[Adesso
prenderò i tuoi occhi, userò il tuo sguardo
per
vedere che c'è dietro perché voglio capirlo]
«Kudo,
vattene».
Percepisci
i suoi passi dietro la porta, il rumore leggero della maniglia
abbassata.
Sdraiata
sul materasso, ti volti su un fianco e riprendi a fissare il bianco
vuoto della parete neanche neanche vederla. Di colpo, quasi
t'infastidisce il fatto che lui abbia interrotto l'apatia totale in
cui sei persa da ore.
Quasi
ti aspetti di rivedere il bambino di otto anni, dimenticandoti per un
istante che è il ragazzo liceale a fare capolino nella
stanza,
ignorando la tua volontà.
«Si
può sapere cosa ti è preso all'improvviso?».
Non
ti volti, mentre il freddo pungente ti penetra nelle ossa spingendoti
a tremare quasi impercettibilmente. Non hai le forza per affrontarlo,
né la voglia.
Nella
mente lo hai già salutato un mese fa; nell'esatto momento in
cui
avete assunto l'antidoto definitivo e siete tornati a essere due
giovani adulti, perché hai sempre saputo che sarebbe tornato
dalla
ragazza che aveva sempre amato e tu saresti rimasta così,
sola, in
preda a immagini e ricordi che non riesci ancora a dimenticare.
Lui
è tranquillo, fin troppo, e sei sempre stata consapevole che
una
volta raggiunto il suo obiettivo ti avrebbe abbandonata e lasciata
nelle mani del criminale che è ancora sulle tue tracce.
«Vai
via, Kudo»
insisti, nonostante la tua voce risulti adesso spezzata rispetto
alla risolutezza di poco prima. «Ti
prego»
.
Shinichi
si avvicina al letto e percepisci il suo sguardo addosso, silenzioso
e scrutatore. Non ti muovi, immobile, ma potresti indovinare i suoi
pensieri pur non guardandolo in faccia.
«Ti
sei allontanata da ore, ci eviti. Anche il dottor Agasa è
preoccupato»
afferma, incrociando le braccia. Non se ne andrà facilmente,
lo sai.
Fai
un respiro profondo, affondando la testa nel cuscino, il braccio che
lo avvolge completamente.
«Ho bisogno di stare sola».
La
tua voce trema, il ragazzo se ne accorge. Tuttavia non osa ribattere,
non lo fa.
Non
ti ha mai costretta a raccontare ogni dettaglio dei tuoi pensieri e
delle tue paure, ti asseconda, aspetta.
Shinichi
è un detective, impulsivo e impaziente, ma ha imparato a non
scalfire la profondità del tuo sguardo, del tuo intero
essere.
Rispetta ciò che sei, lo ha sempre fatto e, anche se la
vostra
complicità è assodata e vera, anche se riuscite a
capirvi spesso
con un solo gesto, non gli hai mai permesso di avvicinarsi a quella
barriera del tuo passato. Una barriera fragile che non puoi
permetterti di buttare giù e ti allontani quando hai paura
che possa
infrangersi miseramente sotto quegli occhi blu che ti stanno vicino.
Lui
sta vedendo la tua paura, la sente, è palpabile. Nota il tuo
chiuderti a riccio, la schiena scossa appena da un tremolio continuo.
Il tuo malessere fa male anche a lui, anche se non lo sai.
Il
freddo pungente ti penetra attraverso le ossa impedendoti quasi di
respirare, allo stesso modo dell'immagine che hai in testa da giorni
in modo fisso: un ghigno agghiacciante accompagnato da occhi
assassini.
Vorresti
allontanare il manto bianco che si deposita fuori dalla finestra che
ti fa male, così dannatamente male. Nei tuoi incubi,
è lo stesso
bianco a sporcarsi di sangue e oltre la strada c'è sempre il
criminale spietato che ti sta cercando per ucciderti.
«D'accordo. Torno più tardi» mormora Shinichi, interrompendo di scatto quella sequenza di ricordi terribili. Dopodiché esce dalla stanza e non riesci a trattenere una lacrima; la traccia umida e solitaria ti percorre gli zigomi e finisce sul materasso. Non riesci a fare a meno di pensare a quanto sarebbe bello essere una goccia nel mare, cambiando forma, libera di andare. L'acqua, l'elemento che ti è sempre piaciuto, così forte nella sua forma.
Così lontana dalla prigionia che non ti lascia scampo.
Dopo
un paio d'ore Shinichi torna in camera e nota che sei nella stessa,
identica posizione. Non ti sei mossa, persa nei meandri della mente,
in pensieri che vorresti allontanare. Socchiudi le palpebre,
consapevole del fatto che averlo vicino non ti aiuterà, non
stavolta.
«Ti
sei calmata?».
Il
suo tono è rassicurante, mentre ti osserva ancora una volta
di
schiena. Non gli rispondi subito e percepisci il suo disagio
aumentare.
«Kudo,
perché non vai da Ran?»
chiedi senza alcuna malizia. Vorresti che si allontanasse davvero per
non dovergli mostrare la debolezza che ti sommerge. «Dovresti
pensare a lei».
«Io
e Ran... ecco... le cose non vanno da quando sono tornato»
ammette, abbassando lo sguardo. «Non
riesce a perdonarmi. Sento che qualcosa è cambiato tra noi».
Sgrani
gli occhi, voltando per un istante lo sguardo verso di lui.
«Lei
ne soffrirà. Lo sai, vero?».
