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Autore: Roquel    01/03/2020    7 recensioni
I fiori sbocciano dalla sera al mattino, come dei nei, anche se somigliano più a dei tatuaggi sbiaditi. Ogni fiore, così come ogni colore, dice qualcosa riguardo la personalità del suo proprietario. L'ubicazione identifica il tipo di persona. Petto, scapole e spalle per gli Apha (forza, protezione e ferocia); mani, gambe e viso per i Beta (duro lavoro, sicurezza e fiducia); infine addome, stomaco e fondoschiena per gli Omega (maternità, dolcezza e sensualità). Di anno in anno, i tatuaggi crescono, fioriscono e si diffondo sul corpo del portatore.
A sedici anni, Izuku non ha alcun fiore, ma nei suoi ricordi brilla il rosso del gladiolo sulla pelle di Katsuki. È quel ricordo a far rivivere il suo desiderio di tornare a casa; ma le cose non sono mai semplici.
(AU. Tre regni e una guerra sul punto di esplodere.)
[Katsudeku - Kirikami]
Traduzione di "Flower Bouquet" di Maia Mizuhara, che è a sua volta una traduzione inglese dell'originale "Bouquet de Flores" originale spagnola di Roquel.
Link nella pagina dell'autore e nelle note al fondo del primo capitolo.
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Izuku Midoriya, Kaminari Denki, Katsuki Bakugou, Kirishima Eijirou, Un po' tutti
Note: AU, Lime, Traduzione | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
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Capitolo 20 - Una Notte di Luna Piena





 

Izuku correva e la bestia lo inseguiva da vicino, senza attaccarlo. Il panico sentito al primo incontro scemò e gli permise di realizzare la stranezza della situazione. Prestò capì che la bestia lo stava direzionando, non inseguendo. Per provare la sua teoria cambiò bruscamente direzione e subito la bestia saltò davanti a lui per ostruirgli il passaggio. Izuku scivolò quando fermò improvvisamente il suo percorso.

Da vicino l’animale era ancora più terrificante, non aveva capelli sulla testa, il che lasciava un teschio duro con occhi di un rosso opaco, quasi marroni. File di denti affilati sporgevano dal suo muso, che colava bava trasparente. E il suo pelo, di un giallo secco, era lungo e morbido, ed emanava un inconfondibile odore stantio.

Izuku era certo di non aver mai visto né sentito parlare di un animale simile.

La bestia grugnì — strappandolo alla sua riflessione — e abbassò la testa, facendogli segno di andare avanti. 

Izuku espirò lentamente e corse il rischio. Con una lentezza sorprendente allungò il piede verso destra, e subito l’animale emise un violento ringhio mostrando le due file di denti aguzzi. Izuku riportò indietro il piede. Ripeté il movimento a sinistra e l’animale restò fermo, in attesa. Izuku ritrasse il piede di nuovo e provò ripetutamente i passi con gli stessi risultati. 

‘Beh… mi sta guidando, ma verso dove?’

Muovendosi con estrema cautela, Izuku cercò di indietreggiare. Riuscì a fare tre passi prima che l’animale emettesse un grugnito minaccioso, così allarmante che paralizzò Izuku sul posto.

‘Okay, non posso scappare. Potrei seguirlo… e poi? Ho ancora abbastanza carne, forse posso usarla per distrarlo. Non qui, nella zona non ci sono posti per nascondersi… D’accordo, Izuku, seguilo, e non appena ne avrai l’occasione scappa.’

Izuku annuì a se stesso, mandò giù il resto dei suoi mormorii e si spostò verso sinistra. Camminò lentamente, facendo attenzione all’ambiente circostante, sperando di trovare una qualche zona che gli permettesse di sottrarsi al suo inseguitore; ma il suo piano sfumò dalla sua mente quando riconobbe l’indistinguibile profumo di un gruppo Omega.

‘Cosa…?’

Si mosse senza esitare. Non era l’aroma di un incenso, né un’essenza prefabbricata, era l’odore naturale di un Omega vivo.

Il profumo si fece più intenso man mano che avanzava. Alla fine giunse ad una cavità in mezzo alle montagne. L’unico modo per arrivarci era attraverso una strada ripida e la bestia che lo inseguiva arrivava da dietro. Izuku iniziò a scendere il pendio della gola e nel mentre scoprì parecchie nicchie nelle pareti laterali. Nella maggior parte c’erano delle bestie tranquillamente stese a riposare.

Izuku si fermò alla vista, ovunque guardasse c’erano denti grandi quanto delle dita e artigli che si affilavano contro le rocce. Alla base della gola c’era un lago in cui un gruppo di giovani Omega pescavano mentre un altro si occupava di un campo di ortaggi sotto un improvvisato tetto di legno.

Izuku non avrebbe saputo dire cosa fosse più sorprendente, se il fatto che nessuno di loro fosse intimidito dalle bestie che li circondavano o che sembrassero relativamente protetti.

La bestia dietro di lui ruggì e Izuku si spaventò; quando la sua attenzione tornò al lago tutti lo stavano guardando.

