PROLOGO
Il viceministro degli
Interni Arthur Howe scrutò ancora una volta il
giovane e distinto signore che gli sedeva di fronte, cercando di cogliere un
qualsiasi particolare che potesse rendere la sua natura un po’ più chiara.
Ma non
c’era niente da fare: a guardarli da fuori, il signor Edmund MacAllan e i due attendenti al suo seguito non avevano
niente di più né di meno di una qualunque persona che il viceministro avesse
già incontrato nell’arco della sua vita.
La
medesima opinione era condivisa anche da tutti i membri del suo gruppo di
consiglieri, che si guardavano continuamente gli uni con gli altri, quasi
avessero paura di incrociare lo sguardo con il signor MacAllan
e i suoi compagni per timore di chissà quale maledizione.
Il
consigliere economico Lebrow era l’unico a mantenere
un invidiabile selfcontrol: da veterano della RAF quale era, ne aveva viste
troppe nella sua vita per farsi spaventare o suggestionare da un giovincello in
blazer grigio fumo e mocassini neri da gran signore. O forse, semplicemente era
uno degli ultimi rimasti a volersi ancora rifiutare di accettare il fatto che
il mondo in cui era vissuto fin dalla nascita era sull’orlo di un cambiamento
epocale.
«Stava
dicendo, Signor viceministro?» disse MacAllan,
mescolando alla perfezione i suoi modi pacati con un accenno di impazienza
«Mi
scusi.» si ricompose Howe sistemandosi la cravatta.
«Come ci ho tenuto a precisare in varie occasioni, per il momento il mio
governo negherà formalmente di aver presenziato a tale incontro.»
«La cosa
non ci riguarda.» rispose il giovane con la naturalezza e il piglio di un
politico navigato. «Il nostro scopo era solo quello di comunicarvi i termini
per una eventuale cooperazione tra il Regno Unito e il Consiglio. Quello che
farete delle informazioni o la scelta che deciderete di fare non sono un nostro
problema.»
«A
questo proposito, se ho ben capito una delle famiglie che compongono il
Consiglio dovrebbe essere inglese.»
«I
confini umani hanno ben poco significato per la nostra gente. Ma sì, una delle
famiglie dimora nel vostro Paese. Ovviamente non vi possiamo rivelare la loro
identità, non fino a quando non accetterete i termini che vi abbiamo proposto,
né loro vi aiuteranno in qualunque modo.»
«Perdoni
la franchezza, ma più che dei termini, questi sembrano quasi un ultimatum.
Dovremmo accettare un accordo a scatola chiusa? Noi dovremmo rimettere ogni
eventuale futura ricerca a voi e al vostro consiglio senza alcuna garanzia che
ciò porterà dei benefici al Nostro Paese, oltre a riconoscervi il diritto di
negarci il vostro supporto in qualunque momento vogliate? A questo punto, forse
ci converrebbe agire per conto nostro.»
«Buona
fortuna. I professori Gelps e Brennon
hanno impiegato dodici anni delle loro vite per cercare di avere anche solo una
vaga idea di ciò che stavano studiando. Senza il nostro aiuto e l’appoggio del
Consiglio, perdoni la franchezza, ma posso assicurarvi che non fareste molta
strada.»
Howe e i suoi
uomini distolsero un attimo lo sguardo. In realtà il viceministro sapeva perfettamente
che si trattava di una pretesa campata per aria, ma l’idea di togliersi un
sassolino dalla scarpa gli era sembrata troppo invitante per farsela sfuggire.
«Tuttavia,
simili condizioni mi sembrano oltremodo restrittive. Sembra quasi che non abbiate
fiducia in noi.»
«E ne
abbiamo ben donde. Dal fuoco all’atomo, gli esseri umani hanno sempre finito
per abusare delle proprie scoperte. Non possiamo permettere che facciate lo
stesso con la magia.»
Gli
occhi di MacAllan brillarono in modo strano, quasi spaventando
il viceministro.
«Mi
creda, Signor Howe. Se usato nel modo sbagliato,
questo potere potrebbe generare mostruosità che Lei neanche si immagina.»
«Lei usa
spesso il termine umani.» replicò Arthur tendando di far finta che quelle
parole non lo avessero turbato. «Eppure a vedervi, voi non sembrate tanto
diversi da noi.»