«Già,
continuo a farla soffrire. Vorrei allontanarmi da lei anche per
questo»
dichiara, nascondendo la miriade di sentimenti che non gli lasciano
scampo. «Si
merita di meglio. E comunque adesso vorrei capire cosa ti prende».
Shinichi
si siede sul materasso dietro di te e non puoi fare a meno di
rannicchiarti, senza perdere di vista il punto fisso della parete.
Trattieni lo strano magone fermo in gola, respirando profondamente.
«Haibara»
ti chiama appena, posandoti una mano sulla spalla, «mi
vuoi dire cosa c'è? Non ti sei mai comportata così».
Ti
volti appena, le guance ancora umide di lacrime, e intercetti il suo
sguardo serio. L'indifferenza aveva lasciato spazio ad altro, a
preoccupazione mista a qualcosa che non riesci a decifrare.
Lui incrocia i tuoi occhi quasi spenti, cupi, attraverso i quali vede tutto ciò che non riesci a comunicare a parole. All'improvviso, ha la consapevolezza di un sentimento strano, un qualcosa a cui non riesce a dare un nome ma che non è più solo stima, affinità o simpatia. Si tratta di qualcos'altro, una consapevolezza nata da poco. È il primo mese in cui ti vede con il tuo vero aspetto, vicino a un corpo che non è più quello di una bambina delle elementari. Si è trovato davanti Shiho Miyano, nonostante la sua fatica a chiamarti con il tuo vero nome, nonostante sia sempre stato attratto soltanto dalla mente perspicace come la sua e da nient'altro. Insicuro e goffo, non si è mai reso conto della profondità delle tue iridi verde acqua, non così bene.
E
adesso, per qualche strana e assurda ragione, sei tu il centro del
suo universo, l'unica cosa sulla quale concentrarsi, coinvolto da un
affetto profondo e sincero al quale non riesce a dare una risposta.
«È
a causa di Gin, non è vero? Averlo incontrato l'altro giorno
ti ha
fatto entrare nuovamente in un circolo di paura che-»
«-lascia
perdere»
lo interrompi, sentendo il panico aumentare come se nominare
quell'uomo equivalesse a trovarselo di fronte. «Sicuramente
non è stata una bella esperienza. Ma se tu dici che non si
è
accorto di me, mi fido».
Il
detective ti osserva qualche altro istante, prima di inarcare un
sopracciglio. Non ti crede, lo sai. Da una parte, forse è
meglio
così.
«Sei
sicura?».
Ti
sollevi sui gomiti, raddrizzando la schiena. Pieghi le ginocchia
circondandole con le braccia, sia per riscaldarti dal freddo
invernale che per nasconderti dal mondo.
«Come
mai tutto questo interesse per me, detective? Non sono la signorina
dell'agenzia che ha bisogno del principe azzurro»
affermi distaccata, voltandoti finalmente verso di lui.
Shinichi
sospira, scuotendo la testa.
«Lo
so benissimo, cosa credi?»
risponde, intuendo perfettamente il tuo tentativo di cambiare
argomento. «So
che non vuoi parlare e non ti chiederò altro. Anche se
vorrei capire
perché lui ti faccia questo effetto... vorrà dire
che sarai tu a
parlarmene quando ne avrai voglia».
Sai
che non ha mai indagato nella tua vita personale all'interno
dell'Organizzazione se non riguardo informazioni strettamente
necessarie per le indagini e sai anche che rispetterà il tuo
silenzio.
Tuttavia,
mentre lo osservi in procinto di alzarsi in piedi, afferri un lembo
della sua giacca cogliendolo totalmente alla sprovvista.
«Cosa...
?».
Abbassi lo sguardo nel tentativo di nascondere le lacrime che ora scivolano velocemente sul viso e che sono ormai difficili da controllare; la paura è dentro di te e sta invadendo di nuovo ogni fibra del tuo corpo. Lui se ne accorge e rimane in silenzio per un po' finché, goffamente, ti circonda le spalle con il braccio lasciandoti sfogare. Percepisci il battito del suo cuore attraverso la stoffa della camicia bianca e questo basta per farti calmare.
Lo
percepisci teso, imbarazzato, senza sapere bene come comportarsi.
Attende un altro minuto prima di sollevarti il mento con la mano
libera, incrociando ancora una volta il tuo sguardo perso.
«Tutto
bene?».
«Scusami,
Shinichi»
mormori, chiamandolo per nome. Te ne accorgi appena, troppo
concentrata a ricostruire il muro crollato inesorabilmente davanti a
lui. «Ci
sono cose che non capirai mai di me, cose che non posso spiegarti
perché mi farebbero crollare. Non posso, mi dispiace».
Per
tutta risposta, percepisci il suo abbraccio più stretto e,
con la
mano libera, accompagna gentilmente la tua testa sul suo petto,
lasciandoti stupita per istanti che sembrano durare ore.
«Stai
traquilla, non pensarci».
Probabilmente,
lui ha già capito. Ma non importa.
Rispetterà
la tua decisione standoti vicino a modo suo. Il resto non conta, te
lo trasmette con sicurezza.
La
sua camicia si bagna con le lacrime trattenute da troppo tempo.
Quelle gocce leggere libere di andare, di vivere e di amare.
E no, per te non sarà mai solo acqua.
Nota
dell'autrice
La
citazione proviene dalla canzone "Ti sposerò" di Nesli,
consigliatomi da Luana A. da "Il Giardino di EFP", che ringrazio!
Grazie anche all'autrice del contest per avermi permesso di scrivere
questa oneshot.