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Autore: Manto    17/02/2020    1 recensioni
❤ Seconda classificata al contest "Il contest degli Haiku" indetto da Juriaka sul forum di EFP.
L'improvvisa lontananza da certe persone può coinvolgere più di quanto si mostri: far risuonare pezzi di sé che non trovano il proprio posto, creare solitudine e incompletezza.
A volte, però, è ancora più difficile se il ritorno altrettanto improvviso rischia di scatenare un nuovo caos, o se la distanza tra i cuori sembra essere divenuta troppa.
Può allora un passato comune riportare una qualche forma d'unione e dimostrare che non è mai troppo tardi per ritrovarsi?
Genere: Avventura, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Ryou Shimazaki, Toshiki Minegishi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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DISCLAIMER: I personaggi sotto presentati non appartengono a me (MAGARI), ma al genio di ONE.
La storia è stata scritta senza alcun scopo di lucro.

 

 

 

Alla Luna, e al Suo Sole

 

 

 

I ~ Luna Nuova



La misura della lontananza
Non è data dalla distanza.

 

Antoine de Saint-Exupéry

 

 

Qualcuno ha scritto che il tempo mette ognuno al proprio posto: ogni regina sul suo trono, ogni pagliaccio nel proprio circo[1].
… A questo punto, chissà dove finirò io.

Fin dal principio del mondo, le vie che avrebbero portato gli smarriti alla redenzione sarebbero state ardue e ripide; e altrettanto certamente, quella di Minegishi Toshiki non avrebbe fatto alcuna eccezione.
Così, a volte e sul far dell’alba, la notte tardava a lasciarlo: le piante dell’appartamento sentivano l’avvicinarsi della luce e si preparavano ad abbracciarla, grate del nuovo giorno; lui, invece, si rannicchiava su sé stesso mentre gli ultimi sogni si popolavano di tutto ciò che non voleva, e gli sembrava di obbedire ancora alla menzogna.
A volte, nel cuore del sole, il buio tornava a trovarlo: l’aria veniva scossa da un tremito e si spezzava, la realtà si capovolgeva e trasformava fino a perdere i suoi colori e lasciare che fosse solamente un nero pece, assoluto e terrificante, a sorridergli dagli angoli dove affilava gli artigli, pronto a dilaniare — alcune persone non cambiano mai[2]; e anche se tutto finiva in un istante, anche se ogni giorno s’impegnava per vanificare quelle parole, ritornare a respirare doleva come una pugnalata.
A volte, in mezzo alla gente o senza nessuno intorno, spalancava gli occhi come alla fine di un sogno sì bello, ma illusorio: ed era la strada che aveva iniziato a percorrere, riparazione agli errori, a sembrargli tale — il passato è un’ombra che non muore, e tu non ti puoi opporre alle sue regole; e spesso, pur dopo aver raggiunto traguardi inaspettati, si rendeva conto che dentro di sé c’era qualcosa che non aveva ancora trovato il suo incastro e lo cercava ogni istante, lasciando echeggiare il vuoto senza pace.
Minegishi non era mai stato uno stupido: poteva essere benissimo definito un solitario, una persona che aveva compiuto azioni discutibili e un miracolato, ma di certo non qualcuno privo di razionalità o intelligenza; così che presto aveva compreso che cambiare vita non avrebbe risolto tutti i problemi con un colpo di spugna, né aveva ceduto alla tentazione di pensarlo. Al di là del proprio carattere che gli rendeva così grato il silenzio e dei motivi per cui, fino a nemmeno tanto tempo prima, aveva deciso di dimenticare chi fosse veramente, ben oltre il turbamento che lo aveva portato a rivedere tutte le sue autoindotte convinzioni, il mondo non si sarebbe dimenticato le azioni del prima; e fin da subito questi aveva iniziato a osservare i suoi sforzi, aprendoglisi davanti per metterlo alla prova, camminandogli al fianco.
Aveva e stava lavorando duramente per armonizzarsi con la realtà, cercato e dato un poco di serenità a chi non se lo sarebbe mai aspettato, sorpreso e recuperato tanto di sé — non ricordavi questa gentilezza, vero? —, così come aveva finalmente compreso quanto fosse giusto poter rimanere da soli, ma altrettanto curativo sapere di non esserlo… e tuttavia doveva essere ancora più forte e deciso perché le sorprese erano tutte sul cammino, gli incubi andavano e ritornavano, e rimaneva la maledetta incognita che lo faceva sentire incompleto, una domanda che chissà quando avrebbe risolto.

