Anime & Manga > Nana
Segui la storia  |       
Autore: Layla    11/02/2020    0 recensioni
Questa fiction inizia alla fine dell'ultimo capitolo pubblicato del manga.
Cosa è successo a Nana? Come mai se ne è andata?
Come ha raggiunto Londra.
E Hachi? Hachi cerca di vivere la sua vita senza di lei, imprigionata nella sua vita di casalinga con due figlie, ma innamorata di un altro uomo. Il suo scopo è trovare Nana.
Quando troverà Nana troverà il coraggio di cambiare la sua vita?
Shin, da parte sua, troverà finalmente l'amore in qualcuno di inaspettato...
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nana Komatsui, Nana Osaki, Nobuo Terashima, Reira Serizawa
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Capitolo primo.

 

Sai, Hachi…
Dopo la morte di Ren il tempo si era fermato per me.
Nulla di quello che stava accadendo era vero,
era come se camminassi nella nebbia.
Mi accorgevo a stento della tua presenza.

 

Il giorno del mio ventunesimo compleanno il tempo si fermò per me, le lancette tentavano di scattare in avanti, ma non ci riuscivano e io credevo di vivere dentro a un sogno.
Un lungo e particolareggiato incubo da cui mi sarei svegliata presto, non aspettavo altro che questo accadesse. Ero impaziente di rivedere le pareti della stanza dell’albergo in cui alloggiavo a Osaka, risentire la voce di Gimpei che mi sgridava e poi vedere la porta spalancarsi.
Prima sarebbe entrata Hachi sorridendo con in mano una torta, urlando buon compleanno, e poi sarebbe stato il turno di Ren. Lui mi avrebbe sorriso e tutto sarebbe andato a posto, non sarebbe più stato necessario incontrarsi nei sogni.
Non accadeva mai, la realtà mi lambiva come un’onda lontana, ero incapace di accettare che Ren non sarebbe mai tornato e che tutte le cose che dovevamo dirci sarebbero rimaste per sempre in sospeso.
Impossibilitata com’ero a vivere nel mondo reale dormivo.
Dormivo tutto il giorno perché almeno lì potevo vedere Ren, ma non erano sogni sereni: continuavo a vedere la sua schiena e solo metà del suo volto, che si girava a guardarmi per assicurarmi che lo seguissi.
Camminava nella nostra cittadina natale sotto la neve, io cercavo di raggiungerlo, ma una forza mi teneva a distanza e la mia mano protesa stringeva il nulla. Finivamo per ritrovarci sempre al mare, prima sulla spiaggia dove i miei piedi affondavano e poi in acqua. Solo allora Ren rallentava, io lo afferravo per la giacca e alzavo gli occhi per incontrare i suoi, ma tutto diventava buio.
C’erano due possibilità: o il sogno ricominciava o mi svegliavo e mangiavo prima che l’inseguimento ricominciasse.
Andò avanti così per un po’, poi dalla nebbia emerse la voce di Hachi, la sentivo battibeccare scherzosamente con Shin a scariche, una specie di radio non sintonizzata.
Mi venne da ridere e probabilmente rise anche il mio corpo.
Da allora iniziai a camminare fuori dalla nebbia un passo alla volta, ma ero ancora lontana dall’accettare che Ren era andato in un posto in cui non potevo più raggiungerlo.
La prima volta che tornai in me Shin era in camera mia, stava suonando la sua chitarra acustica e io mi stavo per accendere una sigaretta.
“Mi preoccupa. Ho sentito voci e movimenti prima, mi chiedo perché adesso sia calato il silenzio.”
Disse e poi riprese.
“Potresti chiederlo a Ren.”
