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Autore: Wolstenholme    04/02/2020    2 recensioni
[MiniLong] [AU]
Un viaggio brutale ed introspettivo nella cruda e desolante vita di Mihael Keehl attraverso numerosi salti temporali, dall'inizio alla sua fine.
Dal prologo:
[...] E infine, la mattina successiva, si risvegliava, la pelle umida, gli occhi lucidi ed il respiro irregolare.
Ancora una volta tra quelle mura spoglie, sporche, con la tappezzeria rovinata e l'odore di orrore, morte e droga.
Mihael era troppo intelligente per credere che i suoi sogni potessero anche lontanamente rappresentare la verità.
Aveva solo sei anni, non era altro che un bambino.
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Altri personaggi, Matt, Mello, Near
Note: AU | Avvertimenti: Violenza
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Staring at the Sun

 

L'aria rarefatta, l'intenso puzzo di stantio, quella macchia indelebile intrisa tra le fibre sporche e consumate del vecchio tappeto grigio posto in salotto, che non poteva fare a meno di fissare ogni secondo della sua esistenza forzata. Un edificio abbandonato, le crepe ai muri, l'intonaco riverso da anni sul pavimento spoglio.
Faceva un freddo intenso, quell'inverno. Un giovane bambino biondo, oramai stabile ospite di quell'ambiente, strinse a sé con più energia la coperta sgualcita donata da un passante altruista appena l'anno prima, seppur dal suo aspetto, sembrava essere molto più antica. I buchi sopra essa, infatti, permettevano alla gelida aria di infiltrarsi all'interno, giungendo fino al corpo magro e gracile di Mihael, facendolo rabbrividire fino alle ossa.
Non posso lamentarmi, ripeteva a sé stesso ogni mattina, appena sveglio. Dopotutto, quello era l'unico oggetto in grado di conservare la sua temperatura, in modo più o meno soddisfacente.
Era solo, quel giorno. E non poté dire fosse un male, seppur consapevole della sua immensa solitudine. Decise, poi, di alzarsi dal letto - un semplice materasso rosicchiato dai ratti, per raggiungere la piccola cucina, da cui filtrava la luce di un timido sole.
Aprì il frigo in un'azione istintiva, forse dettata dall'intensa fame che attanagliava il suo piccolo e delicato stomaco, trovandolo vuoto, eccetto per un vasetto di marmellata con uno spesso e rivoltante strato di muffa sopra, e qualche fetta di pane secco.
Aggrottando leggermente le sopracciglia fini e chiare, afferrò il barattolo, poi un cucchiaio di plastica sporco rinvenuto sul bancone adornato da uno strato oleoso da chissà quante settimane, e raschiò via la muffa dalle tonalità verdognole, trattenendo il forte desiderio di vomitare.
Affondò il dito nella marmellata di fragole - a giudicare dal disegno sull'etichetta, considerando il fatto che Mihael non sapeva ancora leggere correttamente, per poi portarlo alla bocca e gustarne una parte. Era disgustosa, ma decide di assaggiare perfino un angolo della fetta di pane, cercando di trarne energia per il suo fisico emaciato.
Qualche attimo più tardi, una volta riposto gli oggetti e poggiato con gli occhi chiusi alla parete adiacente, si concesse un po' tempo per pensare; per lui, non vi era il gentile permesso di poter giocare e divertirsi con i bambini degli altri quartieri, né di potersi sporcare le mani con la tempera dai colori vivaci, né di poter ridere e correre all'aria aperta.
Una volta, appena l'estate scorsa, era riuscito ad avventurarsi fino alla casa di un bambino simile a lui; sapeva dove abitava, perché una volta l'aveva seguito, spinto dalla curiosità e dalla noia.
Giunto lì e colto sul fatto, però, fu costretto ad ascoltare chiaramente la ramanzina della sua mamma, che invitava - e, soprattutto, obbligava il figlio, a non frequentare i bambini disagiati del posto, aggiungendo Mihael alla lista senza giri di parole.
Tornò a casa subito dopo, e non uscì per quasi tre mesi.
L'autunno arrivò, dopo quell'evento, ma le cose non cambiarono affatto.
Era ancora una volta solo, solo con i suoi pensieri e con la crudeltà del mondo.
Mihael viveva con sua zia Elda, in quella casa abbandonata. La sorella di sua madre, tuttavia, non era affatto amorevole ed avvezza alle gioie della vita; era alta e magra, malnutrita almeno quanto lui, con i capelli di un rosso sbiadito e gli occhi grigi, spenti e vitrei. Un'espressione costantemente tirata sul volto, le narici dilatate dalla mancanza di tolleranza nei confronti dell'esistenza stessa.
La sua rigidità, era palpabile.
Aveva adottato il ragazzo quando sua madre era scomparsa - a quanto raccontava lei, con un uomo più giovane, raccogliendo dentro un sacco nero i suoi vestiti e portandolo nella sua dimora, la stessa in cui vivevano ancora. Fu presto molto diretta e concisa, impostando i limiti oltre i quali Mihael non avrebbe potuto spingersi, cosa doveva dire e cosa no, e soprattutto cosa non poteva fare.
Ogni forma di ribellione, brutalmente punita. Dopotutto, i servizi sociali non erano presenti nella zona ed i pochi vicini non osavano raccontare ciò che sentivano o vedevano ad altri.
Ognuno di loro conduceva una vita sorda, cieca e muta.
Nemmeno le grida di un bambino riuscivano a scuotere le loro anime aride.
Perfino sua madre, lo aveva abbandonato. Come poteva pretendere qualcosa di diverso da dei perfetti sconosciuti?

