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Autore: DanzaNelFuoco    20/02/2020    1 recensioni
[La Torre Nera]
--- “Io non miro con la mano” dice il pistolero e Roland pensa che le sue orecchie debbano averlo tradito.
“Colui che mira con la mano ha dimenticato il volto di suo padre,” continua Roland e solleva lo sguardo dalla pistola alla mano che la impugna, risalendo lentamente verso il viso
“Io miro con la occhio,” completa Eddie - Eddie che è a contezza insieme a lui e insieme a lui con una pistola dal calcio in sandalo puntata alla testa - e Cuthbert si volta ad osservare colui che non appartiene a nessuno dei due mondi di Gilead, eppure eccolo lì.
Genere: Angst, Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash, Crack Pairing
Note: Missing Moments, Otherverse | Avvertimenti: nessuno
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Fandom: La Torre Nera
Ship: Roland Deschain/Cuthbert Allgood
Rating: Safe
Wordcount: 1999 (occhiolino)
Challenge: COW-T, week 3, m3
Prompts: Ossessione/Omegaverse/"Non è vero che l'oblio non esiste. La testa seleziona, fa archivio continuamente e molto scarta. Fa spazio, compatta. Magari non elimina del tutto, ma comprime in un formato illeggibile. Anche se ti sforzi non trovi la chiave, non lo puoi decifrare più" (Concita De Gregorio) 

Note: L'unico motivo per cui Stephen King non si sta rivoltando nella tomba è che non è morto. 
Ambientato dopo i "Lupi del Calla" e prima della "Canzone di Susannah". Il missing moment di cui nessuno sentiva davvero il bisogno a parte me, perchè nessuno mi convincerà che Cuthbert non fosse (nemmeno troppo) segretamente innamorato di Roland. 
(Eventuali altre discrepanze dal canon, sono dovute al fatto che sono attualmente a metà della "Canzone di Susannah e non ho idea di come finirà la saga) 



 

La Tredici Nera è una subdola bastarda. 

Il Vettore è pericolante, ma è ancora in piedi su fondamenta di fragile arenaria pronta a cedere con uno schiocco e seppellirli tutti. E Roland e il suo ka-tet lo stanno percorrendo abbastanza rapidamente che potrebbero vedere la cima della Torre Nera all’orizzonte da un momento all’altro. 

La Tredici Nera non può certo permetterlo. 

La luce scivola maligna sulla sfera, un riflesso malvagio tagliente come una lama, affilato come un sorriso. 

No, non può certo permetterlo. 

* * * 

Roland sogna la Torre e la Rosa che è la Torre e la Tartaruga e l’Orso che sono i Vettori per la Rosa e per la Torre. 

Non c’è nient’altro, non nei suoi sogni, non nella sua veglia. 

È sempre stato così, ma ultimamente è peggio. 

Non riesce a pensare a Susannah - Susannah che è Mia che è Detta - dispersa tra i mondi, rapitrice di sé stessa per dare alla luce il suo demone-bambino. 

Non è che non gliene importi, no, certo che no, lei è parte del suo ka-tet e lui è il suo dinh ed Eddie ha perso lucidità da quando sua moglie se ne è andata portandosi via tutte le sue multiple personalità. 

Però. 

Però per Roland c’è la Torre, solo la Torre, nient’altro che la Torre. 

È una scelta che è stata fatta molto tempo prima e che è stata suggellata con una pira funeraria, fiamme rosse a bruciare mani di rosso verniciate.

Charyou tree. 

Il fuoco nel sogno divampa lungo il Vettore, brucia la Rosa e intacca le fondamenta della Torre dalle stanze vuote e decadenti.

Charyou tree, Roland, charyou tree. 

L’urlo straziante di Susan è lo schiocco del legno che cede, delle pietre che crollano su loro stesse, della Torre che implode e collassa, trascinando con sé gli universi. 

Deve sbrigarsi a raggiungerla, pensa Roland. Deve vederla prima di perdere la possibilità di vederla per sempre. 

