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Autore: fantaysytrash    18/02/2020    3 recensioni
[Steve/Bucky | Angst/Introspettivo/Fluff | What If…? | Canon Divergence | Post-Captain America: The Winter Soldier] [Questa storia si è classificata ottava al contest “November Rain” indetto da MaryLondon e valutato da Juriaka sul forum di EFP]
Il Soldato d’Inverno vaga incessante per le vie di New York e, pur senza sapere cosa stia cercando, trova qualcosa che va oltre le sue aspettative.
Dal testo:
“Al Soldato non piaceva rammentare quel particolare giorno, per il solo fatto che gli occhi cristallini dell’altro, lucidi nonostante le ferite ricevute, gli provocavano emozioni che non era in grado di decifrare.”
Genere: Angst, Fluff, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: James ’Bucky’ Barnes, Steve Rogers
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Note dell’Autrice

Rieccomi con una nuova storia!

Anche questa volta si tratta di una fic post-Captain America: The Winter Soldier in cui Steve e Bucky si ritrovano prima degli eventi che hanno luogo in Civil War e che qui, ovviamente, non sono presi in considerazione.

Il titolo è tratto da una citazione di Vladimir Nabokov: “Do not be angry with the rain; it simply does not know how to fall upwards”, e mi è sembrato che calzasse a pennello con l’arco del personaggio di Bucky.

Spero vi piaccia,

Federica ♛

 

 

Disclaimer: Tutti i personaggi di questa storia non appartengono a me, bensì a Stan Lee e alla Marvel. Questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro, ma solo per puro divertimento.

 

 

 

 

FALLING UPWARDS

 

La pioggia scrosciante cadeva ormai imperterrita da diverse ore, ma il Soldato d’Inverno non pareva prestarvi alcuna attenzione. Camminava spedito per le ampie vie di New York, evitando i passanti più temerari che si erano avventurati fuori casa con il brutto tempo.

Non sapeva esattamente dove stesse andando, ma era da poco tornato in città dopo aver smantellato l’ennesima base HYDRA, e ora vagava incerto mentre la sua mente ancora danneggiata tentava di formare un piano d’azione.

Sapeva che la cosa più sensata sarebbe stata trovare Steve Rogers e, a dirla tutta, non sarebbe stata un’azione particolarmente difficile; non solo aveva individuato l’abitazione del Capitano da svariate settimane, ma quest’ultimo lo stava attivamente cercando da quando si era ripreso dopo il loro ultimo scontro.

Al Soldato non piaceva rammentare quel particolare giorno, per il solo fatto che gli occhi cristallini dell’altro, lucidi nonostante le ferite ricevute, gli provocavano emozioni che non era in grado di decifrare.

C’erano tante – troppe – cose che avrebbe dovuto ricordare, ma il momento in cui l’uomo aveva smesso di lottare e aveva permesso al Soldato di finirlo non pareva un punto solido da cui cominciare. Il solo pensiero lo scombussolava non poco, rendendogli difficile persino respirare; non avrebbe dovuto provare certe sensazioni, non era un essere umano – Pierce e Rumlow erano stati chiari su quel punto fin dall’inizio –, non sarebbe dovuto rimanere paralizzato nel vedere un supereroe troppo stupido per reagire ai suoi colpi.

Eppure, il numero di volte in cui si era ritrovato a pensare, a ricordare, a sognare il Capitano degli Avengers rasentava l’imbarazzante. Specialmente quando quei pensieri si allontanavano dalle domande plausibili che la sua mente aveva diritto di formulare e si avventuravano in acque torbide, colme di distanze annullate e respiri affannati nel mezzo di notti trascorse nello stesso letto.

No, se si soffermava su quei particolari sarebbe stato del tutto perduto. Doveva concentrarsi sulla sua missione, distruggere l’HYDRA e trovare un modo per recuperare la sua vecchia identità.

