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Autore: Harriet    03/03/2020    0 recensioni
«Devo dedurre che mi porti in dono una delle tue magnifiche idee per lo svolgimento del nostro gravoso compito annuale?»
«Ovvio.»
Due sacerdoti si apprestano, come ogni anno, a ritirarsi in preghiera per poter elargire al popolo la profezia della Dea. O almeno, questo è quello che il Tempio sostiene. La realtà è un po' diversa. Ma nemmeno i due prescelti sanno che quest'anno le cose saranno radicalmente diverse, per loro e per tutti. Mai scherzare con gli dei.
Genere: Commedia, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Profezie di fine anno
 
 
 
            «Ci siamo, mio stimato amico.»
            «O radioso Telno, che mi viene incontro con un sorriso! Devo dedurre che mi porti in dono una delle tue magnifiche idee per lo svolgimento del nostro gravoso compito annuale?»
            «Ovvio
            Il sacerdote più vecchio diede una pacca sulla spalla magra del suo sottoposto, che gli rispose con un altro di quei sorrisi odiosamente soddisfatti. C'erano dei momenti in cui anche il tutto sommato pacifico Dernalio avrebbe ben volentieri rifilato uno schiaffo al giovane novizio. Il sorriso di Telno, con il suo sottofondo di io comunque sono migliore di te, aveva l'abitudine di venirsene fuori nei momenti meno opportuni, provocando nella maggior parte delle persone ondate di stizza, tempeste di rabbia e profondissimi vortici d'odio. Dernalio non era immune da queste cose per tutto il resto dell'anno. Ma nella Settimana dell'Ultimo Petalo, Dernalio diventava il primo ammiratore dell'insostenibile superbia di Telno.
            Quando arrivava la Settimana, Dernalio dimenticava di colpo tutta l'irritazione provocatagli dal ragazzo, per trasformarsi nel suo amico più intimo, nonché complice dello spettacolare inganno ai danni dell'intero popolo di Dirtea.
            In passato, Dernalio aveva svolto quel compito da novizio, insieme al suo maestro formatore, Iardo, un omino basso con la faccia troppo buona e la voce troppo dolce. In realtà Iardo aveva certe insuperate doti da traditore e bugiardo, e durante la fatidica Settimana il vecchio si era sempre meritato una certa stima inorridita da parte del giovane Dernalio, che all'epoca aveva ancora un briciolo di fede nel Culto della Signora Radiosa.
            Telno non aveva di questi problemi. Telno se n'era sempre fregato, della Signora e dei Sacri Regolamenti. Quando lo avevano affidato a Dernalio per il grande compito di fine anno, si era rivelato subito un talento naturale per le menzogne più spudorate. E Dernalio aveva ringraziato la Dea – nonostante ci fosse dell’ironia, in questo.
            «Allora, con cosa li freghiamo, quest'anno?» chiese il vecchio, caracollando con un po' di fatica dietro al passo scattante dell'altro.
            «Ho pensato a una cosa che non solo ce li terrà buoni e ci riempirà le casse, ma screditerà quei cretini della Religione Bianca e persino le Sorelle del Tempio Accogliente.»
            Dernalio trasse di tasca la chiave della camera segreta e si affrettò a seguire il ragazzo lungo gli altissimi corridoi che si insinuavano nel cuore della secolare costruzione di pietra grigia, fino allo stanzino quadrato nascosto sotto il pavimento del vano centrale dove pregavano i fedeli. Quello era lo spazio più sacro del tempio, dove nessuno, se non i Sacerdoti Profeti potevano accedere, durante la Settimana dell'Ultimo Petalo, la settimana di fine anno, per conoscere la Profezia che avrebbe illuminato la vita di tutta Dirtea nell'anno successivo. La Dea stessa si piegava sulla terra e sussurrava la Profezia alle orecchie meritevoli dei suoi due Profeti.
