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Autore: RobyR    30/01/2020    3 recensioni
Questa ff ha partecipato al SECRET SANTA 2019 indetto da Rossella sul gruppo fb till the end of the line ed è stata il mio regalo di natale per Martina! So che ti è piaciuta e ne sono davvero felice!
dal prompt:"3. Post Endgame. Il vecchio Steve è stato ricoverato la vigilia di Natale per una polmonite che sembra peggiorare di ora in ora. Sam ha costretto Bucky ad andare a trovarlo e questo sceglie l’orario notturno per aggirarsi tra i vari reparti senza farsi notare da nessuno. Non appena vede Steve, pallido e sereno come se stesse per morire, gli sale il groppo in gola e si lascia andare al dolore che ha trattenuto da troppo tempo. (SÌ, voglio piangere anche a Natale)."
Bene, credo di essere riuscita a farti piangere!
Genere: Angst, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Steve Rogers
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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OK, ti chiedo scusa, sono una persona cattiva, ma hai detto che ti sta bene piangere a Natale e così… Sorpresa! L'angst è il mio genere preferito, quindi spero che questa storia ti piaccia e che sia venuta bene! 

Buon Natale Martina Lanza! 

 

Post Endgame

Old Steve

Rabbia/depressione 

Angst a palate

Amore non corrisposto 


LOVELESS


Bruciare di desiderio e tacere 

è la punizione più grande 

che possiamo infliggere a noi stessi.

(Federico García Lorca)

 

Conosce l’amore solo chi ama senza speranza.

(Friedrich Schiller)

 

È uno strano dolore… 

Morire di nostalgia 

per qualcosa che non vivrai mai.

(Alessandro Baricco)


Sono qui, in questo corridoio silenzioso e sterile e ti guardo dallo stipite di questa porta aperta. 

Il tuo respiro è calmo, il battito registrato dal cardiofrequenzimetro regolare, sembra quasi che tu stia dormendo. 

Non sarei dovuto venire qui, sono settimane che ti evito come la peste, ma Sam ha insistito tanto, dice che mi farebbe bene un confronto con te. 

Non lo so, io non sono tanto sicuro, ma appena ho saputo che eri stato male e che avevano dovuto ricoverati non ce l'ho fatta a resistere. 

Dovevo vederti ancora una volta, almeno da lontano. 

Ti guardo e penso che, eppure, nonostante tutto, adesso ci sono io qui, accanto a te. 

Sono sempre stato accanto a te e anche ora, anche se avrei fatto meglio ad essere in qualsiasi altro posto, sono comunque qui. 

E in ogni caso cosa avrei fatto a casa, da solo, la vigilia di natale? Forse sarei solo rimasto a deprimermi pensando a te, come sto facendo adesso, e a tutti i natali che non abbiamo mai avuto. 

Sarei rimasto a rimuginare su tutti quei natali che avremmo potuto avere, insieme, se solo tu avessi scelto me. 

Sarebbero stati felici? Chissà. Ogni tanto mi piace immaginare come sarebbe stata, la mia vita al tuo fianco, e non posso fare a meno di immaginarla stupenda, saremmo stati felici. Ci immagino a gustare insieme un bel pranzo di natale: tacchino con patate e lenticchie come quando eravamo bambini. Ci immagino scartare i regali sotto l'albero. Tu che mi regali un maglione natalizio, io che ti metto in testa un cappello da babbo natale e le nostre risate di nuovo serene, sincere, vere. Oh, sarebbe stato tutto così bello, se solo tu fossi tornato indietro, se solo tu avessi scelto me. 

Ma non lo hai fatto, non hai scelto me e adesso non posso fare a meno di pensare a tutti i natali che hai passato al suo fianco, tranquillo e sereno mentre io, in quegli stessi anni, venivo torturato, congelato e scongelato come un pezzo di carne. Venivo usato come arma e mi veniva tolto tutto: ricordi, anima, umanità, dignità. 

Eppure non sono riusciti a toglierti dalla mia testa né dal mio cuore. Quando ero lì, all'inizio, pensavo che saresti venuto a salvarmi, poi venni a sapere che eri morto e una parte di me morì quel giorno. E invece adesso scopro che passavi il natale a strafogarti di tacchino con quella donna e la vostra allegra famigliola felice fingendo di essere una persona normale, sapendo, ma decidendo di fregartene altamente, di me e di cosa probabilmente mi stavano facendo in quello stesso momento. 

Ti è mai importato qualcosa di me? 

A questo punto non posso fare a meno di chiedermi perché tu abbia fatto di tutto per salvarmi dall'Hydra qualche anno fa, se poi intendevi abbandonarmi qui da solo! 

Sì, sono arrabbiato, lo sono, cazzo! 

E lo so che non dovrei, che dopo tutto quello che hai passato te la meritavi un vita felice, ma sono arrabbiato lo stesso! Ok? Mi concedi di essere arrabbiato, solo per questa sera Steve? 

