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Autore: mystery_koopa    22/02/2020    13 recensioni
Dal testo: "Era il migliore dei tempi, quello in cui compivamo i nostri crimini peggiori. Ci paragonavano a Bonnie e Clyde, eravamo diventati la nuova coppia di criminali e amanti che uccideva poliziotti e scassinava qualsiasi cassaforte: ogni volta leggevamo sul giornale i titoli con cui la stampa ci definiva, quelle stupide etichette da cui provavamo a fuggire senza successo da una vita intera."
La storia è ispirata a due canzoni, "Under the Iron Sky" dei Laibach e "Getaway Car" di Taylor Swift.
✠ Terza classificata al contest "Le canzoni più belle" indetto da Fiore di girasole sul Forum di EFP.
✠ Seconda classificata al contest "Generi a catena" indetto da Dark Sider sul Forum di EFP.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Noir | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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‘CAUSE US TRAITORS NEVER WIN
 
Il bar del motel non cambiava mai: sempre le stesse persone, lo stesso squallore. Operai che non potevano portare a casa l’amante o permettersi una stanza migliore, l’intonaco fatiscente sui muri aggrediti dalla muffa; e poi noi.
Avevo ordinato un Old Fashioned per lei, come sempre, mentre io avevo rinunciato al solito tè verde aromatizzato alla mandorla, rifiutando anche un banalissimo infuso di lamponi che la banconista (era squallida anche lei, anche se non ricordo nemmeno come si chiamasse) mi aveva proposto come alternativa. Presi un caffè: era imbevibile. Forse fu proprio questa variazione a determinare ciò che accadde successivamente, come la rottura di una catena consolidata: perché rimasi lì, perché?!

Era il migliore dei tempi, quello in cui compivamo i nostri crimini peggiori. Ci paragonavano a Bonnie e Clyde, eravamo diventati la nuova coppia di criminali e amanti che uccideva poliziotti e scassinava qualsiasi cassaforte: ogni volta leggevamo sul giornale i titoli con cui la stampa ci definiva, quelle stupide etichette da cui provavamo a fuggire senza successo da una vita intera. Sorridevamo amaramente, poi lei finiva l’Old Fashioned e si alzava, scomparendo dietro le porte dell’ascensore: non avevamo mai dormito l’uno di fianco all’altra, e forse era quello il motivo per cui non ci avevano ancora arrestati.

Ricordo ancora l’ultima volta che accadde; era un giovedì notte, pioveva, e la sua pelle sembrava pallida come non mai, colpita dai raggi lunari che filtravano attraverso le finestre sporche del bar. Non era una notte diversa da tutte le altre, no, ne sono certo: la pioggia continuava a scendere, sempre più forte, non so come la luce della luna potesse raggiungerci. E forse era proprio questo a rendere l’atmosfera così cupa, quasi mortale: l’aria pesava come se le finestre fossero state chiuse per anni, nonostante gli spifferi che non notavamo neanche più, ma che ci torturavano togliendoci le nostre uniche ore di sonno a causa dei blocchi alla schiena. Anche durante il sesso accadeva, e dovevamo fermarci per evitare di dover restare lì, di essere presi senza alcuna possibilità di fuga; io tornavo nel bar, lasciandola ancora una volta sola nella stanza: probabilmente non avevamo mai dormito insieme perché io non chiudevo mai gli occhi. Oggi non ricordo nemmeno il numero di giorni consecutivi trascorsi senza nemmeno un istante di sonno.
Tuttavia, ripensandoci, forse l’aria non era così pesante: forse si trattava davvero di una notte come tutte le altre, forse era stata tutta una costruzione successiva fatta dalla mia mente.

Quella notte mi addormentai, con la testa china sul tavolo: mi svegliò la banconista, dicendomi che lei se n’era appena andata: sentii unicamente il rombo del motore della nostra auto, poi più nulla, solo freddo. Per ironia della sorte, non erano state quelle brodaglie chiamate tisane a farmi addormentare, ma una tazzina di caffè.

 
***
 
Il tempo scorre, e le lancette dell’orologio sul cruscotto sembrano scorrere sempre più veloci, facendo sempre più rumore; mi pulsano le tempie. Sono nella nostra auto, quella che usavamo dopo aver compiuto i nostri crimini. Non posso farne a meno: ho preso le chiavi e sono fuggita, ma è come se tutto ciò che mi appartiene fosse anche tuo, ancora una volta.
La borsa con i soldi è sotto il mio sedile, ad ogni dosso della strada ne sento il rumore metallico, che si aggiunge violentemente a quello delle lancette. Di fianco a me è aperta una mappa, dove una X rossa segna il motel: l’ho fatto davvero. Avrei dovuto sapere che sarei stata la prima ad andarmene, lasciandoti lì; mi scende una lacrima e mi tremano le mani: provano invano a tenere fisso il volante della vettura, che sbanda e colpisce il guardrail, ma prosegue poi nella sua fuga. Tremo ancora, ma non posso accostare.

Non so con certezza perché me ne sono andata, ma forse ora non importa nemmeno più: io ti amavo, ti amo ancora, e tu lo sapevi anche se non te l’avevo mai confessato, anche se non ne avevamo mai parlato. Tra noi doveva esserci solo sesso, dovevamo essere senza cuore, proprio come Bonnie e Clyde.
Ma, ripensandoci ora, tu non hai mai sparato nel buio, per allontanare le volanti della polizia che ci inseguivano: sono sempre stata io l’assassina e ho ucciso anche noi, lasciandoti nel bar di quello squallido motel, addormentato, perso. Di me è rimasto solo un bicchiere di Old Fashioned, svuotato fino all’ultima goccia; la macchia lasciata dal rossetto sul bordo, a quest’ora, sarà già scomparsa.