            Solo che non era vero. Non lo era mai stato. La Profezia era un'abile truffa, messa in atto dai sacerdoti da secoli e secoli. La inventavano loro, assicurandosi che contenesse indicazioni precise di comportamento per i sudditi, in modo da renderli gestibili e tranquilli. I reali di Dirtea, a conoscenza di quella verità, sosteneva il tempio della Signora Radiosa con abbondanza di doni, perché quella conveniente tradizione non venisse meno e perché la Dea non mancasse mai di parole buone nei confronti della loro discendenza.
            Così, anno dopo anno, i sacerdoti confezionavano una bella frase ambigua da rifilare alla gente, la gente ascoltava e si comportava di conseguenza e la Dea se ne stava zitta, come si conviene a una statua di marmo.
            Raggiunsero la stanza segreta, davanti alla quale stanziavano tre sacerdoti guardiani. Due erano molto giovani, di quelli che ancora credevano alla Dea. Li riempirono di inchini e benedizioni, augurando loro di ricevere la saggezza della Signora con cuore puro, mente aperta e tutto l'apparato tradizionale di buoni auspici. Il terzo, già navigato, mentre entravano passò loro una borsa che aveva tenuto nascosta sotto la tunica.
            «Buon lavoro» disse, facendo loro l'occhiolino.
            «Grazie» rispose Telno, facendo sparire il dono.
            Poi i due Profeti si chiusero nel luogo del grande segreto.
            «Vino, dolci e tabacco» commentò Telno, svuotando sul pavimento il contenuto della borsa consegnata loro dalla guardia. Dernalio intanto distese a terra una coperta e con un po' di fatica ci si accoccolò sopra.
            «Allora, cos'hai pensato?»
            «Rilassati.» Telno riempì una pipa che aveva portato con sé e trasse una lunga boccata. Dernalio sospirò e decise che poteva rilassarsi per davvero, quindi si concentrò sui biscotti alle mandorle che il loro confratello si era premurato di fornire.
Le profezie della Dea in genere ammonivano la popolazione, imbrigliandola in divieti e obblighi che in teoria avrebbero dovuto scongiurare disgrazie, ma in realtà servivano a tenerli buoni e indirizzarli verso comportamenti favorevoli al tempio e al re. I dirteani prendevano sul serio la profezia annuale. E se qualcuno non la prendeva sul serio, ci pensavano i più pii, a ricordarglielo. E se poi i pericoli fossero arrivati lo stesso? Meglio: si poteva sempre incolpare qualcuno di essersi comportato male, facendo sfogare così gli istinti rabbiosi del popolo e confermando la validità della profezia.
            L'anno prima in effetti una valanga c'era stata. Avevano condannato a morte un contadino che non pagava tributi al re da una ventina d'anni. Tutti erano stati contenti (tranne il morto.)
            Nei secoli passati i Profeti se ne stavano lì ad aspettare le parole divine anche per sette giorni di fila, digiuni, con solo un po' d'acqua e una coperta negli inverni più freddi. Dernalio non aveva trascorso nella camera segreta mai più di tre giorni, e soprattutto era sempre stato ben fornito di cibo e comodità. Anche quell’anno sarebbero usciti con l'illuminazione divina, l'avrebbero comunicata al popolo festante e poi si sarebbero dedicati alle feste per l'ingresso del nuovo anno.
            «Allora, il succo della profezia dovrebbe essere questo» cominciò Telno, posando la pipa. «C'è una disgrazia in agguato, che colpirà in modo particolare commercianti e contadini, e l'unico modo per scongiurarla è essere prodighi di donazioni al tempio, ma badate bene! Che sia questo tempio, e non uno di quelli falsi, tanto in odio alla Dea.»
            «Ottimo, ottimo. Vediamo di dare un bel vestito a queste parole. Per esempio... Stiano in guardia i figli della terra e i mercanti di meraviglie
            «Uhm, no, stiano in guardia ce l'avevamo due anni fa.»
            «Il male dorme accanto alla porta di coloro che lavorano la terra
            «No, anche l'anno scorso c'era l'ira che dormiva.»
            «Hai ragione.  I semi della disgrazia si nascondono nelle botteghe e sotto terra.»
            Telno annuì, con un sorriso e uno sbuffo di fumo.
            «Bello. Me lo segno. D'accordo, abbiamo il nostro inizio. Possiamo concederci due ore di riposo. Partitina a dama?»
 
