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Autore: Teo5Astor    14/02/2020    10 recensioni
Dal testo: "L’inverno è freddo, è buio presto. Ghiaccio sulle strade, alberi spogli. Ma è anche il fuoco acceso nel camino, qualcosa di caldo da bere e stringere tra le mani in una tazza fumante. È neve che fa tornare bambini, è noi due stretti a letto sotto il piumone. L’inverno è dualismo, è gelo e conforto, è nebbia e Natale. È noi.
Io ho sempre avuto l’inverno nel cuore: un velo di malinconia, una spolverata di nostalgia, sì, ma anche il calore e quella sensazione che ti dà la strada verso casa e la persona che ami. Tu ce l’hai negli occhi e nel modo di fare, l’inverno. Occhi di ghiaccio, azzurri come la brina accarezzata dalla foschia di un’alba gelida, con quel bello di sembrare sempre un po’ tristi. E quel tuo essere un po’ così, distaccata solo in apparenza."
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: 18, Altri
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Occhi inverno
 
 
Sono stato io a dirti di andartene.
Ti ho fatto soffrire con quelle parole, lo so, ma farti male è stato un modo con cui ho provato a difenderti. Allontanarti doveva servire a proteggerti. Da me, dai miei errori, dal mio non essere all’altezza dei tuoi sogni.
Tu eri perfetta, e lo sei ancora, ne sono certo. Ma io no, non lo ero. E non lo so sarò mai, anche se ce la metto tutta. Non volevo deluderti, ma non ce la facevo ad essere come te.
Ti ho detto di andartene perché dentro ero a pezzi e non volevo trascinarti nel mio abisso, nei miei soliti casini, nelle mie insicurezze. Tu non meriti di soffrire, lo penso sempre come lo pensavo allora. Per questo credo di essermi messo in testa di non meritarti, anche se stavo bene con te. Ero felice, davvero, e non mi era mai successo prima.
Poi… poi non lo so, mi sembrava di non riuscire a tenere il tuo passo. Cercavo di correrti dietro per essere come te, per permetterti di realizzare i tuoi sogni, per essere all’altezza delle tue aspettative. Mi ero reso conto che la tua felicità era anche la mia, ed era bellissimo. Ma riuscivo sempre e solo ad arrivare a un passo da te, senza riuscire ad afferrarti, a stringerti. Ho avuto l’impressione di essere un peso, anche se tu non mi hai mai fatto notare nulla. Ma io lo capivo da solo che dovevo fare di più, che dovevo provarci. Ma non sempre ci riuscivo, perché non sempre le cose vanno come vorremmo.
Ero immaturo, non molto responsabile probabilmente. Ma ero entusiasta, amavo sorridere e farti ridere. Adesso non so cosa sono, ma so solo che vorrei vederti ancora ridere insieme a me. Vorrei abbracciarti di nuovo, baciarti ancora, fare l’amore con te fino a non avere più forze. Anche se sono stato io a dirti di andartene, perché avevo bisogno di ritrovare me stesso da solo e non volevo che tu stessi male nel vedermi così. Non volevo essere una zavorra nella tua vita, non potevo rischiare di essere proprio io la causa del tuo dolore perché tu meriti solo di essere felice.
Ho provato a dirtelo quel giorno, ma lo sai come sono fatto… con le parole mi incasino fino a perdermi. Ti ho vista piangere, ed è stata l’ultima volta che ho trovato la forza di guardarti negli occhi.
Nei tuoi occhi di ghiaccio, quegli occhi che mi hanno sempre ricordato l’inverno.
L’inverno è freddo, è buio presto. Ghiaccio sulle strade, alberi spogli. Ma è anche il fuoco acceso nel camino, qualcosa di caldo da bere e stringere tra le mani in una tazza fumante. È neve che fa tornare bambini, è noi due stretti a letto sotto il piumone. L’inverno è dualismo, è gelo e conforto, è nebbia e Natale. È noi.
Io ho sempre avuto l’inverno nel cuore: un velo di malinconia, una spolverata di nostalgia, sì, ma anche il calore e quella sensazione che ti dà la strada verso casa e la persona che ami. Tu ce l’hai negli occhi e nel modo di fare, l’inverno. Occhi di ghiaccio, azzurri come la brina accarezzata dalla foschia di un’alba gelida, con quel bello di sembrare sempre un po’ tristi. E quel tuo essere un po’ così, distaccata solo in apparenza.
Ora che sono solo, però, l’inverno nel mio cuore ha reso la malinconia tristezza. Il velo ora è diventato una coltre. La notte mi capita spesso di gridare il tuo nome nel sonno, e ancora non ho capito se si tratta di un incubo o di un sogno, visto che non ce la faccio a dimenticarti.
Lo sai qual è la verità? Cosa mi fa soffrire? Che non ci siamo più parlati. Che non riusciamo più nemmeno a guardarci negli occhi.
 