Era come se tutti avessero trattenuto il respiro all’improvviso, il silenzio era tale che Izuku ebbe paura di essere diventato sordo, e ad un tratto l’Omega più vicino gli fece cenno di scendere. Izuku obbedì, per mancanza di alternative. Scese, o meglio slittò giù dal pendio roccioso e quando raggiunse finalmente il fondo lo trascinarono nella parte più lontana del campo di ortaggi.

Prima che Izuku potesse dire qualcosa, tutti gli ronzarono attorno, riempiendolo senza sosta di domande.

“Dove hai preso quei vestiti?”

“Che ci facevi lì?”

“Come sei uscito?”

“Come hai superato le guardie?”

“Che ti è saltato in mente?!”

“Basta!” La persona che urlò era una ragazza alta e magra, dai corti capelli arancioni che si fece strada verso Izuku facendo spostare gli altri. “Arriveranno le guardie se sentiranno trambusto. Non abbiamo tempo, tornate tutti a lavoro. Presto!”

“Ma—”

“Adesso! Se le guardie lo trovano, ci puniranno tutti.”

La minaccia ebbe effetto perché tutto il gruppo si disperse lasciando Izuku con la ragazza dagli occhi verdi.

“Forza, togliti i vestiti.”

“Cosa?”

“Presto, sei fortunato che nessuna delle guardie ti abbia visto. Da che sezione arrivi?”

“Sezione?”

“A che piano stai?”

“Io non—”

“So che sei nuovo,” cercò di tirargli i vestiti mentre gli faceva quelle domande. “Quando sei arrivato?”

“No, aspetta.”

“...come sei arrivato lassù?”

“Smettila. No!”

“...da quanto ti hanno lasciato andare?”

“ASPETTA!” Izuku alzò le mani tra loro desiderando del tempo per pensare. “Non so di cosa tu stia parlando, che state facendo qui?”

Ma lei era senza parole; la sua espressione era una smorfia smarrita. Il suo volto, già pallido, assunse il colore della cenere e i suoi occhi verdi restarono sgranati.

“Indossi delle bende.”

Il sussurro era incredulo e terrorizzato. Izuku guardò il suo fianco dove gli strattoni avevano lasciato in bella mostra parte delle bende che gli coprivano il fianco. Stranito, Izuku alzò gli occhi e studiò le persone intorno a lui. Solo allora realizzò che, anche se indossavano tutti pantaloni lunghi, nessuno aveva delle bende, mostrando così i loro segni personali.

“Chi sei?”

Izuku ignorò la domanda, concentrandosi su come stesse assorbendo i dettagli attorno a lui. Realizzò subito tre cose importanti: indossavano tutti dei collari e polsini di pelle con degli anelli. I loro abiti consistevano soltanto in dei pantaloni, le donne indossavano anche un sarashi, il che lasciava visibili le cicatrici e la loro estrema magrezza. Infine, l’aroma che emettevano aveva un sottile accenno di Alpha.

Erano stati tutti accoppiati.

“Chi sei,” ripeté con fermezza lei, scrutando il suo volto con sospetto. “E da dove arrivi?”

“Mi chiamo Izuku, sono un guaritore e vengo—”

“Un guaritore?!”

“Cosa—? Sì...”

“Sei un medico? Un medico Omega?”

“Non ho mai operato su nessuno prima, però sì, sono… Dove siamo?”

Anche se sospettava la risposta, fu impossibile per lui combattere la sensazione di fatalità che cadde su di lui quando ebbe conferma del suo incubo peggiore.

“All’interno della Capitale.”










 

“Stai bene, Denki?”

Si svegliò quando sentì il suo nome e gli ci volle un momento per riconoscere il volto di Ochako, chinata ad esaminare il suo viso.

“Sto bene, è solo—”

Improvvisamente si tirò su, ansioso, roteò il collo per alleviare la tensione nelle spalle e si massaggiò il ventre con movimenti circolari. Riconobbe i sintomi, e sapeva che era solo questione di tempo prima di doversi isolare nei vagoni con i suoi compagni.

“Vuoi tornare indietro?” Chiese a bassa voce Ochako, senza batter ciglio.

“No, è tutto okay, è solo… lo sai.” Ochako annuì, ma continuò a guardarlo apprensiva. “Sto bene,” ripeté Denki, donandole un sorriso amichevole. “Dai, continuiamo, non voglio ancora andare via.”

Ochako sospirò e dopo un altro veloce esame si voltò verso Kyouka, la Beta seduta vicino a lei le stava raccontando del loro villaggio e delle difficoltà sopportate giorno dopo giorno.

Era la prima volta che Denki la vedeva sorridere, quindi non voleva interrompere il momento. Preferì sedersi vicino al tronco che lo sosteneva, stirando le gambe verso il falò che illuminava la notte e dando alla sua amica tempo per chiacchierare. E in realtà voleva anche aspettare il ritorno del gruppo di Bakugou.

Non smise di analizzare le ombre che si muovevano, i cespugli mossi dal vento. Forse era colpa dell’heat imminente, ma voleva vedere il sorriso di Eijirou. Sentirlo pronunciare il suo nome.