            A sera erano arrivati a metà. I semi della disgrazia si nascondono nelle botteghe e sotto terra, e solo la generosità del popolo ne impedirà l'orrido sbocciare. Poi si erano fermati, per dedicarsi al vino e a un pane di semi che Dernalio aveva nascosto in precedenza nella stanza, totalmente spoglia di qualsiasi mobile o suppellettile (perché niente era degno della grazia della Dea), ma dotata di una pratica pietra instabile nel pavimento: bastava fare un po' di forza e quella si sollevava abbastanza da lasciare libera la cavità sottostante, ottimo nascondiglio per i poveri Profeti provati dalla settimana di fine anno.
            «Cerchiamo di inventare il finale, stanotte?» chiese Dernalio, con uno sbadiglio, quando ebbero cenato. Non ne aveva molta voglia, ma se avessero finito subito, l'indomani avrebbero potuto passarlo totalmente dediti al riposo senza pensieri.
            «Mentre mangiavo mi è venuta questa. Senti. Ma che la prodiga mano benedetta si diriga verso il luogo del vero credente.»
            «Buono. Vediamo di concludere. Ma che la prodiga mano benedetta si diriga verso... Verso la casa della Dea, e non si disperda per i cortili degli infedeli.»
            «Facciamolo più incisivo. Ma che la prodiga mano benedetta si diriga verso la casa della Dea, e non si disperda nei templi traditori.»
            «Traditori è forte, come termine. I capi delle altre fedi potrebbero arrabbiarsi.»
            «Che si arrabbino. Hanno un decimo dei fedeli che abbiamo noi, e i nostri ci tengono, alla loro profezia. La prima sorella dell'Accoglienza che oserà dire una mezza sillaba, vedrai che se la mangeranno viva.»
            «Va bene. Ricapitoliamo. I semi della disgrazia si nascondono nelle botteghe e sotto terra, e solo la generosità del popolo ne impedirà l'orrido sbocciare. Ma che la prodiga mano benedetta si diriga verso la casa della Dea, e non si disperda nei templi traditori.»
            «Collega, anche quest'anno abbiamo creato il nostro capolavoro.»
            «Eh, sì, ragazzo. Direi proprio di sì. Dadi?»
 