Al suo nome reagii tirandogli un accendino, lui si spostò e mi restituì uno sguardo ostile, il sorriso cancellato dal mio gesto. Tornai a letto, il silenzio era calato nella stanza, Shin aveva smesso di suonare: l’avevo fatto arrabbiare.
All’epoca non mi importava, non c’era molto di cui mi importasse, ma quel silenzio che si allargava come una macchia di sangue, pesante di ferro e dolore era opprimente.
Presi il mio cellulare e scrissi a Shin di suonare qualcosa, qualsiasi cosa pur di riempire quel vuoto, ma lui rispose lanciando il suo telefono sulla mia schiena.
Mi voltai.
“Non avrei dovuto alzarmi per te.
Tu non mostri nessun sentimento o compassione per Ren o per chiunque ti circondi e non consideri come si sentono.”
Per un attimo mi sentii ferita e sbagliata.
Non stavo reagendo nel modo giusto, era quello che mi stava dicendo una voce, l’altra rispondeva che era solo un sogno e che presto Ren sarebbe tornato. Nemmeno in sogno però accettavo le prediche di qualcuno, cosa ne sapeva Shin?
Io avevo perso l’amore della mia vita in quel sogno e non mi ero potuta scusare con lui né dirgli quanto lo amassi, della nostra storia rimaneva solo un freddo diamante che luccicava su di un anello.
Non avrei più potuto riabbracciarlo, né dirgli che lo volevo sposare e che sarei cambiata, avrei smesso di essere la Nana egoista che pensa solo a sé stessa.
Sarei stata la moglie di Ren, pronta a sostenerlo, e non solo la promessa sposa reticente e spaventata, sarei cambiata perché infliggergli dolore non serviva a tenerlo legato a me.
Il giorno che mi sarei svegliata glielo avrei detto, ma mi sarei mai svegliata?
Shin cambiò espressione all’improvviso, da ostile divenne triste e sconvolta, nei sui occhi c’era un accenno di lacrime.
“Non posso averle detto una cosa del genere.”
Mormorò rivolto più a se stesso che a me, di chi stava parlando?
Non certo di me, ero sicura che ogni parola che mi aveva detto poco prima saliva dritta dal suo cuore, probabilmente si riferiva a qualcosa avvenuto mentre io vagavo nel mare di nebbia.
Ero così confusa, me ne stavo lì a guardarlo, a cercare di ricordare situazioni e persone quando tutto quello che avrei dovuto fare era abbracciarlo o almeno allungare una mano verso di lui: Shin stava piangendo in silenzio. Glielo dovevo, mi stava rimanendo accanto in questo strano sogno, ma il mio corpo era bloccato e la mia mente intorpidita, i pensieri giravano troppo rapidi per essere letti e decodificati. Un suono bucò la cortina della mia paralisi, Hachi stava singhiozzando nella stanza accanto, le pareti sottili come carta mi facevano sentire tutto quello che succedeva lì dentro.
Scattai in piedi, dimentica di Shin e delle sue lacrime, senza nemmeno sentirlo mentre chiamava il mio nome ed entrai nella stanza.
Nobu e Hachi erano accasciati per terra, piangevano tutti e due e non serviva un indovino per capire cosa fosse successo: Nobu poteva scoparsi Yuri dalla mattina alla sera, ma il suo cuore apparteneva ad Hachi e Hachiko poteva giocare alla mogliettina accanto a Takumi, ma sapevamo entrambe che lo faceva per il bene della figlia che aveva in grembo e che amava Nobu.
Credo che l’unica persona che Hachi abbia mai amato sia stata Nobu, ma il destino aveva fatto in modo di dividerli quasi subito ed io ero arrabbiata con il destino, all’epoca non gli perdonavo di aver fatto uscire la mia amica da quello che chiamavo il mio giardino. In realtà mi aveva fatto uno sgambetto ben peggiore e io cercavo di negarlo con tutte le mie forze.