Con la coda dell’occhio vide un uccello, un corvo, nero come la notte, posato su uno degli alberi che circondavano il falò. Denki lo guardò e si lasciò cullare dalla notte.










 

“No, non possiamo essere nella Capitale,” la sua voce continuava ad alzarsi per via del panico. “La Capitale è dall’altra parte. L’ho vista. È vicina al fiume. Io arrivo da .”

“Quella è l’entrata, lì ci sono la prigione e il molo, ma la Capitale è sottoterra. Al centro della montagna.”

Izuku si passò una mano nei capelli, tirando forte le ciocche.

“Dobbiamo andarcene, dobbiamo andare prima che arrivino le guardie.”

“No!”

“Sì, dobbiamo muoverci. Se riusciamo a scappare—”

“Fermo, fermo! Non possiamo andarcene.”

“Di che stai parlando? Dobbiamo fuggire!”

“Nessuno è mai riuscito a scappare da qui.” Sollevò il braccio indicando le bestie. “Quelle cose sono addestrate a riportarci indietro. Non ti faranno mai andare via. Ci lasciano senza guardie perché sanno che non può scappare nessuno… come mai indossi delle bende? Dove le hai prese?”

“Non possiamo andarcene?”

“Non hai l’odore di un Alpha, ti sei accoppiato?”

Un crampo improvviso ricordò a Izuku cosa stesse arrivando.

“Ascolta, risponderò a tutte le tue domande, ti dirò tutto ciò che so, ma ora devi aiutarmi. Questa è la luna del mio heat, ho bisogno di un nascondiglio… e di acqua e una coperta. Dev’essere un posto dove le guardie non possano trovarmi.”

Gli occhi verdi dell’Omega lo esaminarono in modo insolito.

“Come sei arrivato qui, come hai evitato le guardie, perché non odori di Alpha?”

“Ho bisogno—”

“No, se davvero vuoi il mio aiuto, mi dirai la verità adesso. Non posso fidarmi di te. Potresti essere una spia.”

“Una spia?”

Vedendo la sua espressione ostinata, Izuku prese un respiro e le raccontò tutto. Non tutta la verità e nemmeno l’intera storia, gli ci sarebbero voluti più di qualche minuto per aggiornarla del tutto. Riassunse come venne catturato e come fuggì. Alla fine aggiunse:

“La mia intenzione era nascondermi sulle montagne e continuare fino al confine. Non sapevo ci fossero quelle cose qui.”

“La Capitale ha dei tunnel con entrate segrete lungo tutta la montagna. Li usano per muoversi facilmente… per passare inosservati. È impossibile attraversare le montagne senza che le bestie ti individuino.”

“Penserò a qualcosa, ora devo nascondermi, puoi aiutarmi?”

La ragazza continuò a guardarlo, come se stesse prendendo una decisione.

“Davvero sei un medico?”

“Nelle Isole li chiamano Guaritori.”

Annuì, mortalmente seria.

“Ti aiuterò, ma in cambio ti chiederò un favore. E non potrai rifiutarti.”

“Quale favore?”

“Te ne parlerò più tardi. Ora se vuoi il mio aiuto, devi toglierti i vestiti. E le bende. Puoi lasciare i pantaloni, strapperemo la maglia per fare dei polsini come i nostri, non saranno uguali ma almeno eviteranno di farti notare dalle guardie mentre entriamo.”

“Mentre entriamo dove?”

“Al tunnel che ci riporta alla Capitale. Usciamo all’alba per andare a lavorare, prima che il sole sorga, e tra poco dovremo andare. Per farlo dobbiamo passare per due posti di guardia. All’ultimo ci contano, ma il cambio turno è all’alba e non vorranno prolungarlo per controllare perché siamo più del solito. Se ne mancasse uno di noi sarebbe diverso, ma in questo caso ci faranno passare, ne sono sicura, come sono sicura che ti noteranno se non indossi i polsini.”

“Non voglio andare lì. Sto cercando di allontanarmene.”

“Se vuoi il mio aiuto dovrai farlo, è l’unica alternativa.”

Izuku strinse i pugni, il suo stomaco si contorse su se stesso e notò i crampi al ventre. Non ebbe altra scelta se non annuire.

‘Un passo alla volta, prima questo, poi si vedrà.’










 

Denki si svegliò ed era ancora notte, non si era nemmeno accorto di essersi addormentato; ma a un certo punto doveva essersi fatto trascinare nel sonno perché il cielo non era più grigio chiaro ma di un vivido nero. Il falò crepitava ancora ed era circondato da un largo gruppo composto interamente da giovani Omega, che ascoltavano con riverente attenzione la storia di Kyouka.