Cammino inquieto da una stanza all’altra dentro casa, mi butto sul letto e guardo fisso la parete blu che mi ritrovo davanti. Te lo ricordi questo muro blu? Te l’avevo dipinto per portarti ogni giorno in vacanza, per farti immaginare il mare che tanto amavi. E ti ricordi cosa mi avevi detto? Che non saresti mai andata al mare senza di me. Poi mi avevi abbracciato, ti eri stretta a me cingendomi la schiena. E io avevo fatto lo stesso, con le mie mani ad accarezzarti la vita. Era stata la prima volta in cui mi avevi detto che il mio abbraccio sarebbe stato il tuo salvagente. La prima di molte, perché me lo ripetevi sempre.
Il tuo salvagente nel mare, anche controcorrente, persino in tempesta. Dicevi che nulla poteva scalfirci, che non dovevamo avere paura di niente.
Ma io ho temuto lo stesso di rovinare tutto, di farti soffrire. E me ne pento, perché so di averti fatto star male con le mie parole. E perché sto male anch’io.
Vorrei trovare la forza di dirti che mi dispiace, di chiederti scusa.
Scusa per la pioggia, e per le nuvole nei tuoi occhi inverno.
Quando ti ho vista piangere, quando ho visto la pioggia nell’inverno dei tuoi occhi, io mi sono sentito morire.
Ma non ho saputo dirti niente.
Scusa per l’indifferenza, e per il male che ti fa il silenzio.
Sai, io pensavo che bastasse l’amore, che fossero abbastanza l’alba e il sole, che non servissero altro che i nostri sogni per poter essere felici. Perdevo di vista la realtà, a volte, ma non lo facevo con cattiveria. Pensavo che ci fosse più tempo, che avremmo avuto più fiato per affrontare una corsa che doveva essere molto lunga. Non credevo che avremmo mai trovato davvero la pioggia sulla nostra strada, in quel momento, ma ho capito sulla mia pelle che la realtà sa fare male sul serio. E non volevo che tu soffrissi per colpa mia e dei miei errori, per questo ho pensato di stare da solo sotto la pioggia. Ma ti chiedo scusa anche per la pioggia, se non riesce a cancellarmi dalla tua pelle e continui anche tu a soffrire per me.
Io lo so che stai soffrendo ancora, infatti, lo capisco dalle foto che posti quando trovo il coraggio di guardarle. La pioggia e l’acqua di solito lavano via tutto, e io mi illudevo che potessi dimenticarmi per tornare ad essere felice. Ma vedo i tuoi occhi inverno senza quella lucentezza che ricordavo, come se fossero offuscati da una nuvola. E io lo so che è colpa mia.
Come so bene che quello che c’era tra noi era qualcosa di vero, di unico. Di importante. Ti ricordi? Dicevamo che eravamo come gli Stati Uniti d’America, perché alla fine ci eravamo scoperti per caso. Il treno che dovevo prendere mi aveva sbattuto le porte in faccia ed era partito senza di me, nonostante la mia folle corsa sulla scalinata della stazione e sulla banchina. Tu mi avevi visto, eri lì accanto a me, anche se non sapevo chi fossi. Io ho detto una cazzata, probabilmente ho imprecato contro quel maledetto treno. Tu mi hai sorriso, ti sei sistemata una ciocca di capelli biondi dietro l’orecchio. Allora io ne ho detta un’altra, di cazzata. E tu hai riso. Eri così bella che non riuscivo a vedere altro che te, in quella stazione. I tuoi occhi inverno splendevano, mentre la malinconia che avvolgeva da sempre il mio cuore mi sembrava improvvisamente più leggera, poco importante. Io in quel momento ero già tuo, quello che non potevo sapere è che sarei stato tuo per sempre. Sì, per sempre, perché non ce la faccio a dimenticarti. Ho avuto paura, ho avuto soprattutto la presunzione di poter pensare di risolvere tutto dicendoti di andartene. Ma mi sbagliavo, come sempre. Cazzo.
 