«Non
fraintenda, non vi è alcuna forma di discriminazione nell’utilizzare questa
parola. Essa serve unicamente a rimarcare una distinzione innegabile tra i
nostri due popoli.»
«Se davvero
questo potere vi rende capaci di fare cose impossibili per noi umani, perché
non ne avete mai tratto giovamento? Per quanto molti meno rispetto a noi, le
cose che vi ho visti fare in questi mesi mi spingono a credere che sottomettere
l’umanità non sarebbe stato un problema per voi, almeno fino ad un paio di
secoli fa.»
«Una
vespa può uccidere un’ape.» rispose MacAllan con uno
strano sorriso. «Ma tante api possono dilaniare una vespa.»
«Come,
prego?» chiese Howe sistemandosi le lenti
«Mentirei
se dicessi che nel corso del tempo qualcuno non ci abbia pensato, soprattutto
in quei periodi in cui il fanatismo religioso o l’ambizione degli umani ha
messo in pericolo alcuni di noi. Ma il Consiglio, o forse la paura che il
numero a lungo andare avesse la meglio sulla forza, hanno sempre saputo tenere
a freno i nostri istinti più bassi. Con il tempo, abbiamo imparato a farci
scivolare tutto addosso, e a vivere in mezzo a voi senza che ne aveste il
minimo sentore.»
Di
nuovo, le labbra del giovane stregone si piegarono verso l’alto.
«Chi lo
sa. Magari uno di noi potrebbe essere seduto proprio alle sue spalle.»
Arthur
sentì un brivido lungo la schiena, e lo stesso fu per i suoi collaboratori, che
tornarono a fissarsi reciprocamente con una punta di sospetto e, per quanto
fosse brutto ammetterlo, anche di timore.
«Ritengo
che questo sia un luogo poco opportuno per questo genere di esternazioni.»
disse Howe quasi con stizza.
«Mi
scusi.» sorrise MacAllan, stavolta in modo molto meno
ambiguo «Ogni tanto mi lascio trasportare.
Torniamo
alle cose serie. Dunque? Che cosa devo riferire ai miei capi?»
«Le
condizioni sono alquanto rigide, ma sono fiducioso che troveremo un accordo
capace di soddisfare entrambi. Ad ogni modo però, io sono solamente un tramite.
Sarà il governo a decidere.»
«Un
governo il cui Primo Ministro tuttavia ha fatto dell’apertura nei confronti del
Consiglio uno dei cavalli di battaglia della sua campagna, se ben ricordo.»
«Il
Primo Ministro ha molto a cuore la creazione di un canale diplomatico ufficiale
tra il Consiglio e il Regno Unito. Ma dovete capire che il nostro Paese sta
vivendo un momento molto delicato. Tra la crisi economica e le riforme sociali
di cui abbiamo bisogno, la popolarità della signore Thatcher potrebbe crollare
nel giro di pochi mesi, e con essa la nostra possibilità di intrattenere
relazioni stabili ed efficaci con i vostri rappresentanti.»
«Noi non
abbiamo fretta di alcun tipo. Vi stiamo semplicemente tendendo la mano. Sta a
voi scegliere se accettarla e in quali circostanze. Niente di più o di meno
degli altri.»
La
frecciata era così evidente e plateale che Arthur serrò con forza la mano sotto
il tavolo, capendo una volta di più quanto il suo interlocutore non avesse
alcuna remora nel rimarcare la sua posizione di vantaggio.
Benché
la stampa stesse ponendo molta enfasi sui colloqui che il Consiglio stava
intrattenendo con i maggiori governi del mondo, era impossibile sapere con
esattezza cosa covasse sotto la cenere. Altre nazioni meno impantanate in
problemi interni avevano già raggiunto notevoli progressi dal punto di vista
dell’acquisizione di informazioni per porre le basi di uno studio relativo alle
possibilità di sfruttamento della magia da parte degli esseri umani, e il Regno
Unito doveva muoversi in fretta per non rischiare di rimanere indietro.
«Direi
che questo incontro è finito. Le farò sapere quanto prima la risposta del mio
governo.»
«Molto
bene. Allora, arrivederci al nostro prossimo incontro.»
