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Autore: _Lightning_    14/02/2020    6 recensioni
«No, no, no! È ridicolo!»
«Stai fermo! Così rovini tutto!»
«Non rovino un bel niente! Sembro… sembro quel tizio impomatato di quel film stupidissimo dove ballano sempre tutti sulle macchine come idioti!»
«Quello sarebbe un complimento, e comunque tu non hai nulla da invidiare a John Travolta.»

[young!Tony // Missing Moment // Commedia // San Valentino]
Genere: Comico, Fluff, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Elle me dit'
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Di brillantina, cattivi consigli e primi appuntamenti
 
 
 


«No, no, no! È ridicolo!»

«Stai fermo! Così rovini tutto!»

«Non rovino un bel niente! Sembro… sembro quel tizio impomatato di quel film stupidissimo dove ballano sempre tutti sulle macchine come idioti!»

«Quello sarebbe un complimento, e comunque tu non hai nulla da invidiare a John Travolta.»

«Mamma, ti prego…»

Tony incurvò di peso le spalle in avanti con un gemito d'agonia, sgonfiandosi come un palloncino mentre si rassegnava infine a farsi rassettare i capelli con la brillantina – per la quarta volta in dieci minuti e in quattro fogge diverse. Maria approfittò della sua improvvisa arrendevolezza per pettinargli la frangia scomposta di lato, dando forma a un ciuffo che si arcuava sulla fronte per ricadere a sfiorargli vezzoso gli occhi, che al momento teneva assottigliati in un’esagerata smorfia insofferente.

«Ecco fatto,» concluse con un sorriso. «Sei perfetto.»

«Prima ero perfetto,» ribatté lui testardo, poggiato al piano del bagno e accigliandosi al suo riflesso che evidentemente non lo soddisfaceva. «Come ogni giorno, d’altronde, non avevo bisogno di…»

«Prima, come ogni giorno, sembravi uscito da uno di quei film che piacciono tanto a voi; non quello degli idioti sulle macchine, ma quello dei morti viventi con capigliature discutibili,» lo rimbeccò prontamente lei. [1]

Lui roteò gli occhi con tanta veemenza che quasi rischiò di diventare strabico e vanificare tutti gli sforzi per domargli le ciocche ribelli, e si tastò cautamente la nuca quasi temesse che gli spostasse per intero lo scalpo per colpa di un po’ di brillantina, borbottando tra i denti un risentito “Sid Vicious non era uno zombi”. Inclinò la testa verso l’alto, facendo ondeggiare le ciocche appena modellate, e rimase in critica contemplazione del risultato finale da diverse angolazioni. Maria incrociò le braccia in attesa, poggiata allo stipite del bagno.

«È fondotinta, quello?» chiese nel notare una chiazza sulla tempia del figlio, sotto la quale s’intravedeva qualche brufolo malcelato.

«Non è fondotinta!» s’imporporò Tony, ruotando di scatto la testa per celare il misfatto. «È un pigmento di mia creazione, l’ho inventato io,» ci tenne a puntualizzare con fierezza.

Maria non indagò ulteriormente, trovando però spiegazione alle quattro ore che Tony aveva trascorso in laboratorio quel pomeriggio. Lo osservò dimenarsi di fronte allo specchio in quella giacca bordeaux che si era scelto per l’occasione e in cui sembrava trovarsi piuttosto a suo agio, considerando il suo odio per gli abiti formali. L’impressione d’eleganza sarebbe stata quasi convincente, non fosse stato per i jeans neri sbiaditi sulle ginocchia, le converse in tinta con la giacca e la maglietta dei Joy Division che faceva capolino da sotto il bavero col suo logo ondulato.

Trattenne un sorriso, temendo che Tony lo interpretasse come scherno, e pensò che il suo stile poco ortodosso avrebbe fatto sbiancare del tutto i capelli ad Howard, ma poteva essere anche un asso vincente per un primo appuntamento. Dopotutto, non era stato certo un completo firmato che le aveva fatto notare suo marito all’epoca.

«Sto bene, no?» interloquì d’un tratto Tony, in quella che nel suo non essere propriamente una domanda esternava tutta la sua sicurezza adolescenziale, ma che al contempo sottintendeva ancora una certa fiducia nel giudizio materno.

