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Autore: Jordan Hemingway    09/02/2020    5 recensioni
“Il velivolo iniziò a vorticare senza controllo: la cloche era ormai fuori uso. Potevo vedere le cime innevate del Karakorum avvicinarsi velocemente sotto di me, nitide nel cielo limpido, deridendo me e tutti i miei tentativi di riportare l’aereo in quota. Una delle donne gridò, il suo travaglio era appena iniziato…”
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Genere: Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Le mille vite di Joerg Simmons
 
“Il velivolo iniziò a vorticare senza controllo: la cloche era ormai fuori uso. Potevo vedere le cime innevate del Karakorum avvicinarsi velocemente sotto di me, nitide nel cielo limpido, deridendo me e tutti i miei tentativi di riportare l’aereo in quota. Una delle donne gridò, il suo travaglio era appena iniziato…”

“Che situazione angosciante!”
“Mia cara signora, nella mia carriera ho imparato che quando il pericolo ti guarda negli occhi l’unica speranza è ricambiare lo sguardo.”
Dal pubblico femminile si levò un coro di sospiri.

“Forse non sapete che la regione del Karakorum è una delle più pericolose, anche per gli alpinisti esperti: mentre l’Everest è stato conquistato e mappato, alcune di queste vette sono ancora inviolate, nemmeno gli indigeni che vivono tra i ghiacciai osano sfidare quelle che per loro sono divinità… Divinità crudeli, che esigono un pedaggio di sangue a coloro che si avventurano oltre i loro confini.
Dunque il problema era molteplice: come evitare il disastro aereo e, in caso di successo, come portare venti donne rifugiate e un neonato fino a Lhasa, prima che le truppe comuniste entrassero in città?
Tolsi le mani dalla cloche…”

Tutti trattennero il fiato.

“…Mi sedetti a gambe incrociate, in posizione yogica, inspirando profondamente e svuotando la mente da ogni pensiero. Nel bianco accecante sentivo la presenza di quelle montagne ostili, potevo quasi percepire il loro disprezzo per noi, miseri mortali, che avevamo osato spingerci fin lì. Con la forza del mio pensiero mi focalizzai sulle imprese più nobili della specie umana: volevo mostrare alle divinità del ghiaccio quel che di meglio potevamo offrire. Mi parve, all’improvviso, che un peso mi venisse levato dal petto, che gli occhi minacciosi che avevano sorvegliato il nostro volo si chiudessero.
Impugnai di nuovo la cloche con una forza che non credevo di avere, data la pallottola che avevo ricevuto all’avambraccio, e spinsi verso l'alto con la disperazione dei condannati a morte che ricevono un’ultima speranza.
L’aereo si sollevò, evitando per un soffio lo schianto: dietro di me sentivo le urla della partoriente, il cui bambino non riusciva a nascere. Giurai a me stesso che quel bambino sarebbe nato e sarebbe sopravvissuto abbastanza a lungo da vedere figli e nipoti prosperare in pace.
Con una mossa ardita portai il velivolo verso una delle cime, la più ripida, ma anche quella che presentava un unico pendio innevato invece che di mille punte e crepacci. Senza estrarre le ruote dalla carlinga feci ammarare, è il caso di dirlo, l’aereo su quell’oceano di neve e scivolammo così verso il basso, come un enorme slittino…
Impegnato com’ero a guidare la discesa avevo quasi dimenticato le sofferenze della povera donna alle mie spalle: una volta certo che la parte peggiore del tragitto fosse passata affidai i comandi a Christine, la mia fedele segretaria, che aveva tentato inutilmente di facilitare il travaglio della rifugiata.
Il parto si presentava complicato: non nascondo che molti medici illustri avrebbero gettato la spugna in quelle condizioni, ma non io. Durante la mia permanenza presso le tribù che abitano le sponde del Niger avevo avuto la fortuna di assistere una delle levatrici più famose in una nascita che ricordava molto quella della povera rifugiata. Massaggiai a lungo il ventre rigido nel modo esatto che avevo visto fare alla vecchia levatrice e poco dopo tra le mie mani ecco spuntare una testolina rossa con un ciuffo di capelli già nerissimi!”

