Anime & Manga > Il grande sogno di Maya
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Autore: Ninfea Blu    11/02/2020    3 recensioni
Storia ispirata al vol. 42 del manga.
In particolare, l'episodio (per me inverosimile) dove Maya viene trascinata in acqua dal motoscafo.
Ecco come io ho immaginato i fatti. Una serata a cena. Una rosa. Un incontro breve ed intenso.
Almeno nelle intenzioni di chi scrive.
Genere: Malinconico, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Masumi Hayami, Maya Kitajima, Yu Sakurakoji
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Breve distanza

 
 
Nel cielo c’era una grande e luminosa luna piena. Pareva una serata romantica tra fidanzati, anche se loro non lo erano.
Solo amici e colleghi di lavoro, partners sulla scena.

Prima il teatro; la commedia dove recitavano i suoi senpai, era stata gradevole e lei si era divertita molto; poi la cena all’aperto, in quel locale affacciato sul molo, e le luci delle lampade a illuminare la notte di Tokyo, presso uno dei luoghi più eleganti e raffinati della città.

Maya era contenta di essere venuta in compagnia di Sakurakoji, gli era riconoscente della sua presenza dolce e discreta, che la faceva stare bene, concedendo riposo al suo cuore.
Le dava serenità e non la faceva pensare al suo dolore, alle troppe recenti emozioni, a ciò che non poteva avere né raggiungere.

Per una sera, le faceva dimenticare mazzi di rose viola, e un amore impossibile.

Sul tavolo c’era una composizione floreale, e la fiamma di una candela giocava birichina tra i loro sguardi, mentre Maya si perdeva distratta tra i ricami preziosi della tovaglia candida.

“Non sono mai stata in un posto simile, è davvero bello, e tu stai benissimo questa sera: in giacca e cravatta sembri più maturo.”

Era un complimento sincero; non sarebbe stata capace di farne uno, solo per ingraziarsi le sue attenzioni.

“Grazie, Maya. Sono contento che ti piaccia, e sono felice che tu sia qui. Non pensavo che saresti venuta.”

Conversarono piacevolmente, bevendo qualche sorso di vino bianco.
I pensieri tristi erano banditi, quella sera.
Maya sorrideva.

Parlava con allegria e l’amico l’ascoltava, felice di averla finalmente accanto, speranzoso che quel primo appuntamento, fosse l’inizio di una storia d’amore vera.
Quella che aspettava dal primo momento che l’aveva conosciuta, anni prima.

Sul cellulare nella tasca della giacca, c’erano i messaggi di Mai a cui non aveva risposto, ma non voleva pensarci. Si sentiva un po’ vigliacco, ma il cuore aveva le sue ragioni e lui non poteva ignorarle.

“Forse avresti preferito essere qui con Mai…”

La sola frase che non avrebbe voluto sentirle dire. L’unica frase di quella serata che lo fece sentire in colpa, detta da lei.

Non sapeva Maya, che con nessun’altra avrebbe voluto essere lì.
Non sapeva lei, che nascosto sotto il colletto della camicia, c’era il ciondolo col delfino, quello che andava in coppia col suo.

E lui si scusò, quando arrivò l’ennesimo messaggio che non poté continuare a ignorare.

 
Posso chiamarti? Ho bisogno di parlare con te. Mai
 
****


 
Era arrivato lì, con Shiori.
L’atmosfera romantica, tipica del locale, era quella giusta.
Tutto perfetto per il presidente Hayami.

Il solito tavolo riservato, sulla terrazza esclusiva che dominava tutto il molo sottostante, dove cenavano atri commensali, altre coppie, probabilmente più ‘innamorate’ di quanto non fossero loro.
Lui di sicuro.

Da perfetto cavaliere, spostò la sedia alla bella ereditiera, fasciata nel suo costosissimo bell’abito lungo, comperato nuovo per l’occasione.

Lei era felice, orgogliosa di essere al suo fianco e ignara di non appartenere ai pensieri del suo accompagnatore, distanti da lei, quanto le galassie più remote in fuga nello spazio siderale.

Masumi lanciò lo sguardo oltre la balconata, ad osservare il panorama di luci sottostante.
Fu in quel momento che li vide.
I loro volti, i sorrisi. La sua espressione felice.