Loro mi guardavano sorpresi, ma io riuscivo solo a sentire una sorda rabbia che mi pulsava nelle vene, perché continuavano a farsi del male?
Perché lui continuava a incasinare la vita di Hachi?
Non mi piaceva, ma era quello che aveva scelto lei e Nobu doveva smetterla di fare il ragazzino.
Dio, come sbagliavo! Dio, come era distorta la mia visione!
Decidendo di ignorare la cosa più evidente dovevo sfogarmi sul resto delle cose che non andavano bene, così afferrai Nobu per il colletto della camicia.
“Nobu!”
Iniziai furiosa, ma lui non lo era.
Era felice che io parlassi, ma io non lo stavo registrando.
“Non sei così disperato da avere bisogno di qualche moglie incinta di cui prenderti cura, vero?
Tu hai la regina Yuri Kosaka che ti scopa tutte le notti.”
Perché non stavo zitta?
“Non dovresti parlare, la tua bocca dovrebbe essere chiusa per sempre.”
Nobu non era arrabbiato, non ancora.
“Scenderesti così in basso per la sua felicità?
I tuoi sentimenti per lei sono ancora così forti che non puoi trattenerli?”
Perché continuavo a ferire chi mi stava accanto con gesti e parole?
Perché non capivo che se avessi continuato così sarei rimasta da sola?
In quel sogno, che forse non era un sogno – sussurrava la solita vocina – rischiavo di perdere tutto per il mio egoismo. Dicevo di farlo per Hachi, ma erano le mie manie di controllo la ragione per cui mi comportavo così.
“Nana! Ti stai sbagliando, sono io…”
Hachi non finì mai la frase perché Nobu le rivolse un’occhiata furiosa, era la prima volta che lo vedevo così ed era colpa mia che lo avevo accusato.
“Lei non si sbaglia. È logico che io provi ancora qualcosa per te.”
E così la verità era scivolata fuori dalla bocca di Nobu con naturalezza, facendo scoppiare Hachi in lacrime.
Ebbi un momento di buio in cui probabilmente gli mollai un pugno, perché ora lui era steso davanti a me con un taglio sulla guancia in corrispondenza di dove avevo l’anello.
“Se le stai confessando il tuo amore devi prima curarti di qualcosa: non devi farla piangere tenendo le situazioni in sospeso.”
Perché non tacevo?
Io avevo tenuto le cose in sospeso con Ren per mesi e mesi, ignorando tutti quelli che mi dicevano di fare pace con lui. Chi ero io per parlare?
Che cosa stavo facendo?
Mi vedevo staccata dal mio corpo, la ragazza esile dai capelli neri non ero io.
Chi era?
Hachi naturalmente si preoccupò di Nobu e lui le disse che non era niente, la ragazza dai capelli neri abbracciò la mia amica e la consolò. Shin disse a Ren che ero venuta per lui, ma quella non ero io, era una sconosciuta che mi somigliava e che finì per dire una cosa terribile.
“Tutti gli uomini devono solo morire.” Aveva urlato.
Ma se Ren fosse morto davvero come in quel sogno io sarei andata in pezzi, Ren doveva vivere perché ormai lui aveva troppo di me in sé e viceversa.
Alla fine mi ritrovai a dormire abbracciata alle gambe di Nobu, nonostante lo avessi insultato e picchiato lui mi era rimasto accanto. Non mi meritavo di avere persone così belle intorno, io ero marcia.
Ero sempre stata marcia, fin dal giorno in cui mia madre mi aveva abbandonata in quel giorno di neve.
Se non lo fossi stata mi avrebbe tenuta con sé.
E l’inseguimento di Ren riprese nel sogno.