            Doveva essere notte, a giudicare dal silenzio profondissimo che era piombato su tutto l'edificio. I sacerdoti dormivano nelle loro case, a fianco del tempio, e nessuno mai disturbava la pace del luogo, nelle ore notturne. Dernalio si rigirò tra le coperte, chiedendosi come mai si fosse svegliato, lui che di solito aveva un sonno pesantissimo, difficilissimo da disturbare. Poco distante da lui c'era la forma lunga e magra di Telno, immobile, che respirava regolarmente. Dernalio pensò una serie di parole poco pie e cambiò posizione, sperando di riaddormentarsi presto.
Aveva richiuso gli occhi da forse un minuto, quando sentì il primo tonfo. Si sollevò a sedere sul giaciglio e rimase in ascolto. Silenzio. Era scattato immediatamente, abitudine presa negli anni in cui era un sacerdote guardiano, custode dei tesori del tempio nei giorni delle feste, quando i cortili interni erano gremiti di tende di pellegrini, e di notte c'era pericolo che qualcuno tentasse di arraffare le proprietà del tempio.
            Niente. Tornò a stendersi e appena la testa toccò il cuscino, ecco un altro tonfo. E un altro ancora. Si fecero regolari, uno dopo l'altro a distanza di una decina di secondi, come colpi battuti contro qualcosa, come...
            «Telno.»
            L'altro non si mosse nemmeno. Dernalio si allungò per scuoterlo bruscamente e quello gli rispose con una parolaccia.
            «Telno, svegliati.»
            «Che vuoi?»
            «Credo che stiano cercando di buttare giù il portone del tempio.»
            Come a voler dare credito alle parole di Dernalio, i tonfi smisero, per lasciare posto a una pioggia di passi sulle loro teste. Qualcuno correva sul pavimento della sala principale del tempio.
            «Devono essere come minimo un centinaio, per fare questo rumore!» piagnucolò Dernalio, odiandosi per la sensazione di paura che lo aveva afferrato.
            Telno finalmente si alzò e si decise ad ascoltare e ponderare la faccenda.
            «Merda» commentò.
            «Speravo in qualcosa di più saggio.»
            «Se hanno sfondato la porta del tempio, dove cazzo sono tutti gli altri?»
            «Fuggiti? Prigionieri?»
            «O morti. Se ci trovano qui, ci ammazzano. Dobbiamo scappare. Se non conoscono il tempio, ci metteranno un po' a trovare questo posto. Possiamo cercare una via di fuga. Dai, forza!
            Telno scattò in piedi e corse verso la porta, seguito da un barcollante Dernalio che si chiedeva come avrebbe fatto a fuggire, con la sua mole, la sua lentezza e la sua età. Telno girò la chiave nella toppa e si appoggiò con forza alla maniglia, pronto a lanciarsi fuori.
            Solo che la porta rimase chiusa.
            «Non è possibile.»
            Era possibile. La porta non ne voleva sapere di aprirsi. La chiave girava, la maniglia si muoveva, ma la porta rimaneva bloccata.
            «Che cosa succede?» Dernalio allungò la mano verso la chiave, la toccò appena, ritrasse la mano, confuso.
            «Cosa ti sembra che succeda?» Sbottò Telno.
            «La porta non si apre.»
            «Sei davvero geniale.»
            «Proviamo a controllare se è rimasto qualcosa a contrasto nel meccanismo della toppa.»
            «La chiave gira benissimo! No, l'unica spiegazione è che la porta sia bloccata da fuori!»
            «E chi l'ha bloccata? Non uno dei confratelli. Lo sanno tutti, com'è il rito. Nessuno si sarebbe permesso di bloccare la porta. E a quale scopo, poi?»
            «Ma che ne so? E se si fossero dimenticati qualcosa proprio davanti alla porta? Una sedia, una cassa...»
            «Beh, allora la porta farebbe forza, ma un pochino si aprirebbe. Sembra completamente bloccata. O murata.»
            Telno ci si gettò contro, con una specie di ringhio, ma naturalmente quella non si mosse. Sulle loro teste, intanto, i passi si erano fermati.
            «Se ne sono andati?» sussurrò Dernalio.
            Qualcuno picchiò contro la porta.
            Telno lanciò un urlo e fece un salto all'indietro. Dernalio si spostò, premendosi le mani davanti alla bocca per impedirsi di emettere qualche lamento non proprio dignitoso per un uomo della sua età.
            «Lo sappiamo che siete là dentro.»
            La voce maschile fuori dalla porta era cupa, rabbiosa, venata di malizia. Persino Telno sembrò farsi più piccolo, a quel suono.
            «Lo sappiamo» ripeté l'uomo, poi rise. «I Profeti, eh? Scommetto che non avevate previsto che saremmo arrivati.»
            Dernalio e Telno si scambiarono uno sguardo colmo di panico.
            «I vostri confratelli non potranno venire ad aiutarvi, perché sono un po' morti. Sapete, noi, qui, siamo in tanti. Li abbiamo fatti fuori alla svelta. Prima è arrivata la pestilenza. Ne sono arrivate due o tre, a dire la verità. Delle belle pestilenze energiche, di quelle che se ne fregano di tutti i vostri intrugli. Poi c'è stato il crollo. Eh, sì, il crollo. Si è staccato un bel pezzo del monte Vesenno e si è schiantato sui dormitori dei vostri colleghi. Un bello spezzatino. Gli ultimi poi li hanno scannati i nomadi di Delcoara, arrivati un'ora fa. Silenziosi come l'inverno, quei demoni. Ma voi li avete mai visti, i nomadi di Delcoara? Per lo più vecchietti sdentati, donne e bambini piccoli, ma come ammazzano loro... Nessun altro al mondo.»
            Dernalio fissava la porta con gli occhi sgranati. Aveva smesso di avere paura alla menzione del Vesenno. Ora era convinto di aver completamente perso la testa e di essere da qualche parte tra un sogno, una sbronza e una condizione permanente di demenza.