Detto
questo, il signor MacAllan e i suoi uomini non si
alzarono dalle sedie né porsero la mano ai loro interlocutori; semplicemente,
svanirono nel nulla come le illusioni che erano.
«Seriamente, dovrebbe darci
un taglio con quella roba, professore.» disse l’assistente ricercatore Florian
vedendo il professor Gelps infilarsi per l’ennesima
volta la pipa in bocca. «Si sentono voci sempre più brutte riguardo al fumo. E
poi pare che diminuisca anche le capacità magiche.»
«Non
ricordavo di aver preso un’altra moglie, Olivier.» replicò il professore
tirando una generosa boccata e gustandosi quel piacevole profumo di campagna
toscana. «E comunque io non sono uno stregone, quindi non è un problema mio.»
Per
tanto tempo Alfred aveva anelato la tranquillità di un ufficio tutto suo, in
tutti quegli anni spesi a girovagare da una parte all’altra del mondo nel
tentativo di dimostrare a quelli che ridevano di lui come le sue teorie non
fossero i fantasiosi vaneggiamenti di un visionario. E ora che finalmente aveva
ottenuto ciò che voleva, si dava quasi dello stupido per averlo desiderato così
a lungo.
Anche il
lavoro e gli studi, incredibile a dirsi, si erano un po’ arenati nell’ultimo
periodo.
Nell’aria
tirava un vento di tempesta, ma per ora tutto quello che poteva fare era osservare
le nuvole muoversi attorno a lui comodamente seduto nell’occhio dello stesso
ciclone che lui stesso aveva scatenato.
I primi
fondi concessi da alcuni enti privati gli avevano permesso di portare avanti
alcune ricerche pertinenti ai possibili usi della magia, ma quell’apporto
internazionale in cui sia Gelps che Brennon avevano tanto confidato stentava ad arrivare,
mentre le Nazioni Unite a distanza di un anno erano ancora impegnate a cercare
di trovare una parvenza di ordine negli sconvolgimenti epocali che avevano
sconvolto il mondo nell’ultimo anno.
Qualche
governo, soprattutto europeo, si era timidamente interessato alla questione, ma
in verità al momento non vi era nulla che il professore o chi per lui potessero
fare per tentare di cambiare le cose; ormai era evidente che l’apporto del
Consiglio era fondamentale per dare un senso alle ricerche, quindi era ovvio
che nulla si sarebbe mosso fino a che qualche nazione non avesse raggiunto un
qualche accordo con i capi degli stregoni.
Per la
prima volta dopo tanto tempo Alfred sperimentava un noioso e snervante
immobilismo, con il suo destino ben stretto nelle mani di gente che nemmeno
conosceva, visto e considerato che i membri del Consiglio per il momento
stavano bene attenti a non rivelare la propria identità.
L’occhio
gli cadde oltre la finestra.
I tetti
di Parigi sembravano tanti nidi abbarbicati sulle cime di una foresta di alberi
di pietra, cemento e calcestruzzo delle epoche più diverse. Lontano, oltre il
fiume, La Defense cresceva a vista d’occhio, e a guardare con attenzione si
poteva scorgere il profilo in costruzione del futuro Centro per gli Studi
Magici che il governo francese si stava affrettando a realizzare, e dove
verosimilmente il professore avrebbe trasferito di lì a qualche mese la sua cella
dorata.
Il fatto
stesso di essere stato convocato a Parigi per tenere una serie di congressi,
con tanto di generosa sovvenzione e un lauto stipendio, dimostrava una volta di
più come il governo francese fosse quello che stava compiendo i maggiori sforzi
nel tentativo di allacciare rapporti costruttivi con gli stregoni e il loro
Consiglio; e il pensiero che invece la sua nazione fosse ancora in alto mare
sotto questo aspetto non poteva che rattristare il professore, che da Londra
mancava da così tanti anni da fare fatica a ricordarsela.
«Il
presidente sta investendo molto nel suo progetto.» commentò Olivier intuendo
quali pensieri popolassero la testa del suo mentore.
«Il
consenso di D’Estaing è ai minimi storici, e questa decisione non lo ha agevolato.
Se non altro è un uomo con gli attributi, bisogna dargliene atto.»
«Perché
crede che non lo abbia agevolato? Voglio dire, siamo parlando della magia.»
