Stress
Il ragazzo si chiuse la porta alle spalle,
cercando di fare meno rumore possibile. Si lasciò sfuggire un profondo sospiro,
come se non avesse più preso fiato da quando era uscito da quella stanza, e si
buttò sul letto a peso morto, di faccia. Prima che qualcuno potesse turbare
quel momento di pace, allungò alla cieca una mano verso il comodino, afferrò le
grosse cuffie, le mise sulle orecchie e fece partire la musica.
Finalmente
qualcosa di piacevole da ascoltare.
Non la voce della mamma che lo sgridava
perché non studiava abbastanza.
Non quella del papà che lo sgridava perché
non si allenava abbastanza.
Nessuno a ricordargli che lui non era il
figlio prediletto.
La
situazione era davvero precipitata da quando Gohan
era andato a vivere con Videl, ma Goten
non ce l’aveva con lui, anzi. Il suo
fratellone era una delle sole due persone che lo capivano. Solo che Gohan era indubbiamente un genio, in grado di eccellere in
tutti i campi, se si impegnava, mentre lui era il figlio imperfetto, incapace
di reggere il confronto. Il suo fratellone alla sua età aveva già salvato il
mondo ed era riuscito ad entrare da privatista in una scuola prestigiosa; lui
aveva a malapena la sufficienza in tutte le materie, e la cosa poteva pure
essergli perdonata se, almeno, fosse stato un bravo guerriero come suo padre.
Già, ma loro non sapevano e, peggio ancora,
si rifiutavano di ascoltare...
Il
cellulare squillò. Goten alzò la testa pigramente,
afferrò il telefono e guardò lo schermo.
Trunks.
Sorrise. L’unica altra persona che lo capiva.
«Yo, Trà!»
«Yo, Got! Com’è?»
«Uno
schifo come sempre. Tu?»
Goten sentì Trunks sospirare dall’altra parte del telefono.
Evidentemente aveva sperato in un’altra risposta, e il ragazzo sapeva benissimo
perché.
«Tranquillo,
non sono così giù da non poter venire per quello,
se ti serve.»
«Sicuro?»
«Sicurissimo.»
«E tua
madre?»
Goten alzò le
spalle: «Se dovessi sommare tutte le punizioni che mi dà, credo che finirei
intorno alla pensione, quindi una più, una meno... ho bisogno di uscire di qua
o soffoco. Solito posto?»
«Ok, a
tra poco.»
In un
lampo, Goten si cambiò la maglia e aprì la finestra.
Controllò l’aura di sua madre, giusto per evitare che lo scoprisse prima ancora
di partire, ma essendo dall’altra parte della casa, mise tranquillamente un
piede sulla finestra e si diede la spinta necessaria a prendere il volo.
Ringraziò mentalmente che sua madre non sapesse fare lo stesso e che suo padre
fosse fuori, o sarebbe stato ancora più nei guai.
L’aria
fresca gli fendette il viso e Goten sorrise. Aveva
smesso completamente di allenarsi nel combattimento da anni, ma non aveva
voluto assolutamente rinunciare a volare. Ricordava ancora con dolcezza e
nostalgia quando il suo fratellone glielo aveva insegnato, tanti anni prima, in
compagnia di Videl, e galleggiare nell’aria era un
po’ come essere ancora bambino e ritrovarsi in uno dei suoi abbracci dolci e
forti, di quando oltre che da fratello gli faceva anche un po’ da padre, di
quelli che a sedici anni non avrebbe più avuto il coraggio di chiedere.
Allontanando
quei pensieri, il ragazzo scese. Trunks era già lì
che lo aspettava, con il pugno teso per il saluto.
«Yo!»
Goten rispose
al saluto battendo il pugno: «Yo. Allora, pensi
davvero di essere pronto a battermi?»
«Mi sono
allenato un sacco, vedrai.»
«E allora
fatti sotto, ti aspetto!»
Goten allargò
le braccia e il suo corpo venne avvolto da una sfera violetta. Trunks iniziò subito a tempestarla di colpi, senza
infliggere alcun danno all’amico.
Goten fece
finta di sbadigliare: «Tutto qui?»
Trunks sorrise:
«Questo era il riscaldamento.»
In attimo
si trasformò in Super Sayan e riprese l’attacco.
«Ecco,
così va meglio.»
Goten sospirò.
Quanti anni erano passati dall’ultima volta che si era trasformato? Tanti,
forse non ricordava più nemmeno bene come si facesse. Questa era una delle
critiche che gli rivolgeva più spesso suo padre, ovvero che la sua “pigrizia”
avesse tolto alla Terra una delle armi migliori che potessero avere, Gotenks. Su una cosa aveva ragione: la differenza di forza
tra lui e Trunks ormai era tale che la fusione
sarebbe stata quasi impossibile. Ma sulla
sua presunta pigrizia...
L’ultimo
pugno di Trunks fece per un attimo vacillare la
barriera. Goten lo guardò sorpreso: «Ehi, non
scherzavi, ti sei allenato sul serio!»
«Sulla
nostra sfida non scherzo mai, dovresti saperlo.»
Passò al
Super Sayan di secondo livello e continuò ad
attaccare senza sosta.
Era nata
anni e anni prima come una promessa, si era trasformata in una divertente sfida
fra loro due. Perché Goten non era così
irresponsabile come credevano i suoi genitori, anche se non se la sentiva più
di allenarsi non aveva intenzione di lasciare la Terra indifesa in caso di
nuove minacce aliene. Così, se non poteva fare altro, aveva promesso al suo
migliore amico che lo avrebbe sempre supportato nei suoi allenamenti. E, a modo
suo, aveva continuato a farlo, fornendo a Trunks uno
stimolo per continuare a sopportare gli estenuanti allenamenti di Vegeta.
