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Autore: Wolfirea    27/01/2020    0 recensioni
Ventun anni, il diario di un’eterna Peter Pan che non ha alcuna voglia di crescere e prendersi le proprie responsabilità
Genere: Generale, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ho deciso che ricomincerò a scrivere.
Perché quando la vita fa schifo è l’unico modo per uscirne indenni: digitare digitare digitare, imprimendo sulla fottuta tastiera dello smartphone la frustrazione che non possiamo colmare.
Ma non parlerò in terza persona, voglio esser protagonista di questi ventun anni mai vissuti.
Vuoi per la timidezza e per l’incapacità d’intrattenere relazioni —argomento che approfondirò opportunamente più avanti— vuoi per la mia incredibile fobia della società, e la conseguente diffidenza del genere umano, vuoi per la brillante scelta d’intraprendere uno dei percorsi universitari più difficili che potessi scegliere: ingegneria.
E sottolineo l’importanza della scelta, perché nessuno in famiglia mi ha obbligato a passare la vita sui libri ad imprecare, anzi sono piuttosto ignoranti i miei, ma io, masochista del cavolo ho deciso di mia spontanea volontà di disprezzare e disconoscere qualsivoglia leggerezza della vita.
Tutto è complicato, e mi lamento, ma non potrei vivere senza la drammatica immagine che mi sono costruita.
Fossi una brutta ragazza depressa, senza amici ne passatempi avrei un incentivo a cambiare le circostanze ma purtroppo non è così.
Sono una bella ragazza, ho una fila di morti di figa che vogliono uscire con me —ormai friendzonarli fa parte della quotidianità— e potrei avere un futuro tutto sommato brillante: niente mi aggraderebbe di più che viaggiare per il mondo sviluppando la mia passione per la robotica.
Ma sono irrimediabilmente pigra, malinconica e tremendamente sfigata per quanto concerne le compagnie.
Non ho autostima, nemmeno sotto i piedi, e per questo il merito è tutto di mio padre —anche questo avrò modo di raccontarlo in seguito—- e chissà come riesco a farmi spezzare il cuore dai peggio bastardi esistenti su questo pianeta.
Sono presi all’inizio, mi danno le giuste attenzioni e mi fanno stare bene, poi dopo un mese puuf manco fossero mai esistiti.
Peccato che nei seguenti dieci mesi successivi io continui a rimuginare sui suddetti casi umani —gentil soprannome per non risultare una scaricatrice di porto—.
E penserete, magari la dai subito e fai perdere loro tutto il divertimento.
O ti rendi disponibile troppo in fretta, così che il gioco perda il gusto.
Beh, vi dirò la verità una volta per tutte: ho ventun anni, sono vergine e non sono mai mai mai andata oltre un bacio alla francese —l’ultimo risalente ad almeno un anno fa—.
Forse adesso che finalmente l’ho confessato mi sento meglio, ma in realtà sto solamente agonizzando perché lui non mi risponde.
Credevo che dopo tutte le sventure potessi meritarmi un po’ di pace, ero certa di aver trovato quello giusto.
Forse è per colpa della sessione, o magari si è già stancato di me, non so più cosa pensare in realtà.
Però sono tanto presa, forse più che in passato, e sono terrorizzata all’idea di aver buttato un’altro mese dietro l’ennesimo coglione.
Attualmente devo studiare, ho ancora tanti esami da dare perché purtroppo non sono partita con il piede giusto, sono rimasta indietro di un anno a causa di una scelta sbagliata e se voglio ancora aver riconoscenza della mia stessa persona ho bisogno di recuperare.
Infelice la vita, soprattutto in questi mesi, dove la preparazione degli esami comporta un lento ed inesorabile sotterramento personale.
Non so se esista il termine, in ogni caso si mangia ad ogni ora del giorno, non ci si cura del proprio aspetto, non ci si lava nemmeno e il sabato sera va a finire con “non posso uscire devo studiare” quando l’unica cosa che effettivamente vorrei fare è quella di tracannarmi la bottiglia di gin che ho nel mobile della cucina.
Mi sono dilungata troppo, me, il divano, il cane che non ho ancora portato fuori, e i libri in cameretta che attendono i miei improperi.
Non so se questo diario andrà avanti, ma è stato davvero liberatorio sputare un po’ di parole al vento, condividendo con qualcuno il piccolo disastro che sono.
  
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