 

… Quindi, quando lui ritornò in città, Toshiki stava dando tutto sé stesso per essere una persona migliore; e solamente allora il Tempo si mosse, deciso a dare la sua risposta.

 

 

 

Quando Minegishi lasciava il negozio, le ombre erano ormai lunghe e mutevoli sulla strada e nella sera incombente; ma nessuna era come quella che da qualche periodo lo seguiva costantemente nei suoi ritorni, rimanendo silente e svanendo quando la protezione dei viali alberati o la folla si diradavano, per poi rifarsi viva la giornata successiva.
Spesso la scorgeva anche mentre lavorava: un guizzo nero che captava come una sensazione ancor prima che con gli occhi, subito confuso nel crepitare delle innumerevoli vite che si incrociavano nello stesso luogo, che non lasciava tracce di sé ma che nemmeno faceva — voleva fare — del proprio meglio per nascondersi.
Le piante non gli celavano quella presenza, sussurrando avvertimenti ogni qual volta l’energia estranea si avvicinasse; ma il ragazzo era ben deciso a non forzare le cose e a lasciare che fosse lei a mostrarsi apertamente, con i propri tempi e se lo avesse davvero voluto.
Sapeva bene chi fosse l’ombra e di non dover temere nulla da lei: le era stata vicino così tanti anni da poterla riconoscere senza nemmeno guardarla, tanto quanto gli era chiaro che niente e nessuno avrebbe potuto limitare la libertà del suo proprietario. Doveva solamente avere pazienza e lasciare alla figura il giusto spazio nel quale infilarsi: magari, la sua reticenza era data dal trovarsi in un mondo che non riconosceva più, e che quindi non sapeva come avvicinare.

E come non comprendere.
Doveva giungere una giornata diversa dalle altre, scossa da un vento nuovo, per poter mutare qualcosa… o una notte; quella che davvero venne nel mezzo dell’autunno e spense l’energia della città, facendo cadere tutti nel sonno più profondo, e che infine svegliò lui.
Per una volta, il buio fitto andò a bussare alla sua porta senza portare nessun incubo; e non era nemmeno mezzanotte quando l’esper aprì gli occhi e si mise a sedere nel letto, il battito del cuore regolare ma la mente non completamente lucida. Aveva appena sognato, così ricordava, e nelle orecchie portava un suono ritmico e calmante che i secondi si divoravano; e, a giudicare dalle guance umide, aveva pianto, anche se non avrebbe mai saputo dire il perché. Al di là delle mura che lo circondavano, sentiva che ogni fiore, pianta e albero del quartiere si era destato e vibrava piano insieme al suo respiro, mentre le azalee che teneva sul comodino si allungavano verso di lui come per accertarsi che andasse tutto bene; a queste diede una piccola carezza per calmarle, la quale si propagò poi al resto della flora come un’onda.

Onde! Il suono era quello… il canto della risacca.
Con uno scatto, Toshiki si alzò e andò alle larghe finestre che lasciavano penetrare le luci della città, rese sopportabili dalla discreta distanza dal centro; le guardò, e subito dopo gli parve di sentire il mare scivolare tra vie e palazzi, mormorando a chiunque volesse ascoltare.
È la stessa sensazione che si prova a…
Il ragazzo chiuse gli occhi e appoggiò la fronte contro il vetro, rimanendo immobile per qualche istante. Non aveva la completa certezza che avesse sognato il luogo a cui stava pensando, ma ne aveva riscosso il ricordo e improvvisamente lo sentiva presente, come se fosse veramente là.
Tu sei sempre così calmo… non vuoi volare? Su, dammi la mano e corri con me, ti farò provare la libertà.
Perché quell’espressione? Non ti accadrà nulla di male, ci sono io.

