Fanfic su artisti musicali > Bangtan boys (BTS)
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Autore: lonelysunlight    28/02/2020    0 recensioni
A chi appartiene la tua fedeltà?
Un giuramento, una promessa, un voto. Una sola condizione: proteggi il tuo regno, qualsiasi cosa accada.
Anche se quella cosa è un demone dal passato misterioso e dai poteri inspiegabili.
Alcuni personaggi e situazioni sono liberamente ispirati alla serie televisiva Once Upon A Time
{taehyung x jungkook}
Genere: Angst, Fantasy, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Jeon Jeongguk/ Jungkook, Kim Taehyung/ V
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
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prologo.

 
Perché? Perché?

Il dolore pulsante nella sua mano era fastidioso, gli ricordava dell’odore acre e pungente del suo sangue che ora colava copioso dal taglio profondo sul suo palmo. Aveva le dita strette forte in un pugno, nella speranza che così avrebbe avvertito di meno il pizzicore fastidioso della ferita aperta. Invano. Tutto ciò che aveva ottenuto era che le goccioline scendessero ancora più velocemente dalla sua mano, su un libro ingiallito dal tempo e mangiucchiato dalle tarme.

Di fronte a lui, un uomo di mezza età con una folta barba nera recitava quello che a delle orecchie inesperte poteva sembrare un mantra in una lingua ormai morta, scomparsa dalla faccia della terra. Che quello fosse una qualche specie di rituale, però, era facile intuirlo. Suo padre era di fronte a lui, i baffi più fieri e pettinati che mai ed il capo lucido che spuntava sotto l’attaccatura dei capelli ormai radi.

Taehyung teneva la testa alta ed il petto gonfio per dimostrarsi pronto a ciò che stava per succedere, ma nella sua testa si chiedeva solo perché. Perché doveva farsi del male, autoinfliggersi un taglio profondo con un maledettissimo pugnale a lama curva, soltanto per rispettare le tradizioni? Lui non ne era mai stato particolarmente legato. Forse era perché prima di quel momento, prima del compimento dei suoi ventun anni e del raggiungimento della maturità, non era mai stato esposto a quel mondo. Prima di allora la sua maggiore preoccupazione era capire se l’ocra che stava usando fosse abbastanza scura per rappresentare la luce del sole sui fili d’erba che stava dipingendo.

Ora, invece, avrebbe dovuto capire e controllare i conflitti, regolare le entrate del regno, seguire suo padre nelle ispezioni settimanali e, soprattutto, avrebbe dovuto sposare una ragazza proveniente dal loro regno rivale, saldando così con la sua unione un tanto desiderato e sudato trattato di pace. Oh, quanto sarebbe voluto tornare alle sue lezioni di letteratura! Leggere di altre persone che svolgevano tutti quei compiti era decisamente più divertente che farli in prima persona. Ora, però, non poteva più tornare indietro. Non che in un altro momento avesse avuto la possibilità di farlo, attenzione. Erano ormai secoli che la dinastia veniva tirata avanti da loro, un po’ come una buona taverna a gestione familiare.

L’unica cosa che non gli dispiaceva poi così tanto era quella di dover sposare una ragazza. L’aveva sentita descrivere innumerevoli volte dai propri amici, dagli istitutori, dalle persone che lavoravano nel castello. Non sembrava tanto male. Sarebbe stato bello avere una moglie di cui prendersi cura e da mostrare agli eventi ufficiali – ormai la sua età era quella giusta e desiderava ardentemente avere qualcuno al proprio fianco.

Forse, se era per quello, poteva anche sopportare gli stupidi rituali di suo padre.

D’un tratto, l’irritante sussurrare dell’uomo dalla barba nera cessò, lasciando spazio ad un silenzio carico di parole.

“Fallo”, gli diceva suo padre.
“Fallo”, gli diceva il sacerdote.
“Fallo”, diceva lui a sé stesso.

E lo fece. La sua mano si abbassò con decisione verso la pagina del libro che aveva più vicina, dove già una piccola pozzanghera di sangue scuro aveva fatto casa. Il suo palmo premette sulla carta, sparse il sangue per tutto il contorno della mano, e lui sibilò, incapace di non emettere suoni a causa del dolore acuto che quel gesto gli aveva provocato. Strinse le labbra in una linea dura, ed inspirò bruscamente per farsi forza.

