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Autore: Napee    02/03/2020    2 recensioni
YuurixVictorxYuri
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Questa storia è stata scritta per l’evento Advent calendar sul gruppo fb hurt/comfort Italia
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Tratto dalla storia:
Era forte. Lo era sempre stato. Si era costruito una corazza talmente dura che era in grado di contrastare qualsiasi cosa.
Ma le parole di Otabek l’avevano perforata con una facilità disarmante.
Adesso l’armatura era rotta. Frantumata. Esponeva il suo fragile essere al mondo e al giudizio dei più.
Non si erano accorti di quel giornalista che li aveva seguiti fin nel corridoio del palazzetto con quella dannata telecamera fra le mani.
“Non sono gay, Yuri, mi dispiace se hai scambiato la mia amicizia per altro.”
Genere: Angst, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Victor Nikiforov, Yuri Plisetsky, Yuuri Katsuki
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Nostro .




Tutto era nato da una delusione. Da un’umiliazione.
Quando Otabek lo rifiutò in diretta mondiale, dopo la sua esibizione, Yuri credette di morire in quel momento.
Era forte. Lo era sempre stato. Si era costruito una corazza talmente dura che era in grado di contrastare qualsiasi cosa.
Ma le parole di Otabek l’avevano perforata con una facilità disarmante.
Adesso l’armatura era rotta. Frantumata. Esponeva il suo fragile essere al mondo e al giudizio dei più.
Non si erano accorti di quel giornalista che li aveva seguiti fin nel corridoio del palazzetto con quella dannata telecamera fra le mani.
“Non sono gay, Yuri, mi dispiace se hai scambiato la mia amicizia per altro.”
Era stato il dardo infuocato che lo aveva distrutto.
Si era sentito perso. Vuoto. Le lacrime erano corse veloci a riempirgli gli occhi e le gambe gli tremavano come gelatina.
Non aveva intenzione di starsene lì impalato, davanti al ragazzo che amava a sentirsi inadatto e giudicato.
Fu in quel momento, dopo aver raccolto i cocci rotti del suo cuore, che di era voltato e lo aveva visto.
Il giornalista aveva ripreso tutto e il suo rifiuto era stato mandato in diretta sul maxi schermo del palazzetto.
In quel momento, Yuri avrebbe preferito morire piuttosto che affrontare il seguito inevitabile della sua vita.
La sua performance fece pena. Sbagliò tutti i salti e si classificò penultimo per il rotto della cuffia.
Ma era il ritorno a casa ciò che più lo spaventava. In quel paese bigotto che lo avrebbe ghettizzato appena rientrato.
Si sentiva a pezzi, devastato e distrutto. Aveva bisogno di conforto ma non avrebbe mai osato chiederne a chi gli era rimasto intorno nonostante il coming out inatteso.
Quando rivide suo nonno all’aeroporto, fu come se la stanchezza di tante notti insonni si dissolvesse nel nulla.
Si lanciò a corsa per andargli incontro con un sorriso smagliante e le lacrime agli occhi. Gli era mancato, suo nonno. Praticamente l’unica figura della famiglia che si era presa cura di lui dalla sua nascita.
Sua madre e suo padre avevano preferito l’eroina al crescere un figlio. 
L’abbandono sapeva già che sapore avesse, quindi perché stupirsi quando, invece di accettare l’abbraccio del nipote, suo nonno frappose una valigia fra loro.
“Non ti voglio in casa mia.” L’ennesima stilettata. Bruciava sulla pelle più del rifiuto di Otabek.
Ora più che mai sentiva di aver perso ogni cosa, ogni affetto. Tutto.
Solo e abbandonato per ben due volte. Forse aveva davvero qualcosa che non andava per quel mondo.
Forse era davvero l’ingranaggio inceppato dell’orologio che aveva sempre sospettato di essere.
Si trascinò con le sue cose al parco e lì vi trascorse la prima notte piangendo.
Incredibile quanto stesse rotolando via la sua vita.
Appena diciottenne si era ritrovato senza casa e senza famiglia nel giro di ventiquattro ore.