Restò fermo ad osservarla.

Maya era lì, con un altro uomo.
Con quel ragazzo che era il suo innamorato sulla scena.
Quel ragazzo che diventava la sua anima gemella sul palco.
Yuu Sakurakoji, nel mondo dell’arcobaleno poteva amarla, come lui nella realtà, poteva solo sognare nel segreto del suo cuore, e impazzire per questo.

Aveva incontrato Sakurakoji solo qualche giorno prima, per caso; avevano bevuto un caffè, e il ragazzo gli aveva detto che lui e Maya non stavano insieme.

Magra consolazione, che non gli dava garanzie.

Però Masumi aveva visto le fotografie, quelle che il giovane teneva sul cellulare.
Parevano dire il contrario.
Parlavano di complicità, sintonia, affetto reciproco.

“È facile equivocare.” Si era giustificato Sakurakoji, e gli era parso in imbarazzo.

“Sono abituato ad essere respinto da Maya…”

Masumi era rimasto impassibile, com’era solito fare. Non mostrava mai quello che sentiva, né quello che realmente pensava.
Forse lei aveva smesso di respingerlo.

Fu un pensiero istantaneo, doloroso come un’emicrania fulminante. E altrettanto improvvisa fu l’idea che gli venne; rimarcare il concetto che quel legame tra Lui e Maya, per quanto onirico, fosse inscindibile e inviolabile da terzi.

A costo d’impazzire, non l’avrebbe mai lasciata ad un altro.
Non a quel ragazzo che aveva l’enorme privilegio di averla sul palco. E solo lì, poteva concedergliela.
Masumi non si era ancora seduto al tavolo, vicino a Shori; era ancora lì, appoggiato alla balaustra ad osservare la coppia dalla sua distanza di sicurezza, senza esser visto.
La fidanzata reclamò le sue attenzioni. Lui finse, da quel consumato attore che era.
Il tempo di bere un cocktail.

“Shiori, mi sono ricordato che devo fare una telefonata urgente, scusami un momento…”

Tornò verso la balaustra, il cellulare all’orecchio, lo sguardo fisso su di loro.
Gli serviva una scusa.
E fu proprio Sakurakoji a dargliela, quando lo vide allontanarsi e lasciarla sola.

Shiori non sentì e non si avvide di nulla, distratta dalle note lontane di un violino che accompagnava i commensali; una chiamata rapida sul numero interno del locale, per dare tutte le indicazioni.
Una su tutte; una rosa viola per la signorina Maya Kitajima, accompagnata da un biglietto.

“Tra dieci minuti, mi faccia chiamare a questo numero. Massima discrezione.”

Tornò al tavolo e si scusò con Shiori; una noiosa questione di lavoro, che non poteva rimandare, interrompeva la loro serata.

La fece riaccompagnare a casa, senza rimorsi per il sotterfugio, con l’unico desiderio di parlare con Maya.
 
****
 
 
Era sola quando arrivò il cameriere con la rosa sul vassoio.

Sakurakoji si era allontanato per una chiamata sul cellulare e pareva non voler tornare.

Lei era lì, sola con quella rosa.

Quel fiore bellissimo, delicato come una carezza, prezioso come una gemma purissima, ma straziante come un bisturi che le tagliava il cuore, senza anestesia.

C’era anche un biglietto, riconobbe la calligrafia elegante e allungata.
 
In attesa della sua Dea Scarlatta.
Come sempre di vero cuore.
Il suo ammiratore.
 
Era lì, da qualche parte. L’aveva vista.
Il suo ammiratore delle rose purpuree. Il signor Hayami.
Magari, la stava guardando.

Maya fu presa da un’ansia incontenibile.
Doveva vederlo, cercarlo, sapere dove fosse.

Fu incapace di rimanere seduta al tavolo, ad aspettare che tornasse Sakurakoji.

Le sue gambe si mossero da sole.

Con la rosa in mano, si alzò, avanzò tra i tavoli guardandosi attorno, alla ricerca di un volto, la sua figura alta. Il cuore prese a correre forsennato, intrappolato tra la paura e la speranza d’incontrare i suoi occhi azzurri, il suo sorriso caldo.