Nell’aria risuonano le campane. 

Sto andando a contezza, si rende conto Roland, annaspando nel nero dei tizzoni carbonizzati, in quello che resta della sua vita prima che sia inghiottita anch’essa. 

Questo è un sogno, ma sto andando a contezza. 

* * *

Nero. 

Nero e uno scintillio. 

Il buio della volata di una pistola, il riverbero del fuoco sul metallo della canna. 

Prima degli occhi però Roland usa il naso. 

Odore di polvere da sparo e legno di sandalo oliato e tabacco di Gilead. 

Un pistolero. 

Ma lui è l’ultimo. 

“Io non miro con la mano” dice il pistolero e Roland pensa che le sue orecchie debbano averlo tradito.

“Colui che mira con la mano ha dimenticato il volto di suo padre,” continua Roland e solleva lo sguardo dalla pistola alla mano che la impugna, risalendo lentamente verso il viso

“Io miro con la occhio,” completa Eddie - Eddie che è a contezza insieme a lui e insieme a lui con una pistola dal calcio in sandalo puntata alla testa -  e Cuthbert si volta ad osservare colui che non appartiene a nessuno dei due mondi di Gilead, eppure eccolo lì. 

“Hai un nuovo ka-tet, Roland?” 

Roland annuisce, “E il tuo ka-tet, Cuthbert?” 

“Cuthbert?” Eddie sgrana gli occhi. “Quel Cuthbert?” Quello che è morto a Jericho Hill? Vorrebbe chiedere, ma è abbastanza intelligente per sapere che non è il caso. 

“No,” risponde Cuthbert per Roland. “Non quel Cuthbert, ma probabilmente sono la cosa che più ci assomiglia da questo lato dell’universo, non è vero, pistolero?” 

Roland annuisce ancora e questa volta Cuthbert abbassa le pistole, rimettendole nei loro foderi. 

“Spezziamo il pane, prima di tenere conciliabolo,” Cuthbert li invita a sedere attorno al suo bivacco. Il fuoco da campo arde e brucia nella notte scura quanto la porta che attraverseranno il giorno dopo, sempre che riescano a tornare a Calla Bryn Sturgis e rimangano bloccati a contezza o tra le crepe della Torre. 

Solo dopo aver diviso la parca cena, Cuthbert risponde alla domanda di Roland. “Non ho più un ka-tet, dopo Jerusalem’s Lot,” ed  Eddie deve fermare il proprio viso per impedirsi di mostrare sorpresa. Ma poi perché mai dovrebbe sorprendersi? Tutto è collegato dal ka. 

Padre Callahan e il Calla, il Diciannove e il Novantanove, e adesso Cuthbert e Jerusalem’s Lot. 

“E immagino di essere io il morto dal tuo lato del Vettore.” 

“Caduto durante la battaglia di Jericho Hill,” ammette Roland. “E Alain?” 

Cuthbert distoglie lo sguardo, quasi vergognandosi e Roland sa cosa uscirà dalle sue labbra prima che pronunci quelle parole. 

“Fuoco…” 

“… amico.”

Cuthbert annuisce, un contatto tra i mondi diversi e speculari, non propriamente uguali, ma abbastanza simili. “La notte prima della battaglia.”

“La notte prima della battaglia,” conferma Roland. 

“Così uguale…” Cuthbert sospira. “E anche tu. Sei così uguale…”  

La sua mano si solleva quasi a sfiorargli il volto, prima che Cuthbert si renda conto di cosa stia facendo e se la ficchi nella tasca dei jeans. 

Eddie distoglie lo sguardo, convinto che non dovrebbe assistere a questa scena. 

“Però, non hai odore” dice quel Cuthbert che non è il suo Cuthbert, “il mio Roland aveva odore.”

“Intende dire che puzzavi?” Eddie cerca di sdrammatizzare, e se solo Cuthbert non fosse passato attraverso Jerusalem’s Lot, probabilmente avrebbe riso con lui. 