A seguito di un rumore improvviso, poi, poco più tardi, tornando alla triste realtà, il giovane riaprì gli occhi, osservando il materasso dall'altro lato della stanza, che apparteneva proprio a lei, la zia Elda: non possedeva le coperte, né un cuscino, ma a lei sembrava non importare. Dopotutto, non trascorreva molto tempo tra quelle quattro mura.
Cosa facesse, non era chiaro, considerando che non aveva alcuna attività lavorativa, quantomeno legale.
Elda rientrò a casa alcune ore dopo, sbattendo la porta ed imprecando ad alta voce. Qualcosa doveva essere andato storto - forse un importante affare losco, durante la lunga giornata; perfino un bambino come lui se ne sarebbe reso conto.
Quella sera lo picchiò senza alcun motivo, così forte da fargli spuntare un livido rosso sul braccio l'ora successiva. Nonostante ciò, ebbe la seconda dose nel pieno della notte, quando aveva osato girarsi dall'altro lato del suo giaciglio, svegliando Elda che, purtroppo per lui, aveva un sonno eccessivamente leggero; captava ogni rumore, in ogni istante.
Il martedì successivo, Mihael l'avrebbe ricordato molto bene per tutti gli anni a seguire; sua zia rientrò a tarda ora, svegliandolo, decisamente allegra e su di giri cosa che, prima di quel momento, mai era capitata. Rideva, e sembrava chiacchierare amichevolmente con un'altra persona, un uomo a giudicare dal suo tono di voce profondo.
Perfino la sua tipica espressione dura, si era finalmente addolcita; ma avrebbe scoperto presto il perché.
Infatti, come se non fosse stato lì, presente nella stanza, come se non fosse appena sfrecciato a pochi passi da loro un topo bianco, entrarono e raggiunsero il tavolino, che aveva una delle gambe attaccate ad esso con uno spesso strato di nastro adesivo scadente.
L'ultima volta che, sbadatamente, Mihael lo aveva fatto crollare al suolo, era stato picchiato brutalmente; ne portava ancora una cicatrice verticale sulla fronte. Ricordava ancora perfettamente tutto quel sangue sulle sue mani.
Dopodiché, osservò i due sedersi senza grazia sul pavimento, gli occhi spenti, i capelli sporchi ed in disordine, un odore quasi peggiore di quello della stessa casa abbandonata.
Non poté fare a meno di stringersi ancora una volta nella sua coperta, avvolgendo completamente e senza sforzo il suo corpo, osservando con attenzione gli adulti davanti a lui, perfino quando tirarono fuori dalla tasca della giacca un piccolo sacchetto avvolto dalla stagnola, rivelando una polvere scura una volta aperta; sembrava farina, ma un po' più scura.
Inspirarono tutta la notte quella strana sostanza senza badare al bambino dai folti capelli biondi, sollevando nell'aria un profumo dolciastro, quasi caramellato e dal vago retrogusto di mandorla. S'infiltrò senza fatica né permesso nei polmoni acerbi del giovane e, quando infine raggiunse il cervello, riuscì a farlo sentire inspiegabilmente leggero e libero.
Vomitò poco dopo appena fuori dal suo materasso ma nessuno, ancora una volta, si preoccupò per lui.