            «Chi siamo noi, vi chiederete? È un po' più difficile da dirsi. Non siete stati tanto chiari nel predire la nostra identità. Ci nascondiamo sottoterra e nelle botteghe. Suppongo che siamo dei vermi. Dei parassiti, forse. O magari delle muffe? Faremo andare a male i vostri raccolti e le vostre viscere. Sì, delle muffe, questo mi piace.»
            «Ma cosa...» mormorò Telno, bianco come le lastre di marmo del pavimento del tempio. «Il Vesenno, i nomadi… Dernalio, hai capito?»
            «Ho capito che siamo morti.»
            «Sono tutti gli elementi che abbiamo inserito nelle nostre profezie.»
            La voce fuori dalla porta esplose in una roboante risata.
            «Ma potremmo essere anche gli infedeli. Non lo sapete? Gli infedeli sono pericolosi. Sono odiosi alla Dea. Non è scritto da nessuna parte, chiaro, ma l'avete detto voi.»
            In quel momento Dernalio realizzò che la voce era cambiata: era sempre arrabbiata e temibile, ma non era più cattiva. Era pazza. E soprattutto, era una voce femminile.
            La porta si spalancò e sulla soglia c'era una donna. Di media statura e abbondante di fianchi e di seno, aveva la pelle scura e i capelli ricci di un rosso intenso. Indossava una tunica senza maniche che andava dal giallo pallido all'amaranto. Aveva gli occhi neri e grandi e la bocca piegata in una smorfia di esasperazione.
            «Non ho veramente parole per definire la vostra incommensurabile idiozia» disse, guardandoli uno dopo l'altro. Dernalio si sentì avvampare dalla vergogna, senza motivo, e vide che anche il viso di Telno si era tinto di un bel rosso. «Voi due, i vostri confratelli e tutti gli imbecilli che da almeno quattro secoli propagandano questa stronzata della profezia.»
            «Chi sei?» abbaiò Telno, con una vocina ben diversa dal suo solito tono beffardo.
            «Sono la Dea.»
            «Cosa?»
            «La Signora Radiosa. Miria. La donna delle fiamme. Va bene qualsiasi nome, il concetto non cambia.»
            «Ma non è possibile! La Dea non esi–»
            «Non esiste? Siete veramente dei servitori fedeli, non c'è che dire.»
            Telno si coprì la bocca con la mano, come per ritirare le parole che gli erano sfuggite.
            «Signora!» gridò Dernalio, piombando a terra, in ginocchio. «Ti prego, risparmiaci!»
            «Certo che vi risparmio» sospirò la donna. «Non sono quel feticcio intollerabile che mi fate sembrare voi, con i vostri discorsi sulla mia ira e il mio odio per i nemici. Davvero, se fossi rimasta dalle mie parti e non mi fossi rivelata, forse sarebbe stato meglio. No, macché: facciamoci vedere agli uomini, sono delle creature amabili. E quelli inventano questa idiozia colossale della profezia! Oh, e non posso nemmeno levarmi il gusto di odiarvi: va contro la mia natura.»
            «Signora. Vi prego. Perdonate le mie parole, ma voi non siete giusta con noi, e ora vi dirò perché» Telno parve aver riacquistato un po' della sua abituale arte della conversazione e della contrattazione. «Potremmo esserci presi forse eccessiva libertà, attribuendo valore divino alle nostre profezie, ma queste erano in realtà nient’altro che dei semplici tentativi di aiutare il nostro popolo a vivere in pace.»
            «A me sono sembrati più che altro tentativi di finanziare il tempio.»
            «Signora, il tempio a voi dedicato è splendido! Preferireste essere adorata in una catapecchia come quella delle Sorelle del Tempio Accogliente, sempre piena di mendicanti e morenti? Oppure vorreste che le vostre lodi venissero cantate ai crocevia dei villaggi, come fanno i pezzenti della Religione Bianca?»
            Gli occhi neri brillarono di rabbia feroce. Telno corse dalla parte opposta alla porta, più lontano possibile dalla donna.
            «Lasciate che vi dica una cosa o due sul Tempio Accogliente e sulla Religione Bianca.» La donna incrociò le braccia sul petto e riprese a spostare lo sguardo folle ora sull'uno, ora sull'altro. «Vent'anni fa una delle migliori studiose del vostro paese ha ripescato un antico testo in cui si spiegava che non c'è differenza tra me, il Dio Accogliente e il Dio Giovane della Religione Bianca. Che potreste adorarci come una cosa sola, senza passare il tempo a scannarvi tra di voi. E cosa avete fatto, voialtri? L'avete dichiarata una traditrice della fede.»
            «Signora, quando mai si è sentito di una donna che avesse qualcosa da dire in materia religiosa?» si difese Dernalio.
            «Avrei dovuto sommergervi con un’alluvione di fuoco già da qualche secolo.» Fece qualche passo verso i due. Dernalio corse a raggiungere Telno dalla parte opposta della stanza, risvegliando l’ilarità di quell’essere che si proclamava divino. «Ora ascoltatemi bene, insopportabili cialtroni. Domani uscirete da qui e direte che la Dea vi ha parlato e vi ha chiesto di piantarla con la profezia. Festeggerete la fine dell'anno senza pretendere offerte dalla gente e aprirete il tempio ai più sudici poveracci che riuscirete a recuperare da qui alle pendici del Vesenno. Se c'è anche qualche nomade, meglio. Pregherete credendoci per la prima volta in vita vostra e poi farete quello che vorrete, ma la smetterete di imporre assurdità alla vostra gente, soprattutto in mio nome! Persistete nelle vostre vie, e scoprirete a vostre spese che quello di stanotte non è stato solo un sogno indotto dal vino.»
            Nessuno dei due ebbe il coraggio di risponderle. Lei li guardò ancora una volta, uno per uno, e Dernalio pensò di essere davvero impazzito una volta per tutte, perché in quello sguardo non lesse rabbia, ma solo un immenso dolore.
 