Le spettatrici esplosero in applausi e lacrime di gioia. “Il miracolo della vita!” Urlò tra i singhiozzi una signora che per peso e aspetto ricordava in tutto e per tutto una mantide molto affamata.

“Tralascerò le peripezie che avvennero fino a Lhasa: vi basti sapere che riuscimmo a raggiungere i soccorsi anglo-indiani e a fuggire dal Tibet prima che le truppe rivoluzionarie cinesi entrassero nella capitale per metterla a ferro e fuoco. Tutte le rifugiate furono portate a Delhi: il bambino, perché era proprio un maschio, fu chiamato Joerg in mio onore.”

Molte signore si soffiarono rumorosamente il naso. “Dottor Simmons, lei è straordinario.”
Uno dei giornalisti si alzò e balbettò: “Dottor Simmons, ci potrebbe dire di più su Buenos Aires?”

“Una brutta faccenda, non c’è dubbio. Naturalmente sapevo che la rivolta non si sarebbe esaurita con il bombardamento di Plaza De Mayo, ma non potevo deludere le aspettative del nostro console. Le trattative in corso per il rilascio degli ostaggi americani si erano arenate: tra di loro, oltre ad alcuni valorosi ufficiali, si trovavano purtroppo anche la moglie e la figlia del console, Marianne, dieci anni appena compiuti.”

“Povera creatura!”

“La fazione più agguerrita dei rivoltosi li nascondeva nei bassifondi della città, un luogo dove anche il più coraggioso degli uomini avrebbe avuto timore a camminare nel pieno del giorno. In cambio della liberazione degli ostaggi si chiedevano armi e munizioni per continuare la Rivoluzione e la scarcerazione dei prigionieri di guerra da parte del governo di Peron. Ovviamente le richieste erano impossibili da realizzare, ma il mio piano era un altro.
Fingendo di trattare per conto del governo argentino mi feci accogliere dall’intermediario dei rivoltosi, Ignacio Rula, un personaggio per il quale nulla era troppo basso o troppo sporco. Mi dimostrai aperto alle sue richieste e chiesi in cambio una prova che almeno la piccola Marianne fosse viva e in buona salute.
Quando si allontanò dalla lurida taverna dove ci eravamo incontrati lo seguii, furtivo come l’ombra in una notte senza luna.”

“Che poeta” sussurrò estasiata una giovane donna.

“Avevo già provveduto affinché Christine, la mia segretaria, avvisasse gli uomini del console di tenersi pronti ad attaccare all’alba. Il disgraziato mi condusse al nascondiglio degli ostaggi, un edificio in rovina: a quel punto non esitai a tramortire la sentinella e a indossare i suoi stracci per seguire Ignacio all’interno, in uno scantinato popolato di topi e scarafaggi.
La moglie e la figlia del console erano tenute lì, in condizioni tremende: attorno a loro gli ufficiali superstiti, alcuni dei quali erano riversi a terra, immobili. Venni in seguito a sapere che avevano dato la vita per opporsi ai tentativi di violenza carnale dei carcerieri verso le prigioniere!”

La platea rumoreggiò indignata, alcune signore svennero per l’angoscia.

“Capirete che non potevo seguire il piano e aspettare la fine delle trattative. Con le armi rubate alla sentinella costrinsi Ignacio a liberare i prigionieri ancora vivi, poi lo stordii con un sinistro ben assestato.
Il mio esercito era composto di sette uomini indeboliti dalle torture, di una donna in grave stato di prostrazione e di una bambina troppo spaventata persino per muoversi. Di fronte a noi, lo stato maggiore dei rivoltosi, pronto a trucidarci non appena qualcuno si fosse reso conto di quel che stava succedendo nella stanza dei prigionieri.”

“Che situazione disperata!”