Sapeva che se fosse accaduto davvero, l’emozione l’avrebbe travolta come una mareggiata violenta. Eppure, lo temeva e desiderava con tutte le sue forze. Voleva vederlo, anche solo per un istante.

Evitò di urtare un cameriere che portava un vassoio con dei calici, ma si sentì prendere dal panico; non lo trovava da nessuna parte. Forse era già andato via.

Attorno a lei, non vedeva altro che volti anonimi e sconosciuti.

Notò un uomo alto, di spalle, capelli biondi. Trattenne il fiato. Sembrava lui, ma quando scorse il profilo aquilino, sentì la delusione avvelenarla, prima di evadere con un sospiro.
Continuò la sua ricerca, quasi con disperazione.

Alzò lo sguardo alle luci che provenivano dalle arcate della balconata affacciata sul molo.
Forse lui era lassù, lontano quanto le stelle di quella notte, luminoso come un diamante e troppo distante perché potesse raggiungerlo.
Forse era in compagnia della sua bellissima fidanzata; perché avrebbe dovuto preoccuparsi di lei, una piccola attrice scialba e senza attrattive?

Dimentica di Sakurakoji, che forse era tornato al tavolo e l’aspettava, continuò ad allontanarsi, ostinata nella sua ricerca.

Dove sei, mio ammiratore?

Il locale era collegato al molo da una scaletta che portava giù all’imbarcadero; Maya scese la scala che portava alla banchina e la percorse fino in fondo.
L’aria fresca della sera le accarezzava le gote, mentre un’imbarcazione scivolava lenta sull’acqua scura, allontanandosi davanti a lei.

Rimase lì, ferma a guardarla per un po’.

La gente le camminava accanto, uomini e donne, ma nessuno che conosceva.
Nessuno era lui.
Sentì affiorare la tristezza, fatta di lacrime nascoste sotto le ciglia.

Era inutile restare lì, a fissare l’acqua increspata dalla scia delle barche; le luci attorno con il loro sfarfallio, la disturbavano. Si volse per tornare indietro.
Ripercorse a ritroso la banchina, solo per pochi passi, prima di arrestarsi.

Fermo lì, a pochi metri da lei, c’era lui, affascinante nel suo completo grigio, una mano nella tasca dei pantaloni e l’altra abbandonata con indolenza lungo il fianco.

“Curioso incontrarsi così, ragazzina.”
 
*****
 
 
Provò uno strano piacere quando la vide alzarsi dal tavolo. Aveva la sua rosa in mano, e pareva stesse cercando qualcuno, in maniera febbrile.
Era abbastanza sicuro che non fosse Sakurakoji l’oggetto della sua ricerca; non era per il suo giovane accompagnatore assente, quell’ansia che la faceva muovere, guardarsi attorno, perfino sollevare lo sguardo verso le luci del piano superiore.

Da laggiù, non poteva scorgerlo, e questo lo fece sentire al sicuro. La distanza fra loro era troppa da colmare con uno sguardo. Troppa da accorciare nello spazio di una notte dove stelle e luci si confondevano. Sarebbe stato facile perdersi dentro quel cielo scuro.

Ma lei non aveva paura della notte, né di smarrire sé stessa per trovare il suo ammiratore.

Si sentì turbato al vedere quella strana scena. Lo stava cercando.

Era lui, dunque?
Lui che di fatto, non era la persona che lei avrebbe voluto vedere.
Ma in quel momento, non gli importava.

Voleva solo raggiungerla. A dispetto della delusione che poteva darle.
Separarla per quanto possibile dalla sua anima gemella sulla scena. Allontanare Maya da quel ragazzo che era innamorato di lei; lo capiva da come la guardava, le sorrideva, da come voleva proteggerla o incoraggiarla.

E indovinava quel sentimento, perché era uguale al suo.

Shiori si era già allontanata in auto. Lui era libero.
Poteva agire come meglio credeva. Incontrarla secondo la più banale delle casualità. C’era solo il suo desiderio che chiedeva di essere soddisfatto. Nessuno lo avrebbe impedito.

Non aveva più scuse, né timori. E si mosse per lasciare la sala.