Tiro fuori dalla tasca il cellulare e vado istintivamente nella galleria delle immagini. Respiro a fondo, mi trema la mano. Faccio sempre tanta fatica a rivedere certe vecchie foto, quelle che non ho mai avuto il coraggio di cancellare. Tipo quelle in cui ci siamo io e te, sporchi di vernice blu. Con questa parete che ora ho davanti e che non fa altro che ricordarmi quello che eravamo. Non fa altro che riportarmi alla mente i tuoi occhi inverno, e il dolore che ci ho letto dentro per colpa mia. Volevo proteggerti, ma ho rovinato tutto. Ho fatto soffrire te, soprattutto, ma anche me stesso.
Sai perché ogni tanto mi faccio del male riguardando queste nostre vecchie fotografie? Perché a volte ho dentro un grande vuoto che sembra risucchiarmi e togliermi il fiato, stringermi la gola e chiudermi lo stomaco. E, in questi momenti, se provo a immaginarti non ci riesco più.
Ora invece sto guardando il tuo volto sorridente e mi sento meglio. Hai qualche schizzo blu tra i capelli. E io rido, con la guancia e il naso colorati grazie a un paio di tue pennellate con cui mi avevo colto di sorpresa. Sulla mia maglietta bianca tutta sporca ci avevi scritto sopra la parola “scemo” e disegnato un cuore. Eri adorabile, e io ti amavo più di me stesso.
Era bello giocare insieme, ridere insieme. Passare la vita insieme.
Osservo quello che eravamo e sul tuo volto sullo schermo cade una goccia. Una mia lacrima, e poi un’altra. Piango e stringo il telefono con entrambe le mani.
Ci ho provato diverse volte a scriverti, a chiamarti, a cercare di fare in modo di incontrarti per parlarti. Ma non ce l’ho mai fatta, perché mi sento una merda per quello che è successo. Per quello che ti ho fatto. E perché mi sono pentito.
Respiro profondamente e trattengo il fiato, mentre mi asciugo con rabbia le lacrime.
Sì, oggi però devo dirtelo. Non posso continuare a mentire a me stesso, a far finta di nulla.
 
Scusami, Là.
Non so quanto senso abbia adesso, ma ci tenevo a dirti che ho sbagliato tutto. Che mi dispiace, che sono un coglione.
E che ti amo, soprattutto.
Mi manchi.
 
Scrivo il testo di questo messaggio e ci allego la foto, non so nemmeno quanto impiego a digitare queste poche parole. Non è la prima volta che ci provo. Di solito, arrivato a questo punto, cancello tutto e lascio perdere.
Sento ancora un vuoto dentro, guardo la parete blu e rivedo gli occhi inverno di Lazuli.
Non penso più a nulla, chiudo gli occhi e premo il touch col pollice.
L’ho inviato, l’ho fatto davvero stavolta.
E il mio cuore perde un battito quando guardo le due spuntine sul display diventare blu.
L’ha letto… ora mi insulterà o mi ignorerà? Ne avrebbe tutto il diritto, me lo meriterei. Penserà che sono pazzo, che sono patetico o che… bzz bzz.
Il telefono che mi vibra tra le mani, il cuore che si ferma del tutto e la gola che si secca. Mi ha risposto.
 