«Adesso sì,» rispose sicura, avvicinandosi alle sue spalle per spostargli qualche capello finito dalla parte sbagliata della riga e suscitando così il suo ennesimo sospiro, che esalò però attraverso un mezzo sorrisetto compiaciuto.

Sfuggì alle sue mani e svicolò verso l’ingresso con passo più baldanzoso, raccattando la giacca di pelle dal divano strada facendo.

«Con chi esci?» lo fermò, quando già stava per mettere un piede sulla soglia.

«Una ragazza,» fu la laconica risposta.

«E ha un nome, questa ragazza?»

«Beth [2],» sbuffò via Tony, indossando la giacca con un’altra alzata d’occhi al cielo.

«Ultima domanda: dov’è che andate?» chiese infine, sapendo di stare mettendo a dura prova la pazienza di suo figlio, che probabilmente era piuttosto agitato visto che non aveva svicolato nessuna domanda con troppo intento.

«Uh, al Malibu Pier,» rispose in fretta lui, quasi bofonchiando.

Maria fece scattare in alto le sopracciglia.

«Al Malibu Pier,» ripeté, assicurandosi di aver capito bene.

«Sì, esatto,» confermò lui, storcendo la bocca con aria di sfida a sottolineare quanto la ritenesse un’idea grandiosa, e quanto fosse poco incline ad accettare commenti in merito.

Maria sfoderò un sorriso comprensivo, che esternava però una linea di serietà e blando rimprovero.

«Avete quattordici anni, Tony, non cinquanta, e state festeggiando San Valentino, non le vostre Nozze d’Oro,» gli fece notare pacatamente, piantando i palmi sui fianchi a darsi più autorità.

«Non sapevo ci volesse l’età giusta per andare a un ristorante,» sbottò lui subito piccato, affondando i pugni nelle tasche con la nuova acconciatura che gli si arricciava sul volto adombrandogli gli occhi.

«Al Pier servono ostriche e caviale e si beve champagne.»

«Beh, è romantico, no?»

«È esagerato, Tony. Al secondo appuntamento dove la porterai, a Parigi?»

«Magari lo faccio,» alzò le spalle lui, indifferente. «Dopotutto posso permettermelo,» sottolineò, sbuffando dal naso come se quel fatto gli desse fastidio.

«Non vuol dire che tu ne abbia per forza bisogno,» gli fece notare quindi lei, con più dolcezza.

Tony esitò nell’ingresso, le punte dei piedi già rivolte verso la porta e il busto inclinato però verso di lei, in una torsione conflittuale. Sospirò e represse di scatto a mezz’aria l’impulso di arruffarsi la frangia, scoccandole subito un’occhiataccia quasi a sottolineare che era proprio per quello che non metteva mai nulla sui capelli; deviò il gesto verso la nuca, sfregandola sovrappensiero.

«Sono Tony Stark,» sbuffò fuori poi, suonando per metà fiero e per metà affranto. «Se non la porto in un posto simile ci perdo la faccia, e poi anche lei…» s’interruppe di colpo, gesticolando a casaccio attorno a sé a indicare l’ampio spazio della villa lustra e ben arredata. «Insomma, ha degli standard,» completò, lasciando ricadere le mani contro le cosce a sottolineare il concetto, e in fondo anche quanto poco gli andasse giù.

Maria si trattenne dal chiedere da dove diavolo avesse tirato fuori un ragionamento del genere, e se fosse proprio tutta farina del suo sacco. Soprattutto, si astenne dall’indagare sulla ragazza in questione, sperando che quella fosse un’uscita voluta e non un qualche tentativo di sembrare più maturo agli occhi dei suoi compagni di scuola diciassettenni. Una parte di lei esultò al pensiero che tra pochi mesi avrebbe iniziato a frequentare il MIT, lasciandosi alle spalle quel collegio stantio e spocchioso a New York.

«Non li hai mai visti, i film romantici?» gli chiese quindi senza preamboli, incrociando le braccia.

«Cos– no, neanche per sogno; perché dovrei ridurmi in pappa il cervello con quelle assurdità melense?» s’indignò lui, tirando le labbra in un’espressione di schifata superiorità.

Maria chiuse brevemente gli occhi, confermando tra sé il fatto che Tony fosse ancora nell’età in cui le ragazze erano più simili a creature incomprensibili e vagamente ripugnanti, che a una fonte d’attrazione vera e propria.