“... era la mia lancia preferita, ce l’avevo dalla prima volta che ero andata nel deserto, e quella bestia aveva osato spezzarla. Mi arrabbiai, davvero davvero tanto. Mi ero stufata. Quella cosa mi aveva assediata per giorni. Non m’importava di star morendo di fame, in quel momento ero furiosa. Volevo vendetta. Avevo a mia disposizione una pila di rocce, non servivano come arma, ma le usai per affilare i due pezzi della mia lancia, le legai alle mie braccia, così che le punte spuntassero. Dovetti aspettare fino all’alba, sapevo di non avere speranze di notte, così aspettai, a stomaco vuoto, con una gamba malridotta e la gola secca. Avrei provato ad uscire da lì e ad assicurarmi che quella cosa non lo facesse.”

“Quando giunse il mattino misi in atto il mio piano. Raccolsi tutti i sassi lì intorno e li bagnai col mio sangue, misi a posto la benda, uscii di poco dal mio nascondiglio e la vidi. Era laggiù, che aspettava. Il pilastro su cui stavo era lontano da tutto, e anche se non poteva scalarlo non sembrava volersene andare, così presi coraggio e lanciai la prima pietra, la più grossa, nella direzione opposta. Non appena sentì il rumore si raddrizzò, vidi le sue narici tremare mentre individuava l’odore. Poi lanciai la seconda pietra, nella stessa direzione, ma più lontano, poi una terza e una quarta; si spostò, corse verso le rocce, e in quel momento saltai e caddi a quattro zampe sulla sabbia. Per allora si stava già voltando.”

“La bastarda si muoveva velocemente, coprì la distanza che ci separava in pochi secondi, ma invece di allontanarmi mi abbassai per terra. Saltai non appena fu vicina, se fosse stata più in basso l’avrei colpita più in alto, ma la sabbia si mangiò parte del mio slancio quindi finii aggrappata al suo petto invece che alla sua testa. Non si aspettò la mia mossa, e prima che avesse l’occasione di affondare i denti io piantai la lancia nel suo cuore. Si spezzò prima che potessi arrivare fino in fondo, ma la usai come supporto e con l’altra la pugnalai sotto al mento. Stavolta affondò in tutta la carne morbida. Mento, lingua e cervello. Cadde a terra morta con me sopra.”

“Tutto questo solo per i suoi denti?” Chiese Ochako, con una strana espressione mentre il resto del gruppo si risvegliava dallo stupore.

Kyouka si tirò indietro, leggermente confusa dalla domanda.

“Sì, beh, la loro carne non è esattamente una delizia quindi non le cacciamo per il cibo. Avevo pensato di lasciarla andare dopo averle preso i denti, ma non potevo più permettermelo. Era rimasta sotto quel dannato pilastro e non mi aveva lasciata andare per tre giorni!”

“Possiamo vedere la zanna?” Chiese Yui, seduta dall’altra parte del falò.

La sua richiesta echeggiò nel resto dei suoi compagni che raddoppiarono i loro mormorii lasciando Denki con la sensazione di aver perso una parte della storia.

“È il quarto dente attaccato al bracciale che il leader Togata porta al polso.”

Il suo pubblico si scambiò degli sguardi, senza capire.

“Ho visto quel bracciale,” disse Denki senza pensarci, “è intrecciato a mano e vi sono appesi cinque denti. Sono lunghi e spessi.”

“Lo sono, vero? Immagina dozzine di quelli chiusi sulla tua gamba. La strapperebbero in un attimo.”

“Perché ce l’ha lui?” Chiese Ochako.

“Chiunque voglia far parte della guardia personale del nostro leader deve offrirgli una zanna di una Balenka. Molti, molti anni fa tutti gli abitanti del villaggio offrivano un dente di Sukabenja come simbolo di lealtà, ma alla fine il leader smise di accettarli. Ora porta solo quelli ricevuti dalle sue guardie personali. Uno da Tamaki. Uno da Inasa. Uno da Kousei. Uno mio.”

“E l’ultimo?”

“Gli fu donato dal precedente leader, Yagi, poco prima che sparisse.”

“È morto?”

“È quello che pensano in molti, è andato nel deserto e non è mai più tornato. Ci addolora pensare che un grande leader come lui abbia potuto trovare la sua fine nel mare di sabbia, ma ci ricorda di quanto sia pericoloso quando vi si entra.”

“Ma è assurdo essere obbligati a correre quel rischio,” disse Ochako con un’espressione accigliata.

“Non ci ha obbligati nessuno, è una sfida che scegliamo con piacere. È un’offerta che decidiamo di accettare. Solo i migliori hanno il privilegio di unirsi alla guardia personale del leader. Se non riesci a sopravvivere a una Balenka, allora non hai ciò che è necessario per prendersi cura del leader.”

“Beh, è comunque assurdo. Non c’erano rituali al mio villaggio. Se un Alpha voleva unirsi all’esercito doveva solo mettersi in lista con i capitani, vero, Denki?”

“Giusto… gli unici rituali che conosciamo sono quelli di accoppiamento.”

“Come sono i matrimoni al tuo villaggio, Kyouka?”

“Quando una coppia decide di vivere insieme, fanno domanda per un posto dove sistemarsi. Il giorno in cui entrambi si trasferiscono, portiamo tutti qualcosa da condividere al banchetto. La coppia dà inizio alla festa accendendo il camino e arrostendo un pezzo di carne che uno dei due è riuscito a cacciare. Più grande è, più sarà la fortuna che li aspetta.”