«Prova a
colpire più in alto, di solito è lì che la mia barriera è più debole.»
«Non
accetto suggerimenti.»
Goten sorrise
della testardaggine dell’amico. Erano ormai almeno sette anni che cercava di
sfondare quel muro, senza riuscirci, eppure non si era mai arreso.
Nella
foga e nella frustrazione, Trunks lanciò un colpo
energetico nel punto suggerito da Goten.
«NO!»
La sfera
di energia rimbalzò come una pallina da tennis sulla barriera e si diresse
verso un albero. Trunks, rendendosi conto
dell’errore, sbarrò gli occhi e si precipitò per intercettarla, ma Goten fu più veloce: con un rapido movimento della mano
avvolse anche l’albero in una barriera energetica simile alla sua, e il colpo
rimbalzò nuovamente verso di lui, che spense la sua difesa per ricevere il
colpo in pieno petto.
«Goten!»
«Sto
bene, non preoccuparti.»
«Mi
dispiace, scusami...»
«Ti ho
chiesto più volte di non usare colpi energetici durante il nostro allenamento.»
«Lo so,
mi dispiace, non...»
Goten sospirò,
guardando la sua maglietta bruciacchiata: «Vabbè, non importa. Comunque questo
non conta ai fini della sfida, la barriera l’ho disattivata io.»
Trunks lo
guardò perplesso. Ma chi ci stava più
pensando alla sfida!
«Dai,
vieni da me, ti disinfetto e ti do una maglietta nuova.»
Goten guardò
l’orologio: «Non faccio in tempo, devo essere a cena tra poco. Qualcosa
m’inventerò. Ci sentiamo più tardi.»
E volò
via senza lasciargli il tempo di replicare. Trunks
rimase lì, imbambolato per un po’. Si avvicinò all’albero e lo osservò con
attenzione.
Si era sbagliato, o Goten
aveva davvero...
Un’idea
prese forma nella sua mente e sorrise, prendendo in mando il telefono. Forse
avrebbe avuto qualcosa di meglio per farsi perdonare di una semplice maglietta
nuova...
Quella
sera, mentre Goten era ancora chiuso in camera con le
cuffie sulle orecchie, il telefono squillò di nuovo. Come poche ore prima, il
ragazzo guardò lo schermo e sorrise.
Gohan.
«Pronto?»
«Ciao,
fratellino, come stai?»
«Insomma...
e tu?»
«Bene,
dai... senti, domani vieni a pranzo qui?»
«Dipende
da...»
«Mamma è
già stata avvisata e hai tutti i permessi del caso.»
Goten sbarrò
gli occhi: «Come hai fatto??? Mamma è furiosa con me!»
Gohan
ridacchiò: «Ho chiesto un desiderio a Shenron!»
Goten scosse
la testa sospirando: «Solo tu ci riesci...»
«Allora,
vieni? Videl fa gli spaghetti di soia con le verdure
saltate...»
Il
ragazzo avrebbe abbracciato il fratello con tutte le sue forze, se lo avesse
avuto a disposizione. Stava proprio facendo di tutto per tirargli su il morale.
«Come
faccio a dire di no a quegli spaghetti?»
«Dai, ti
aspetto domani.»
«Grazie.
A domani.»
Gohan chiuse
la chiamata con un sospiro gigante. Solo allora notò il sopracciglio alzato
della moglie.
«Sei
arrabbiata?»
Videl scosse
la testa: «No, sai che mi fa piacere quando viene Goten,
ormai è anche un po’ il mio fratellino, e Pan è solo felice quando può giocare
con suo zio. Sempre che domani ce ne sia il tempo, visto quello che state
tramando alle sue spalle...»
Gohan sorrise:
«Allora è quello che ti dà fastidio!»
La donna
annuì: «Non mi piacciono i segreti, lo sai.»
«Ma
questo non è un segreto!»
Videl lo
guardò di storto.
«È più...
una sorpresa!»
«Una
sorpresa di cui non sei per nulla sicuro, a giudicare dalla tua faccia.»
«Questo è
vero, ma spero che possa sbloccare una situazione in stallo da troppo tempo.»
Videl si
arrese: «Non ci resta che aspettare e vedere... ma almeno una curiosità me la
togli?»
«Se
posso...»
«Perché Goten è così appassionato dei miei spaghetti saltati?»
Gohan guardò
la moglie. Come poteva spiegarle che il suo adorato fratellino aveva tentato
per un periodo di diventare vegetariano, ma senza riuscirci a causa della sua
fisiologia mezza sayan, che richiedeva più calorie di
quanto qualunque vegetale da solo potesse fornirgli, senza metterlo in ridicolo?
«Questo
invece sì, è un segreto.»
E ridendo
schivò una ciabatta lanciata dalla moglie.
Erano tanti anni che non scrivevo una storia su Dragon Ball, ma
mi sono ritrovata a riflettere su una questione: purtroppo Goten
è un personaggio sprecato. Trunks, soprattutto grazie
alla sua versione dal futuro, ha una sua collocazione nella trama, mentre Goten non ha un vero ruolo, se non quello di essere una fotocopia
in piccolo di suo padre. Ho provato a inserire un piccolo cambiamento (che
leggerete per bene nel prossimo capitolo) e partendo da quello a dargli una
caratterizzazione diversa per trasformarlo in un personaggio un po’ più reale.
La storia è ambientata alla fine di Z, più o meno nel periodo di
quell’ultima puntata con Ub al torneo e, ovviamente,
ignora completamente gli avvenimenti di Super.
Un’ultima nota: il titolo mi è stato suggerito da un amico, è in
greco e significa “scudo”.
Spero che questo esperimento vi abbia incuriosito e vi invito al
prossimo capitolo.
Alla prossima.
Hinata 92