«Per mille motivi, di cui almeno la metà davanti ai miei occhi,» lo rimbeccò lei, squadrandolo da capo a piedi ed evitando di commentare sia l’outfit che l’assenza di qualsivoglia fiore, scatola di cioccolatini o regalino frivolo. «Comunque, ecco una trama classica: lei è ricchissima, bellissima e famosissima, ma un qualche giovincello della classe media riesce a far colpo su di lei…»

«… io non sono un “giovincello della classe media”, e sono sicuramene più intelligente di qualunque protagonista di quei film inutili, per questo faccio colpo!» protestò Tony con un pollice puntato sul petto, inarcando un sopracciglio con quel suo fare saccente che gli faceva perdere fin troppi punti in simpatia.

«Segui l’analogia, Casanova,» lo ammonì lei, piazzandogli un indice a un palmo dal naso. «Lei è ricca, viziata, abituata ristoranti stellati e tutto il teatrino, ma lui la porta in uno dei peggiori bar di Caracas,» gli diede un buffetto col dito sulla punta del naso, e lui lo arricciò di riflesso, con occhi che però si fecero attenti. «Lui la sorprende, lei s’innamora… e ora tira tu le somme, visto che di solito ti riesce bene.»

«Oh,» commentò stolidamente Tony.

Poteva quasi vedere il suo cervello brillante mettersi in moto a scatti, inceppato su quella che era una questione del tutto banale, quando normalmente risolveva disequazioni complesse in pochi secondi.

«Oh. Quindi… quindi devo portarla in una bettola!» concluse vittorioso, con un principio di sorriso tronfio a premergli all’angolo delle labbra.

«Sbagliato!» lo contraddisse lei, piantandogli ora l’indice sulla fronte a mo’ di rimprovero. «Perché quello che ho detto succede solo nei film e, di conseguenza, funziona solo nei film. Così la faresti scappare a gambe levate.»

«Ma allora…»

«… allora, Tony, portala in un posto normale. Normale,» sottolineò, a scanso di equivoci. «Non il Malibu Pier, né il peggior bar di Malibu. Chiaro, genietto?»

Tony corrugò la fronte a disegnare una linea dubbiosa tra gli occhi, e si umettò le labbra con fare esitante.

«Uh… credo. Cioè, certo! Chiarissimo, infatti ci avevo pensato,» annuì svelto, ricomponendosi all’istante con una scrollata di spalle. «Ragionate tutte così?» si lasciò scappare poi, inarcando un sopracciglio e guardandola di sbieco con un’ombra di terrore negli occhi.

«Solo quelle sposate con uno Stark… a un certo punto ci si abitua ad arginare gli eccessi,» replicò serafica lei, e Tony batté le palpebre in un moto di perplessità malcelata.

«Lo… prendo per un rassicurante no,» concluse, con un rapido e nervoso schiocco della lingua. «Aspetta, che intendi? Perché, com’è stato il vostro primo appuntamento?» s’interessò subito, realizzando ciò che aveva appena sentito e mettendo su quell’espressione incuriosita che gli accendeva gli occhi come quando era bambino.

«Molto movimentato e troppo lungo da raccontare,» troncò la questione lei, con un sorriso enigmatico. «E probabilmente rivelare i dettagli mi causerebbe un mucchio di problemi legali.» [3]

«Come, scusa?» boccheggiò lui, con un picco d’interesse decuplicato. «Non è stato una noia epocale? Davvero?»

«Non stai facendo tardi?» svicolò Maria, con un’occhiata obliqua all’orologio nell’ingresso che lo fece trasalire.

«Oh, sì, giusto, sto… sto sforando sul ritardo,» concordò distratto, controllando di rimando il suo orologio. «Nel senso: sto facendo troppo tardi. Più tardi di quanto avessi calcolato, e l’avevo calcolato al millesimo!» continuò in fretta, notando la sua occhiataccia e parando le mani avanti con fare agitato.

«Questa del “ritardo calcolato” dove l’hai sentita?» sospirò lei, rassegnata, prevedendo già la risposta e leggendogliela sul volto improvvisamente scurito.

«Papà ha detto che funziona,» bofonchiò infatti quasi inudibile, reclinando il capo in avanti come se stesse confessando una colpa capitale.

«Hai parlato con papà?» si sorprese lei, lisciandogli le spalle della giacca e cercando i suoi occhi senza trovarli, schermati dalle ciglia incurvate che abbassò a loro difesa.

