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Autore: ToscaSam    23/02/2020    1 recensioni
Ispirato da "I Fisici" di Dürrenmatt.
Ambientato in piena Guerra Fredda: in una clinica psichiatrica sono ricoverati tre strani pazienti. Tutti e tre erano grandi fisici, un tempo. Fra di loro ce n'è uno, Johan Möbius, che ha lavorato tutta la vita per trovare la "formula universale", quella che risolverà ogni domanda sull'universo e sulla fisica. Tutte sciocchezze deliranti di un malato di nervi.
O forse no.
Nel prestigioso sanatorio cominciano ad accadere fatti disturbanti: due infermiere trovate morte sono solo l'inizio della vicenda.
Una storia grottesca, farcita di dark humor e temi filosofici.
Cosa è giusto/sbagliato? Cosa è il bene/il male? Chi sono i buoni/i cattivi?
Genere: Dark, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Il Re Salomone
 
La dottoressa premette il pulsante e il led rosso si spense.
Tornò a sedersi sul letto e iniziò con una calma febbrile a vestirsi: le calze, la biancheria, la sottoveste, il vestito. Tirò fuori dall'armadio un cappotto di pelliccia. Poi aiutò Ilka a rivestirsi: gli abbottonò la camicia, gli sistemò la divisa.
Gli fece cenno di recuperare l'arma di servizio e lui se ne munì.
Uscirono insieme per dirigersi al salotto della villa. Mathilde si accese una sigaretta e la gustò con calma.
Scesero le vaste scale che dagli appartamenti della dottoressa conducevano all'atrio. Ilka estrasse un mazzo di chiavi e rese possibile l'accesso nel salotto. Era deserto.
Mathilde si sistemò al centro della stanza, finì la sigaretta, poi la spense nel posacenere.
Ilka attese che l'ultima boccata di fumo svanisse, poi domandò:
« Comanda, signorina?»
« Vada a prendere Möbius, Ilka» disse lei con fredda tranquillità.
Ilka obbedì e tornò poco dopo accompagnato da Johan Möbius, stralunato, sorridente, che si acciambellò a sedere su una poltrona vicino alla dottoressa.
« Ah, quant'è magnifico il re Salomone. Mi parla di continuo. Abbiamo appena finito di chiacchierare»
« Ah, si?» chiese Mathilde.
« Si. Mi ha detto che preferisce il poker al bingo»
« Möbius, per ordine del procuratore di stato posso parlarle solo in presenza di un guardiano»
« Capisco, signorina»
« Però quello che ho da dirle riguarda anche i suoi due colleghi. Ilka, faccia uscire gli altri due».
Ilka obbedì meccanicamente. Raggiunse le porte dei due ricoverati e li strattonò per farli uscire.
Stephien brandiva la bottiglia di Sambuca ormai vuota e cantò:
« che notte misteriosa e sublime! Giove e Saturno rispendono e mi rivelano le leggi dell’universo».
Ylosovich invece, arrivò a saltelli e abbracciò la dottoressa: « Che notte felice e buona. Vorrei suonare il mio violino, e non cessare mai più!».
Mathilde rimase immobile, si liberò dall'abbraccio del suo paziente con movimenti minimi.
Attese qualche secondo, guardandosi le unghie rosse di una mano.
Poi disse, con noncuranza:
« Devo parlarvi. Mitja Ylosovich e Brian Stephien».
Tutti e tre i fisici saltarono in piedi.
Il russo e l'americano saltarono rapidi verso il tavolo dei bicchieri, ma Ilka intimò: « Mani dietro la testa!» e brandì il PPŠ-41.
I tre uomini furono costretti a rimanere immobili.
Ilka si avvicinò e scostò il tavolino: vide le due pistole, le intascò e continuò a puntare dritto la propria arma.
« Il vostro colloquio è stato registrato. La villa è circondata da guardie, ogni tentativo di fuga sarebbe inutile. Era molto tempo che sospettavo di voi due» aggiunse la dottoressa. Sistemò un ciuffo castano sfuggito alla crocchia a conchiglia: « è stato un piacere giocare a scacchi con lei, Stephien. Credeva fossi sciocca e che non usassi la situazione a mio vantaggio? Ne ho tratto un esatto profilo psicologico».
Stephien si rabbuiò.
« E lei, Ylosovich. Quante volte abbiamo suonato insieme. La musica è una grande rivelatrice dell'animo umano, lo sapeva? Il suo modo di toccare le corde, il suo stile d'esecuzione, la sua sensibilità. Tutti indizi, per me».
Ylosovich divenne una statua.
La dottoressa li osservò, compiaciuta. Sembrava diventata parte del magnifico salotto e ne esprimeva tutta l'energia malvagia di cui i molteplici omicidi l'avevano caricato. Avrebbe potuto soffiare sui tre ricoverati e sbriciolarli come sabbia.