Aveva sei anni, a quel tempo, e mai più avrebbe riavuto la sua infanzia indietro, mai più avrebbe avuto una seconda occasione dalla vita.
Mihael ricordava ancora quella volta in cui aveva origliato una conversazione tra Elda e un'altra donna, molto più giovane di lei e vestita con appena qualche straccio bucato.
Parlavano di Dio, di come fosse un'entità in grado di proteggere e perdonare tutta l'umanità, di infondere pace e serenità se solo le persone avessero accettato di aprire i loro cuori, ed i loro più profondi sentimenti.
Allora, ripensò Mihael, perché questo Dio aveva permesso che sua madre sparisse e che la zia lo facesse vivere, o sopravvivere, in quella maniera?
Gli mancava la mamma, nonostante non la vedesse da tempo; prometteva sempre che, presto, lo avrebbe tirato fuori dalla vita che conducevano tempo addietro - non più felice di quella attuale, che lo avrebbe allontanato dal padre e che gli avrebbe assicurato una vita colma di soddisfazione ed amore; mentiva, lo aveva capito poco dopo, sopportando le pene dell'inferno a causa di ciò.
Non erano, infatti, rari i momenti in cui si lasciava andare alla disperazione, tuttavia costantemente attento a non farsi scoprire, perché ciò non gli era concesso, mai, nessuna eccezione, seppur intorno a lui vi fosse la tempesta.
Aveva imparato in fretta come certe situazioni avrebbero portato inevitabilmente altri lividi sul suo corpo o peggio, ad ossa spezzate.
Immaginava spesso come sarebbe stato il futuro, per lui, nonostante l'età così infantile e acerba, ignara. Se si concentrava abbastanza, riusciva perfino a scorgere la sua famiglia intorno a lui, in un perfetto equilibrio all'interno della loro casa gialla e bianca, con il camino in funzione ed un enorme giardino dove alcuni cani correvano liberi e felici, esattamente come lui.
Forse, durante quella notte in particolare, era stata semplicemente la polvere scura a creare nella sua mente sofferente quelle immagini, per illuderlo, per plasmare la sua memoria a suo piacimento, per poi presentargli il triste e reale conto, alla fine.
Ciò che accadde quel giorno, bussò alla sua porta molte altre volte.
E infine, la mattina successiva, si risvegliava, la pelle umida, gli occhi lucidi ed il respiro irregolare.
Ancora una volta tra quelle mura spoglie, sporche, con la tappezzeria rovinata e l'odore di orrore, morte e droga.
Mihael era troppo intelligente per credere che i suoi sogni potessero anche lontanamente rappresentare la verità.

Aveva solo sei anni.



N.d.A.:
Ciao a tutti,
Perché non tornare dopo mesi di assenza con una nuova long?
Avrà solamente pochi capitoli questa volta, attraverso vari salti temporali nella vita di Mihael, in modo da racchiudere ogni aspetto della sua esistenza. È, ovviamente, una storia AU che spero possa avervi incuriosito con questo prologo iniziale.
Come sempre, si tratta di un esperimento (l'ennesimo) senza pretese.
Dunque, spero possa piacervi e, se vi va, fatemi sapere cosa ne pensate. Grazie a tutti per l'attenzione.

   
 
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