Le ultime tracce di sonno svanirono nell’accenno di un sorriso, e in poco tempo Minegishi si ritrovò in strada, nell’eco della marea. Sotto il velo delle stelle, l’aria profumava di sale e pioggia: probabilmente c’era un temporale in arrivo, rigonfio di umore marino, e presto le onde si sarebbero davvero riversate sulla città… ma questo non aveva una grande importanza, se poteva respirare a pieni polmoni il loro odore.
Perso nei suoi pensieri, si accorse che le gambe lo avevano portato al suo negozio solamente quando vi fu davanti e sentì i fiori al suo interno animarsi. «È troppo presto per l’alba», sussurrò allora, chinandosi davanti alla vetrina e osservando le camelie rosa che accarezzavano il vetro, «dovete dormire. Su, da brave, riposate ancora un po’.»
«Dovresti farlo anche tu: tra qualche ora devi lavorare.»
Minegishi rimase nella stessa posizione per qualche attimo, quindi si raddrizzò e voltò verso la direzione dal quale la voce era provenuta. «Siamo svegli in tanti, questa notte.»
Come si aspettava, non vide nessuno; ma sentiva la sua presenza, non poteva sbagliarsi. Quella volta stava resistendo più del solito: evidentemente nel buio si sentiva sufficientemente al sicuro.
«Ormai non conto più le notti che passo insonne, non è una novità.»
Toshiki annuì, quindi aggrottò la fronte. «Non comparire così, turbi le piante. La confusione non fa loro bene.»
«Oh oh, pensare che prima non ti erano mai piaciute… sei cambiato.»
«Da quando il loro benessere è diventato il mio lavoro.»
«Mezza verità, perché ora ci tieni davvero.»
«… Mi chiedo se fai lo stesso anche con gli altri tre
«Loro mi notano di meno; o sono io che li visito più di rado, non lo so.»
Un fruscio, e spostando appena lo sguardo sopra di sé il giovane vide il buio farsi da parte davanti alla figura seduta sul tetto del negozio. Il suo caratteristico ghigno serafico era riconoscibile anche da lì; nel notarlo, lui si accorse di provare tutto, tranne biasimo o disprezzo. Almeno per Shimazaki Ryo, forse, la realtà non aveva picchiato duramente.

Ma allora non se ne sarebbe andato così, Toshiki. Ha vissuto le tue stesse cose, ma ha reagito diversamente: e forse le sta ancora nascondendo.

Sicuro che quel sorriso sia lo stesso di prima?

«Sei scomparso per un bel pezzo.» Lo disse tanto sottovoce che l’altro non lo udì; o così parve, visto che non ci fu alcuna replica fino a quando il moro non saltò giù dal tetto e si fermò a pochi metri di distanza da lui. «Sì; il tempo non ha mai freni.»
Minegishi guardò l’esper senza rompere il silenzio: perché, appena se l’era trovato davanti, tutte le sue parole si erano annullate. Nella mente esplose una moltitudine di pensieri, una girandola di domande, e si aprì il vuoto che tutto quanto inglobava; e il petto improvvisamente doleva, come se provasse nostalgia. Dopo un primo attimo d’immobilità, sorse anche qualcosa di simile all’amarezza; e sentì in gola il sapore acido di un rimprovero che era ingiusto solamente in parte, seguito poi da una stanchezza che lo attenuò.