«Imperio officium iuro» provò a dire, ma la voce uscì strozzata e roca, a causa del suo silenzio prolungato che stava improvvisamente interrompendo. Se la schiarì velocemente, senza incontrare lo sguardo di nessuno dei due uomini che lo stavano osservando. «Imperio officium iuro» ripeté, e questa volta ciò che disse fu ben chiaro. La promessa era stata saldata.

Il principe lasciò andare un respiro che non sapeva di star trattenendo. Ciò che sapeva era quello che ora lo aspettava. Nei prossimi giorni, avrebbe dovuto tenersi in forma, atleticamente e mentalmente, per prepararsi al giorno del proprio matrimonio e della propria incoronazione.

Suo padre, infatti, pur non avendo ancora raggiunto un’età troppo avanzata, temeva che il suo tempo stesse scadendo. Una malattia misteriosa aveva preso possesso del suo corpo, facendolo deteriorare lentamente, giorno dopo giorno. I capelli, un tempo folti, scuri e rigogliosi si erano indeboliti, diventando sottili e, in molti casi, cadendo dal suo capo. Le guance erano diventate scavate, la pelle raggrinzita e le sue ossa deboli. Quell’uomo stava diventando solo l’ombra del sovrano che aveva sempre sorvegliato con saggezza ed onore il proprio regno. Persino la sua mente stava venendo meno – dimenticava spesso nomi, impegni, strategie. E Taehyung era rimasto il suo unico figlio, dopo che la madre era morta ed il re aveva rifiutato qualsiasi rapporto con altre concubine.

Era stato a lungo criticato per quello: un re che si oppone alla riproduzione, alla creazione di nuova prole, alla continuazione del nome? Era un errore quasi inammissibile. Quasi.
 

Le lezioni di letteratura di Taehyung vennero sostituite da quelle di storia: storia delle origini, storia politica, storia della dinastia. In addizione, avrebbe dovuto leggere e rileggere cinque testi fino a saperli a memoria, pena le bacchettate da parte dei suoi istitutori. Doveva essere in grado di recitarli, applicare i loro insegnamenti e controllare gli scritti degli aspiranti funzionari che svolgevano gli esami.

Le ore che prima dedicava alla lettura di poemi e alla pittura erano state sostituite dal duro esercizio fisico, scalate che duravano giornate intere lungo le pendici di un’altissima montagna, alla ricerca di erbe e frutti che avrebbe donato, sottoforma di infuso, alla propria amata. Un altro gesto simbolico, un’altra tradizione che lui avrebbe dovuto rispettare, e che avrebbe dovuto garantire “l’immortalità, una vita trascendentale” ai due consorti, una volta sigillata con l’unione dei loro corpi.

Tutti bei concetti, sì, ma che al giovane principe non dicevano niente. Per giorni e giorni la sua vita fu solo quello. Studio, lavoro, tempramento. Non aveva tempo per lo svago, anzi, esso era particolarmente sconsigliato.

In quei giorni, il taglio che aveva sulla mano si rimarginò alla perfezione, lasciando solo una cicatrice spessa circa mezzo centimetro che gli attraversava tutto il palmo. In modo esattamente contrario, le condizioni di suo padre si fecero ancora più gravi, mentre macchie scure gli sporcavano la pelle un tempo chiara come la neve.

Così, il giorno in cui Taehyung riuscì ad esporre il Libro dei Documenti nella sua interezza, venne vestito in abiti dai colori accesi, quasi sgargianti. L’abito da cerimonia preparato per lui era rosso, con decorazioni in filo dorato, ed arrivava a coprirgli i polpacci, lasciando scoperti solo i piedi. I suoi capelli vennero legati accuratamente in cima alla testa e coperti da un copricapo vistoso. Fili di perline colorate dondolavano davanti ai suoi occhi, disturbando la sua vista, poiché era un simbolo di umiltà. Era la tradizione.

Anche tutte quelle perline, però, non riuscirono ad impedirgli di vedere la figura che apparve dietro la porta quando, davanti all’altare, la cerimonia stava per iniziare.

 
 
 
 
 
   
 
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