sono visti? Nove, dieci? Forse di più.  L'ultimo ricordo limpido che ha di lei risale a un incontro fortuito per i corridoi del Ministero quando entrambi avevano appena iniziato le loro diverse carriere. E ora, lui è un auror navigato che ha appena perso una gamba e lei  sta cominciando a far conoscere il suo nome all'interno dell'ingarbugliato mondo della politica. La osserva mentre gli si avvicina per posare un vassoio di biscotti atrocemente rosa sul comodino. Ha quasi trent'anni e non è cambiata di una virgola: stesso abbigliamento da bambina e stesso sorriso di plastica.
"È un augurio di pronta guarigione per un vecchio amico" dice con la sua voce stridula, facendo un risolino divertito che è del tutto fuori luogo.
Amico, ha detto. Se c'è stato un tempo in cui sono stati davvero amici, quello è ormai troppo lontano, perso in chiacchierate in Sala Comune ormai dimenticate.
Altro che augurio, vorrebbe proprio chiederle cosa ci faccia lì. Ma si limita a fare un grugnito di disappunto, perché lo sa benissimo in fondo a cosa è dovuta quella visita: da ambiziosa e invidiosa quale è sempre stata, la donna vuole solo assistere al momento in cui lui sta crollando e la sua brillante carriera da auror giunge al capolinea.
È un'altra, allora, la domanda che le pone.
"Sei radiosa, Doll. Una bambola nelle mani di ministri e segretari. Com'è che ci si sente?"
Usa un tono acido e diffidente, ma lei non si scompone e batte le palpebre un paio di volte con finta aria innocente.
"Ho imparato a vedere il bicchiere mezzo pieno, Moody" dice, scoccandogli un'occhiata quasi complice.
"Pieno di cosa?" ribatte lui prontamente, rievocando la stupida domanda di tanti anni prima. E, nonostante voglia prendere le distanze da lei, per un attimo quella complicità sembra reale.
Dolores esita, prende tempo mentre si dirige verso la porta e riafferra l'ombrello. Poi, fermandosi sulla porta, si volta.
"Il più delle volte di sherry" risponde con autocompiacimento.
Senza aggiungere altro, esce e lo lascia solo.
E Alastor lo sa: fuori dalla stanza e dalla sua vista, Dolores sta gongolando.



 
**



1996

Dolores apre gli occhi e fa quasi un balzo quando si trova davanti Alastor Moody. Il grande auror, la cui fama contrariamente alle sue aspettative non è mai tramontata, è ridotto a una gamba di legno, orrende cicatrici e un occhio finto.
Non è per il suo aspetto che è spaventata, ma per l'assurdo déjà vu che improvvisamente prova. Di nuovo una stanza del San Mungo, di nuovo un triste giorno di pioggia - come testimonia il temporale estivo visibile dalla finestra. Stavolta, però, è lei quella distesa su un letto con il fallimento dipinto sul volto e lui quello che le fa visita con un’intima soddisfazione.
"Moody" lo apostrofa, tirando fuori d'istinto il suo falso sorriso. Per lei non è mai stato Alastor, ma neanche Malocchio. "Sei venuto qui per gongolare del mio stato?" chiede poi, forse per la prima volta schietta e senza inutili civetterie.
"Hai sviluppato idee atroci, ti sei fatta divorare dalla parte più marcia di te e credo che, alla fine, tu abbia avuto esattamente ciò che meriti" borbotta l'uomo. "Ma non sono qui per gongolare, non sono stronzo come te".
Il sorriso sulle labbra della donna si congela. La sua intera faccia da rospo indignato diventa ghiaccio, pronto a sciogliersi ad ogni momento in un tripudio di lacrime e urla stridule. Il suo vecchio compagno di casa non sembra odiarla, ma compatirla, e questo le fa inaspettatamente più male. Si sente esposta, più che di fronte all'attacco dei centauri, più che di fronte alla consapevolezza del suo illusorio successo di temporanea presidente di Hogwarts. Si sente tornare adolescente e vorrebbe quasi di lamentarsi come faceva con lui una volta.
Come se il non essere diventata Prefetto possa essere paragonabile all’aver gettato nel caos un’intera scuola.
Come se nel frattempo non si sia tramutata in una donna frustrata e desolata, le cui idee non possono più ricevere empatia.
"E allora perché sei qui?" domanda in un sussurro, diffidente e forse un po' spaventata.
Alastor batte il suo bastone per terra e la scruta a lungo con il suo occhio magico.
"Sapere com'è il tuo bicchiere. Riesci ancora a vederlo mezzo pieno?"
A quella domanda, Dolores sfodera il suo risolino falso e torna a sprofondarsi nel controllo di sé che ha cercato tanto di creare nel corso del tempo. È sollevata di tornare dietro la sua maschera da bambola invecchiata e di poter mentire con facilità.
È mezzo pieno di veleno, vorrebbe dire.
"Il bicchiere è diventato una tazza piena di delizioso tè fino all'orlo" dice invece, senza battere ciglio.