Rispose al saluto cortese di qualcuno, e proseguì diritto.

Scese le scale che portavano al piano inferiore, quello che si apriva all’esterno dove c’erano gli altri commensali, collegato al piccolo molo con gli ormeggi per le barche.

La vide passare nel momento in cui imboccò la scaletta che scendeva verso il pontile.
Non si era ancora accorta di lui. La vide fermarsi in fondo, all’estremità del molo.
Una barca con a bordo un gruppetto di persone si stava allontanando, si sentiva il rumore del motore e il lieve gorgoglio dell’acqua.

Lei era lì, ferma a pochi metri; guardava verso l’acqua scura dove si riflettevano le luci artificiali della notte. Pareva assorta, ma non ne vedeva l’espressione.
Non poteva dire se fosse felice o triste.

Si perse a contemplarla.

La sua figura minuta, i suoi vestiti semplici, così diversi da quelli di Shiori, così adatti a lei, perfetti a custodire un tesoro di ragazza, una dolce creatura che sapeva stregarlo, anche in quel momento, senza che lui riuscisse a comprenderlo.

Era il dolce mistero che seduceva il suo cuore e mandava in pezzi la sua ragione.

Quando la vide muoversi per tornare indietro, provò una strana stretta al cuore; forse era paura.
E quando lei lo vide, la sua espressione sorpresa gli suggerì anche altro: forse era un guizzo, un baluginio rapido di felicità che intravide nelle sue iridi scure, che le luci della sera facevano brillare.
 
 
****
 
“Curioso incontrarsi così, ragazzina.”

“Hayami-san…”

Aveva solo sussurrato il suo nome, ma bastò quello a dargli un brivido di eccitazione.
Si convinse che fosse l’aria della notte.

“La vedo attratta dalle barche. Voleva imbarcarsi, ragazzina? – Masumi estrasse la prima sigaretta della serata e l’accese. - Se vuole, le faccio compagnia, anche se di solito, lei non gradisce la mia presenza…”

“Non dica così, Hayami-san… io mi sbagliavo…”

E lui non seppe bene come interpretare quella risposta. Maya era la sola che riuscisse a confondere i suoi pensieri. Non il suo cuore che bruciava per quella ragazzina, e non sapeva ancora per quanto lo avrebbe ridotto al silenzio.

“Come procedono le prove per la Dea Scarlatta? Kuronuma vi sta mettendo sotto torchio, immagino…”

“Di recente, ho avuto qualche difficoltà… ma stia tranquillo, troverò la mia Dea.”

“Non ne dubito. È qui da sola? Non c’è il suo ragazzo?”

Solo dirlo, gli sembrò di avere un sapore amaro sulla lingua, subito addolcito dalla risposta di Maya.
“Sakurakoji non è il mio ragazzo… è solo un amico e mi ha aiutato in un momento un po’ difficile.”
E nel dirlo, Maya avvicinò la rosa al cuore.

Masumi fece qualche passo e accorciò la loro distanza; era di fronte a lei, come se volesse impedirle qualsiasi via di fuga. Voleva toccarla, ma era ancora troppo distante, e aveva paura che prima o poi sarebbe scappata via, dal quel ragazzo che la stava aspettando, seduto al tavolo.

Non voleva che accadesse.
Voleva solo che restasse lì, su quel piccolo pontile, insieme a lui.

Un breve silenzio, e la vide avvicinare il fiore al viso per aspirarne il profumo: un richiamo a cui non seppe resistere.

“Quella rosa… non è una di quelle che di solito, le regala il suo misterioso ammiratore?”

Questa volta fu Maya a fare un passo verso di lui.

“Sì, è una delle sue rose… le rose del mio dolce ammiratore, che io vorrei tanto incontrare un giorno…”

Lo guardava dritto negli occhi e Masumi si lasciò incatenare da quello sguardo spalancato che pareva volerlo sommergere. Attratto dalla forza di quegli occhi più profondi della notte sopra di loro, si avvicinò ancora a lei, così tanto, che gli sarebbe bastato sollevare una mano per sfiorarle una guancia.
E nello stesso istante in cui lo pensò, lo desiderò davvero.