 

Mi svegliai che era ora di cena, Hachi aveva cucinato un sukiyaki di pollo che sembrava squisito, ma la me stessa polemica e bastarda che si accaniva sui dettagli per non accettare il grande fatto si risvegliò.
Volevo un sukiyaki di manzo e Hachi era – come sempre – disposta ad accontentarmi.
Si iniziò a parlare del prezzo del manzo e sul fatto che solo chi lavorava poteva mangiare e fu allora che il mio egoismo si manifestò ancora.
“Se significa poter mangiare manzo, inizierò a cantare domani!”
Urlai lasciando tutti basiti, ormai avevo completamente perso il controllo delle mie reazioni ed ero ancora Nana, non la ragazza che aveva pestato Nobu.
“Non ti scaldare così all’improvviso! Soprattutto se si tratta di cibo.”
Era il povero Nobu, maltrattato da me e impossibilitato a esprimere il suo dolore per la morte di Ren, dopo Yasu era quello che lo aveva conosciuto da più tempo.
“Voglio cantare! Quanto tempo dovrei restare chiusa qui?
Fatemi cantare!”
Quanto potevo essere orribile in quel momento?
L’urna del mio ragazzo era qualche stanza più in là e non avevo mai pregato per la sua anima, non gli parlavo con regolarità come facevano tutti. Io me ne ero stata zitta, ignoravo quell’oggetto e ora proclamavo di voler cantare: un sogno e un desiderio che erano stati un regalo di Ren.
Senza di lui non avrei mai saputo di avere quel dono e sarei ancora a languire al mio paese natale lavorando in una fabbrica o nel ristorante di mia nonna se l’avessi mantenuto.
Invece ero a Tokyo grazie a lui.
Hachi ovviamente si alzò, pronta per esaudire il mio desiderio, fu ancora una volta Nobu a ricondurre tutti alla ragione e fu Shin a proporre di andare al karaoke dopo cena.
Fortuna che almeno loro due arginavano i miei capricci.
Andare al karaoke non fu possibile, c’erano troppi giornalisti interessati alla “vedova” di Ren Honjo o almeno così disse Miu e così Nobu prese la sua chitarra e Hachi recuperò del sakè.
Vedova, una parola dal suono così strano da risultare quasi pronunciata in una lingua straniera.
Era questo quello che ero in quel sogno?
Ve-do-va?
Hachi cantava con me vecchie canzoni enka, quelle della mia infanzia, che ascoltava mia nonna, refrattaria alla maggior parte delle novità occidentali. Una ragazza cresciuta a pane e musica tradizionale aveva finito per diventare una cantante punk. Era strano anche quello.
Shin invece ci guardava e basta, non so cosa passasse nella sua testa.
Mi giudicava una ragazza frivola, superficiale ed egoista?
Una donna che non piangeva per il suo uomo e pensava solo a cantare?
O semplicemente non conosceva queste canzoni essendo vissuto quasi tutta la vita in Svezia?
Avrei dovuto chiederglielo, come avrei dovuto chiedere agli altri come si sentivano invece di stare ripiegata su me stessa e sulla convinzione che tutto non fosse reale.
A un certo punto arrivò Yasu, probabilmente scambiò qualche parola con Miu prima di essere notato dal bassista.
Smettemmo di cantare, Hachi gli andò incontro, io bevevo a canna da una bottiglia scrutando il pelatino con sguardo indecifrabile.
“Oh, bentornato, Yasu.”
“Non dovevi passare la notte a casa tua?”
Nobu fece eco alla mia migliore amica.
“Cos’è successo alla tua faccia?”
Era tipico di Yasu aggirare una domanda con un’altra domanda.
“Nana gli ha dato un pugno.”
Fu Shin a rispondere, Yasu mi guardò, ma io voltai dall’altra parte, sempre bevendo dalla bottiglia.
Sentivo che la sua visita sarebbe stata portatrice di disgrazie, avevo brutti presentimenti.
“Come mai hai cambiato i tuoi piani?
È successo qualcosa?”
“Ho una cosa importante da dire a Nana.”
Lo sapevo, stava per succedere qualcosa di brutto!
Cosa doveva dirmi?
Che forse eravamo stati scaricati dalla Gaia Record?
Che avrei dovuto fare fagotto e andarmene dal dormitorio e magari anche da Tokyo e tornare in quel piccolo paese di mare dove tutto era iniziato e finito?
“Ma possiamo parlarne più tardi, canta per ora.”
“Allora canto “Funauta” di nuovo!”
Sempre le stesse enka, come non aveva mancato di far notare Shin, ma almeno non pensavo, cantare era abbastanza.