            Il vecchio sacerdote aprì gli occhi. Da qualche parte, sopra di lui, i confratelli cantavano le lodi del mattino alla Signora Radiosa.
            «Tu che hai sognato?» mormorò, confuso.
            «Niente» brontolò Telno. «Dormi.»
 
            La profezia fu annunciata nel primo giorno dell'anno nuovo, così come i due sacerdoti l’avevano inizialmente pensata. I superiori si congratularono con loro. Il re mandò omaggi (in parole e in denaro.) La gente prese sul serio la profezia, come sempre. Una casa di preghiera della Religione Bianca fu incendiata un mese dopo l'inizio dell'anno. Il tempio della Dea non ebbe mai tante donazioni e conversioni quante quell'anno.
            La prosperità del tempio durò fino all'inizio dell'estate. Nella notte della grande Veglia alla Signora Radiosa, le guardie del re invasero il tempio, lo devastarono completamente, requisirono tutti i tesori e imprigionarono tutti i sacerdoti. Venne fuori che il superiore aveva contrattato con alcune famiglie nobiliari avverse al sovrano, e lui, avendolo scoperto, aveva deciso di dare una lezione esemplare ai religiosi impiccioni.
            La prigionia dei sacerdoti durò più di un anno, e durante quel tempo, mentre il popolo implorava la pietà della Dea contro l'empietà del re, lui, fregandosene altamente della propria empietà, si improvvisò capo della religione e sperperò i beni dei sacerdoti fino all'ultima briciola.
 
            Alla fine dell'anno i sacerdoti da poco rientrati al tempio donarono alla gente questa profezia:
 
            La Dea vi invita a essere tolleranti e generosi a vicenda, e invita i capi di ogni fede alla fratellanza e alla povertà. La Dea si fida dei suoi figli, e perciò ha deciso che da oggi in poi non elargirà mai più altre profezie.
 
 
 
 
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Grazie per essere qui!
Partecipa al COW-T 10 di Landedifandom, Missione 1 "L'imprevisto dietro l'angolo". Prompt: la presenza di un colpo di scena. Spero che la reale esistenza della Dea sia un colpo di scena sufficiente.




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