«“Parlato”…» mimò delle virgolette con improvvisa fiacchezza. «Non gliene fregava nulla, gli stavo facendo perdere tempo, ha…solo gettato là un paio di frasi più lunghe del solito tipo “fatti aspettare” e “non sfigurare” e “fai le cose in grande”,» minimizzò, scostandosi da lei con decisione. «Ho pensato che magari per una volta potevo ascoltarlo… al 65%, diciamo,» aggiunse, puntando un palmo eloquente verso le proprie converse che sfregavano sul parquet. «Così sfiguro solo al 35%.»

«Non sfigurerai perché ti vesti come vuoi o perché andrai a un ristorante normale come milioni di altre coppie,» lo rassicurò lei, raddolcendosi e deviando il discorso da quello fin troppo complesso che si era appena schiuso. «Forse per mezz’ora di ritardo sì, però, anche se sei Tony Stark,» concluse, strappandogli uno sguardo meno tetro.

Gli schioccò un bacio a tradimento sulla guancia che lui sopportò, pur strizzando come da copione gli occhi con fare restio e ritraendosi subito dopo. Lo trattenne ancora per una falda del bavero, recuperò lesta una gerbera gialla ancora abbastanza fresca dal vaso sul mobiletto d’ingresso, ne spezzò il gambo e gliela appuntò all’occhiello, sfidandolo con lo sguardo a contestare quell’iniziativa. Lui serrò le labbra, adocchiando storto il fiore, senza però osare sfilarlo dal suo posto.

«Adesso vai, divertitevi e comportatevi bene,» lo spronò infine, sospingendolo oltre la porta senza ulteriori indugi.

Tony annuì, rivolgendole però un sorrisetto sbieco che prometteva tutto il contrario. Si avviò a passo brioso lungo il viale irrorato dalle tinte calde del tramonto californiano, verso Jarvis che lo attendeva paziente di fronte all’auto. Si fermò però a metà strada, voltandosi con le mani affondate nelle tasche e il mento alto, uno strano misto di soddisfazione e titubanza a colorargli il volto.

«Quindi papà mi ha dato un consiglio del cavolo!» gridò attraverso il patio.

«Ti ha dato un consiglio da Stark!» replicò lei, alzando la voce per farsi sentire e trattenendo un risolino.

«E i consigli Stark non funzionano?» replicò ancora lui, una mano già sulla portiera e l’altra a sistemarsi i capelli.

«Solo con quella giusta!» sorrise lei con un ultimo cenno di saluto, ottenendo un sorriso raggiante in risposta.





 
 
Fine ~
 
 
 
 


Note:

NB. La storia è ambientata nel 1985: tutti i riferimenti culturali sono coerenti con questa data. Tony compirà quindici anni a maggio di quell'anno, inizierà il MIT subito dopo e vi si laureerà a diciassette, giusto per far quadrare i conti. per i riferimenti visivi, Tony ragazzo è ovviamente ispirato a un giovanissimo RDJ :')

[1] Riferimento ai film di Romero (il terzo film della serie La notte dei morti viventi uscì proprio quell’anno). Subito prima si cita Grease, ovviamente.
[2] Riferimento ai fumetti (Bethany Cabe è la fidanzata di Tony nel famigerato Demon in a bottle).
[3] Il modo in cui si sono conosciuti Howard e Maria nei fumetti ha del rocambolesco: basti sapere che c’entrano un casinò, Monaco e fughe in grande stile. Di qui questa versione di Maria un po’ più spigliata rispetto a quella che abbiamo intravisto nei film.



Note dell'Autrice:

Cari Lettori di passaggio <3 Faccio capolino per mollare qui l'ennesima vagonata di miele e sparire con altrettanta rapidità :')
Avevo intenzione di scrivere qualcosa con Tony da ragazzo e Maria già da secoli, e finalmente l'ispirazione ha deciso di darmi una gioia ieri, con tutto che non volevo nemmeno scrivere qualcosa di specifico per San Valentino, ma al destino non si comanda (a meno che non sia Thanos).
Spero abbiate apprezzato questa breve parentesi fluff senza impegno né pretese, e che lascerete un commento per farmi sapere cosa ne pensate <3

Buon San Valentino a tutti voi, con chiunque sceglierete di trascorrerlo <3

-Light-



   
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©_Lightning_

©Marvel
 
   
 
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