Piove, e piango e sbando ancora, i ricordi stanno scomparendo: forse è davvero cambiato qualcosa. Guardo attraverso il buio, alzando la testa: è sempre stato così, fin dal primo giorno; e se ci rincontreremo in futuro, un giorno, so che sarà qui, sotto questo cielo di ferro. L’inferno non fa per noi.

 
***
 
Fin dal primo incontro, dalla prima tisana e dal primo Old Fashioned, noi siamo stati maledetti: abbiamo sempre vissuto una vita infelice, vuota quanto i soldi che rubavamo e non potevamo spendere, utile solo ai giornalisti. Tu mi amavi, io non so, ma ciò che ho sempre provato per te non è normale, ne sono certo: non è mai stato amore o ossessione, passione o piacere. So solo che, prima che io scendessi le scale e mi sedessi al bancone del bar, le sirene da cui fuggivamo risuonavano ancora nel mio cuore, proprio mentre eri sdraiata sul mio petto. Una sensazione che non avevo mai provato nella mia vita, né quando mi avevano arrestato da ragazzo, né successivamente, quando te nei sei andata: forse il sesso tra noi era l’unica cosa talmente vuota da essere in grado di riempire lo spazio freddo dentro di me.

Sono passati mesi, ma sto ancora aspettando il momento in cui ti rivedrò, in cui ti dirò che sei sempre appartenuta a me, a noi. Fin dal primo incontro, dalla prima tisana e dal primo Old Fashioned nel bar del motel: chi l’avrebbe mai detto che uno spazzino pregiudicato e un’ex truffatrice, muniti soltanto di un’auto nera pronta per la fuga, avrebbero fatto tutto questo?

Una settimana dopo la tua partenza, i giornali iniziarono a svendere copie con i loro soliti titoli: “Bonnie e Clyde, in fuga con i soldi o al lavoro per il colpo del secolo?”
Dopo che ne fu trascorsa un’altra senza novità, è inutile dire che fu la prima delle due sconclusionate teorie ad affermarsi nell’opinione pubblica: eppure, fino ad oggi io ho continuato a raccogliere la spazzatura gettata per le strade, senza mai smettere di pensare a te, e sicuramente non mi sto rilassando su una spiaggia assolata delle Isole Cayman.

Solo oggi sono ritornato al motel, e ho scoperto che la banconista è stata licenziata per furto. Probabilmente ha provato nel suo piccolo a imitare le nostre imprese, povera illusa… lei non è come te, ma come me: ha perso tutto, e nessuno sentirà mai più parlare di lei, così come io non ho più saputo nulla dopo la tua fuga. È inutile che io aspetti un’altra occasione di vederti, di stringerti, di dirti che sei mia e che sei sempre appartenuta a me. È solo un delirio, una morte lenta e dolorosa come se migliaia di tagli stessero lacerando la mia pelle.
Lascio il motel, me ne vado come hai fatto tu: tra un’ora sono di turno. Non so se ci ritornerò ancora, ma spero solo che tu non lo faccia a tua volta; certe volte preferirei che fossi morta, piuttosto di avere il sospetto che tu sia con un altro uomo. E pensare che ero convinto di non amarti…

La pioggia batte violentemente sulle finestre, io apro la porta ed esco: la tazza che conteneva la tisana è vuota, il bicchiere di whiskey ancora intatto sul tavolino.

 
***
 
Continuo la mia corsa sull’asfalto bagnato, e ad ogni curva una scarica di adrenalina mi colpisce come una frustata.
Continuo a pensare a te, e forse potrei anche denunciarti, prima di partire: basterebbe una semplice lettera anonima, e potrei persino allegarci la mappa con le indicazioni per arrivare al motel, Se arrivasse la polizia, pure quella stupida della banconista sarebbe capace di fare due più due e farti arrestare, mentre io sarei già partita per un’isola senza estradizione. Non avrei mai pensato che sarebbe potuto succedere davvero.
Continuo a pensare a te, e le lacrime mi annebbiano la vista: tornerei indietro, se potessi.

In un ultimo istante di lucidità riesco soltanto a notare la mia incoerenza e il mio marciume; stacco una mano dal volante e cerco un fazzoletto per asciugarmi gli occhi: la borsa è sotto il sedile e il pacchetto è nella tasca laterale, di fianco ai soldi. Non lo trovo, ma non posso distogliere lo sguardo dalla strada. Utilizzo la mappa, e la carta mi procura un taglio sullo zigomo: sanguino leggermente e sento bruciare la pelle intorno alla ferita, ma nemmeno m’importa. Sto ancora pensando a te: come vorrei che fossi stato tu a ferirmi così… e invece l’ho fatto ancora una volta io, da sola.

Un istante dopo sento uno stridore metallico e il vuoto sotto di me, poi il tonfo di un grande peso che impatta sulla superficie di un lago: sento i piedi bagnati e mi slaccio la cintura. La portiera è bloccata, intorno a me c’è solo il buio, e ogni rumore mi giunge ovattato. Ma sono certa di non aver mai distolto lo sguardo dalla strada, non…
Sto andando a fondo e i miei occhi sono solamente secchi, senza più una sola lacrima a consolarli. Così come l’inferno, anche il cielo di ferro di questa notte si è rifiutato di vedermi per un istante di più, ed è giusto così.

In quest’auto sono fuggita, ho pianto; e ora sto morendo al suo interno e posso solo dirti addio, mentre l’acqua entra sempre più velocemente dal fondo. Era destino, non ne sono sorpresa: ti ho lasciato solo e questa notte sarà l’ultima, non ci rincontreremo più. È l’unica fine che merito, perché noi traditori non vinciamo mai.



 
  
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