O almeno fu abbastanza per tre canzoni, durante la quarta entrò in scena un demone travestito da pornostar: la suprema Yuri Kosaka, la donna di Nobu.
Non l’avevo mai sopportata, così zuccherosa e finta mi faceva venire voglia di vomitare ogni volta che la vedevo e quel cretino del mio amico le stava dietro!
Era palese che quella donna era una sostituta di Hachi, ma lui – da bravo paladino – si era impegnato a salvarla dalla sua carriera. Il problema era che a Yuri la sua carriera piaceva dopotutto e quello della ragazza imprigionata in un ruolo impostole da altri era solo un personaggio che recitava per lui per tenerselo accanto.
Oh, come la odiavo!
“Bentornata a casa, Yuri-chan!”
Vattene, non sei la benvenuta.
Questa è la festa dei Blast e tu non ne fai parte.
“Sono impressionata, Nana-chan.
Riesci a cantare anche se non riesci a parlare.”
Perché Nobu non se la portava via?
Era la sua piaga, non la nostra.
“Allora ti conviene iniziare a lavorare presto, Sugimura ha detto che vi caccerà tutti fuori a calci se non lavorate.”
Eccola la perfidia, nascosta dietro al sorriso.
“Quello stronzo! Non esiste che io glielo permetta!”
Urlai fuori di me.
“Oh, stai bene. Quindi non hai più bisogno della moglie di Takumi al tuo fianco, no?”
“Asami!”
Nobu reagì troppo tardi, ormai le sue parole mi erano entrate dentro gelando tutto.
“Non hai più bisogno di lei al tuo fianco?”
Avevo disperatamente bisogno di Hachi al mio fianco, ma dopotutto lei non aveva scelto me, aveva scelto Takumi il giorno in cui aveva deciso di non abortire e di far nascere la creatura che cresceva dentro di lei.
La creatura dentro di lei…
Quella pancia mi ricordava che era ancora presente e che rimanere con me era pericoloso per una donna in gravidanza.
Presto Hachi se ne sarebbe andata, anche lei aveva scelto Takumi e i Trapnest.
Ricordi del giorno di neve in cui Ren era andato a Tokyo cominciarono a riaffiorare impietosi, ero la seconda scelta di tutti, anche lui aveva scelto Takumi e i Trapnest fino alla fine, per quanto mi fossi opposta.
Anche quando eravamo tornati insieme non aveva mai smesso di impegnarsi per salvaguardare l’immagine di quella band di merda dalle cazzate di Reira.
La principessa della canzone era come un buco nero che attirava al suo interno tutto ciò che amavo.
Piccole crepe si aprirono.
Questo non era un sogno, era la realtà.
Ren era morto, mi aveva abbandonata per sempre. I suoi pesanti anfibi avevano seguito le orme delle scarpe rosse di mia madre nella neve. Entrambi erano corsi via da me.
All’improvviso iniziai a tremare e respirare divenne sempre più difficile, era come avere qualcosa in gola, solo che non era tangibile. Mi strozzava, mi faceva rantolare, mentre chiedevo aiuto e percepivo il movimento nella stanza sempre più lontano.
Fluttuavo dalle parti degli anelli di Saturno, una cosmonauta perduta dentro sé stessa.
A un certo punto la gravità della Terra mi attirò di nuovo a sé, ero in luogo buio e desolato sul fondo del mare, un fantasma mi guardava con un sorriso colmo d’amore. Doveva essere Ren, quello era il suo sorriso, ma non riuscivo a vederlo bene.
Alzò un braccio e io riemersi completamente, tutti i veli erano caduti ora.
Ero nella mia stanza del comprensorio, sdraiata a letto al buio, la sveglia sul comodino segnava le tre di notte: l’ora delle streghe e dei fantasmi.
Hachi era sdraiata accanto a me, sul mio volto si disegnò un sorriso amaro.
Ren era morto sul serio, non l’avrei più abbracciato, baciato o fatto l’amore con lui, non l’avrei mai sposato e non saremmo mai tornati nel primo appartamento che avremmo dovuto condividere da vecchi.
Tutto era cenere.
L’unica cosa che mi rimaneva era la musica.
Mi alzai dal letto e andai nella stanza dove c’era l’altare dedicato al mio ragazzo: era immersa nella luce della luna.
Mi inginocchiai e recitai le preghiere tradizionali per i defunti a occhi chiusi, poi li aprii e mi soffermai sul quel sorriso.
“Ren, mi dispiace di essere stata egoista fino alla fine.
Non ho mai pianto per te, nemmeno al funerale, ti ho solo guardato.
Guardavo le mani che per te erano state tanto preziose da salvarle fino alla fine e pensavo che l’avevi fatto per Reira e non per me.