Sono arrabbiato, perché avrei voluto che tu mi protegessi e mi salvassi come avrei fatto io se fossi stato al tuo posto, come facevo io quando eravamo ragazzi e i bulli ti prendevano di mira. 

Sono arrabbiato perché quella vita felice che ti sei creato avrei voluto averla anche io, avrei voluto averla con te… 

Non la merito anch'io un vita felice forse? 

Sono arrabbiato, perché mi hai lasciato lì a marcire, sono arrabbiato perché te ne sei andato, sono arrabbiato perché sei tornato, che a questo punto sarebbe stato meglio se non fossi tornato affatto! 

E no, non parlo così solo perché è natale e sono triste e solo, o perché ho bevuto due bottiglie di vino, o perché io nemmeno ci volevo venire qui oggi, mi ha costretto Sam! 

No, parlo così perché fa male, fa un male cane, e a te non importa un cazzo, non puoi neanche sentirmi perché stavi così male dopo la crisi respiratoria che ti hanno dovuto sedare! 

Eppure sono qui, ci sono IO qui! 

Come sempre, io. 

Non lei, non Sam, né chiunque altro: io, perché sono un idiota, uno stupido idiota e anche se non ti importa un cazzo di niente di quello che ho provato per te in tutti questi maledetti anni da quando ti conosco, io ti amo! Ti amo veramente! E sono qui, la vigilia di natale, dopo quasi un secolo, a guardarti dormire ancora una volta, come quando eravamo ragazzi e fingevo di avere freddo per poter dormire abbracciato a te. Sono qui a piangere e a rimpiangere tutto quello che avrei potuto avere se solo le cose fossero state diverse, se avessi avuto il coraggio di darti un bacio una di quelle notti invece di limitarmi a guardarti dormire, se solo avessi avuto il coraggio di credere di meritare un po' d'amore, se solo ti avessi stretto a me per impedirti di lasciarmi ancora, se solo il mondo e la vita, non facessero così maledettamente schifo!

E non venirmi a dire che adesso sto facendo la vittima, perché, ok, sì forse un po' sto facendo la vittima, ma è solo che certe volte tutto diventa semplicemente troppo. 

Troppo freddo è il mio letto vuoto, troppo grande il mio monolocale, troppo vuota la mia vita da quando non sei più al mio fianco, troppo male fanno tutti i ricordi, troppo in colpa mi fanno sentire i volti di tutte le persone che ho ucciso, troppa la paura di chiudere gli occhi e sognare e troppa, è la speranza che si infrange al mattino quando scopro che tutto questo non è solo un'altro dei miei incubi, ma la triste realtà in cui tu sei ormai un vecchio privo di sensi in un reparto geriatrico d'ospedale. 

Ti guardo e ti riconosco a stento dietro tutte quelle rughe, dietro questa pelle sottile e in questo corpo stanco che ha vissuto una vita piena di cui io non ho fatto parte. 

Quello che mi fa più male, è che non te ne posso fare una colpa, non è colpa tua se non mi ami come ti ho sempre amato io… 

Non è colpa tua se io sono rimasto davvero fino alla fine… 

Non è colpa tua se io ho voluto illudermi che quella promessa avesse lo stesso significato, per te, che ha avuto per me. 

Mi asciugo le lacrime che sono scese copiosamente sul mio viso e faccio un respiro profondo. 

Cerco di trattenere il fiato qualche secondo per arginare la fuoriuscita di dolore e lacrime. Tiro su col naso e mi stringo tra le mie stesse braccia nel vano tentativo di non sentire più tutto il freddo che mi porto dentro da quell'ultimo, rapido, troppo rapido, abbraccio che mi hai dato. 

Chiudo gli occhi, abbasso la testa e faccio per andarmene via quando sento provenire un mugolio fioco dalla tua stanza. 

Mi volto ma tu sei ancora lì, disteso su quel letto, in quella stanza in cui non ho avuto il coraggio di entrare. 

Penso di essermelo immaginato ma poi tu apri la bocca e ne esce un suono indistinto. 

Tremo e per qualche motivo, non saprei dire se di paura o di speranza, mi si riempie la pelle di brividi al solo pensiero che tu ti possa svegliare e trovarmi qui, ma non riesco a muovermi. 

Un'altro suono indistinto esce dalle tue labbra. 

Un'altro secondo passa con me immobile davanti alla tua porta. 

Ci ho passato la vita, sulla soglia della tua porta. 

Riprovi a dire qualsiasi cosa tu stia tentando di comunicare e questa volta il suono che esce fuori assomiglia terribilmente ad un nome. 

Il cuore mi sale in gola quasi lo volessi vomitare, la diga dentro di me cede e le lacrime ricominciano a scendere sul mio viso più copiose di prima. 

Il nome che hai sussurrato, non è il mio… 

"Peg… gy…" 

Ed è così che trovo in me, non so dove, il coraggio di varcare la soglia ed entrare in quella stanza. 