Shimazaki dovette percepire qualcosa del tumulto d’emozioni che l’altro provava dietro l’apparente imperturbabilità, perché voltò il capo altrove senza dire nulla. La sua maschera di tranquillità s’incrinò ma senza aprirsi, e Toshiki sospirò nel chiuso dell’anima: non era ancora il momento di ritrovarsi.
«Già. Buonanotte, Ryo… ci vediamo.»
«Quel giorno ho avuto paura: ecco il motivo per cui sono sparito. Me ne sono andato perché ho creduto davvero di poter…» Una pausa. «Ho lasciato indietro tutto e tutti, senza curarmi di nessuno di voi, per salvarmi la pelle.»
Minegishi si era già voltato, ma si bloccò. Per un istante sentì ovunque il dolore lancinante e il terrore che aveva provato quando Mogami stava per annientarlo, e il respiro si ruppe; e si girò di nuovo, senza stupirsi nel trovare l’esper cieco più vicino a sé. Lo sentì bruciare dalla voglia di parlare, e allo stesso tempo aver timore di farlo. «L’abbiamo immaginato», mormorò poi, «sono bastate poche ore per cambiarci la vita. Avremmo voluto sapere come stavi, dov’eri, ma era impossibile raggiungerti. Ne è valsa la pena?»
Shimazaki alzò il viso come se avesse potuto contemplare le stelle, quindi si sedette e appoggiò la schiena contro la vetrina del negozio.
Il fiorista non resistette che qualche minuto prima di sedersi accanto a lui, teso a vedere ciò che sarebbe venuto dopo: quella notte era già iniziata in modo atipico, così come il loro incontro, ma se c’era di mezzo il moro tutto poteva prendere una piega inaspettata.
«Dopo quello che è successo non ho fatto altro che vagare in giro, per tutto il Giappone e anche all’estero: mi sentivo come se avessi perso qualsiasi capacità d’orientamento, braccato e desideroso solo di starmene con me stesso, senza dover nulla a nessuno. Mi sono fermato solo quando il silenzio ha iniziato a fare effetto e a vincere sulla paura, e allora è stato chiaro che non c’era alcuna caccia aperta nei miei confronti, che non interessavo più a nessuno; quindi ho cercato un posto che potesse bastarmi e dove avessi dei legami, ma non trovavo niente a cui aggrapparmi o qualcosa che mi facesse stare bene… e così ho iniziato a far visita ai luoghi dove c’erano dei ricordi, o qualcuno da cui ritornare.
Non che abbia grandi cose da raccontare, può bastarti questo.» Una pausa, poi il tono dell’esper si fece più sommesso e Toshiki si ritrovò a pensare che se Ryo non fosse stato cieco, in quel momento i suoi occhi sarebbero stati impossibili da reggere. «Sembra che ve la stiate cavando bene, voi altri.»
«Abbiamo ricominciato, chi in un modo chi in un altro. Le nostre abilità ci stanno aiutando a costruirci uno spazio, e—»
S’interruppe, perché Shimazaki aveva di nuovo alzato il volto e sembrava non ascoltarlo più. L’aria, se ne accorse allora, era diventata ancora più satura di mare e si era caricata d’umidità, e questa stuzzicava tutti i sensi del moro. «Questo odore… sai, Toshiki, c’è solamente una città dove non sono ritornato, e vorrei tanto averlo fatto.»
«E perché non ci sei andato, se è così importante per te?»
«Perché ero da solo.»
Minegishi s’irrigidì un istante mentre un brivido scivolava dalla nuca lungo tutta la schiena, quindi fissò l’altro con maggior attenzione e fece una domanda. Nell’attimo che la seguì seppe di aver indovinato ancor prima che le parole lo confermassero, e nell’animo montò una vampa bollente.

Allora…

«La voglio sentire di nuovo: l’acqua che durante l’alta marea oltrepassa le sue mura, il profumo della pietra che si confonde con il sale, le onde.
E poi, io e te non abbiamo un tesoro da trovare?»