Nemmeno sapeva come, ma era riuscito ad arrampicarsi fin sopra il parapetto del ponte.
Sotto di lui, le acque scure, gelide e gorgoglianti lo chiamavano come un canto di sirena. Promettevano pace, amore. Come un abbraccio delicato, come le rassicurazioni e le coccole di quella madre che non aveva mai avuto.
Allungò la gamba in avanti. Bastava solo un passo e la sua agonia sarebbe finita.
Ma qualcuno decise per lui. Due paia di mani forti lo acciuffarono dalle spalle e lo tirarono giù a terra, facendogli sbattere la testa contro l’asfalto del ponte.
Yuuri e Victor davanti ai suoi occhi furono l’ultima cosa che vide prima di perdere conoscenza.
Si risvegliò fra lenzuola morbide che profumavano di pulito. Indossava un pigiama blu che gli andava fin troppo grande.
Si guardò intorno e in quella camera da letto riconobbe ovunque i due pattinatori che lo avevano salvato.
C’erano le cose di Victor sparse ovunque e Makkachin che dormiva sul pesante piumone candido.
Le cose di Yuuri erano più discrete, si notavano appena: la felpa con la bandiera del Giappone poggiata su una poltrona nell’angolo, le cuffiette blu sul comodino di destra.
Pensò a loro con invidia. Loro si amavano, a loro non importava del mondo. A loro era andata bene. Si erano trovati e si erano amati, il resto non era stato che contorno alla loro relazione.
La porta si aprì e nella camera entrarono i due padroni di casa. Victor lo studiava come fosse un animale ferito del quale bisogna temere un attacco.
Yuuri invece aveva la compassione nello sguardo, una supplica, una preghiera costruita dalle lacrime affinché non commettesse ancora quell’errore.
Perché quella volta c’erano stati. Una seconda sarebbe stato difficile.
Rabbrividì nonostante la camera fosse calda e le lenzuola bollenti.
Si vergognò di sé stesso, si vergognò del suo tentato suicidio e si vergognò per tutto quello che era successo.
Le lacrime iniziarono a scorrere veloci dai suoi occhi. Le asciugava in silenzio, Yuri, ma non riusciva ad arrestarle.
Victor e Yuuri gli andarono incontro. Uno a destra e l’altro a sinistra. Si sedettero al suo fianco e lo strinsero in un abbraccio caldo. Lo confortarono con parole dolci finché il suo pianto non fu cessato.
Era forse quello il conforto di cui aveva bisogno ma che nessuno mai gli aveva dato?
Era quella la comprensione che aveva sempre cercato?
La sua armatura era rotta. Disintegrata. Ma Yuuri e Victor lo proteggevano lo stesso e gli donavano quella forza di cui aveva bisogno per rialzare la testa e affrontare quel mondo crudele che lo voleva piegare.
Non se ne accorse nemmeno quando le sue labbra si scontrarono con quelle di Yuuri. Fu un tocco delicato, gentile, inatteso. Sobbalzarono entrambi colti alla sprovvista e si guardarono in silenzio per qualche secondo.
Poi si avvicinarono di nuovo e il bacio fu più intenso. Più bagnato. Più bello.
Sentì le labbra di Victor sul collo scendere gentili verso la spalla e gli sembrò la cosa più giusta della giornata.
Si voltò verso di lui interrompendo il bacio con Yuuri. Tuffò i suoi occhi verdi in quelli cerulei del russo come a chiedere una sorta di permesso di cui realmente non ve n’era bisogno.
Poi baciò anche Victor. Con lui fu subito osceno e passionale. Un bacio così infuocato che gli tolse il respiro.
Forse non era la scelta più facile, forse nemmeno la più onorevole. Infilarsi nel letto di quella coppia, fare sesso con loro e appropriarsi del loro amore per goderne un po’ anche lui, non era corretto quantomeno.
Ma se poteva sentirsi amato davvero, sentirsi perfetto se guardato dai loro occhi nonostante le sue imperfezioni, perché rinunciarvi?
Per la prima volta in vita sua non si sentiva più un orfano abbandonato, ma qualcuno di voluto, cercato, desiderato.
 
  
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