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Autore: Iferia    10/02/2020    0 recensioni
"Have you been having strange dreams?"
E se la realtà fosse solo un sogno?
E se i sogni fossero solo ricordi?
Genere: Dark, Introspettivo, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Nonsense | Avvertimenti: nessuno
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"Sono dietro di te."
Dissi mentre il letto fangoso del fiume ancorava le mie caviglie.
"Continua a camminare." 
Gli aghi di pino scivolavano sulla corrente, la nebbia avvolgeva le gambe pallide e io cercavo di afferrare il suo vestito per non lasciarmi trascinare giù.
"Siamo quasi arrivati."
L'ombra del tunnel inghiottiva la foresta, gli arbusti attorno facevano da cancello alla sua bocca scura. Foglie rosse ci raggiungevano come gocce di sangue su un lenzuolo bianco. L'eco del buio ripeteva la sua voce al ritmo del tintinnio dell'acqua stagnante. Poi silenzio.
"Dove sei? Ti prego rispondi!"
Il tunnel davanti a me, un buco nero di puro silenzio, ero sola. E sola continuai a chiamare il suo nome, l'eco della mia voce nel tunnel, scorreva nell'acqua torbida, saliva sui rami dei pini. Poi sprofondai. L' acqua diventò cielo e il cielo diventò buio.
"Apri gli occhi."
Il prato freddo sotto di me, la riva ai miei piedi, piccole perle di rugiada ghiacciate sui miei vestiti. Davanti a me lei si copriva il volto con le canne ondeggianti del fiume.
"Chi sei?"
Ma la mia domanda non ebbe risposta.
"Come sono arrivata qui?"
Sembrava ridere, ma era un suono sinistro quello che usciva dalle sue labbra, come unghie su una lavagna, come vento gelido tra le assi di una soffitta tetra, come ghiaccio tra i denti. Piccole ali verdi si intravedevano dietro di lei, ma quando si mostrò il suo essere non era fatato. File di denti aguzzi circondavano le sue labbra rosse e con grandi occhi bianchi mi fissava affascinata. Avanzò lenta verso di me, i suoi artigli pronti a stringere il mio collo. Tentai di urlare ma il fiato era imprigionato tra le mie costole. Con le poche forze rimaste mi alzai e corsi, senza guardami indietro. Corsi tra la foresta, il rosso tingeva la mia pelle di graffi, il vento freddo mi bruciava gli occhi e le lacrime congelavano il mio viso. Nella foresta i resti della civiltà che avevamo visto sui libri. Un divano, delle sedie, una di quelle macchine fatiscenti che chiamavano "computer" inghiottite dal verde, trafitte dal tempo. Corsi finché l'ossigeno non venne a mancare. Poi caddi, caddi e rotolai. Giù, sempre più giù, finché non sentì un calore alla testa. Mi girai e il grigio marmoreo di una lapide mi sovrastava.
Qui riposa la tua anima, benedetta dal dio della morte, accompagnata dal buio, salvata dal decesso del mondo.
Ero lì, lì al cimitero sulla collina. Ero arrivata. Fiori di pietra in una radura immensa attorno a me e tra quei petali di morte gli occhi neri di una dozzina di cerbiatti, signori dell'aldilà. Mi accoglievano, mi guardavano. Guardavano me mentre mi alzavo e avanzavo tra gli steli d'erba verso il gigante bianco, contro lo sfondo dell'alba morta, su cui si leggeva in lettere sporche di distruzione.
PROMISE LAND.
   
 
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