Facciamo una promessa, Ryo. Promettiamo che…

«Dimmi una cosa.» Ryo si voltò verso di lui, pronto a rispondere di nuovo. «È per questo che sei qui?»
Ci fu silenzio; quindi il ragazzo sorrise. «Non solo. Te l’ho detto che—»
Toshiki si alzò di scatto e Shimazaki fermò la voce, sorpreso. Non solo.
«Praticamente sei tornato perché ti servo.»
Il moro spalancò le palpebre e le orbite nere incontrarono lo sguardo buio dell’altro, che avanzò di un passo. «È così, vero? Ma le cose sono cambiate», disse questi, con una freddezza che tradiva molto di più e senza lasciare all’amico alcuna possibilità di parola, «lo sai benissimo; e se sei venuto per giocare, per far finta che tutto sia come prima, devi rivedere i tuoi piani.
Scompari per mesi e quando riappari non hai il coraggio di mostrarti apertamente nemmeno a me, e mi dici che vuoi ritornare nella città dove abbiamo fatto una promessa che per me è importante quanto la mia stessa vita.» Si accorse di tremare leggermente, poi non ci fece più caso. «“Non interessavo più a nessuno”, così hai detto, e io non riesco a definirti… proprio non ce la faccio. Finché non trovo le parole ti consiglio di andartene, prima di sentire qualcosa di veramente spiacevole.»
Ryo non disse nulla per qualche istante, quindi chinò il capo. «Credi che non lo sappia di meritarmi ogni maledizione? E no, non ho intenzione di giocare e ingannarti, specie su una cosa del genere.» Un sospiro. «Sono stato in quella città tre volte, come te, e l’ho evitata sempre quando non eravamo insieme, perché è la nostra città e chiederti di ritornarci non è sfruttarti.
Se dobbiamo riprendere… il nostro tempo, non potremmo ricominciare da lì? Tu non la vuoi rivedere?»
Minegishi voltò il viso altrove. Si sorprendeva della rabbia che aveva provato così in fretta, ma quello che pensava non doveva tacerlo. «Mi manca, non posso negarlo.» E non solo lei.
«Allora…»
«Allora non sei tu a decidere! Non so quando potremmo ritornarci. Dovrei organizzarmi con il lavoro, e comunque sia, se anche dovessi dire di sì, sarebbe qualcosa di breve.»
«Mi accontenterei.»
Il fiorista tornò a guardare il compagno e socchiuse gli occhi, gli si avvicinò ancora di più. «Non pensare di risolverla facilmente. Bastava poco, Ryo, maledettamente poco: un solo istante, per farci capire che non ti era successo nulla che non si potesse aggiustare… la consapevolezza che tu ci fossi, anche se lontano da noi. Ti avremmo lasciato il tuo spazio, tutta la pace di cui avevi bisogno.»
«Ho fatto i miei errori, lo so», rispose l’altro mentre si alzava e faceva per sfiorare le braccia di Toshiki, lasciando ricadere le mani quando lo sentì indietreggiare, «e la tua rabbia è giustificata; però non credo che aver deciso di ritornare sia uno di questi.»
«Lascialo dire al tempo.»
Ryo non ribatté più e Minegishi fece lo stesso, quindi si allontanarono di un passo entrambi. «E così sarà. A presto, Toshiki, passa una buona notte.»
Il ragazzo guardò l’amico recuperare un’ombra della sua solita espressione e teletrasportarsi altrove, quindi prese un respiro e si lasciò scivolare di nuovo lungo la vetrina, chiedendo che il silenzio rimanesse intatto.
Il temporale non arrivò: il fantasma del mare si ritirò e solamente le stelle rimasero a occhieggiare nel buio, ballando nella loro insensibile quiete.

 

… Fu forse lo scherzo di qualcuno più grande di loro, o il fatto che anche la loro splendida città marina voleva rivederli; ma dopo nemmeno tre giorni, Toshiki si ritrovò con l’intero fine settimana libero e Ryo al corrente di ciò ancor prima di sentirselo dire. Era già scesa la sera quando s’incontrarono fuori dal negozio e nessuno li vide andarsene per quelli che dovevano essere solo un paio di giorni di vacanza; in realtà non lo furono, come sempre.

 

 

 

 

 

NOTE

 

 

[1] La citazione esiste davvero, ma è anonima.

 

[2] Sono le parole che Mogami rivolge a Mob durante la World Domination Arc, quando il primo sta per uccidere Minegishi.

   
 
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