“La disperazione fa brillare la fiamma del coraggio, signora. Con poche e mirate parole rianimai i soldati scoraggiati: usando i cadaveri come scudo uscimmo dallo scantinato e caricammo i sorveglianti. Le loro pallottole ferirono solo la carne morta dei nostri compagni, nel frattempo noi riuscimmo a strappare loro le armi e a fare giustizia. Non appena la via fu libera le signore ci seguirono, pronte a rivedere la luce del sole, ma avevo sottovalutato Ignacio: il furfante afferrò Marianne e, tenendola sotto il filo del suo pugnale, ci impose di arrenderci se volevamo salvarla. “

Il pubblico trattenne il fiato.

“Fu più forte di me: senza pensare caricai a testa bassa e mi gettai sul pugnale di Ignacio. Le mani mi sanguinavano ma non mollai la presa fino a che non riuscii a voltare la lama verso il collo del maledetto e a recidergli la carotide. Presa in braccio Marianne, come me coperta di sangue, mi slanciai fuori dall’edificio e…”

Le ultime parole furono coperte dal suono scrosciante degli applausi. Tutti erano in piedi, uomini e donne e giornalisti, tanto che dovette intervenire direttamente la signora Egharth, la proprietaria della casa editrice e organizzatrice dell’incontro, per calmare la folla.

“Signore, signori! Vi ringrazio per il vostro entusiasmo: da domani il nuovo libro del dottor Simmons sarà in tutte le librerie, ma già da oggi potrete acquistare la vostra copia autografata all’uscita.”
Tutti si precipitarono verso i tavoli carichi di volumi rilegati in rosso e oro, cercando di afferrarne quanti più possibili.
Sotto lo sguardo della signora Egharth il dottor Simmons finì di salutare e si ritirò dal palco.

Una volta fuori dalla portata d’orecchio di chiunque, la signora si lasciò andare.
“Che cosa aveva in mente?” Sibilò furiosa, mentre entravano nel camerino di Simmons. “La disperazione fa brillare la fiamma del coraggio?”
“Ecco, io… mi sembrava che…” Il dottore si fece più piccolo.
“Vuoi illuminarlo, Christine?” Chiese la signora Egharth alla donna sdraiata sulla poltrona imbottita contro la parete.
Christine si accese una sigaretta. “La disperazione accende ardente la fiamma del coraggio!
La signora Egharth si voltò verso l’uomo. “E’ questa la frase di Simmons, idiota.”
“…Non ricordavo, mi sembrava comunque molto simile…”
“Simile non è uguale! E se qualche ammiratore si rendesse conto della differenza e notasse anche tutto il resto?” La signora Egharth espirò. “Il suo lavoro è questo dottor Simmons: non farsi uccidere e imparare le sue battute. Il marchio Simmons è troppo prezioso per rischiare che qualcuno si renda conto della verità.”
“Soprattutto non farsi uccidere,” commentò Christine esalando un cerchio sottile di fumo grigio. “Abbiamo già perso due dottori in un anno: Simmons Settimo in quello schianto nel Tibet – per fortuna i comunisti hanno chiuso un occhio mentre limitavo i danni, e Simmons Ottavo nella favela dove si era ostinato a voler cercare quella maledetta bambina e sua madre. Sono stanca di dover cercare sempre un rimpiazzo, Judith.”
“Sta zitta, Christine, non ti darò ancora un aumento, soprattutto non dopo tre chirurgie plastiche al Simmons di turno in un anno.”
La signora Egharth si rivolse al nuovo finto Simmons. “Che non si ripeta. Adesso tornerà a casa e saluterà sua moglie, la signora Simmons, senza uscire dalla parte nemmeno per un minuto. Sono stata chiara?”
L’uomo che era diventato il dottor Simmons annuì.
“E mi raccomando: mi dicono che la signora Simmons crede che il marito si stia dimostrando freddo nei suoi confronti, soprattutto a letto. Le abbiamo spiegato come vanno fatte certe cose, non è vero dottor Simmons?”
 
 

 
Traccia scelta: Avventura 2 – Finché morte non vi separi
Numero parole (titolo escluso): 1699
  
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