“Non c’è un corteggiamento?” Chiese qualcuno intorno al falò. “Nessuna cerimonia di accoppiamento?”

“Corteggiamento?”

“Sì,” disse la voce. “Nelle isole meridionali quando l’Alpha sta per iniziare l’addestramento in mare, solitamente dona una conchiglia al proprio spasimante per mettere in chiaro l’intenzione di accoppiarsi.”

Ci furono mormorii che chiedevano delle altre tradizioni e le storie iniziarono a circolare. Evocavano tutti memorie di un lontano passato, dolci ricordi che nonostante il tempo riuscivano ancora a farli sorridere.

Denki si raccolse le gambe e si distrasse. La luna era un perfetto cerchio d’argento brillante, dava alla foresta una chiarezza argentea. Quello sarebbe stato il primo heat in libertà, e tutto ciò a cui riusciva a pensare era come si sarebbe sentito se Eijirou gli avesse donato una conchiglia.

‘Direi di sì?’

Certo che direbbe di sì, ma prima di tutto qualcuno come Eijirou non si accontenterebbe mai di un Omega come lui. 

‘Gli piaci.’

Sì, beh, a lui e a quasi tutti gli Alpha con cui era andato a letto.

Il vento cullò i rami degli alberi creando un fischio inconfondibile, un suono che riuscì a distrarlo dai suoi pensieri. Quando alzò lo sguardo, notò che il corvo era ancora lì, immobile. Con i suoi occhi rossi. Osservando, ascoltando. 

C’era qualcosa di strano nel modo in cui stava sul ramo, fermo, immobile, come se fosse una statua e non una creatura vivente.

‘Credevo che i corvi non fossero creature notturne.’

Ricordava le volte in cui era andato fuori in cortile per prendere il sole, vedeva i corvi attraversare il cielo incontaminato. Entrando e uscendo dalla prigione portando…

Denki si raddrizzò, dimenticando il suo malessere e la sensazione di pesantezza del suo corpo. Conosceva quel corvo, non quello in particolare, ma era sicuro di averne visti altri simili.

“Denki?”

La voce di Ochako lo strappò alla sua riflessione, e quando si voltò verso di lei notò che tutti gli Omega lo stavano guardando sbigottiti. Solo allora realizzò che il suo aroma si era diffuso in tutta la radura propagando il suo malessere, il panico e i brevi attimi del suo heat imminente al resto del gruppo.

“Cos’è successo?” Chiese un Alpha comparendo all’improvviso nella radura e allertando gli altri.

Denki si strinse perché in quel momento l’aroma dell’Alpha era squisito per lui. Non riusciva nemmeno a identificarlo, ma il contrasto e l’intensità gli fecero salivare la bocca. Fortunatamente, Ochako si inginocchiò vicino a lui e il resto del gruppo gli restò accanto, senza dubbio allertati dal suo odore. Combinate, le loro essenze riuscirono a soffocare la sottile fragranza Alpha che arrivava dal ragazzo, che continuava ad allungarsi per guardare oltre il mare di teste.

“Qual è il problema?” Chiese Kyouka che, nonostante avesse un’espressione di improvviso interesse, mantenne le distanze, osservando.

Denki allungò il braccio e indicò il corvo, sentendosi sciocco nel farlo, spaventato che il suo panico fosse infondato, ma la verità era che proprio quando tutte le teste si voltarono verso l’animale, quello prese il volo senza perdere un attimo. E non fu l’unico, tutto intorno alla foresta si sentì l’improvviso battito di uno stormo di uccelli che spariva sulle cime degli alberi.

Quando Denki guardò Ochako scoprì nei suoi occhi l’esatta copia della sua paura.










 

Scortato dal gruppo Omega, Izuku passò attraverso il posto di guardia senza attirare l’attenzione. Teneva le sue provviste sul davanti, e passarono inosservate insieme ai sacchi di attrezzi che alcuni portavano.

Senza le sue bende si sentiva nudo. Teneva i gomiti premuti contro il suo corpo, toccando l’elastico dei pantaloni, e questi tremavano insieme al resto del suo corpo. Il nodo nel suo stomaco era duro e lo metteva a disagio.

Passarono lungo un lungo tunnel, con lampade sui lati che indicavano la via. La parte peggiore del camminare sulla superficie rocciosa a piedi nudi era il freddo: gelido e affilato tagliava la pelle quando le correnti d’aria si sollevavano e rimbalzavano sulle pareti, creando il suono di bestie affamate.

Il terreno si inclinava e finiva davanti a una piattaforma che scendeva, portando un gruppo Omega dietro l’altro. Mentre ascoltava il cigolio stridente della piattaforma che scendeva a una lentezza spaventosa, Izuku andò nel panico. Non voleva andare di sotto, non voleva entrare lì dentro, ma non c’era via d’uscita. Dietro di loro una delle guardie aspettava che scendessero tutti.