Faccio qualche passo verso il tuo letto e ti raggiungo. 

Ed è come se le mie gambe avessero fatto uno sforzo troppo grande. Cedono e io cado per terra accanto a te. 

Le lacrime abbandonano il mio viso per precipitare al suolo insieme a ciò che non credevo fosse rimasto del mio cuore.

No, Sam aveva torto: venire qui è stato uno sbaglio. 

Alzo la mano destra, tremante, verso il tuo corpo e la appoggio sulla tua. Hai ancora le stesse dita sottili per cui impazzivo quando eravamo due giovani ingenui. Te le stringo piano e decido di fare un ultimo sforzo: sono un masochista, sembra chiaro persino a me stesso. 

Ti guardo, guardo le nostre mani insieme e poi il tuo viso. 

Ho il desiderio irrefrenabile di farti sapere che ci sono io qui, io. 

"Steve…" sussurro con voce rotta dalle lacrime. 

Tu sorridi nel sonno e anche io ti sorrido, tra le lacrime; la speranza che ancora una volta non mi vuole abbandonare. 

"Peggy…" 

E quel nome è una bomba silenziosa che è appena esplosa su quello che restava della mia misera e illusa speranza. 

Appoggio la fronte sul tuo letto e mi lascio andare ad un pianto disperato, piango come piangono i bambini quando si sono fatti male e hanno bisogno del conforto della mamma. 

Ma non c'è nessuno, qui, che possa o voglia darmi conforto.

Sono da solo, con le mie illusioni infrante, la mia speranza demolita definitivamente e il mio cuore e la mia anima distrutti da una tua sola parola. 

Mi manca il respiro e forse sto avendo un attacco di panico ma non sono abbastanza lucido per capirlo. Stringo la tua mano e capisco che questo dolore che sto provando è il peggiore che io abbia mai provato. Peggio di quando mi hanno staccato il braccio, peggio dell'elettroshock, delle torture e del ghiaccio. 

Il dolore peggiore è quello di non essere amato. 

Non so per quante ore rimango a piangere immobile lì per terra, ma so che è l'alba quando sento dei rumori in fondo al corridoio.

Rilascio un ultimo sospiro e mi alzo. Lascio la tua mano e sento un ultimo strappo, ma non capisco cosa possa essersi strappato ancora, forse il filo rosso che mi ha sempre unito a te. 

Ho le gambe indolenzite, gli occhi gonfi, mi brucia la gola e la testa mi fa un male da impazzire. 

I passi si avvicinano. 

Mi dirigo verso la finestra, la apro ed esco. Siamo al secondo piano, ma io sono un super soldato quindi mi butto da questa altezza senza nessun problema. 

Me ne vado, ho deciso, mi lascerò alle spalle non solo questo ospedale, ma tutto, tutti, la città, l'america intera. La mia vita qui è troppo piena di ricordi, di te, di noi, di quello che avremmo potuto avere, di quello che avrei voluto avessimo e di quello che non abbiamo avuto mai. 

Eppure, sono ancora qua. 



 

Kate è una delle l'infermiera che ha il turno di mattina nel reparto di geriatria. 

Il suo turno inizia alle cinque del mattino e finisce a mezzogiorno. 

È scrupolosa, e ogni volta che ha il turno di mattina fa il giro dei pazienti per assicurarsi che abbiano avuto una buona nottata. 

Dopo aver controllato le condizioni dei pazienti delle prime tre stanze, Kate prosegue il giro verso la stanza n 4. 

Nella n 4 è ricoverato un paziente speciale. Non le hanno detto chi sia, ma vengono sempre un sacco di persone importanti a trovarlo. Le sembra persino che alcuni di essi possano essere dei super-eroi, ma non ne è così sicura. 

Appena entrata nella stanza, Kate si occupa di visionare i monitor quando si accorge che le coperte sul lato sinistro del letto sono leggermente bagnate. Controlla la flebo per assicurarsi che non stia perdendo ma è tutto apposto, strano.

Una folata di vento gelido la distrae. La finestra è aperta e anche questo è un po' strano ma Kate pensa che forse una delle sue colleghe del turno di notte ha dimenticato di chiuderla. 

Si avvicina subito alla finestra per rimediare ma poco prima di chiuderla scorge qualcosa fuori. 

C'è un uomo immobile, per strada, esattamente sotto quella stessa finestra. 

Guarda verso di lei ma non sembra vederla realmente. Il suo sguardo è vuoto e perso e trasmette a Kate una tristezza infinita. 

Kate non ha idea di chi possa essere, ma dopo qualche istante però, l'uomo abbassa lo sguardo e se ne va, lasciando l'impronta delle sue scarpe sulla neve che ha da poco cominciato a cadere. 

Kate chiude la finestra e passa a controllare gli altri pazienti. 

Non riuscirà a togliersi dalla mente lo sguardo di quell'uomo per tutto il resto della giornata. 

Era lo sguardo di qualcuno che non ha più niente da perdere.

 
  
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