Adesso invece la sua risposta è uno sguardo duro come una lapide.

“Smettila Eddie” Roland taglia corto. “Va a raccogliere legna, che il fuoco non si spenga prima della fine della notte..” 

“Sì, sì, ho capito, mi levo dalle palle,” Eddie stringe le labbra. “Ma vedi di non metterci molto, Susannah…” 

“Se siamo qui è a causa del ka. Non dipende né da te né da me quando ce ne andremo, Eddie.” 

Eddie sa che ha ragione, sa che senza la Tredici Nera sono in balia dei sogni per attraversare i mondi e può solo sperare che qualsiasi sia la cosa che devono fare in questo universo, riescano a farla in fretta. ‘Sei un pistolero, Eddie,’ si dice, ‘non dimenticare il volto di tuo padre.’ Non serve a calmare l’ansia che gli attanaglia le viscere, ma almeno il suo cuore rallenta qualche battito. 

“Lo so, Roland.”

Eddie si allontana, non davvero con il compito di andare a raccogliere legna. 

Roland lascia che il silenzio avvolga il bivacco, dando all’altro pistolero il tempo di fare ordine tra i propri pensieri e sentimenti. 

“Tu e il tuo Cuthbert…”

Roland non alza gli occhi dalla pallottola che si sta facendo ruotare tra le dita. 

“… eravate ka-tet?”

“Non è la domanda che volevi farmi.”

“No. Non lo è. Ma le domande hanno un peso, soprattuto se pronunciate tra pistoleri.”

“Eravamo ka-tet. Ma tu questo lo sai già. Siamo stati anche an-tet. Le notti del Medio Mondo sono lunghe.” 

Il fuoco continua a bruciare tra loro. 

Roland non ha bisogno di chiedere, così come non aveva bisogno di parlare, ma gli sembra evidente che Cuthbert abbia bisogno che lui glielo chieda, perciò apre la bocca.
“Tu e il tuo Roland…” 

Cuthbert scuote la testa. “Le notti del Medio Mondo non sono lunghe,” sputa quasi con veleno, prendendo Roland in contro piede. “Era molto più di questo.” 

“Era lui il dihn del vostro ka-tet, non tu” realizza Roland. Non uno specchio perfetto dei due mondi, non i due dihn sopravvissuti al resto, perché era pur sempre Roland quello con il sangue di Eld e Cuthbert… Cuthbert era stato lasciato alla deriva. 

Cuthbert gli offre il polso destro, gli mostra una cicatrice circolare bianca e sbiadita, un calco perfetto dei denti di Roland. “Era più del mio dihn, era il mio Alpha.”

Roland gli prende la mano, traccia i solchi con le dita, accarezza quel legame profondo quanto una fede.

E poi Cuthbert lo bacia. 

‘Non è vero che l’oblio non esiste,’ Roland ricorda le parole di Vannay, ‘La testa seleziona, fa archivio continuamente e molto scarta. Fa spazio, compatta. Magari non elimina del tutto ma comprime in un formato illeggibile. Anche se ti sforzi non trovi la chiave, non lo puoi decifrare più.’

Roland pensava fossero stupidaggini, che certe cose non le avrebbe mai dimenticate. 

Ma Roland ha dimenticato molto.

Roland ha dimenticato troppo. 

Forse il sapore della bocca di Cuthbert non è mai stato questo. Forse gli sembra nuovo perché è nuovo, perché quello non è Cuthbert, eppure, allo stesso modo, è Cuthbert.

“No,” Cuthbert si allontana, scuotendo la testa, quasi imbarazzato. Quasi pentito. “Non sei lui.” 

Roland vede una goccia di sudore scivolargli lungo il collo e non prova il desiderio di leccarla via come lo proverebbe l’altro sé, così come non sarebbe influenzato dagli ormoni in esso. 

E il problema non sarebbero nemmeno le due diverse biologie. 