«Quando
è stata scoperta l’energia a vapore, la gente era così spaventata dall’idea di
poter perdere il lavoro che alcuni inventori vennero presi a sassate mentre
presentavano i loro progetti. Dopo il primo esperimento con l’energia atomica,
gli scienziati del Progetto Manhattan temevano di aver creato una cosa capace
di dare fuoco al mondo.»
Alfred
strinse con forza la mano destra attorno alla sinistra, tentando vanamente di
nasconderne il tremore.
«I
cambiamenti spaventano e preoccupano sempre, soprattutto se sono di questa
portata.»
Il clima
si era fatto improvvisamente un po’ più teso, e come a volerlo stemperare il
professore piegò le labbra in uno dei suoi famosi sorrisi sornioni.
«Ma di
me non mi preoccupo. Guardami. Sono così asciutto che i sassi mi passerebbero
attraverso.»
Per
fortuna il telefono sulla scrivania del professore prima che Olivier fosse
costretto a dover fingere di trovare divertente quella battuta di dubbio gusto.
«Pronto?»
«Alfred.» disse il
professor Brennon sentendo la robusta voce del suo
vecchio amico giungere dalla cornetta
«Mark.
Credevo fossi morto.»
«Ti
piacerebbe.» sorrise Brennon, ormai abituato al suo
discutibile humor inglese. «Ho avuto parecchio da fare. Ormai sono mesi che
vengo sballottato da una parte all’altra del continente come una trottola.
E tu
invece come te la passi?»
«Comincio
a sentire nostalgia della Colombia.»
«Accidenti,
allora va male. Ma a proposito della Colombia, hai più saputo niente di
Martinez e Yamashita?»
«Joao è
a Boston. Per ora insegna ancora geologia al MIT. Hideo
invece, l’ultima volta che l’ho sentito era a Tokyo. Sta facendo da mediatore
tra il Consiglio e il governo. Ma dimmi di te, piuttosto. Dove sei finito
stavolta?»
«Al
momento mi trovo a Oslo. Ho un appuntamento con il Primo Ministro tra un’ora.»
«Hanno
raggiunto un accordo col Consiglio?»
«Così
parrebbe. Ma prima vogliono una mia relazione. E lì in Francia, invece?»
«Parlano.
Da bravi francesi. Parlano, parlano, e poi parlano ancora. Ma almeno si stanno
preparando. Con le elezioni tra poco meno di due anni, dubito che D’Estaing
vorrà tirare troppo la corda. Per il momento si limiteranno a istituire un
centro di ricerca e poco altro.»
«Lo so
che è dura da digerire, amico mio. Ma purtroppo, per il momento il nostro lo
abbiamo fatto. Ora, come al solito, tutto è nelle mani dei politici.»
«Lo so.
Ed è questo a preoccuparmi maggiormente.»
I due
amici e colleghi non l’avrebbero mai ammesso, ma fin dal giorno in cui avevano
iniziato a comprendere sul serio la portata della loro scoperta, avevano
percepito entrambi la sensazione di aver messo una pistola carica in mano ad un
bambino.
Nota dell’Autore
Salve a tutti!^_^
Accidenti, era da tantissimo tempo che non
pubblicavo qui su EFP
Ma questa storia meritava di tornare qui,
dove tutto è cominciato.
Come ho accennato nell’introduzione,
infatti, “Il Regno delle Illusioni” costituisce il prequel, o per meglio dire
il punto d’origine, dell’intero universo fantasy chiamato “Tales
of Celestis”.
In esso, intendo narrare gli eventi che
portarono la magia al passare da elemento fantastico a cuore pulsante dell’intera
civiltà umana negli anni che andarono dal 1978 al 2000, ovvero quel periodo che
va dalla sua scoperta vera e propria alla nascita del Magic Administration
Bureau, che come saprà chi ha letto una qualsiasi delle altre mie storie è uno
dei protagonisti della trilogia principale de “La Città delle Nebbie”.
Spero vivamente che questa storia vi
appassioni, anche perché per realizzarla sto utilizzando uno stile narrativo
per me assolutamente nuovo, quindi sono curioso di sapere se la resa finale
risulti di vostro gradimento.
A presto!^_^
Cj Spencer