Mi dispiace di averlo pensato, ma io sono arrabbiata.
Mi hai abbandonato come ha fatto mia madre e io non so cosa fare.
Tutto ciò che mi rimane di te è la chiave del lucchetto che ti ho legato al collo e il tuo regalo di compleanno.”
Rimasi un attimo in silenzio, la fotografia ricambiò inespressiva il mio sguardo.
“Lo so che c’è una promessa tra di noi, quella di morire insieme e so che tu mi hai preceduto e che tocca a me tenervi fede, ma…
Ren, io voglio cantare ancora.
Tu mi hai dato questo sogno quando ero una ragazzina che non aveva nulla, puoi concedermi di tenerlo ancora un po’?
Ti prego, concedimi di vivere ancora un po’, poi…
Poi terrò fede alla promessa.”
Le lacrime cominciarono a scendere, ero in attesa di un segno, qualcosa che mi facesse capire che Ren mi aveva ascoltata ed era d’accordo con me.
Se me ne fossi andata ora avrei distrutto i Blast e gli sforzi di Yasu di farli andare avanti, i sogni di Nobu e l’unico punto di riferimento che Shin avesse mai avuto.
Guardavo la foto tra le lacrime, Ren aveva smesso di sorridere e mi guardava duro.
Non approvava quello che gli avevo detto, mi sentii gelare dentro per la seconda volta. Ren voleva che io lo seguissi, che onorassi la promessa.
Cosa dovevo fare?
All’improvviso senti una mano grande e calda appoggiarsi sulla mia spalla, riconobbi subito il tocco di Yasu, come Reira lo avevo usato per darmi stabilità in passato, ma ora non potevo più permettermi di farlo.
“Sono felice di vederti qui.”
Disse con la sua voce profonda.
“Cosa dovevi dirmi, Yasu?”
“Una cosa che riguarda te e una che riguarda i Blast.”
“Dimmi quella che mi riguarda, per favore.”
Lui annuì e si accese una sigaretta.
“La Shikai Corporation e la Gaia Records non vogliono più spendere uno yen sulla tua carriera da solista.
Il progetto è stato abbandonato.”
Annuii, me lo aspettavo.
“Per il resto preferirei parlarne anche davanti a Shin e Nobu, riguarda anche loro.”
“Va bene.”
“Nana, sono felice di averti visto qui.” ripetè.
Gli rivolsi una mezza specie di ghigno, non riuscivo a sorridere bene ora che sapevo che questa era la realtà.
Yasu uscì dalla stanza e io rimasi a guardare la foto di Ren, in attesa che mi desse un qualche segno positivo, ma rimase immobile.
Il suo sorriso era congelato nel tempo e si era incrinato quando gli avevo chiesto di farmi cantare ancora per un po’. Doveva essere stanco dei miei capricci persino nell’altro mondo e non potevo biasimarlo, da quando ci eravamo rimessi insieme pressati com’eravamo dalla stampa e dalle divergenze dei nostri desideri io non avevo mai provato a capirlo.
Non sul serio almeno, solo mezze intenzioni.
Ero stata una pessima fidanzata, anche se avevo la sensazione che ci fosse qualcosa che mi tenevano nascosto, non era una scappatella: era qualcos’altro.
Qualcosa di più profondo e che mi avrebbe ferita più di una scopata con un’altra.
Rimasi ancora un po’ lì, poi mormorai una preghiera di concedo e mi alzai, tornai in camera mia e mi stesi a letto accanto ad Hachi che mugugnò qualcosa nel sonno.
La stanza di Nobu era silenziosa, a quest’ora lui e Yuri di solito tenevano un concerto privato e poco casto, una cosa che mi irritava profondamente.
Forse era successo qualcosa tra di loro, sperai che fosse così, quella donna non era adatta al mio amico: era troppo possessiva ed egoista.
Non voleva un ragazzo, voleva uno schiavo da piegare ai suoi desideri.
Alla fine mi addormentai e finii per ritrovarmi sulla solita spiaggia, Ren era in acqua immerso fino alla vita, io feci per avvicinarmi, lui alzò una mano.
Un segno inequivocabile che lui mi voleva lontana da sé, sentii il cuore frantumarsi e caddi in ginocchio, lo sguardo rivolto verso terra.
Quando trovai il coraggio di alzarlo lui era sparito.
Ero completamente da sola.

Angolo di Layla.

Eccoci qui con l'ultima storia che pubblicherò su EFP, non l'ho ancora finita, ma spero che pubblicarla possa motivarmi.

Riprende alcune parti della fiction "Nana, la storia continua" di 7vite con il suo permesso.

Spero vi piaccia.

   
 
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Nana / Vai alla pagina dell'autore: Layla