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Autore: Gala    14/02/2020    3 recensioni
Severus Snape ha dei metodi d'insegnamento discutibili.
Storia partecipante al COW-T edizione 10 con il prompt "Libro di Veleni"
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Harry Potter, Severus Piton
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Primi anni ad Hogwarts/Libri 1-4
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-Titolo: Poison book for dummies

-Autore: Gala

-Fandom: Harry Potter

-Genere: Commedia

-Personaggi: Harry Potter, Severus Snape

-Raiting: verde

 -Disclaimer: Tutti i personaggi di questa storia non esistono/non sono esistiti realmente, come d’altronde i fatti in essa narrati. Inoltre questi personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà della rispettiva autrice. Questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro ma solo per puro divertimento.

-Note dell'autore: Questa storia partecipa al COW-T 2020 con il prompt “Libro di Veleni



La voce di Snape era velenosa e letale come sempre. Non c’era suono più sgradito per le orecchie dei Gryffindor, ma quando il professore si rivolgeva ad Harry, quella voce assumeva note crudeli e rancorose, dove ogni sillaba era uno stiletto di ghiaccio o uno spillo che l’uomo conficcava, ipoteticamente, in un fantoccio di stoffa dall’aspetto di Potter.

«Un altra D, Potter. Come "Difficile che con un’istruzione del genere riuscirai a superare i tuoi O.W.L. al tuo quinto anno"», aveva detto con un ghigno che gli arricciava appena le labbra sottili e altrimenti sempre tenute in una linea costantemente dritta e inespressiva.

«Il tuo saggio sui veleni irriconoscibili è a dir poco penoso, peggio persino di quello di Weasley o Longbottom», aggiunse in maniera caustica, scatenando le risa degli Slytherin.

Harry sentì le guance andargli a fuoco per la rabbia, mentre la voce di Malfoy si sollevava dal brusio delle risa.

«Ѐ sorprendete che tu sappia anche solo scrivere, Potter. Forse non saresti così senza speranza se non ti fossero morti i genitori».

Harry a quelle parole vide rosso. Non ricordò assolutamente niente di ciò che sarebbe avvenuto poco dopo. Seppe solo che Malfoy finì in infermeria con un labbro sanguinante e lui in punizione con Snape, direttamente nel suo ufficio nei sotterranei.

I Gryffindor erano furiosi con Malfoy e il professore di pozioni. Poco importava loro se avevano perso 100 punti dalla clessidra. Ciò che Draco aveva detto ad Harry e il comportamento meschino di Snape, li aveva resi tutti molto empatici e solidali verso il Ragazzo che è Sopravvissuto.

Il giovane Potter, nonostante vivesse costantemente sotto controllo per via della reale minaccia di Sirius Black, che attentava alla sua vita, avrebbe preferito mille volte affrontare il traditore dei suoi genitori o Voldemort in persona, piuttosto che fronteggiare Snape nel suo covo malvagio, fatto di pesanti ombre, alambicchi e creature inquietanti sotto formaldeide o pozioni colorate.

Quell’uomo era capace di irritare tutti gli angoli irregolari della personalità di Harry fino a renderlo un rancoroso ammasso di rabbia.

«Buona fortuna, amico», gli aveva detto Ron, con una pacca sulla spalla, mentre Harry si dirigeva come al patibolo verso i sotterranei.

«Entra, Potter», giunse la voce velenosa di Snape, non appena trovò il coraggio di bussare alla porta del suo ufficio.

Il rumore che produsse il pesante legno massiccio che si chiudeva alle sue spalle, riecheggiò come un anatema tra le mura di pietra dell’ufficio di Snape.

«Siediti, Potter», disse brusco l’uomo, facendo cenno a Harry di prendere posto a un piccolo banco, dove faceva mostra un vecchio e polveroso tomo rilegato di pelle nera.

La copertina recitava: “Il libro dei veleni. Guida pratica a prova d’idiota per non lasciarci la pelle”

«Forse questo libro avrà un linguaggio più elementare per le tue capacità. Hai un’ora di tempo per studiarlo e poi riconoscere i veleni presenti sulla mia scrivania», disse il docente, indicando sette ampolle poggiate sul legno scuro del mobile.

«Sei sono veleni mortali, uno di loro un blando rinvigorente. Dopo averli riconosciuti  e scritto il nome su di una pergamena, berrai la pozione che ritieni essere quella innocua. Inutile dire cosa accadrebbe se ti sbagliassi», aggiunse le ultime parole con un ghigno sadico.

Harry mai nella vita si sarebbe mostrato spaventato. Meglio morire mordendosi la lingua, piuttosto!

«Il tuo tempo inizia adesso», disse il professore di pozioni, girando poi una clessidra.

Harry si affrettò al banco, aprendo il libro alla prima pagina, concentrandosi a leggere. 

Snape doveva essere pazzo. Quelle ampolle gli ricordavano tremendamente l’indovinello di pozioni che Hermione aveva risolto durante il loro primo anno, mentre cercavano di raggiungere la pietra filosofale. Senza di lei, lui e Ron avrebbero bevuto sicuramente la pozione sbagliata e si sarebbero ritrovati cadaveri molto tempo prima. Forse era destino che alla fine dei conti tirasse le cuoia in ogni caso. Dopotutto la morte bussava alla sua porta da quando aveva solo un anno di vita.

Sorprendentemente, il libro che gli aveva dato Snape era effettivamente molto semplice da capire, sebbene il titolo molto offensivo alle sue capacità di apprendimento.

Perché non usavano un linguaggio del genere in tutti i libri di testo?

Allo scadere del tempo concesso da Snape, Harry si alzò titubante dal proprio banco, iniziando ad analizzare colore e odore di ogni ampolla, annotando poi sul foglio di pergamena quello che credeva fosse il loro contenuto.

Veleno di Doxy, veleno di basilisco –  questo, purtroppo, molto familiare a Harry –, veleno di drago Malese, veleno della pianta Yuktan, veleno di bacche di belladonna e infine l’estratto di aconito.

Harry poi soppesò in mano l’ampolla che credeva fosse il tonico rinvigorente, prendendo il coraggio a quattro mani e bevendola tutta d’un fiato.

Aspettò qualche istante con gli occhi chiusi e trattenendo il fiato, aspettando una qualche reazione mortale, ma quando sentì un dolce calore irradiarsi dal suo petto ridargli nuova energia, espirò un sospiro di sollievo.

«Un vero peccato», commentò incolore Snape. «A quanto pare dovrò sperare in una qualche negligenza di Longbottom per liberarmi di te», disse il professore, per poi congedare velocemente Harry, che se ne andò via di nuovo irritato con Snape. La gioia di aver indovinato la risposta esatta presto amaramente dimenticata.

Nella sua rabbia, non si accorse della pozione di antidoto che Snape stringeva ben salda nella  mano sinistra.

   
 
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