La piattaforma sbatacchiava mentre saliva e scendeva di nuovo. Izuku iniziò a provare angoscia, il respiro gli si accelerò, il suo battito iniziò a risuonargli nelle orecchie. Le sue mani sudavano così tanto che il tessuto del suo zaino iniziò a inumidirsi. La sua gola si chiuse come se qualcuno la stesse stringendo.

Con lo stomaco scombussolato e le mani ghiacciate, Izuku prese posto nell’ultimo gruppo e fissò lo sguardo sulla scatola di luce che si vedeva da lontano e che lentamente sparì mentre la piattaforma scendeva. Nessuno dei suoi compagni sembrava a disagio durante il tragitto, anche se era difficile dirlo con sicurezza non essendoci abbastanza luce per esaminare i loro volti.

Mentre scendevano la paura di Izuku si intensificò fino a fuggire completamente. L’aroma denso e amaro invase la piccola piattaforma e fece agitare i compagni sui propri piedi. Finché la ragazza dai capelli arancioni non gli si avvicinò, e attenta a non attirare l’attenzione della guardia gli mise una mano sul braccio e gli restò ferma accanto. Il suo profumo fruttato era senza dubbio rassicurante.

Non appena raggiunsero il fondo, la guardia tornò in superficie, portando via la piattaforma vuota. Il resto dei suoi compagni avanzarono lungo un altro corridoio esattamente uguale all’altro. Stavolta il tunnel finiva davanti a un cancello sorvegliato da un altro paio di guardie.

Questa volta li contarono.

Lo stomaco di Izuku tremò violentemente quando sentì la conversazione.

“Ventuno? Perché ce ne sono ventuno? Non può essere. Devi aver contato male.”

“Devo contarli di nuovo?”

“No! I primi tre gruppi sono già entrati, dovrei andare con Sei a chiedere la sua lista e prenderli direttamente dalle loro celle.”

“Ma ce n’è uno in più.”

“Meglio uno in più che uno in meno.”

“Ma—”

“Ascolta, tra poco c’è il cambio turno, probabilmente hai contato male e io non ho voglia di fare ore di straordinario per verificarlo. Sono in ventuno, e allora?”

“Dovremmo quantomeno informare il Generale.”

“E cosa vuoi dirgli? Che non sai contare? Sono certo che lo troverà divertente.”

“Come facciamo a sapere che qualcuno non si è intrufolato?”

“Stai scherzando, vero? Le bestie là fuori sono addestrate a uccidere chiunque tranne loro. E queste non sono né spie né guerrieri, okay? Guardali. Sono inutili cani. Sono solo capaci di sfornare figli. Non servono a nient’altro.”

La conversazione finì, la porta si aprì e il gruppo di Izuku passò attraverso la recinzione. Da lì si dispersero tutti, quelli che portavano il pesce o degli attrezzi si allontanarono nella stessa direzione.

Izuku si fermò a contemplare la stanza per un momento. Era immensa, di forma circolare con alte colonne che sostenevano il soffitto. Lentamente e con grande timore, Izuku si avvicinò al centro, dove un enorme buco dava l’impressione di trovarsi sopra a un filo.

Per via dell’oscurità non si vedeva il fondo, ma Izuku contò perfettamente due piani al di sotto, esattamente uguali a quello. Sopra si vedeva solo un soffitto scuro.

“Andiamo, non dobbiamo attirare l’attenzione.”

Izuku si voltò a guardarla con occhi pieni di puro orrore.

“Come farò a uscire da qui?”

Lei scosse la testa e lo spinse senza rimorso.

“Dai, sbrigati, il tuo odore sta cominciando a spiccare e anche se ogni Alpha qui è accoppiato ce ne sono alcuni la cui unione è ancora recente e potresti attirare la loro attenzione.”

Izuku seguì la ragazza per le scale, giù al secondo piano, poi al terzo, e finalmente al quarto piano. Da lì uscirono e attraversarono la stanza, Izuku si guardò intorno notando le celle, tutte piene. La cosa peggiore era l’odore, perché sapeva di reclusione, di tristezza, di dolore. L’atmosfera era piena del pesante aroma Omega che emettevano quando erano feriti, malati o semplicemente impauriti. Di contro, l’aroma Alpha parlava di rabbia, violenza, amarezza. Il mix sovraccaricò il naso di Izuku, già sensibile per via della luna, quindi la nausea si fece più forte che mai e diventò impossibile controllare la sua ansia.

Seguì la ragazza lungo un altro tunnel, ad una stanza che sembrava la cucina. Da lì si diressero in fondo, nella dispensa. Lì accese una delle lampade e la usò per mostrargli una vecchia nicchia, nascosta dietro un falso muro. Il pavimento era coperto di panni sporchi, in parte macchiati di sangue, e c’era una piccola mensola attaccata al muro contenente vassoi, stracci e barattoli. La cosa peggiore era l’odore, puzzava di morte e reclusione.

“Cos’è successo qui?” 

La ragazza lo ignorò, portando via le coperte sporche e scuotendo le altre.

“Posso lasciarti la lampada, ma solo una piccola bottiglietta di olio perché è una delle cose che controllano. Comunque, non hai bisogno di luce. Hai del cibo?”