“Perché non vuole incontrarmi?” Chiese Maya a bruciapelo, la voce emozionata, gli occhi fissi nei suoi.

“C… Cosa?”

“Secondo lei, perché il mio ammiratore non vuole vedermi, Hayami-san? È possibile che io l’abbia deluso?”

Era speranza, quella che leggeva nel suo sguardo, adesso?
Lasciò cadere a terra il mozzicone di sigaretta.

“No, Maya. Non credo che sia deluso. Sono convinto che lui l’ammiri moltissimo… Probabilmente non la può incontrare per cause esterne alla sua volontà…”

Masumi sollevò la mano e con il dorso delle dita lunghe, le accarezzò piano il profilo della guancia; indugiò sulla pelle calda e fu tentato di sfiorarle le labbra col pollice, ma si bloccò quando la mano di Maya raggiunge la sua. Temette volesse allontanarlo, invece la piccola mano si posò dolcemente su di lui, e l’onda potente dell’emozione travolse il suo cuore.

“Allora lei pensa che lui potrebbe…”

“Se io fossi il suo ammiratore, sarei davvero ansioso d’incontrarla…” le confessò col cuore in gola, più turbato che mai, senza immaginare l’effetto che potevano farle quelle parole.

Maya continuava a guardarlo coi suoi meravigliosi occhi spalancati, brillanti come stelle nel buio; sembravano carichi di promesse segrete e misteriose.

“Lo pensa davvero, Hayami-san?”

Lui percepì il tremito nella sua voce.

Bastava davvero nominare l’ammiratore per emozionarla a tal punto, pensò Masumi, non senza un filo di amarezza.

“Ne sono convinto…”

La sua mano indugiò ancora, incapace di staccarsi dalla tenera carne della guancia; le dita giocarono con una ciocca di capelli scuri e nel gesto di una carezza, la portò dietro l’orecchio.
Maya lo lasciò fare, restando incantata a fissarlo.

Come doveva finire quella serata?

Se fosse stato per lui, l’avrebbe presa e portata via con sé, lontano da quel molo, lontano da Tokyo e dalle sue luci ingannevoli. L’avrebbe portata al mare e avrebbe camminato scalzo sulla spiaggia con lei, sotto al chiaro di una luna argentea, nel blu della notte.

Ma sotto le stelle di Tokyo, i desideri restavano sogni lontani e irraggiungibili.


 
Sakurakoji si era stancato di aspettare che lei tornasse, ed era venuto a cercarla fin lì.
Yu li aveva trovati così, vicinissimi e fermi uno di fronte all’altra.

Solo allora, Masumi aveva ritirato la mano dalla sua guancia e Maya, un po’ scossa, aveva abbassato lo sguardo prima di rialzarlo su Sakurakoji.

Nell’istante in cui il ragazzo lo aveva salutato, Masumi aveva notato il ciondolo che portava al collo, una conferma di ciò che già sapeva.

“Non ti ho vista tornare e sono venuto a cercarti, Maya…” e si era permesso di sottrargliela, posandole una mano sulla schiena per riaccompagnarla al loro tavolo.

Maya con in mano la sua rosa, si voltò a cercare i suoi occhi azzurri; sembrava davvero che non volesse andare via da lui. Sorrise amaro di sé stesso, poi si accese un'altra sigaretta.

Attraverso il fumo che saliva rapido nell’aria della notte, li guardò allontanarsi lungo il molo, ma non li seguì.

Un’improvvisa malinconia gli afferrò il cuore in una morsa, mentre l’amore si esprimeva in un sussurro inudibile.
 
Mia dolce ragazzina…
 
 

Fine
 
Storia che nasce dalla lettura del manga vol. 42
Per quanto mi piaccia lo svolgersi degli eventi come vengono raccontati dalla Miuchi, quell’episodio dove Maya viene trascinata in acqua dal motoscafo, l’ho sempre trovato un po’ troppo inverosimile; per me l’autrice si è lasciata prendere un po’ la mano. Ho immaginato una mia versione dei fatti, e ho fatto incontrare Maya e Masumi. Un incontro breve, ma intenso. Almeno era così nelle intenzioni.
Saluti a tutti.
 
 
 
 
 
   
 
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