Cuthbert - il suo Cuthbert - è stato il suo migliore amico, la sua spalla e il suo braccio destro. E sì, forse è stato geloso di Susan, ma… 

Questo Cuthbert ha gli occhi di una vedova. 

Roland si chiede se le circostanze avrebbero potuto essere diverse - se avrebbe potuto essere più che il calore e la consolazione nelle fredde e lunghe notti del Medio Mondo, se avrebbe potuto piangerlo nello stesso modo, amarlo nello stesso modo, se solo… 

“Roland!” Eddie si scapicolla nella radura, “sta arrivando qualcuno!” 

Cuthbert si alza di scatto e la sua mano scivola dalla presa di quella di Roland, in cui era rimasta. Se Eddie ha notato il gesto, il suo viso non tradisce alcuna emozione, né d’altro canto i due pistoleri hanno qualcosa di cui vergognarsi. 

“I Bui,” spiega Cuthbert, “mi hanno trovato.” 

Né Roland né Eddie hanno bisogno di chiedere chi siano i Bui - i Grandi Cacciatori della Bara? Jack Andolini? Balazar? John Farson? Cambierebbe qualcosa? 

“Dovete andarvene, se potete,” dice Cuthbert, ma Roland ed Eddie hanno già estratto le pistole. 

“Combatteremo,” dice Eddie. 

“Non è necessario. Non è la vostra battaglia.”
“La nostra battaglia è per la Torre. In qualunque universo,” dice Roland e Cuthbert occhieggia le dita mozzate della sua mano destra, quello che pensa ben visibile sul suo volto.

“Io non sparo con la mano,” gli ricorda Roland. 

Colui che spara con la mano ha dimenticato il volto di suo padre. 

“Io sparo con la mente.” 

“Aye, e la sua mente è più lucida della tua e della mia messe insieme,” cerca di rassicurarlo Eddie. 

Cuthbert annuisce e carica la pistola e spera che sia vero. 

’Non voglio veder morire un altro Roland, anche se non è il mio Alpha.’ 

* * * 

L’agra secca urla nelle sue articolazioni, mentre scava la fossa. 

“Sei sicuro di non volere una mano, Roland?” 

Roland scuote la testa. “Devo farlo io.” 

“Come preferisci.” 

Eddie scruta le ceneri del fuoco che si sta spegnendo, ignorando i cadaveri che li circondano. 

La fossa è una sola, non hanno tempo né forze né abbastanza carità d’animo per seppellire anche i Bui. 

No, ha visto abbastanza sul volto di Roland quando la pallottola ha attraversato l’addome del suo amico. 

‘Io uccido con il cuore’ dicevano i suoi occhi. 

Eddie non ha dovuto nemmeno sparare un colpo. 

Io non uccido con la pistola, colui che uccide con la pistola ha dimenticato il volto di suo padre. 

Io uccido con il cuore. 

‘Sì, col cuore,' Eddie si dice. 

L’ultima manciata di terra copre la buca. 

“Sei pronto ad andare?” chiede Eddie.

“Sì,” Roland pianta la pala nel terreno come una croce, “capisco la premura.” 

“Susannah mi chiama,” dice Eddie e no, non sta cercando di giustificarsi.  

“La Torre ci chiama,” dice Roland e lo osserva con la coda dell’occhio. 

Eddie Dean sarà pure un pistolero e sarà pure parte del suo ka-tet e sarà pure disposto a sacrificare la propria vita alla ricerca della Torre… ma non quella di Susannah. 

È questa la fondamentale differenza, tra l’urgenza del suo ka-tet e l’ossessione di Roland. 

Chi sono disposti a lasciarsi alle spalle. 

* * * 

La Tredici Nera scintilla di rabbia repressa. 

L’ha rallentato, ma non è abbastanza. 

Ha ucciso un altro pistolero, ma non è abbastanza.

La Sfera canta. 

Ci sarà tempo, ride, oh, sì, ci sarà tempo. 

L’Iride del Mago ha altri trucchetti. 

 

  
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