“Un po’.”

“Beh, ti porterò della frutta, non molta, ma non morirai di fame. Ti porterò anche un secchio d’acqua. Cerca di non sprecarla. Se hai bisogno di andare in bagno, c’è un vaso nell’angolo. Dubito che lo userai regolarmente, ma verrò a pulirlo una volta al giorno.”

“Okay, sì, grazie.”

“Quanto dura il tuo heat?”

“Due giorni. Tre al massimo.”

“D’accordo. Due volte al giorno viene un gruppo a preparare i pasti. Non ti daranno fastidio, ma cerca di non uscire a cercarli, non vorrei che qualche guardia decida di vagare per la cucina. Se riesco a prendere una coperta extra te la porterò, ma non posso garantirti niente.”

“Va bene. Grazie per l’aiuto.”

La ragazza si irrigidì, strinse la bocca e sembrò in conflitto con se stessa. Alla fine prese un respiro e disse:

“Ricordati che mi devi un favore.”

“Ora mi dirai di cosa si tratta?”

Inspirò. “Più tardi. Ora devo andare.”

Izuku la guardò andare via dopo aver rimesso a posto il finto muro. Con cautela si sdraiò tra le coperte vecchie, si assicurò di spegnere la lampada per risparmiare l’olio e lasciò le provviste a portata di mano. Solo quando stiracchiò le gambe si rese conto di quanto fosse stanco. Aveva passato gli ultimi giorni a camminare con brevi soste, senza una buona dormita o un’alimentazione corretta.

La stanchezza, la convalescenza dal suo malessere e la fame fecero sospettare a Izuku che il suo heat sarebbe stato particolarmente difficile. Specialmente considerato il fatto che quello sarebbe stato il primo da affrontare con la consapevolezza che Katsuki era morto.

Izuku chiuse gli occhi, affondò il viso nella coperta sporca e si sforzò enormemente per controllare le emozioni che il suo heat faceva sbocciare.










 

Shuichi venne svegliato nel bel mezzo della notte quando uno dei suoi uomini irruppe nella sua tenda senza preavviso.

“Ma che cazzo?! Qual è il problema?”

“Mi dispiace, signore. I corvi sono tornati.”

“Cosa? Perché?”

“Temo siano stati scoperti, signore.”

“Scoperti?”

“È la spiegazione dell’addestratore, pare che i corvi abbiano ordine di fuggire se scoperti.”

“Significa che hanno trovato i selvaggi?”

“Sì, signore, abbiamo la loro posizione esatta, e il loro numero. Possiamo iniziare a pianificare un offensiva.”

“Eccellente, invia un rapporto a Kurogiri e raduna le truppe. Non appena avremo un piano ci muoveremo, voglio sapere quanto ci metteremo ad arrivare lì e quale situazione troveremo. Voglio sistemare la questione il prima possibile.”










 

“Dov’è il principe?”

A quella domanda sentì il sangue addensarsi. La rabbia mischiata all’incredulità formarono uno stretto nodo sopra il suo sterno. Restò muto e paralizzato sul posto.

‘Mi state prendendo in giro.’

Accanto a loro ‘La Montagna’ restava sui margini, osservando attentamente e analizzando il terreno in attesa di qualunque pericolo. L’Alpha era molto alto, muscoloso e agile. Katsuki aveva combattuto contro di lui in diversi scontri di allenamento e non smetteva mai di sorprenderlo che un uomo di quella stazza potesse muoversi così velocemente; per fortuna era attento all’ambiente circostante perché l'interesse di Katsuki era completamente focalizzato sulla conversazione.

Notò che ogni muscolo del suo corpo era teso; la sua emozione era tale che persino le voci erano attutite, per colpa del sangue che gli ruggiva nelle orecchie.

“Non è qui?” Chiese il ragazzo alto dai capelli blu.

“Pensavamo fosse con te,” aggiunse Kirishima accigliato.

“Il piano per il principe era incontrarti e poi fuggire al confine.”

Kirishima gli mostrò la lettera che Katsuki aveva ricevuto insieme alle fialette, e procedette a spiegargli la situazione. L’espressione dell’uomo si oscurò mentre ascoltava la storia.

“Crediamo che quando il principe è stato scoperto abbia deciso di incontrarsi con l’esercito. Pensavamo che stesse cercando di dire al re dell’incenso.”

“Dobbiamo informare il sovrano,” propose il ragazzo dai capelli blu. “Lo suggerisce anche il principe in questa lettera.”

“Il re è morto.”

Silenzio.

“Cosa?!”

“No!”

“Non ero presente allo scontro, me l’hanno detto i sopravvissuti. Pochi giorni fa, quando la flotta reale ha raggiunto la costa, il re ha ordinato un attacco su uno dei porti. Si è rivelato essere una trappola. Hanno usato l’incenso per neutralizzare e massacrare tutte le forze Alpha. Pochi di loro sono sopravvissuti. I rinforzi Beta hanno dovuto ritirarsi e tornare alle barche. Il re è rimasto gravemente ferito ed è deceduto poco dopo.”