Si guardò intorno e scelse la postazione più vistosa: una sedia imbottita di velluto rosso, contornata da prezioso legno scolpito. Lisciò i braccioli: le sue mani erano candide, decorate da anelli e smalto rosso.
« A voi soli, ora, voglio rivelare il mio segreto: anche a me è apparso il re Salomone». Lo disse con un tono lezioso, dolce, stucchevole, come se i tre fisici fossero grotteschi bambini a cui viene raccontata una storia.
Rimasero con le bocche spalancate e le gole aride. Solo Möbius riuscì a soffiare: « il re Salomone?».
« Oh, si» confermò Mathilde Von Zhand: «per tutti questi anni. La prima volta fu dieci anni fa. è arrivato insieme a lei, Möbius. All'inizio non mi ero accorta che ci fosse, ma pian piano, lei me l'ha mostrato»
« Ma ... è impazzita?» Möbius non capiva quanto la Von Zhand fosse seria e quanto scherzosa. Procedeva con quel tono mieloso, per prendersi gioco di loro.
« Salomone era ... come dire, risorto dai morti. Stava rivelando la sua saggezza a lei, Möbius. Così che lei potesse regnare sulla terra in suo nome. Ma lei ha avuto paura, lei ha tradito il suo re Salomone. Ecco perché è venuto da me. Per imporre il suo immenso dominio nel mondo».
Nessuno osava proferire parola. Tutto era oscuro: il tramonto e le intenzioni della dottoressa, così come l'uniforme di Ilka, immobile, che brandiva l'arma fermamente.
« E io ho obbedito al comando del re Salomone. Ero la sua dottoressa, Möbius, e potevo farle tutto quello che volevo. Non sa che sollievo a poter finalmente parlare di tutto questo. Come si dice, i cattivi devono sempre spiegare i loro antefatti, prima o poi. Per quanto il cattivo sia lei, finalmente capisco il perché di questa necessità: dà un sollievo enorme. Ebbene, sappia che sono otto anni che regolarmente la addormento, prendo i suoi appunti, li fotocopio e li studio. Sono otto anni che, grazie alle sue formule, fondo imprese gigantesche e non fallisco mai. Ho esteso il mio dominio su infinite realtà, in pratica, pur rimanendo nell'ombra, sono la proprietaria di mezza Germania» sghignazzò, amabile:« e ora, io utilizzerò la sua "formula universale". Ma si, se la ricorda? Quella che le ha dettato il re Salomone. Quella che lei ha inventato per me, Johan».
E a quel punto Möbius capì che Mathilde Von Zhand non era pazza, non si era bevuta il cervello, non aveva mai visto davvero il re Slomone. Era lui stesso, Möbius, il re Salomone di cui la donna parlava. Lui si era dettato gli appunti di fisica. Lui li aveva involontariamente consegnati alla direttrice del manicomio in cui si era rinchiuso. Lui, il suo genio.
Si alzò, tremando come una foglia:
« Io lo griderò al mondo intero. Griderò che lei mi ha derubato. Lei ha persino fatto pagare alla mia povera moglie la retta della clinica!»
« Uhm, Möbius, anche se la sua voce uscisse da queste mura - cosa che giudico improbabile - nessuno le crederebbe: agli occhi del mondo lei non è che un malato di mente, un pazzo pericoloso. E tutto per sua scelta. Sa cos'è lei? Lei Möbius, è il cattivo. Lei è un assassino».
Una pietra enorme si depositò sul cuore di Johan. Un macigno infinito, pesante quanto la morte e leggero come l'amore. Lo soffocò.
« Martha ...» sussurrò, vedendo il suo volto scolpito nel macigno.
« Irene»
« Dorothea»
mormorarono sofferenti gli altri due.
« Avete ucciso come carnefici!» strillò la dottoressa: « E l'avete fatto, uhm, inutilmente ...».
Stephien e Ylosovich non fecero in tempo a trattenere Möbius; le loro mani afferrarono l'aria, un secondo troppo tardi. Möbius si lanciò verso la dottoressa ma Ilka le fu subito al fianco: fermò la corsa di Möbius afferrandolo per la gola. Lo alzò da terra e lo scaraventò indietro. La faccia del guardiano era come una statua impassibile.
Möbius atterrò tossendo, annaspando. Gli altri due furono subito chini su di lui.
« Oh, è inutile aggredirmi, Möbius. Così com'è stato inutile bruciare i manoscritti, che erano già fra le mie mani».
La donna si alzò, attraversò il salotto a passi lenti, scelse accuratamente un'altra sedia più imponente e vi si accomodò. Il suo corpo leggero fece a fatica incurvare l'imbottitura. Accavallò le gambe e si appoggiò sullo schienale. Sembrava una regina.