Mi manchi anche tu, scemo.
 
 
 
 
 
 
 
 
Note: una storia molto malinconica e forse poco sanvalentinesca, ma conclusa con quelle cinque paroline magiche scritte da Lazuli che sanno di lieto fine. Io penso che lei stava aspettando che fosse lui a fare il primo passo, perché era convinta che sarebbe tornato da lei.
Non sappiamo cosa sia successo di preciso alla voce narrante maschile di questa storia, perché l’abbia lasciata nonostante la amasse, perché si sentisse male con sé stesso… non condivido quello che ha fatto, io non lo avrei fatto perché avrei preferito parlarne e cercare una soluzione insieme a quel senso di inquietudine e ansia che a tutti può capitare di vivere. Il nostro protagonista misterioso, tuttavia, sceglie di allontanarla per provare a difenderla, per paura di deluderla. E si rende conto di aver fatto una cazzata, per fortuna trova anche la forza e il coraggio di tornare sui suoi passi. E, cosa tutt’altro che scontata, trova una Lazuli che sembra non aver mai smesso di credere in lui e di aspettarlo.
Non ho scritto volutamente nulla a proposito della voce narrante perché vorrei che ognuno di voi decidesse chi potrebbe essere… se vi va, scrivetemelo pure nella recensione. ;-)
Chi mi segue abitualmente sa che da un anno sto scrivendo una long in cui i protagonisti sono Radish e C18 come coppia, ma che ho anche scritto di lei con Mirai Trunks e, ovviamente, con Crilin come da canon. O magari potrebbe essere un OC, dovete dirmi voi quello che preferite o che vi ha suscitato questa storia!
 
Ringrazio tutti voi che avete letto, sperando abbiate apprezzato. Grazie a chi vorrà lasciarmi il suo parere e a chi inserirà nelle liste, ovviamente anche a chi preferirà leggere in silenzio.
Grazie a chi mi segue sempre, oggi sono due anni esatti che avevo postato la mia primissima storia, che era il cap. 1 della mia prima long dal titolo “New World”. Grazie a chi c’era allora e c’è ancora, grazie a chi ho incontrato successivamente e grazie a chi c’è nella vita fuori da efp. Se c’è una cosa che ho imparato in questi due anni, è che scrivere è davvero bello e mi fa stare bene.
Grazie poi a Sapphir Dream, che aveva realizzato i bellissimi occhi inverno pieni di lacrime qualche tempo fa per la mia long “Remember me” e che ho deciso di riutilizzare qui. Il disegno era (ed è) un piccolo capolavoro molto più ricco di dettagli, ma io ho voluto tagliare solo la parte degli occhi per questa OS. Se volete vederlo completo fatemi sapere, oppure cercatelo in “Remember me”. Grazie anche a chi realizzato la dolcissima Lazuli con qualche schizzo blu tra i capelli, non sappiamo se di vernice o se si sia tinta qualche ciuffo. Sta divinamente, in ogni caso.
 
Bene, ci tengo poi a dirvi che questa storia è ispirata alla nuova e splendida canzone di Raige dal titolo, appunto, “Occhi inverno”, che vi consiglio sinceramente di ascoltare.
Per il resto, avete anche voi almeno una parete colorata in casa? Noi ce l’abbiamo davvero blu, ed era stato una figata dipingerla.
Ok, vi saluto e vi auguro buon San Valentino, se lo festeggiate, per il resto ci vediamo mercoledì prossimo col cap. 53 di “Remember me”. A presto, e fatemi sapere chi è secondo voi la voce narrante di questa storia! :-)
 
Teo

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