“Loro—?”

“Come—?”

“Siamo stati traditi. Jin Bubaigawara, una guardia reale, ha orchestrato l’attacco al sovrano. Ora è al comando dell’esercito; quantomeno metà delle truppe. Il resto si è diretto a ovest per lanciare un’altra offensiva. Non sanno dell’incenso quindi abbiamo inviato un messaggero con loro. Con un po’ di fortuna arriverà da loro prima che sia troppo tardi.”

Dopo un attimo di sbigottimento entrambi i ragazzi iniziarono a fare domande su domande, desiderando sapere tutti i dettagli della situazione. Sconcertato, Katsuki esplose.

“Silenzio!”

I tre lo guardarono, due espressioni di orrore e una di sorpresa.

“Basta chiacchiere!”

“Chi sei?” Chiese l’uomo dai capelli scuri.

“Hai detto che il tuo principe aveva ordini di dirigersi al confine.”

“Tu—”

“Ascolta! Non ho tempo! Il tuo principe aveva ordini di dirigersi al confine, ma non ci è arrivato. Se l’hanno scoperto, cosa pensi abbia fatto?”

“Non lo so.”

“Non sei il suo maestro? Il suo insegnante o quello che è. Devi conoscerlo.”

“Tu chi sei?”

In quel momento intervenì Kirishima.

“Si chiama Bakugou, Aizawa-sensei, è l’Alpha che ha guidato l’assalto alla prigione. Ci ha liberati.”

Aizawa lo studiò e Katsuki cercò di assicurarsi che la rabbia che gli vibrava dentro fosse totalmente riflessa nei suoi occhi.

“Bakugou?” Chiese piano Aizawa, fissandolo. “Sei un parente di Mitsuki?”

La domanda lo sorprese. “Conosci mia madre?”

“Tua madre? ...Sì, vedo la somiglianza. Conosco Mitsuki. Da giovani ci allenavamo insieme. Lei e i suoi guerrieri hanno guidato l’unico assalto che ebbe successo contro una delle prigioni. La sua storia è diventata leggenda.”

In quel momento Kirishima si voltò verso di lui a bocca aperta.

“Tua madre è la Furia Rossa?!”

“Cosa?”

“Mitsuki! La Furia Rossa! La chiamano in quel modo per via dei fiori rosso ciliegia che ha sulla schiena! Quando combatte, è come una macchia rossa. Abbiamo tutti sentito parlare di lei! Ora capisco! Sei suo figlio!”

“Credevo che il figlio di Mitsuki fosse morto in mare. La nave di schiavi che lo trasportava cadde sotto una tempesta, almeno così dice la storia.”

“Solo una nave è affondata quella notte. E a quanto dice quella pertica,” indicò il ragazzo dai capelli blu, “tu hai trovato l’unico Omega sopravvissuto. L’Omega che sta viaggiando con il tuo principe in questo momento, è esatto?”

Silenzio e poi, “Sì, è così.”

“Bene.” Katsuki si raddrizzò, crebbe e lasciò che il suo odore si facesse più spesso intorno a lui. “Mettiamo in chiaro che non ho interesse nel trovare il vostro principe; ma lui ha qualcosa che è mio. E andrò a cercarlo. Hai detto che non possiamo contare su aiuti esterni, siamo solo noi, quindi riproviamo; il tuo principe aveva ordini di dirigersi al confine, ma non ci è arrivato. Cosa farebbe una volta scoperto?”

“Si avvicinerebbe alla costa e si riunirebbe con l’esercito per fare rapporto riguardo l’incenso il prima possibile.”

“Quante chance ha di successo?”

“Se Shouto fosse entrato in contatto con le truppe di Yuuei, Jin l’avrebbe scoperto subito, ma anche lui lo stava cercando. È chiaro che non è riuscito ad arrivare alla costa. Se stava viaggiando con Kamui, lui potrebbe averli portati verso le montagne per nascondersi.”

“Dove possiamo trovarlo?”

“L’unico modo per contattarlo è attraverso un uccello messaggero. Un volatile addestrato appositamente per quel compito.”

“Dov’è questo uccello?”

“A Yuuei.”

Katsuki imprecò. “In che altro modo puoi comunicare con lui?”

Silenzio. “Non c’è altro modo. Dobbiamo aspettare che il principe si faccia vivo.”

Prima che Katsuki potesse iniziare a imprecare, intervenì Kirishima.

“Lei lo conosce.”

“Lei chi?” Chiese Aizawa.

“La ragazza che ci ha portato le fialette e le lettere. La guardia dalla pelle rosa.” Guardò Katsuki e lui annuì lentamente. “Forse lei sa come localizzare Kamui.”

“Torniamo indietro,” replicò Katsuki con fermezza, l’ansia gli vibrava dentro a un ritmo sfrenato e instabile. Doveva tornare subito indietro, cercare la guardia e seguire la traccia di Kamui.

‘Dannazione, Deku, non cacciarti nei guai.’

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Prossimo capitolo: "Desiderio"
   
 
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