« Non sono più le mura di una clinica a circondarvi. Questa casa sarà la vostra prigione. Non sarei mai ricorsa a tanto, ma, vedete, è stato il procuratore di stato a impormelo. Non sono guardiani di un manicomio che vi tengono qui: Ilka è il capo della mia polizia privata; ha ricevuto un addestramento specializzato e per voi sarà i miei occhi, le mie orecchie e la mia autorità. Salomone adesso vi distrugge per mia mano. Mentre io ne assumo il suo potere, io non ne ho paura. Io che sono l'ultima figlia della mia famiglia, ora sarò la più potente fra gli uomini».
Ilka si avvicinò alla maestosa poltrona, ma rimase due passi indietro. Strinse l'arma fra le braccia e rimase con volto di marmo a fissare i tre fisici, accasciati a terra, annientati.
Mathilde continuò:
« Con queste formule potrei sfruttare le leggi che governano l'universo. Il movimento dei pianeti, la materia oscura, i dati quantici e i segreti naturali della vita. E credo che lo farò. Applicherò la formula a ogni ambito. Potrò darmi ogni risposta per la filosofia e ogni numero per la scienza. Il gioco è fatto» concluse, curvando le labbra magnifiche e rosse in un sorriso serafico: « e chi ha vinto, non è il mondo. Ma io».
Gustò l'effetto che l'affermazione produceva su sé stessa, poi alzò il braccio sinistro e tese la mano.
« Ilka» chiamò.
Ilka la raggiunse, fece alzare la divinità dal trono e le baciò la mano; una divinità minore. Lei gioì; gli carezzò la guancia, ammirò il suo viso biondo e perfetto, poi si liberò dalla presa.
« il consiglio amministrativo ci aspetta. Direi che ho del materiale per iniziare questa nuova impresa universale».
Mathilde Von Zhand uscì, seguita da Ilka. Chiuse la porta e le mandate della serratura rimbombarono nella stanza.
Nessuno dei tre fisici seppe mai ricordare quanto tempo passò, se quel giorno durò all'infinito né se era sempre in corso. Una notte eterna, che si attanagliò ai loro cuori plumbei.
Rimasero in silenzio, accovacciati, con le mani sulla testa e le ginocchia serrate.
Albert Einstein giaceva pensando al suo violino. Le corde della sua anima stonata vibravano senza forma. Emettevano una melodia vuota e silenziosa. Perché proprio Einstein, si diceva? L'aveva inventato per fingere pazzo, ma che c'era di pazzo in Einstein? 
Sir Isaac Newton, colui che scrisse i principi matematici della filosofia naturale, contemplava il frutto delle sue ricerche. La sua vita di più di duecento anni era servita solo a perdere e a soccombere, di nuovo. Sir Isaac Newton forse giaceva già in una tomba, ormai ossa e polvere, ma che cambiava da questo sir Isaac Newton? Era forse meno reale? Forse era più reale, di certo più vivo eppure privo di vita.
E infine il re Salomone. Il povero re Salomone, spodestato dal trono, gettato a terra, perdeva attimo per attimo la sua ragione. Era sempre stato lui, il re Salomone. Se l'era inventato di sana pianta, un nome casuale per far finta d'esser pazzo, per giustificare il segreto delle scoperte. Era nella sua testa, era lui. L'aveva inventato o solo scoperto? Lui? Chi altri era lui? Un tempo era ricco, saggio e timoroso di Dio. Dinanzi al suo potere tremavano anche i più possenti. Era un sovrano giusto. Ma la sua saggezza distrusse il suo timor di Dio, e quando lo perse, allora la sua saggezza distrusse anche la sua ricchezza. E adesso erano morte le città su cui regnava, era vuoto il regno che gli era stato affidato; ormai era ridotto a un deserto dai riflessi bluastri, e chi sa dove nello spazio, intorno a una piccola stella gialla senza nome, la terra radioattiva continuava a roteare senza posa e senza senso.
Lui era Salomone. Era il povero re Salomone.
 
 
 
 
---Nota finale---
grazie per tutti quelli che hanno letto la storia.
Un grazie speciale a chi ha lasciato una recensione.
Spero di avervi invogliato alla lettura del testo teatrale originale e spero che voi ne traiate un'immagine vostra, magari diversa dalla mia.
Per quanto sia un testo vecchio, I Fisici mi pareva contenere qualcosa di tremendamente intrigante. Mi sono innamorata di Richard Voss e di Mathilde Von Zhand. Non saprei dirvi chi siano i buoni o i cattivi, né cosa sia la libertà o la prigionia, né quali siano i folli e quali i sani.
Spero di avervi interessati e spero che (se mai lo scriverò) leggerete la mia versione del “poi”, di quello che succede dopo questo conclusivo e terribile evento.
 
Un bacio,
Sam
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