 
**



1997

Piove a dirotto il giorno in cui Dolores guida la spedizione di dipendenti del Ministero per recuperare l'occhio magico di Alastor Moody.
Potrebbe essere un valido strumento di sorveglianza - aveva detto. - Dobbiamo cercare quel cadavere.
In parte, però, c'era la strana e inconcepibile voglia di vederlo morto. Perché era un nemico? O, invece, perché era un amico? È quando vede il corpo esanime nella foresta che ottiene l'insospettabile risposta.
Mentre si china su di lui per staccargli l'occhio, sente la propria guancia bagnata. Con un certo stupore alza lo sguardo solo per trovare il tessuto rosa del suo ombrello del tutto intatto. Non sta piovendo addosso a lei. Dovrebbe gongolare e invece sta piangendo.
Forse perché, per quanto diverso e lontano da lei, Alastor Moody è l'unico vero amico che abbia mai avuto nel fitto intreccio di finti legami che ha sempre tessuto.
Piange per lui perché la sua morte le importa più di quanto si sarebbe mai aspettata.
Piange per se stessa perché si sente un po' più sola.
L'occhio ora nella sua mano pulsa ancora di vita e, mentre lo fissa e si sente fissata a sua volta, riesce quasi a udire una lontana domanda.
"Di cosa è pieno il tuo mezzo bicchiere, Doll?"
Dolores torna a guardare il cadavere e sussurra la risposta, quella sincera perché sa che ora lui non può più udirla.
"Di pioggia e lacrime, Moody. Solo pioggia e lacrime".
 








 
NDA: Qualche nota sulla cronologia è necessaria. Dato che non sappiamo esattamente quando Moody e la Umbridge siano andati a Hogwarts, ho deciso di farli capitare insieme (entrambi Serpeverde come si sa da Pottermore) e di scegliere come anno di nascita di entrambi il 1950/51. La seconda parte si concentra invece in piena guerra contro Voldemort, quando Moody perde la gamba e quindi il suo lavoro da auror comincia a perdere punti (ho scelto di fargli perdere prima la gamba e poi l'occhio e il pezzo di naso nel duello con Rosier). La terza parte si colloca invece alla fine del quinto anno con Dolores al San Mungo per "la rappresaglia" dei centauri. Infine, l'ultima, è una mia personale visione di come Dolores si sia effettivamente impossessata dell'occhio magico di Moody (che, da canon, conficca nella sua porta per controllare i suoi sottoposti).
Tutti gli incontri e anche l'amicizia/inimicizia tra loro è ovviamente una mia invenzione, ma mi piace pensare che le loro strade si siano in qualche modo incontrate. Spero di non aver reso Dolores troppo emotiva, ma credo che un cuore lo abbia anche lei (e lei stessa si stupisce per le lacrime, dopotutto ahah).
I prompt del contest erano la pioggia e "bicchiere mezzo pieno".
   
 
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