Il Soldato si fermò all’entrata di un vicolo oscurato. Non sapeva cosa esattamente avesse attirato la sua attenzione, ma qualcosa l’aveva portato a fissare le ombre danzanti sotto il chiarore lunare come alla ricerca di qualcosa.

Mentre i suoi occhi esaminavano frenetici l’ambiente circostante, molteplici visioni gli si accavallarono nella testa: strette strade buie, echi lontane di pugni attutiti, una mano che allontana un corpo massiccio da uno più esile, una voce sottile che afferma di “averlo avuto in pugno.”

Barcollando leggermente, si immesse nel vicolo, lontano dagli occhi indiscreti di chiunque potesse stare guardando. Il Soldato aveva imparato tempo prima come non farsi localizzare, ma l’improvviso dolore lancinante che sentiva nel petto lo rese incurante dell’ambiente circostante.

Aveva troppi pensieri, troppi ricordi, troppe immagini che non riusciva a collocare in un punto preciso della sua mente.

Improvvisamente una nuova ondata di pioggia gli bagnò il volto… ma guardandosi intorno non poté né sentire alcun rumore correlato né notare alcuna cortina d’acqua avvolgergli il corpo.

Confuso, si portò le mani al viso, ritraendole umide; stava piangendo.

Una mezza risata strozzata si fece largo dalle profondità della sua gola, involontaria, incredula, traditrice. L’assassino più famoso degli ultimi decenni non riusciva a sopportare il peso di qualche ricordo sfocato. Ridicolo. Eppure, mentre si accasciò al suolo con la testa tra le mani, si ritrovò a sperare con tutto se stesso che la pioggia portasse con sé anche il più mite bagliore, qualunque cosa in grado di mostrargli la giusta via da prendere.

Fu destato dal suo torpore secondi, minuti, ore dopo – da un rumore di passi che si stavano avvicinando.

Una silhouette imponente si stagliò contro il cielo scuro, quasi del tutto invisibile, la cui presenza riuscì a cogliere solo grazie ai suoi sensi potenziati.

Nell’istante in cui afferrò il coltello più vicino, udì una voce semi-famigliare.

“Bucky?”

L’arma cadde a terra con un tonfo sordo, mentre Steve Rogers compì il primo passo verso l’altro.


La pioggia scrosciante cadeva ormai imperterrita da diverse ore, ma il Soldato d’Inverno non pareva prestarvi alcuna attenzione. Camminava spedito per le ampie vie di New York, evitando i passanti più temerari che si erano avventurati fuori casa con il brutto tempo.

Non sapeva esattamente dove stesse andando, ma Steve gli aveva promesso che l’avrebbe condotto in un posto sicuro e, sebbene ogni istinto instillato in lui gridava a gran voce di scappare nella direzione opposta, c’era qualcosa nell’uomo al suo fianco che ispirava sicurezza e fiducia.

Nel breve tempo trascorso insieme gli aveva sorriso diverse volte, e il Soldato si ritrovò ad avere il pericoloso pensiero che avrebbe fatto qualunque cosa pur di rivederlo ancora. Un sorriso sincero, completo, di cui era parte attiva anche lo sguardo che gli rifilava occhiate significative che non riusciva a decifrare del tutto.

Bucky. Così l’aveva chiamato, e non c’era cosa che volesse di più che riuscire a vedere se stesso nel modo in cui quell’incredibile uomo pareva considerarlo.

“Siamo arrivati,” disse improvvisamente il biondo.

Ma il Soldato – Bucky – non stava prestando attenzione all’abitazione in questione; il suo sguardo era focalizzato su Steve, sul suo braccio esteso in un invito, sui suoi abiti fradici e su quella luce nei suoi occhi che ancora non accennava ad affievolirsi.

Forse, pensò mentre varcava la soglia sfiorando la spalla del Capitano con la propria, sarebbe andato tutto per il verso giusto.

   
 
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